Match centralizzato-autonomo: chi vince

 

Il vincitore, nel match tra riscaldamento centralizzato ed autonomo, pare scontato: gestire da soli la proprio caldaia, regolando a piacere la temperatura dei locali e spegnendola quando si va fuori casa è, la scelta più desiderabile per la maggioranza degli italiani. Lo dimostra, se non altro, il fatto che la magica pargoletta “termoautonomo” spicca spesso negli annunci immobiliari, con la certezza di invogliare il candidato acquirente dell’abitazione. Eppure non è sempre stato così: tra gli Anni ’50 e gli Anni ’70 il centralizzato andava forte, era considerato un pregio in più degli appartamenti.

Come spesso accade, la verità sta nel mezzo. La caldaia singola e quella condominiale hanno ciascuna i loro pregi e i loro difetti, alcuni oggettivi, altri soggettivi, che dipendono cioè da chi abita la casa, dalle sue preferenze e dai suoi bisogni. E, come vedremo, il centralizzato è  probabilmente destinato a riprendersi la rivincita in Italia, come del resto sta succedendo da tempo nei Paesi nordici, sia pure grazie a innovazioni tecnologiche sconosciute negli impianti tradizionali.

E’ vero: la caldaietta singola può essere spenta al bisogno, con conseguente risparmio sui costi. Ma l’interruzione dell’acqua calda nei caloriferi ha un senso solo a un patto: che si sia assenti per un lungo periodo (per esempio, durante le ore di lavoro). Altrimenti, lo stress termico della riaccensione, più volte al giorno, oltre ad accorciare la vita dell’apparecchio, provoca maggiori consumi. Per non parlare dell’aumento di inquinamento dell’aria: chi, al mattino presto, quando vengono accesi i caloriferi, si affaccia al balcone di una grande città, vedrà una distesa di comignoli che emanano fumi neri, Inoltre, il risparmio, anche per chi lascia vuota la casa per molte ore, è meno marcato di quel che si possa pensare. Primo, perché  si è assenti durante le ore più calde della giornata, quelle in cui il mancato funzionamento dell’impianto consente sconti minori sul consumo. Poi perché prima di alzarsi e quando si ritorna dal lavoro si metterà la temperatura a volume elevato, per riscaldare gli ambienti ormai freddi, con picchi orari di consumo maggiori. Infine perché le ore di assenza non vanno semplicemente “sottratte” dalle ore totali di accensione continuata dell’impianto: infatti, soprattutto alla sera,  si tenderà a tenere accesi per 1 o 2 ore in più i caloriferi, per conservare la temperatura ideale.

Dal punto di vista dei costi, il centralizzato converrà di più a chi abita i locali per la maggior parte della giornata: per esempio pensionati, casalinghe, famiglie con bimbi piccoli e, in parte, negozianti e proprietari di uffici e studi professionali.

 

 

 

Centralizzato: pro e contro

 

Vari sono i vantaggi da mettere in conto, oltre quello del minor costo per chi abita spesso la casa. Innanzitutto c’è la delega della gestione ad altri: è compito dell’amministratore condominiale la spartizione delle spese, secondo criteri stabiliti in genere da apposite tabelle allegate al  regolamento di condominio, oltre al loro pagamento. Stesso discorso per i controlli annuali sulla pulizia e sul rendimento, le riparazioni, la messa a norma degli impianti, che sono appannaggio di tecnici specializzati incaricati dall’assemblea condominiale (della legge definiti  “terzi responsabili dell’impianto calore”). Ciò incrementa la resa termica dell’impianto, riducendo i consumi. Del resto, a parità di ore di accensione, la resa termica di una caldaia  centralizzate è maggiore di tante  singole e la durata in vita dell’apparecchio è di qualche anno in più.. Un nodo focale è poi la sicurezza. In qualsiasi palazzo, ci sarà sempre un proprietario o un inquilino poco attento alle norme che impongono controlli sugli impianti vecchi o mal funzionanti, per trascuratezza o per paura di spendere. E non basta che il singolo impianto sia in regola e sia ben tenuto. Il suo proprietario è comunque soggetto a incidenti provocati da impianti pericolosi dei vicini di casa. Viceversa è probabile che tra la comunità dei condomini ne esista almeno uno a cui l sta a cuore a sicurezza dell’impianto comune. Basta che minacci di rivolgersi alle autorità, per mettere tutti gli altri nelle peste. Non solo. un amministratore scrupoloso, o semplicemente furbo, non si prenderà la responsabilità di accettare un impianto non in regola, rischiando in proprio. Infine non va sottovalutato un vantaggio sociale: un solo comignolo inquina meno di tanti.

 

 

Autonomo: pro e contro

 

La possibilità di spegnere o ridurre la temperatura a piacere, o comunque di autoregolarla automaticamente secondo le proprie abitudini, attraverso un apparecchio di poco costo (il cronotermostato), è indubbiamente un grosso vantaggio. Sarà possibile prevedere diversi gradi di calore a seconda delle stanze, entro i limiti complessivi di legge di 20 gradi (più altri 2 di tolleranza), valevoli per l’appartamento nel suo complesso. Per esempio meno calore nelle stanze da letto e in cucina e di più in soggiorno e nel bagno.

Evitare la delega della gestione ad altri non è solo fonte di svantaggi. Se l’impianto centralizzato funziona a gasolio (come spesso accade), capita che  un amministratore condominiale disonesto incassi sostanziose mazzette dalle aziende che procurano il combustibile. E anche se la caldaia va a metano e le tangenti sulla fornitura non ci possono essere,  succede che un professionista poco serio si faccia pagare somme sottobanco  su riparazioni o opere di manutenzione straordinaria, che talora possono essere non necessarie o inopportune. Inoltre la suddivisione delle spese condominiali di riscaldamento è fonte di una buona parte dei litigi in assemblea condominiale nonché di interminabili cause in tribunale.

Se poi l’impianto centralizzato non è stato progettato con cura, sono frequenti gli sbalzi termici tra appartamento e appartamento : in genere sono più caldi quelli ai piani medi e più freddi quelli al primo e ultimo piano. E’ vero, la giurisprudenza insegna che il “diritto ad essere riscaldati” esiste, ma talora per rivendicarlo occorre andare in causa, pagandosi un avvocato.

Infine, gli appartamenti termoautonomi hanno, sul mercato immobiliare, maggiore valore di rivendita.

 

 

 

Il giusto compromesso: la contabilizzazione del calore

 

Una sola caldaia in condominio, ma con gestione singola del riscaldamento. Insomma, un intelligente compromesso che ha tutti i pregi del riscaldamento centralizzato e di quello autonomo e (quasi) nessuno dei loro difetti. Sono queste le caratteristiche dell’impianto definito (con una brutta parola” con il termine “contabilizzato”. In sostanza il generatore calore nonché tutti gli impianti connessi (elettrico e di evacuazione dei fumi) restano condominiali. Però ogni abitante di appartamento, ufficio o negozio  ha la possibilità di spegnere, ridurre o alzare (entro il limite di legge di 20 gradi in media, più due di tolleranza) la temperatura.

Tecnologia. Per farlo utilizza dei particolari apparecchi, dal costo non eccessivo e di installazione non particolarmente complessa. Può trattarsi di un’unica centralina per tutto l’appartamento o di una valvola per ciascun calorifero. Tali apparecchi, detti cronotermostati, permettono di ottenere una temperatura programmata o lo spegnimento in differenti ore del giorno pre-impostate.

La scelta tra centralina unica o valvole è libera, se l’appartamento è di nuova costruzione. Viceversa è determinata dal tipo di impianto, se va convertito alla contabilizzazione. Le valvole su ogni calorifero vanno installate negli stabili con impianti  a"distribuzione verticale" (in genere i più antichi) . Diversi tubi montanti salgono nei vari appartamenti e servono uno o più caloriferi per piano. Nei nuovi palazzi, invece, il cronotermostato è in genere unico  perché la distribuzione è "orizzontale" o"a isola" e. E' simile cioè a quella dell'energia elettrica: in ogni appartamento il cavo dell’azienda va al contatore e da questo si disperdono ad anello, i fili verso le prese e i punti luce. Quindi, anche per il riscaldamento, un unico tubo serve tutti i caloriferi di un appartamento. Le valvole permettono meglio la regolazione stanza per stanza, possibile anche però con centraline un po’ più raffinate e costose. 

Gestione a distanza. Va prevista l'installazione vicino alla caldaia centralizzata di un'unità centrale di gestione, un apparecchio elettronico in grado di raccogliere e rielaborare i dati provenienti dagli appartamenti. E cioè i consumi effettuati, le temperature richieste dai singoli condomini, i periodi di accensione e spegnimento. In base a questi dati la caldaia regola automaticamente il suo funzionamento. L'unità può segnalare anche guasti e disservizi.

Questa unità può essere "telecomandata" dall'esterno, anche da grande distanza,  via radio o con un modem collegato alle linee telefoniche. A"comandarla" potrà essere un computer situato presso la ditta responsabile della manutenzione e dell'esercizio della caldaia centralizzata. Entro certi limiti, anche l’ amministratore condominiale potrà avere accesso ai comandi della caldaia: .una possibilità è preziosa se ad essere"contabilizzato" è l'impianto di un condominio che ospita case di villeggiatura. Un proprietario da Bologna sarà in grado di telefonare all’amministratore, che sta a Aosta, chiedendogli di scaldare a distanza i caloriferi del suo appartamento di Courmayeur, per il week end.*

Norme di legge. La contabilizzazione è divenuta obbligatoria per tutti gli edifici con riscaldamento centralizzato la cui concessione edilizia sia rilasciata dopo il 30 giugno 2000 (dal 18 luglio 1991 era comunque necessario predisporre gli edifici in costruzione per il suo funzionamento).

Suddivisione delle spese. Si paga una quota (60-70%) rapportata ai costi effettivi conteggiati per il combustibile consumato da ogni appartamento e la quota rimanente, in base ai millesimi-calore condominiali, per le spese per la gestione da parte del terzo responsabile e per la manutenzione della caldaia, delle  tubazioni e degli  apparecchi connessi,  L’incidenza della quota condominiale varia a seconda dei casi concreti: sarà per esempio tanto più grande quanto il  condominio è di dimensione contenuta.

 

Tipo di vantaggio

Autonomo

Centralizzato

Contabilizzato

Pagamento legato al consumo e quindi, spesso, bolletta meno cara

X

 

X

Rivalutazione del valore dell’appartamento in caso di rivendita

X

 

X

Niente litigi con i vicini sulla ripartizione delle spese

X

 

 

Minori dispersioni termiche inutili delle tubature

X

 

 

Minori costi, per chi passa molto tempo a casa

 

X

 

Minore consumi se si evita lo stress termico derivante dalla riaccensione, più volte in un giorno, della caldaia.

 

X

X

Maggiore rendimento calorico  di un apparecchio centralizzato rispetto a tanti singoli

 

X

X

Vita più lunga dell’apparecchio-caldaia

 

X

X

“Furto” di calore da parte dell’appartamento (soprattutto se su piano medio) rispetto agli appartamenti circostanti

X

 

X

Possibilità di accensione e regolazione a distanza, con controlli appartamento per appartamento

 

 

X

Regolazione autonoma della temperatura

X

 

X

Accensione possibile solo in determinate ore del giorno

X

 

X

Nessuna tangente all’amministratore condominiale disonesto.

X

 

Dipende*

Minore inquinamento di un solo camino rispetto a tanti

 

X

X

Possibile scelta di più combustibili, anziché del solo metano

 

X

X

Manutenzione, assistenza migliore e pericoli per la sicurezza inferiori (le caldaie singole sono spesso trascurate)

 

X

X

Delega della responsabilità dell’impianto all’amministratore condominiale

 

X

X

Spese di manutenzione straordinaria e ordinaria ripartite tra tutti

 

X

X

Si evitano i costi eccessivi dell’eventuale trasformazione da centrale a singolo

 

X

X

* dipende dal tipo di combustibile utilizzato (metano o gasolio). Possibili comunque le tangenti  sulla manutenzione ordinaria e straordinaria

Fonte: Ufficio Studi Confappi-Federamministratori

 

 

Le difficoltà tecniche della trasformazione

Il termoautonomo vince al Sud la sfida dei costi

 

Quanto conta la zona geografica, o, per essere più esatti, quella climatica, nella scelta tra caldaia singola o comune? L’elaborazione dei dati nelle varie località dimostrerebbe che, se chi abita un appartamento è assente per varie ore del giorno, il risparmio con l’impianto autonomo è percentualmente maggiore nelle località calde rispetto a quelle fredde. Questo per la semplice ragione che sia le norme di legge che quelle del buon senso impongono un’accensione per un numero minore di ore. Pertanto, se si manca dall’appartamento per più tempo, il risparmio è in proporzione maggiore. Dovendo poi rialzare la temperatura di meno gradi, al proprio ritorno, anche lo stress termico si riduce.

Tuttavia l’effetto-zona va moderato da altre considerazioni. Occorre infatti non dimenticare che i costi di installazione di un impianto autonomo sono simili in tutt’Italia e sono superiori a quello di uno centralizzato. Quindi cresce il periodo per ammortizzarli con i risparmi energetici conseguiti, che sono minori in valore assoluto nelle zone più calde e, in generale, al Sud.

Naturalmente, la scelta è possibile in due diversi momenti. All’acquisto di un appartamento, innanzitutto. O anche dopo, quando uno o più residenti in un palazzo decidono di passare da un sistema all’altro (e, come insegna l’esperienza, si tratterà quasi sempre dal centralizzato all’autonomo).

E’ allora che ci si scontrerà con difficoltà tecniche, che possono anche rendere la conversione talora impossibile e talaltra economicamente poco conveniente, soprattutto quando si tratti del distacco di uno o pochi condomini dal centralizzato. In questa situazione. Infatti, in caso di nuovo impianto o di trasformazione di quello esistente Il Dpr 412 del 1993 impone, nell’articolo 9, la presenza di appositi camini o canne fumarie con sbocco sopra il tetto dell'edificio “alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente”. Il che significa che vanno costruite nuove canne fumarie, individuali o collettive, queste ultime secondo criteri ben precisi. In genere è impossibile, o troppo costoso, incunearle dentro i muri. Quindi vanno quasi sempre poste all’esterno. Sono pesanti e vanno assicurate bene ed essendo avvolte in coibentazioni voluminose, hanno dimensioni considerevoli. Se creano danni all’estetica dell’edificio (il cosiddetto decoro) anche un solo condomino può protestare, facendosi dare ragione in Tribunale.

Non è finita: i comignoli debbono serbare distanze da qualunque manufatto sporga sopra il tetto prescritte dai regolamenti locali e dalle norme Uni di buona esecuzione . E poi vanno praticati nei locali che ospitano le caldaie fori di aerazione sempre aperti, per quanto coperti da griglie, la cui grandezza dipende dalla potenza della caldaia (a meno che si utilizzino caldaiette sigillate, che pescano l’aria per la combustione dall’esterno).* Ce n’è abbastanza, insomma, per convincersi a conservare l’impianto centrale, ma adeguarlo alla contabilizzazione individuale dei consumi, può divenire più che una scelta l’unica alternativa possibile.

 

 

IMPIANTI SINGOLI E CENTRALIZZATI A CONFRONTO IN 7 CITTA’

 

Stima dei consumi e dei costi in bolletta

 

 

Città

Zona energetica

Gradi giorno

Centralizzato (a unità abitativa)

Singolo ad accensione continua

Singolo, con spegnimento in ore lavorative

Consumo annuo metano (mc)

Spesa annua con Iva (euro)

Consumo annuo metano (mc)

Spesa annua con Iva (euro)

Consumo annuo metano (mc))

Spesa annua con Iva (euro)

Milano

E

2.404

1560

1.413

1716

1.551

1222,7

1.116

Torino

E

2.617

1700

1.546

1870

1.698

1332,4

1.216

Cuneo

F

3.012

1957

1.675

2153

1.841

1624,8

1.395

Firenze

D

1.821

1180

967

1298

1.061

851,81

704

Roma

D

1.415

920

899

1012

986

664,13

655

Campobasso

E

2.346

1520

1.292

1672

1.416

1191,3

1.026

Catanzaro

C

1.328

860

806

946

884

546,32

520

Bari

C

1.185

770

657

847

720

489,14

425

Agrigento

B

729

474

418

521

458

239,52

222

 

 

Fonte: Ufficio Studi Confappi_Federamministratori . Elaborazione su dati Autorità per l’energia elettrica e il gas sul 2004, Italgas, Enea, Dpr 412/1993

 

 

 

Criteri tecnici per i calcoli (tabelle 1 e 2). I dati sulle tabelle hanno valore puramente indicativo.  Per il consumo di gas metano si è partiti da una stima Italgas dei consumi medi familiari a Torino. Si sono parametrati proporzionalmente tali consumi nelle altre città, in base ai gradi-giorno, rilevati per tutti i comuni italiani, dall’allegato A al Dpr n. 412/1993. Per il calcolo delle costi prima della distribuzione, ci si è poi basati su i dati rilevati, per tutto il 2004 e  per ogni azienda energetica dei comuni metanizzati, dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas (che prevedono tra l’altro l’inserimento da 11 a 13 diversi parametri variabili). Si è poi stimata nel 10% la maggior resa energetica dell’impianto centralizzato rispetto al singolo (in realtà tale percentuale va rapportata al numero di unità abitative del condominio e cresce con esso). Per il calcolo dei minori consumi in seguito allo spegnimento nelle ore lavorative, ci si è basati su diversi parametri, tra cui il periodo massimo di accensione degli impianti termici, che dipende dalla zona energetica del comune (sempre in base al Dpr 412/1993). Per lo stress termico da riaccensione, ci si è basati su una stima Enea che lo valutava nel 5% in più di consumi, rapportato sempre al periodo di accensione permesso.. 

    

 Maggioranze condominiali e ostacoli alla conversione

 

La conversione da centralizzato ad autonomo ha tre possibilità alternative. La prima è il distacco di uno o più proprietari dalla caldaia condominiale, che continua a servire gli altri. La seconda è la trasformazione dell’intero impianto in tanti termoautonomi. La terza è serbare l’impianto comune ma rendere possibile regolare e spegnere i caloriferi, appartamento per appartamento (la cosiddetta contabilizzazione del calore).

Il distacco. L’impianto centralizzato appartiene a tutti. L’articolo 1118 del codice civile stabilisce che il condomino “non può, rinunciando al diritto sulle cose comuni, sottrarsi alle spese della loro conservazione”. Non solo: l’articolo 1138 rende impossibili accordi diversi, anche se assunti con un contratto o con un regolamento condominiale contrattuale. Questo tipo di regolamento , anzi, può spingersi fino a vietare del tutto il distacco.

Se il divieto non c’è, un condomino può comunque staccarsi, anche se resta consigliabile l’assenso dell’assemblea, con le maggioranze ordinarie. Tuttavia, se tale decisione è presa da più di uno, può benissimo darsi i condomini si ritrovano una caldaia con potenza eccessiva rispetto ai loro bisogni, che consumerà notevolmente di più di una caldaia meno potente. Ecco perché può esistere un legittimo interesse ad opporsi al distacco, ricorrendo al giudice.

In ogni caso il condomino che si è distaccato deve continuare contribuire alle spese di manutenzione straordinaria e di adeguamento dell’impianto centralizzato alle norme di sicurezza e di risparmio energetico. In pratica non pagherà solo quelle di consumo del combustibile.

La trasformazione. La legge 10/1991 consente però, all’articolo 26, comma 2, "la trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas". La decisione può essere presa, in prima o seconda convocazione, con la semplice maggioranza dei millesimi. Trattandosi di una norma di ordine pubblico, volta al risparmio energetico, anche stavolta un regolamento contrattuali non vi può fare eccezione.

Ma come diverrà l’impianto? Può trasformarsi in uno di tipo misto, in parte termoautonomo e in parte no? La Cassazione lo ha escluso, altrimenti l’obiettivo sociale del risparmio energetico sarebbe reso vano. Anzi, diviene necessaria la presentazione di una relazione tecnica che dimostri gli impianti unifamiliari progettati consumeranno meno combustibile di quello centralizzato Tale relazione, tra l’altro, andrà depositata in Comune, insieme al progetto, come stabiliscono gli articoli da 28 a 30 della legge 10/1991. Proprio per questo la trasformazione, secondo la maggioranza dei giudici, deve essere gestita dal condominio, con un singolo contratto di appalto che preveda le condizioni tecniche necessarie perché il risparmio si realizzi.

Conversione in contabilizzato. La legge 10/91 riserva un trattamento di favore al passaggio al contabilizzato. Innanzitutto non è necessaria una relazione tecnica che dimostri il risparmio energetico. Specifica poi che la contabilizzazione pur essendo un'innovazione, non è trattata come tale. Se ne deduce che la maggioranza per deciderla dovrebbe essere quella ordinaria, perché non diversamente specificato. E cioè la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno 1/3 dei condomini e 1/3 millesimi, in seconda convocazione.