Le Finanze negano, a torto, i rimborsi per le
rendite ridotte.
Inviate ugualmente le istanze!
Commento
alla circolare Il
ministero nega i rimborsi per le tariffe d’estimo ridotte. Con la circolare qui
sotto si sostiene la tesi che le nuove tariffe andranno in vigore solo il quindicesimo
giorno successivo a quello della pubblicazione del decreto ministeriale che le
ha rideterminate, e cioè il 13 agosto 2002.
L’interpretazione
si basa sull’articolo 9, comma 11, della legge n. 448 del 2001, stabilisce che
"I competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria provvedono
all'inserimento negli atti catastali delle nuove rendite entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore delle nuove tariffe."
Ora, se le
tariffe d’estimo modificate si dovessero considerare entrate in vigore dal 1°
gennaio 1993, tale adempimento sarebbe stato impossibile, afferma la circolare.
La tesi
delle Finanze non convince, se non altro perché si tratta di rettifiche delle
vecchie rendite: è evidente che abbiano valore retroattivo e cioè tale da dare
luogo a rimborso, altrimenti tutto il meccanismo dei ricorsi dei Comuni alle
Commissioni censuarie sarebbe una solenne presa in giro. Quindi l’articolo 9
deve essere inteso nel senso di “entrata in vigore, con efficacia retroattiva”,
che del resto è l’unica possibile interpretazione in linea con la legge e con
il buon senso.
E’ pertanto opinione della Confappi che i contribuenti potranno richiedere la restituzione delle maggiori
somme pagate con i relativi interessi . Ricordiamo che per l’ Ici, , secondo
quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, del Dlgs 504/92, si consente il
rimborso entro tre anni, dal momento in cui ne è stato accertato
definitivamente il diritto.
Sull’argomento
vi sarà, ovviamente, battaglia: è in ogni caso consigliabile che le istanze di
rimborso, disponibili su questo sito, siano inviate dai cittadini, sia per
assicurarsi il relativo diritto sia per esercitare pressione sul Ministero.
Circolare del 19/09/2002 n. 7 Dipartimento delle Politiche Fiscali - Federalismo Fiscale
Modificazioni
delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria
stabilite con decreto ministeriale 6 giugno 2002, n. 159, adottato ai sensi
dell'art. 9, comma 11, della legge 28 dicembre 2001, n. 448. Efficacia delle
tariffe d'estimo ai fini dell'ICI. Art. 74, comma 6, della legge 21 novembre
2000, n. 342.
Testo:
Nel
supplemento ordinario n. 153/L alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 29 luglio
2002, è stato pubblicato il decreto ministeriale 6 giugno 2002, n. 159, con cui
è stato approvato il "Regolamento recante determinazione delle tariffe
d'estimo e delimitazione delle zone censuarie, in attuazione dell'articolo 9,
comma 11 della legge 28 dicembre 2001, n. 448." Quest'ultima norma ha previsto che con decreto ministeriale
venissero stabilite le nuove tariffe d'estimo conseguenti all'attuazione delle
decisioni delle commissioni censuarie provinciali e della commissione censuaria
centrale. Le disposizioni del decreto ministeriale in esame interessano 268
comuni che hanno presentato ricorso, con esito favorevole, alle commissioni
censuarie a norma dell'art. 49, comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Questa norma aveva concesso agli enti locali che non lo avevano fatto in
precedenza, la possibilità di presentare ricorso avverso le tariffe d'estimo e
le rendite vigenti, in relazione ad una o più categorie o classi e all'intero
territorio comunale o a porzioni del medesimo, nonché avverso la delimitazione
delle zone censuarie. Il ricorso doveva essere presentato entro novanta giorni
dall'entrata in vigore della legge in esame.
Al fine di
fornire chiarimenti in ordine ai problemi connessi all'applicazione delle nuove
tariffe d'estimo, sembra opportuno ripercorrere preliminarmente l'evoluzione
normativa che ha interessato la materia.
1.
L'evoluzione normativa.
L'art. 2,
del d.l. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito dalla legge 24 marzo 1993, n. 75,
nel dettare i criteri per la revisione generale delle zone censuarie, delle
tariffe d'estimo, delle rendite delle unità immobiliari urbane e dei criteri di
classamento, ha stabilito che fino al 31 dicembre 1993 restavano in vigore e
continuavano ad applicarsi le tariffe d'estimo e le rendite già determinate in
esecuzione del decreto del Ministro delle finanze del 20 gennaio 1990. È bene
rammentare che la validità di dette tariffe è stata ulteriormente prorogata con
il d.l. 28 maggio 1995, n. 250, convertito dalla legge 8 agosto 1995, n. 349,
al 31 dicembre 1996, mentre l'art. 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662, ha espressamente stabilito che "Fino alla data di entrata in
vigore delle nuove tariffe d'estimo le vigenti rendite catastali urbane sono
rivalutate del 5 per cento ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale
sugli immobili e di ogni altra imposta."
Occorre
sottolineare che i comuni, ai sensi del citato art. 2, comma 1-bis del d.l. n.
16 del 1993 erano legittimati a proporre ricorso, entro quarantacinque giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 75 del 1993,
presso le commissioni censuarie provinciali, avverso le tariffe d'estimo e le
rendite vigenti, in relazione ad una o più categorie o classi e all'intero
territorio comunale o a porzioni del medesimo, nonché avverso la delimitazione
delle zone censuarie. Il successivo comma 1-ter, consentiva inoltre di proporre
ricorso avverso la decisione di detti organi, entro trenta giorni, presso la
commissione censuaria centrale, mentre il comma 1-quater, stabiliva che in caso
di mancata decisione i suddetti ricorsi dovevano considerarsi accolti. Vi è poi
da aggiungere che le tariffe e le rendite determinate in esito a detti ricorsi,
a norma del comma 1 dell'art. 2 in esame, "si applicano per l'anno 1994;
tuttavia ai soli fini delle imposte dirette...si applicano dal 1 gennaio 1992
nei casi in cui risultino di importo inferiore rispetto alle tariffe d'estimo
" di cui al decreto del Ministro delle finanze 27 settembre 1991, ai
decreti del Ministro delle finanze 17 aprile 1992 ed alle rendite già
determinate in esecuzione del decreto del Ministro delle finanze del 20 gennaio
1990.
I nuovi
estimi catastali conseguenti ai suddetti ricorsi sono stati stabiliti con il D.Lgs.
28 dicembre 1993, n. 568, integrato e modificato dal d.l. 27 agosto 1994, n.
515, convertito dalla legge 28 ottobre 1994, n. 596. Il citato art. 2, comma 1,
del d.l. n. 16 del 1993 consentiva pertanto l'applicazione dei suddetti minori
estimi catastali:
- dal 1992
ai fini delle imposte dirette;
- dal 1994
ai fini ICI.
Successivamente,
l'art. 74, comma 6, della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante "Misure
in materia fiscale" (il cosiddetto "collegato" alla legge
finanziaria per l'anno 2000), ha stabilito che "Le disposizioni di cui
all'articolo 2 del decreto-legge 23 gennaio 1993, n.16, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n.75, si interpretano nel senso che,
ai soli fini del medesimo decreto, tra le imposte dirette è inclusa anche
l'imposta comunale sugli immobili (ICI)."
Sulla materia si registra, infine, un ulteriore intervento legislativo
ad opera dell'art. 9, comma 11, della citata legge n. 448 del 2001, in
attuazione del quale è stato emanato il decreto ministeriale n. 159 del 2002 in
esame, che, come già accennato, interessa quei comuni che hanno presentato
ricorso, con esito favorevole, alle commissioni censuarie a norma dell'art. 49,
comma 13, della legge n. 449 del 1997, che aveva riaperto i termini per
l'impugnazione.
Occorre
peraltro precisare che quest'ultima norma è stata abrogata dall'art. 22 della
legge 8 maggio 1998, n. 146, per cui si sono create molte incertezza circa la
validità dei ricorsi che erano stati nel frattempo presentati. Tuttavia, a
risolvere ogni dubbio è intervenuto il parere n. 1338 reso nell'adunanza del 28
settembre 1999 dalla III sezione del Consiglio di Stato, che, partendo dalla
considerazione che alla data di entrata in vigore della disposizione
abrogatrice erano ormai scaduti i termini per presentare ricorso, ha sostenuto
"...la conservazione delle decisioni intervenute medio tempore sui ricorsi
tempestivamente presentati...".
Per la
qual cosa deve riconoscersi la validità
delle decisioni delle commissioni censuarie provinciali e della commissione
censuaria centrale intervenute al riguardo, ai sensi dell'art. 2, commi 1-bis e
1-ter del d.l. n. 16, del 1993; v del
silenzio-accoglimento previsto dal citato art. 2, commi 1-quater del d.l. n.
16, del 1993; v del
silenzio-accoglimento previsto, nella medesima materia, dall'art. 1, del d.l. 9
ottobre 1993, n. 405, convertito dalla legge 10 novembre 1993, n. 457,
formatosi a seguito della mancata costituzione delle commissioni censuarie
provinciali alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legge.
Sulla base
delle decisioni e del silenzio-accoglimento innanzi precisati, con il decreto
ministeriale n. 159 del 2002 si è provveduto, quindi, a rideterminare le
tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane situate nei comuni indicati
nell'allegato A, che sono state conseguentemente stabilite nelle misure
indicate nei prospetti di cui all'allegato B dello stesso decreto.
2. Le
nuove tariffe d'estimo e l'efficacia delle rendite catastali.
In ordine
alle nuove tariffe d'estimo determinate con il decreto ministeriale n. 159 del
2002, si pone il problema di stabilire il momento della loro efficacia. Al
riguardo, si precisa che l'art. 9, comma 11, della legge n. 448 del 2001,
stabilisce che "I competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria provvedono
all'inserimento negli atti catastali delle nuove rendite entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore delle nuove tariffe."
Dal dato
letterale della norma è evidente che dette nuove tariffe d'estimo hanno
efficacia dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale con cui
vengono stabilite, come anche desumibile dal parere n. 622/02 reso dal
Consiglio di Stato in data 26 marzo 2002 sullo schema di regolamento recante la
determinazione delle tariffe stesse.
Nè
potrebbe trovare fondamento una soluzione diversa, finalizzata cioè a
riconoscere effetto retroattivo alle tariffe d'estimo in questione, poiché, se
così fosse, il legislatore avrebbe posto a carico degli uffici
dell'amministrazione finanziaria un adempimento di fatto irrealizzabile, in
quanto la norma prevede espressamente che l'inserimento negli atti catastali
deve essere eseguito entro sessanta giorni dalla loro entrata in vigore,
termine che risulterebbe ormai inevitabilmente trascorso se si accedesse,
quindi, alla tesi della loro retroattività.
Un'interpretazione
che attribuisca efficacia retroattiva alle tariffe in esame non è avvalorabile
neanche dal dato letterale del citato art. 49 della legge n. 449 del 1997, che
stabiliva che "per tali ricorsi si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 2 del decreto legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n.75, e successive
modificazioni", poiché è da ritenersi che la norma evidenzi l'intento del
legislatore di operare un rinvio alle previsioni dell'art. 2, del d.l. n. 16
del 1993, esclusivamente al fine di individuare le disposizioni di carattere
procedurale applicabili, vale a dire quelle relative alle modalità di
presentazione, svolgimento e decisione dei ricorsi instaurati avverso le
tariffe d'estimo.
Va inoltre
osservato che il quarto periodo del comma 1 dell'art. 2 del citato d.l. n. 16
del 1993 (sostituito dalla legge di conversione n. 75 del 1993) legava la
decorrenza dal 1994 o dal 1992 delle tariffe e delle rendite determinate per
effetto dei ricorsi di cui ai successivi commi 1-bis e 1-ter, all'emanazione di
un apposito decreto legislativo, previsto dall'art. 2 della legge di
conversione, che doveva essere adottato allo specifico fine di modificare le
tariffe d'estimo e le rendite vigenti conformandole alle decisioni intervenute
all'esito dei medesimi ricorsi.
Tale
decreto legislativo doveva essere adottato entro il 31 dicembre 1993 - ed è
stato infatti approvato il 28 dicembre 1993, con il n. 568 - di qui la piena
ragionevolezza della previsione contenuta nel quarto periodo del comma 1,
dell'art. 2 del d.l. n. 16 del 1993, secondo cui le tariffe e le rendite così
rideterminate si sarebbero applicate per l'anno 1994, salva la contenuta
retroattività al 1 gennaio 1992, ai soli fini delle imposte dirette. Questo
meccanismo non può però essere esteso alle tariffe d'estimo in esame, poiché i
ricorsi presentati in base all'art. 49, comma 13, della legge n. 449 del 1997
si sono svolti, dal punto di vista giuridico e cronologico, completamente al di
fuori dell'ambito di una possibile operatività del meccanismo della delega
legislativa di cui al d.l. n. 16 del 1993.
In
sostanza, non vi è nelle norme in esame alcuna esplicita od implicita
disposizione che induca ad attribuire valore retroattivo alle tariffe d'estimo
in questione. Si deve pertanto ritenere che le stesse entrino in vigore il
quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione del decreto
ministeriale che le ha rideterminate, e cioè il 13 agosto 2002. Da tale data sorge,
poi, l'obbligo a carico dell'Agenzia del territorio di provvedere entro
sessanta giorni all'inserimento negli atti catastali delle nuove rendite.
Va
ulteriormente precisato che, in ogni caso, a norma dell'art. 5, comma 2, del
D.Lgs. n. 504 del 1992, per il calcolo della base imponibile dell'ICI deve
essere utilizzata la rendita risultante in catasto al 1 gennaio dell'anno di
imposizione. Conseguentemente, anche per tale via vengono confermate le
argomentazioni in base alle quali le rendite rideterminate a seguito delle
modificazioni apportate alle tariffe d'estimo in esame non possono che produrre
effetti ai fini dell'ICI dal 1 gennaio 2003.
3. Gli
effetti dell'art. 74 della legge n. 342 del 2000 sull'imposta comunale sugli
immobili.
Ferma
restando la validità anche ai fini ICI delle considerazioni innanzi svolte in
via generale in ordine alle disposizioni dell'art. 9, comma 11, della legge n.
448 del 2001 e del decreto ministeriale n. 159 del 2002, occorre a questo punto
esaminare la portata del comma 6, dell'art. 74 della legge n. 342 del 2000,
che, in virtù dell'assimilazione del tributo comunale alle imposte dirette,
potrebbe legittimare l'applicazione ai fini ICI delle minori tariffe d'estimo
determinate con il D.Lgs. n. 568 del 1993 già dall'anno di imposta 1993,
circostanza, questa, riguardante circa 1.400 comuni che avevano presentato
ricorso nei termini innanzi espressi, e nei quali sono state ridotte talune
tariffe d'estimo rispetto a quelle precedentemente determinate con i decreti
sopracitati. A detti comuni nel corso degli anni, sono state presentate, da
parte dei contribuenti, numerose istanze finalizzate ad ottenere il rimborso
dell'ICI calcolata assumendo come parametro le rendite successivamente ridotte.
Relativamente
a tale problematica si deve rammentare che sia nella circolare n. 179/E del 26
agosto 1999 e sia nel decreto interministeriale 24 settembre 1999, n. 367, i
comuni interessati erano stati invitati a rigettare le istanze con le quali i
contribuenti chiedevano il rimborso della differenza tra l'ammontare dell'ICI
corrisposta per l'anno 1993 sulla base delle rendite determinate in esecuzione
del D.M. 20 gennaio 1990 e l'importo calcolato sulla base delle minori rendite
stabilite dal D.Lgs. n. 568 del 1993. Detta posizione si fondava sulla
circostanza che, valendo le minori rendite solo a decorrere dal 1994, le somme
versate per l'annualità 1993 non potevano essere considerate indebitamente
corrisposte. Tale orientamento era del resto avvalorato dal parere n. 229 reso
nell'adunanza del 23 novembre 1998 dalla III sezione del Consiglio di Stato,
sullo schema di regolamento in materia di ICI relativa all'anno 1993, approvato
con il citato D.I. n. 367 del 1999.
Occorre a
questo punto verificare se tale posizione possa o meno essere confermata alla
luce delle disposizioni recate dal citato art. 74, comma 6, della legge n. 342
del 2000.
Al
riguardo, è opportuno precisare che, sulla scia delle argomentazioni assunte
dal consolidato orientamento della Corte di Cassazione lo ius superveniens è, per
sua natura, efficace rispetto ai rapporti non ancora definiti, mentre non
spiega alcun effetto rispetto a quelli esauriti, per i quali sia intervenuto il
giudicato, sia divenuto definitivo l'atto amministrativo o siano decorsi i
termini di prescrizione o decadenza stabiliti dalle leggi che regolano i
rapporti in questione (in senso conforme: sentenza del 9 giugno 1989, n. 2786,
sentenza del 5 aprile 1994, n. 3242 e da ultimo sentenza del 15 marzo 1999 - 20
maggio 1999, n.4904).
Vi è poi
da aggiungere che, come anche precisato dalle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione nella sentenza 12 aprile 1996, n. 3458, nel vigente sistema
tributario la restituzione di tributi indebitamente versati è soggetta alla
decadenza stabilita dalle singole leggi di imposta, che nel caso dell'ICI,
corrisponde, a norma dell'art. 13 del D.Lgs. n. 504 del 1992, al termine di tre
anni dal giorno del pagamento. Invero, come si legge nella sentenza appena
citata "Il principio dell'applicabilità del termine di decadenza...ad ogni
ipotesi di rimborso di pagamento di tributi non dovuti, quale che sia la
situazione giuridicamente rilevante da cui trae titolo il diritto alla
ripetizione, appartiene ormai a un consolidato indirizzo della giurisprudenza
di legittimità che si pone in coerenza con un orientamento normativo tendente
in linea generale a realizzare la più sollecita definizione dei rapporti tra
l'Amministrazione e il contribuente, e, a tal fine, ad assoggettare tal genere
di richieste a termini brevi di decadenza anzichè all'ordinario più lungo
termine di prescrizione previsto per l'azione di ripetizione esperibile
nell'ambito del diritto comune".
Alla luce
delle considerazioni svolte si deve pertanto concludere che i circa 1400 comuni
che avevano proposto ricorso avverso le tariffe d'estimo, a seguito
dell'approvazione dell'art. 74, comma 6, della legge n. 342 del 2000, non
possono prendere in esame le istanze di rimborso presentate dai contribuenti
relative all'ICI dovuta per il 1993, in quanto: . il rapporto tributario deve ormai considerarsi definito
relativamente alle istanze per le quali l'ente locale abbia già formulato il
proprio diniego di rimborso; è ormai
intervenuta la decadenza stabilita dall'art. 13, comma 1, del D.Lgs. n. 504 del
1992, per le istanze presentate oltre il termine di tre anni dal pagamento.
Quanto
detto vale anche (e ovviamente) nel caso in cui le nuove tariffe d'estimo
risultano aumentate. Ciò per salvaguardare il principio dell' "affidamento
del cittadino nella sicurezza giuridica; principio che, quale elemento
essenziale dello Stato di diritto, non può essere leso da norme con effetti
retroattivi, che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi
precedenti" (Corte Costituzionale, sentenza del 15 novembre 2000, n. 525).
Dalle
considerazioni svolte è agevole argomentare che non potranno essere effettuati
a carico dei contribuenti recuperi di imposta per le annualità precedenti nel
caso in cui le nuove tariffe d'estimo risultino aumentate, nè potranno essere
effettuati rimborsi nell'ipotesi in cui le nuove tariffe siano invece inferiori
a quelle che erano state prese come base di calcolo per la determinazione delle
rendite e quindi dei tributi dovuti.