A cura di Franco Pagani, presidente Federamministratori-Confappi

Cosa è il Catasto

Il Catasto è l’elenco generale di tutti i beni immobili (terreni e fabbricati).

Ha due funzioni. La prima è identificare l'immobile, con mappe generali della zona e piantine del singolo fabbricato. La seconda è attribuire agli immobili due tipi di valori. Il primo è la rendita (per esempio quanto potrebbe rendere una casa se viene affittata o un terreno se è coltivato). Il secondo è il valore di compravendita.

Va subito detto che questi due valori sono teorici e spesso enormemente diversi da quelli di mercato. Sono solo parametri per stabilire quanto deve essere tassato l'immobile. Infatti praticamente tutta l'imposizione fiscale sul mattone si basa proprio sulla rendita e sul valore catastale.

Catasto terreni: le cartine.

Le cartine catastali, dicevamo, sono di due tipi: mappe generali di una zona e "planimetrie" (cioè piantine) del singolo immobile. Le prime fanno capo al "Catasto Terreni". Le seconde al "Nuovo catasto fabbricati".

Il Catasto terreni conserva mappe in genere in scala 1/2000 (un centimetro sulla mappa corrisponde a 2000 centimetri nella realtà, cioè a venti metri). In paesi e città la scala può scendere a 1/1000 o addirittura a 1/500.

L'area rappresentata è suddivisa in "particelle", cioè in riquadri di forma irregolare, che rappresentano porzioni di terreno, appartenenti a uno o più proprietari. I fabbricati sono rappresentati come rettangolini o comunque poligoni in scala.

Ogni mappa è numerata e ogni particella è identificata sulla mappa da lettere e numeri. Il numero di mappa (detto anche mappale) e il numero di particella sono riferimenti importanti, perché vanno riportati in ogni atto di rilievo che riguarda immobili per identificare con certezza un terreno o un palazzo. Per esempio nei rogiti di compravendita, nelle dichiarazioni di successione, nelle dichiarazioni Ici (imposta comunale sugli immobili), eccetera.

La parte cartografica del Catasto Terreni è, sicuramente, abbastanza aggiornata e rappresenta un riferimento credibile per chi compra e vende un terreno (lo stesso discorso non vale però per i "rettangolini" che rappresentano i fabbricati).

Evidentemente, ogni volta che una particella viene suddivisa in altre o accorpata con altre, oppure viene costruito o demolito un fabbricato, va fatta denuncia di variazione al Catasto Terreni. La denuncia va obbligatoriamente presentata da un tecnico iscritto a un Albo professionale (ingegnere, architetto, geometra), che sarà costretto a ridisegnare secondo criteri ben precisi la parte della mappa che gli compete. La nuova cartina va caricata su supporto informatico (floppy disk o cd) come ormai accade per tutti gli atti catastali.

Catasto terreni: i valori

A ogni particella, se si tratta di un semplice terreno, corrispondono due diversi "redditi", il primo detto "dominicale" e il secondo detto "agrario". Il reddito dominicale fa riferimento al valore teorico di affitto del terreno. Il reddito agrario a quello che si dovrebbe eventualmente ricavare dalla sua coltivazione. Entrambi vengono calcolati attraverso sistemi complessi e che hanno, alla fin fine, ben poco a che vedere con la realtà. Vanno quindi considerati come semplici "parametri fiscali", cioè basi per decidere i vari tributi, non più cambiati da decenni se non attraverso operazioni contabili che consistono semplicemente nell'aggiornare i vecchi redditi moltiplicandolo per un certo numero (oggi è 1,25).

Anche il valore catastale dei terreni non fabbricabili risulta da una semplice operazione aritmetica: occorre moltiplicare il reddito dominicale aggiornato per 75. Tale valore è quello minimo da denunciare negli atti di compravendita e successione per non subire accertamenti fiscali.,

Viceversa il valore del terreni edificabili va stimato direttamente dal contribuente sulla base dei prezzi di compravendita della zona. Conviene, prima di farlo, che il cittadino si consulti con un tecnico, che a sua volta interroghi i funzionari del Catasto e quelli comunali, addetti all'Ici (l'imposta comunale sugli immobili) . Infatti se denuncia troppo poco rischia di pagare sanzioni al Fisco nonché al Comune.

 

Il Catasto fabbricati: la parte cartografica

 

E' evidente che una particella catastale, cioè un riquadro su una cartina, non può rappresentare bene un edificio, che può essere a più piani e suddiviso in più "unità immobiliari" (cioè appartamenti) nonché in elementi "accessori "(androne del palazzo, cortile, giardino) e "pertinenze" (cantina, solaio, box o posto auto).

Le unità immobiliari e certe pertinenze (ma non gli accessori) sono considerate in Catasto un "subalterno" della particella, e distinte da lettere e numeri. Ricapitolando, quindi, ogni costruzione di una qualche importanza è identificata in modo incontrovertibile da almeno quattro riferimenti: il Comune, il numero di foglio o mappale, il numero di particella e il numero di subalterno.

I subalterni (appartamenti e loro pertinenze) sono inoltre rappresentati da una loro autonoma cartina, la planimetria catastale, che tempo fa doveva essere esatta e riportare anche i muri interni. Oggi non è più così, perché lo spostamento o l'abbattimento di muri interni non vanno più denunciati in Catasto, ma debbono esserlo solo gli accorpamenti e le divisioni degli appartamenti. Quindi è normale che una planimetria catastale non sia aggiornata.

Capita spesso inoltre che in Catasto non esista la planimetria delle pertinenze, soprattutto di cantine e soffitte (i box sono invece censiti molto meglio). Ciò è sicuramente un problema per il cittadino, perché al momento della compravendita può essere complicato identificare con certezza di chi siano questi spazi. Non a caso è comune., soprattutto nei vecchi edifici, che qualcuno si appropri illecitamente di cantine e soffitte, occupandoli.

 

Catasto fabbricati: i valori

 

Anche i fabbricati, come i terreni, che siano distinti da una semplice particella o anche da un subalterno, hanno una rendita e un valore catastale, cioè due cifre che rappresentano, rispettivamente, il reddito teorico ricavabile dall'affitto e il prezzo di compravendita, su cui si calcolano quasi tutte le imposte immobiliari.

La rendita catastale dipende oggi da cinque parametri:

  1. il comune dove è situato l'immobile;
  2. la zona del comune, detta "censuaria" (se il comune è grande ed è diviso in più zone);
  3. la categoria catastale, che identifica sia il tipo di immobile (abitazione, ufficio eccetera) che, a grandi linee, la sua qualità (abitazione di signorile, economica, eccetera);
  4. la classe catastale, che è una ulteriore suddivisione della categoria, per identificare meglio la qualità dell'immobile, se migliore o peggiore;
  5. La cosiddetta "consistenza", cioè la grandezza dell'immobile, espressa a seconda dei casi in vani o metri quadrati catastali.

I primi quattro dati (comune, zona censuaria, categoria e classe), permettono di identificare la cosiddetta "tariffa catastale", che è un valore unitario che il Catasto dà a tutti gli immobili che hanno questi identici parametri.

La tariffa catastale, moltiplicata per il numero che esprime la consistenza, dà infine un altro numero, che è la rendita catastale.

Per semplificare, è bene parlare però solo di alcuni tipi di fabbricati: le abitazioni, gli uffici, i negozi e i box auto.

Abitazioni e uffici

Abitazioni e uffici sono oggi raggruppati in 11 diverse categorie catastali, numerate da A/1 fino a A/11, a seconda della qualità). Più esattamente, gli uffici sono tutti raggruppati nella categoria A/10. Va detto che prima o poi le vecchie categorie andranno in pensione, sostituite da altre (vedi tabella).

Ogni categoria è divisa in classi. Le classi partono dalla n. 1 e il loro numero varia da comune a comune. C'è un solo criterio: tanto più il numero di classe cresce, tanto più cresce la tariffa catastale, e quindi la rendita, e in definitiva le imposte che bisogna pagare. Perciò un immobile di categoria A/3 (abitazione economica) e classe 2, sarà considerato meno bello di un immobile di categoria A/3 e classe 4.

Categoria e classe identificano, dicevano, la tariffa catastale, un numero che va moltiplicato per un altro, la consistenza, per identificare il valore che davvero interessa la gente, cioè la rendita.

A complicarci la vita la consistenza non è oggi espressa in metri quadrati, bensì in "vani catastali". Tali vani non hanno nulla a che vedere con quelli definiti nel dizionario della lingua italiana, cioè i locali di un appartamento, ma sono calcolati con un sistema cervellotico, che perdipiù varia da zona a zona. .A titolo indicativo, un appartamento di 100 metri quadrati ha in media 5,5-6 vani catastali.

Un esempio, per chiarire le idee. Un appartamento civile (categoria A2) di classe 6, nel semicentro di Milano (zona censuaria 2) ha una tariffa catastale di 470.000 delle vecchie lire (242,73 euro). Se ha 6 vani, la sua rendita catastale sarà di 470.000 x 6 = 2.820.000 lire (1.456,41 euro).

Infine un'altra complicazione. Nel 1997 si è deciso di rivalutare tutte le rendite , aumentandole del 5%.Percò per sapere la rendita catastale attuale, occorre prendere la vecchia rendita e moltiplicarla per 1,05. Nel caso dell'esempio, la rendita catastale rivalutata sarà di 2.820.000 lire x 1,05= 2.961.000 lire (1.529,23 euro).

Negozi e box

Per negozi e box vale esattamente lo stesso discorso fatto per abitazioni e uffici su categorie, classi, consistenza e rivalutazione della rendita. Con due differenze. I negozi sono tutti raggrupparti nella categoria C/1 e i box in quella C/6 (che comprende anche garage, autorimesse e stalle). La consistenza è però stavolta espressa in metri quadrati catastali (anch'essi differenti da quelli reali). Perciò occorrerà moltiplicare la tariffa per i metri quadrati catastali per avere la vecchia rendita, e quest'ultima per 1,05 per avere quella rivalutata. Un esempio, sempre sul semicentro di Milano. Un box di classe 6 (tariffa 16.300 lire) e metri quadrati 13, avrà una rendita catastale di 211.900 lire , rivalutata a 222.495 lire (114,91 euro).

Le categorie catastali

(riportiamo solo quelle di maggiore interesse)

Categ. attuale

Categ. futura

Tipo di immobile

A/1

R/1

abitazione signorile

A/2

R/1

abitazione civile

A/3

R/1

abitazione economica

A/4

R/1

abitazione popolare

A/5

R/1

abitazione ultrapopolare

A/6

R/3

abitazione rurale

A/7

R/2

abitazione in villino

A/8

R/2

abitazione in villa

A/9

P/5

castello, palazzi di eminenti pregi artistici o storici

A/10

T/5

uffici e studi professionali

A/11

R/3

abitazione tipica del luogo

C/1

T/1

negozio

C/2

T/2

deposito e magazzino

C/3

T/2

laboratorio

C/4

T/3

locale per sport

C/6

R/4

posto auto o box al servizio dell'abitazione

C/6

T/5

autosilos e autorimesse

C/6

T/6

stalle e scuderie

C/7

T/2

tettoie chiuse od aperte

 

Dalla rendita al valore catastale

 

Il valore catastale, cioè il valore dato dal Fisco a un immobile, ha un calcolo molto semplice. Si moltiplica la rendita rivalutata per un certo numero, che è 100 per abitazioni e box, 50 per gli uffici e 34 per i negozi. Quindi, per esempio, se la rendita dell'appartamento nel semicentro di Milano che avevamo preso ad esempio, è di 2.820.000 lire (1.456,41 euro), il suo valore catastale (detto anche "fiscale") è 2.820.000 x 100 = 282 milioni di lire (145.641 euro).

 

Il calcolo delle imposte sulla casa: dichiarazione dei redditi

Tutte le principali imposte sulla casa si basano sulla sua rendita e sul valore fiscale. Più esattamente la rendita conta solo ai fini dell'Irpef (dichiarazione dei redditi , con modello Unico e modello 730).

Nel modello Unico va riportata sempre la rendita catastale rivalutata, incrementata di un terzo se si tratta di una seconda casa. In caso di locazione dell'immobile va riportato anche il canone di locazione, in genere diminuito del 15% a titolo di spese affrontate), ed è su questo che vengono calcolate le imposte. L' abitazione principale (anche se la rendita va comunque riportata) non pagherà nulla.

Nel modello 730 va invece riportata semplicemente la rendita catastale non rivalutata, oltre all'eventuale canone di locazione. Provvederà il CAF a fare i calcoli.

Per i terreni, va riportato il reddito dominicale e quello agrario. Le imposte si calcolano solo sul primo.

 

Il calcolo delle altre imposte

Tutte le altre imposte (Ici, imposte sulle compravendite e donazioni, se esistenti) hanno invece come base il valore catastale, o valore fiscale dell'immobile. I criteri cambiano, da imposta a imposta. Per l'Ici si paga in genere annualmente da 4 a 7 millesimi del valore dell'immobile (con detrazione minima di 103,29 euro per l'abitazione dove si vive)...

Per le compravendite se si denuncia il valore catastale non si subiscono accertamenti da parte del Fisco. E' lecito anche denunciare di meno, ma in questo caso si dovrà essere pronti a motivare la propria dichiarazione con argomentazioni molto solide, pena il rischio di dover pagare salate sanzioni. Si paga da un minimo del 3% a un massimo del 20% del valore denunciato.

 

Un esempio reale di tariffario catastale

Milano, zona censuaria 2 (semicentro)

(le tariffe sono ancora espresse in vecchie lire. La trasformazione in euro va fatta sulla rendita catastale finale)

Categoria

Classe

Tariffa

Categoria

Classe

Tariffa

Categoria

Classe

Tariffa

Categoria

Classe

Tariffa

A/1

1

365000

A/3

7

430000

A/8

1

705000

C/1

7

77000

2

425000

8

500000

2

825000

8

89600

3

495000

A/4

1

120000

3

960000

9

104200

4

580000

2

140000

4

1120000

10

121200

5

680000

3

165000

A/10

1

635000

11

141000

6

795000

4

195000

2

740000

12

164000

7

930000

5

230000

3

865000

13

190700

A/2

1

210000

6

270000

4

1010000

14

221800

2

245000

7

315000

5

1175000

15

258000

3

290000

A/5

1

105000

6

1370000

16

300000

4

340000

2

125000

7

1595000

C/6

1

7500

5

400000

3

150000

8

1860000

2

8800

6

470000

4

180000

9

2165000

3

10300

7

550000

5

215000

10

2520000

4

12000

8

640000

6

255000

A/11

Una

150000

5

14000

A/3

1

160000

7

300000

C/1

1

31000

6

16300

2

190000

A/7

1

420000

2

36100

7

19000

3

225000

2

490000

3

42000

8

22100

4

265000

3

575000

4

48900

9

25800

5

310000

4

670000

5

56900

10

30100

6

365000

5

780000

6

66200

11

35000

 

La partita e il certificato catastale

Nelle intenzioni dei fondatori del Catasto, la partita doveva essere il documento che riuniva tutte le proprietà e tutti i diritti di una singola persona sugli immobili italiani. Non è purtroppo così: spesso il nome dello stesso cittadino compare in più partite catastali. Non solo: non è per niente detto che l'intestatario della partita possieda davvero quell'immobile: può essere deceduto da tempo o può averlo venduto ad un altro. Questo perché fino a poco tempo a erano in ritardo di decenni le cosiddette "volture", cioè l'aggiornamento dei cambiamenti di intestazione dell'immobile. Ogni immobile, comunque è identificato quindi non solo da foglio, particella e subalterno, ma da un numero di partita.

Il certificato catastale è invece orientato sulla singola unità immobiliare e riporta i riferimenti geografici e fiscali dell'immobile, oltre le persone che hanno diritti su di esso.

Oggi la situazione è, a dir poco, strana. Per gli immobili costruiti più recentemente, o per quelli che hanno cambiato di proprietà non molto tempo fa, le partite e i certificati catastali sono a posto, perché l'incarico a fare il loro aggiornamento non è più dato ai funzionari del Catasto, ma ai professionisti incaricati dal cittadino (per esempio i notai). Viceversa, per gli immobili che non hanno cambiato proprietà da anni, questi due documenti possono non essere aggiornati. Per questo si dice, in linguaggio tecnico, che i documenti catastali non hanno "valore probatorio", cioè non possono essere portati come prova di proprietà o di diritti. Occorre invece procurarsi i passaggi di proprietà, trascritti presso l'aggiornata Conservatoria dei registri immobiliari (vedi articolo sui "Cambiamenti futuri").

 

I cambiamenti futuri

Il Catasto vive da anni in una rivoluzione annunciata, ma per ora rinviata anno dopo anno. Ecco i principali cambiamenti futuri.

Unione del Catasto con le Conservatorie immobiliari. Il Catasto è l'ufficio che conserva le mappe e i riferimenti fiscali degli immobili. Le Conservatorie invece raccolgono i documenti sulla proprietà o sugli altri diritti che esistono sugli immobili stessi (per esempio i rogiti o le iscrizioni di le ipoteca) . Ad essi si aggiungeva l'Ufficio tecnico erariale, incaricato di fare stime sul valore degli immobili L'unificazione dei tre organismi nei cosiddetti "Uffici del Territorio" è, sulla carta, cosa fatta da anni, anche grazie all'informatizzazione, cioè all'uso dei computer su cui dovrebbero essere stati riversati tutti i dati finora riportati su carta. Per ora, però, siamo ancora in mezzo al guado del cambiamento: molto è stato fatto ma molto è ancora da fare. Il compito forse più immane è riversare nei computer le mappe catastali.

Nuove tariffe e rendite Tutte le tariffe catastali (e quindi tutti i valori) andranno rivisti, probabilmente in aumento. Si suddivideranno i comuni in numerose zone omogenee dal punto di vista dei valori di mercato e le vecchie categorie catastali andranno in pensione, sostituite dalle nuove (vedi tabella)

Da vani a metri quadri. I vani catastali saranno sostituiti dai metri quadrati.

Catasto ai comuni. Il Catasto verrà decentrato nei singoli comuni. Quelli più piccoli potranno consorziarsi per gestirlo insieme.

 

I rapporti dei cittadini con il Catasto

Dove sono gli uffici catastali. Gli Uffici Catastali (oggi detti Uffici del Territorio) sono situati presso tutti i capoluoghi di provincia e, talvolta, anche in alcuni altri centri non capoluoghi (per esempio, Monza). In futuro gli uffici catastali dovrebbero essere decentrati anche presso i singoli comuni : alcuni, come Rimini, sono all'avanguardia del cambiamento. L'informatizzazione permette però a chi non vuole muoversi da casa o dall'ufficio, di ottenere i certificati catastali anche via Internet, pagando con carta di credito il servizio, presso vari siti specializzati (non ultimi i più grandi che gestiscono offerte di compravendite di immobili).

In quali occasioni ci si va. La burocrazia catastale è leggendaria per la sua inefficienza e per la sua complicazione. Oggi, occorre sottolinearlo, le cose stanno cambiando in meglio, e di molto, grazie alla informatizzazione, che ha semplificato le procedure.

I rapporti del cittadino con il Catasto avvengono soprattutto in due occasioni. Quando si compra, vende o eredita un immobile, e quando si vuol sapere qual è la propria rendita catastale. In questi due casi si cerca di procurarsi un certificato, una planimetria catastale o una mappa catastale , che dovrebbero riassumere quasi tutto quanto c'è da sapere sull'immobile.

Le rendite catastali provvisorie. A proposito della rendita catastale va detto che molti cittadini la denunciano ancora oggi sbagliata, senza nemmeno saperlo. Questo perché fino a non molti anni fa la rendita catastale veniva attribuita dai funzionari del catasto con metodi complicatissimi. Di conseguenza l'attribuzione della rendita era un processo lunghissimo, talora della durata di più di un decennio. Nel frattempo si utilizzava una "rendita catastale provvisoria", in teoria autostimata dal cittadino stesso, in realtà valutata da un professionista che lo aiutava. Il contribuente restava con una spada di Damocle sospesa sul capo: se la rendita fai-da-te era troppo bassa, doveva pagare sanzioni. Perdipiù la rendita definitiva non gli era quasi mai comunicata direttamente: veniva affissa per un certo periodo sul cosiddetto "Albo pretorio", una specie di tabellone presso il Comune. Un procedimento anti-democratico e ingiusto, che non permetteva al cittadino di essere informato.

Commissioni tributarie Oggi le cose sono cambiate, un po' in meglio, ma non troppo. Le rendite catastali definitive per poter essere considerate valide debbono essere notificate comunque al contribuente, per mezzo di messo comunale.. Di ciò si occupa il Comune, che ricava dagli immobili, attraverso l'Ici (l'imposta comunale) la maggioranza delle sue entrate. Perciò molti italiani si sono visti recapitare a casa le rendite definitive. Il guaio è che, se le rendite definitive sono state decise anni prima, e sono superiori a quelle provvisorie, il cittadino è costretto a pagare tutti gli arretrati (senza sanzioni e interessi, però). Per contestare la rendita il cittadino ha comunque tempo 60 giorni per ricorrere presso le Commissioni tributarie provinciali, che sono in genere situate presso i capoluoghi di provincia. Il ricorso non è di per sé costoso (basta un modulo in bollo da indirizzare alla Commissione e uno in carta semplice al Catasto): quello che costa è soprattutto l'assistenza tecnica di un esperto.

Per le nuove attribuzioni di rendita il problema non si pone più. Di fatto la rendita è calcolata, per conto del cittadino , direttamente da un professionista da lui scelto e iscritto a un Albo, attraverso un programma informatico fornito dalle Finanze (procedura Docfa). In teoria il Catasto ha un anno per contestarla, ma non lo fa quasi mai.