Cassazione, sezioni unite: ciascun condomino paga i proprio debiti
Rivoluzionaria
sentenza della Cassazione, che capovolge gli orientamenti precedenti: ogni singolo
condomino risponde solo per quella parte del debito che corrisponde alla sua quota
millesimale. Fine della solidarietà
reciproca rispetto alle obbligazioni condominiali.
SUPREMA
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI
UNITE CIVILI
Sentenza
8 aprile 2008, n. 9148
(Pres.
Carbone - est. Corona)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott.
CARBONE Vincenzo - Primo Presidente
Dott.
CORONA Rafaele - rel. Presidente di sezione
Dott.
MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere
Dott.
VITRONE Ugo - Consigliere
Dott.
VIDIRI Guido - Consigliere
Dott.
SETTIMJ Giovanni - Consigliere
Dott.
FINOCCHIARO Mario - Consigliere
Dott.
SALME' Giuseppe
- Consigliere
Dott.
SEGRETO Antonio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
SOCIETA' E. S.R.L., in persona del legale
rappresentante pro-
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SARDEGNA 29, presso
lo studio dell'avvocato VASI GIORGIO, che la rappresenta e difende unitamente
all'avvocato PIERLUIGI COLIVA, giusta delega in calce al ricorso;
-
ricorrente -
contro
R.A., RA.AD., RA.AL., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. SCARABELLI 21,
presso lo studio dell'avvocato RUPERTO TOMMASO, che li rappresenta e difende
unitamente all'avvocato CLAUDIO CHIURAZZI, giuste deleghe a margine dei controricorsi;
-
controricorrenti -
e contro
CONDOMINIO VIA ***;
-
intimato -
avverso
la sentenza n. 305/03 della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositata il 19/02/03;
udita
la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 04/03/08 dal
Presidente Dott. Rafale
CORONA;
uditi
gli avvocati Pierluigi COLIVA, Claudio CHIURAZZI;
udito
il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.
IANNELLI Domenico, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo,
assorbiti gli altri motivi.
Svolgimento del processo
Con Decreto 24 marzo
1884, il Presidente del Tribunale di Bologna ingiunse al Condominio di via ***, ***, ed ai condomini A., Ad. e
Ra.Al., C.U., B.G., M.D., T.A.
ed alla società I.B.O. s.r.l. di
pagare alla E. s.r.l. L. 66.800.276, quale residuo del corrispettivo per i lavori eseguiti
nell'edificio condominiale.
Proposero
opposizione con distinti atti di citazione A. e Ra.Ad., le quali dedussero l'inammissibilità della duplice
condanna emessa sia a carico del condominio, sia nei loro confronti in via
solidale, posto che avevano adempiuto pro quota alle obbligazioni assunte nei
confronti della società E.; R. A. asserì di aver acquistato il solo diritto di usufrutto di una unità immobiliare in data 2 giugno 1993,
quando i lavori commessi alla società E. erano stati già ultimati: in ogni
caso, trattandosi di spese riguardanti opere di manutenzione straordinaria,
esse erano a carico del nudo proprietario.
Riuniti i giudizi e
chiamati in causa il Condominio, i condomini Q.I., B.T. e la società I.B.O. s.r.l., i quali chiesero
il rigetto della domanda proposta con il ricorso per ingiunzione, con sentenza
28 aprile 2000 il Tribunale di Bologna revocò il decreto; con sentenza 19
febbraio 2003, la Corte d'Appello di Bologna respinse l'impugnazione proposta
dalla società E..
Ha proposto ricorso
per Cassazione con sei motivi la società E.; hanno resistito con controricorso A., Ad. e Ra.Al.. Non ha svolto attività difensiva l'intimato
Condominio via ***, in persona dell'amministratore in carica.
La Seconda Sezione
civile, con ordinanza 7 febbraio 2007, n. 2621, ha rimesso gli atti al Primo
Presidente, avendo ritenuto la sussistenza di un contrasto all'interno della
sezione, posto che per un primo indirizzo (maggioritario) la responsabilità dei
singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi
avrebbe natura solidale, mentre per un secondo orientamento, decisamente
minoritario, avrebbe vigore il principio della parziarietà, ovverosia dalla
ripartizione tra i condomini delle obbligazioni assunte nell'interesse del
condominio in proporzione alle rispettive quote.
Per la risoluzione
del contrasto la causa viene alle Sezioni Unite
civili.
Motivi della decisione
La società
ricorrente lamenta:
1.1 con il primo
motivo, violazione e falsa applicazione degli artt.
1115 e 1139 cod. civ., in
relazione all'art. 360 n. 3, cod. proc. civ. La giurisprudenza dominante, anche successivamente
all'isolata sentenza n. 8530 del 1996, che aveva affermato la parziarietà, ha
sempre sostenuto e continua a sostenere la natura solidale delle obbligazioni
dei condomini;
1.2 con il secondo
motivo, falsa applicazione degli artt. 1004 e 1005
cod. civ., ai senso
dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., posto che la ripartizione delle spese fra nudo
proprietario usufruttuario operano nei rapporti interni e non sono opponibili
al terzo creditore;
1.3 con il terzo
motivo, violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n.
3 cod. proc. civ.,
poiché la sentenza di primo grado aveva posto a fondamento della decisione
ragioni diverse da quelle dedotte nell'opposizione al decreto ingiuntivo;
1.4
con il quarto motivo, omessa compensazione delle spese processuali con
riferimento ad A. R.;
Con il quinto
motivo, violazione dell'art. 91 cod. proc. civ., ai sensi degli artt. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.,
non sussistendo soccombenza nei confronti del
Condominio, che era stato chiamato in giudizio da A. R.;
Con il sesto motivo,
violazione dell'art. 63 disp. att., in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.,
non aveva tenuto conto dell'orientamento della Suprema Corte, secondo cui
l'acquirente di una unità immobiliare doveva essere tenuto alle spese solidalmente
al suo dante causa.
2.1 La questione di
diritto, che la Suprema Corte deve risolvere per decidere la controversia,
riguarda la natura delle obbligazioni dei condomini.
Secondo
l'orientamento maggioritario della giurisprudenza, la responsabilità dei
singoli partecipanti per le obbligazioni assunte dal "condominio"
verso i terzi ha natura solidale, avuto riguardo al principio generale
stabilito dall'art. 1294 cod. civ. per l'ipotesi in
cui più soggetti siano obbligati per la medesima prestazione: principio non
derogato dall'art. 1123 cod. civ., che si limita a
ripartire gli oneri all'interno del condominio (Cass.,
Sez. II, 5 aprile 1982, n. 2085; Cass., Sez. II, 17 aprile 1993, n.
4558; Cass., Sez. II, 30 luglio 2004, n. 14593; Cass., Sez. II, 31 agosto 2005, n.
17563).
Per l'indirizzo decisamente minoritario, la responsabilità dei condomini è
retta dal criterio dalla parziarietà: in proporzione alle rispettive quote, ai
singoli partecipanti si imputano le obbligazioni assunte nell'interesse del
"condominio", relativamente alle spese per la conservazione e per il
godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi
nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a
quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie, secondo cui al pagamento dei
debiti ereditali i coeredi concorrono in proporzione alle loro quote e
l'obbligazione in solido di uno dei condebitori si ripartisce tra gli eredi in
proporzione alle quote ereditarie (Cass., Sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530).
2.2 Per determinare
i principi di diritto, che regolano le obbligazioni (contrattuali) unitarie le
quali vincolano la pluralità di soggetti passivi - i condomini - occorre
muovere dal fondamento della solidarietà.
L'assunto è che la
solidarietà passiva scaturisca dalla contestuale presenza di diversi requisiti,
in difetto dei quali - e di una precisa disposizione di legge - il criterio non
si applica, non essendo sufficiente la comunanza del debito tra la pluralità
dei debitori e l'identica causa dell'obbligazione; che nessuna specifica
disposizione contempli la solidarietà tra i condomini, cui osta la parziarietà
intrinseca della prestazione; che la solidarietà non possa ricondursi alla asserita unitarietà del gruppo, in quanto il condominio
non raffigura un "ente di gestione", ma una organizzazione
pluralistica e l'amministratore rappresenta immediatamente i singoli
partecipanti, nei limiti del mandato conferito secondo le quote di ciascuno.
La disposizione
dell'art. 1292 cod. civ. - è noto - si limita a descrivere il fenomeno e le sue
conseguenze. Invero, sotto la rubrica "nozione
della solidarietà", definisce l'obbligazione in solido quella in cui
"più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione" e
aggiunge che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità (con
liberazione degli altri). L'art. 1294 cod. civ. stabilisce
che "i condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non
risulta diversamente". Nessuna delle norme, tuttavia, precisa la ratio
della solidarietà, ovverosia ne chiarisce il fondamento (che risulta
necessario, quanto meno, per risolvere i casi dubbi).
Stando
all'interpretazione più accreditata, le obbligazioni solidali, indivisibili e
parziarie raffigurano le risposte dell'ordinamento ai problemi derivanti dalla
presenza di più debitori (o creditori), dalla unicità
della causa dell'obbligazione (eadem causa obbligandi) e dalla unicità della prestazione (eadem res debita).
Mentre dalla
pluralità dei debitori e dalla unicità della causa
dell'obbligazione scaturiscono questioni che, nella specie, non rilevano, la
categoria dell'idem debitum propone problemi tecnici
considerevoli: in particolare, la unicità della prestazione che, per natura, è
suscettibile di divisione, e la individuazione del vincolo della solidarietà
rispetto alla prestazione la quale, nel suo sostrato di fatto, è naturalisticamente parziaria.
Semplificando
categorie complesse ed assai elaborate, l'indivisibilità consiste nel modo di
essere della prestazione: nel suo elemento oggettivo, specie laddove la insussistenza naturalistica della indivisibilità non è
accompagnata dall'obbligo specifico imposto per legge a ciascun debitore di
adempiere per l'intero. Quando la prestazione per
natura non è indivisibile, la solidarietà dipende dalle norme e dai principi.
La solidarietà raffigura un particolare atteggiamento nei rapporti esterni di una obbligazione intrinsecamente parziaria quando la legge
privilegia la comunanza della prestazione. Altrimenti, la struttura parziaria
dell'obbligazione ha il sopravvento e insorge una pluralità di
obbligazioni tra loro connesse.
È pur vero che la
solidarietà raffigura un principio riguardante i condebitori in genere. Ma il
principio generale è valido laddove, in concreto, sussistono tutti i
presupposti previsti dalla legge per la attuazione
congiunta del condebito. Sicuramente,
quando la prestazione comune a ciascuno dei debitori è, allo stesso tempo,
indivisibile. Se invece l'obbligazione è divisibile, salvo che dalla
legge (espressamente) sia considerata solidale, il principio della solidarietà
(passiva) va contemperato con quello della divisibilità stabilito dall'art.
1314 cod. civ., secondo cui
se più sono i debitori ed è la stessa la causa dell'obbligazione, ciascuno dei
debitori non è tenuto a pagare il debito che per la sua parte.
Poiché la
solidarietà, spesso, viene ad essere la configurazione ex lege,
nei rapporti esterni, di una obbligazione
intrinsecamente parziaria, in difetto di configurazione normativa
dell'obbligazione come solidale e, contemporaneamente, in presenza di una
obbligazione comune, ma naturalisticamente,
divisibile viene meno uno dei requisiti della solidarietà e la struttura
parziaria dell’obbligazione prevale.
Del resto, la
solidarietà viene meno ogni qual volta la fonte
dell'obbligazione comune è intimamente collegata con la titolarità delle
res.
Le disposizioni di
cui agli artt. 752, 754 e 1295 cod. civ. - che
prevedono la parziarietà delle obbligazioni dei coeredi e la sostituzione, per
effetto dell'apertura della successione, di una obbligazione
nata unitaria con una pluralità di obbligazioni parziarie - esprimono il
criterio di ordine generale del collegamento tra le obbligazioni e le res.
Per la verità, si
tratta di obbligazioni immediatamente connesse con
l'attribuzione ereditaria dei beni: di obbligazioni ricondotte alla titolarità
dei beni ereditari in ragione dell'appartenenza della quota. Ciascun erede
risponde soltanto della sua quota, in quanto è
titolare di una quota di beni ereditari. Più in generale, laddove si riscontra
lo stesso vincolo tra l'obbligazione e la quota e nella struttura
dell'obbligazione, originata dalla medesima causa per una pluralità di obbligati, non sussiste il carattere della indivisibilità
della prestazione, è ragionevole inferire che rispetto alla solidarietà non
contemplata (espressamente) prevalga la struttura parziaria del vincolo.
2.3 Le direttive
ermeneutiche esposte valgono per le obbligazioni facenti capo ai gruppi
organizzati, ma non personificati.
Per ciò che concerne
la struttura delle obbligazioni assunte nel cosiddetto interesse del
"condominio" - in realtà, ascritte ai singoli condomini - si
riscontrano certamente la pluralità dei debitori (i condomini) e la ‘eadem causa obbligandi’, la unicità della causa: il contratto da cui l'obbligazione
ha origine. È discutibile, invece, la unicità della
prestazione (idem debitum) che certamente è unica ed
indivisibile per il creditore, il quale effettua una prestazione nell'interesse
e in favore di tutti condomini (il rifacimento della facciata,
l'impermeabilizzazione del tetto, la fornitura del carburante per il
riscaldamento etc.). L'obbligazione dei condomini (condebitori), invece,
consistendo in una somma di danaro, raffigura una
prestazione comune, ma naturalisticamente divisibile.
Orbene, nessuna
norma di legge espressamente dispone che il criterio della solidarietà si
applichi alle obbligazioni dei condomini.
Non certo l'art.
1115 comma 1 cod. civ. Sotto la rubrica "obbligazioni solidali dei
partecipanti", la norma stabilisce che ciascun partecipante può esigere
che siano estinte le obbligazioni contratte in solido per la cosa comune e che
la somma per estinguerle sia ricavata dal prezzo di vendita della stessa cosa.
La disposizione, in quanto si riferisce alle
obbligazioni contratte in solido dai comunisti per la cosa comune, ha valore
meramente descrittivo, non prescrittivo: non
stabilisce che le obbligazioni debbano essere contratte in solido, ma regola le
obbligazioni che, concretamente, sono contratte in solido. A parte ciò, la
disposizione non riguarda il condominio negli edifici e non si applica al
condominio, in quanto regola l'ipotesi di vendita
della cosa comune. La disposizione, infatti, contempla la cosa comune soggetta
a divisione e non le cose, gli impianti ed i servizi comuni del fabbricato, i
quali sono contrassegnati dalla normale indivisibilità ai sensi dell'art. 1119
cod. civ. e, comunque, dalla assoluta inespropriabilità.
D'altra parte, nelle
obbligazioni dei condomini la parziarietà si riconduce all'art. 1123 cod. civ., interpretato valorizzando la
relazione tra la titolarità della obbligazione e la quella della cosa. Si
tratta di obbligazioni propter
rem, che nascono come conseguenza dell'appartenenza
in comune, in ragione della quota, delle cose, degli impianti e dei servizi e,
solo in ragione della quota, a norma dell'art. 1123 cit.,
i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni. Per la
verità, la mera valenza interna del criterio di ripartizione raffigura un
espediente elegante, ma privo di riscontro nei dati formali.
Se
l'argomento che la ripartizione delle spese regolata dall'art. 1123 comma 1
cod. civ. riguardi il mero
profilo interno non persuade, non convince neppure l'asserto che il comma 2
dello stesso art. 1223 - concernente la ripartizione delle spese per l'uso
delle parti comuni destinate a servire i condomini in misura diversa, in
proporzione all'uso che ciascuno può fame - renda impossibile l'attuazione
parziaria all'esterno: con la conseguenza che, quanto all'attuazione, tutte le
spese disciplinate dall'art. 1223 cit. devono essere regolate allo stesso modo.
Entrambe le ipotesi
hanno in comune il collegamento con la res. Il primo comma riguarda le spese
per la conservazione delle cose comuni, rispetto alle quali l'inerenza ai beni
è immediata; il secondo comma concerne le spese per l'uso, in cui sussiste comunque il collegamento con le cose: l'obbligazione,
ancorché influenzata nel quantum dalla misura dell'uso diverso, non prescinde
dalla contitolarità delle parti comuni, che ne
costituisce il fondamento. In ultima analisi, configurandosi entrambe le
obbligazioni come obligationes propter
rem, in quanto connesse con
la titolarità del diritto reale sulle parti comuni, ed essendo queste
obbligazioni comuni naturalisticamente divisibili ex
parte debitoris, il vincolo solidale risulta
inapplicabile e prevale la struttura intrinsecamente parziaria delle
obbligazioni. D'altra parte, per la loro ripartizione in pratica si può sempre
fare riferimento alle diverse tabelle millesimali relative alla proprietà ed
alla misura dell'uso.
2.5 Né la
solidarietà può ricondursi alla asserita unitarietà
del gruppo dei condomini.
Dalla
giurisprudenza, il condominio si definisce come "ente di gestione",
per dare conto del fatto che la legittimazione dell'amministratore non priva i
singoli partecipanti della loro legittimazione ad agire in giudizio in difesa
dei diritti relativi alle parti comuni; di avvalersi
autonomamente dei mezzi di impugnazione; di intervenire nei giudizi intrapresi
dall'amministratore, ecc..
Ma la figura
dell'ente, ancorché di mera gestione, suppone che coloro i quali ne hanno la
rappresentanza non vengano surrogati dai partecipanti.
D'altra parte, gli enti di gestione in senso tecnico raffigurano una categoria
definita ancorché non unitaria, ai quali dalle leggi sono assegnati compiti e
responsabilità differenti e la disciplina eterogenea si adegua
alle disparate finalità perseguite (art. 3 legge 22 dicembre 1956, n. 1589).
Gli enti di gestione operano in concreto attraverso le società per azioni di
diritto comune, delle quali detengono le partecipazioni azionarie e che
organizzano nei modi più opportuni: in attuazione delle direttive governative,
razionalizzano le attività controllate, coordinano i programmi e assicurano
l'assistenza finanziaria mediante i fondi di dotazione. Per la struttura, gli
enti di gestione si contrassegnano in ragione della soggettività (personalità
giuridica pubblica) e dell'autonomia patrimoniale (la titolarità delle
partecipazioni azionarie e del fondo di dotazione).
Orbene, nonostante
l'opinabile rassomiglianza della funzione - il fatto che l'amministratore e
l'assemblea gestiscano le parti comuni per conto dei condomini, ai quali le
parti comuni appartengono - le ragguardevoli diversità della struttura
dimostrano la inconsistenza del ripetuto e acritico
riferimento dell'ente di gestione al condominio negli edifici.
Il condominio,
infatti, non è titolare di un patrimonio autonomo, né di diritti e di obbligazioni: la titolarità dei diritti sulle cose, gli
impianti e i servizi di uso comune, in effetti, fa capo ai singoli condomini;
agli stessi condomini sono ascritte le obbligazioni per le cose, gli impianti
ed i servizi comuni e la relativa responsabilità; le obbligazioni contratte nel
cosiddetto interesse del condominio non si contraggono in favore di un ente, ma
nell'interesse dei singoli partecipanti.
Secondo la
giurisprudenza consolidata, poi, l'amministratore del condominio raffigura un
ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la
conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei
condomini, delle disposizioni sul mandato.
Orbene, la
rappresentanza, non soltanto processuale, dell'amministratore del condominio è
circoscritta alle attribuzioni - ai compiti ed ai poteri - stabilite dall'art.
1130 cod. civ..
In giudizio
l'amministratore rappresenta i singoli condomini, i quali sono parti in causa
nei limiti della loro quota (art. 1118 e 1123 cod. civ.). L'amministratore
agisce in giudizio per la tutela dei diritti di ciascuno dei
condomini, nei limiti della loro quota, e solo in questa misura ognuno dei
condomini rappresentati deve rispondere delle conseguenze negative. Del resto,
l'amministratore non ha certo il potere di impegnare i condomini al di là del diritto, che ciascuno di essi ha nella
comunione, in virtù della legge, degli atti d'acquisto e delle convenzioni. In
proporzione a tale diritto ogni partecipante concorre alla nomina
dell'amministratore e in proporzione a tale diritto deve ritenersi che gli
conferisca la rappresentanza in giudizio. Basti pensare che, nel caso in cui
l'amministratore agisca o sia convenuto in giudizio
per la tutela di un diritto, il quale fa capo solo a determinati condomini,
soltanto i condomini interessati partecipano al giudizio ed essi soltanto
rispondono delle conseguenze della lite.
Pertanto,
l'amministratore - in quanto non può obbligare i
singoli condomini se non nei limiti dei suoi poteri, che non contemplano la
modifica dei criteri di imputazione e di ripartizione delle spese stabiliti
dall'art. 1123 c.c. - non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti
della rispettiva quota.
2.5 Riepilogando,
ritenuto che la solidarietà passiva, in linea di principio, esige la
sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della
identica causa dell'obbligazione, ma altresì della indivisibilità della
prestazione comune; che in mancanza di quest'ultimo requisito e in difetto di
una espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarietà della
obbligazione prevale; considerato che l'obbligazione ascritta a tutti i condomini,
ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di danaro; che la
solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e
che l'art. 1123 cit., interpretato secondo il
significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue
il profilo esterno e quello interno; rilevato, infine, che - in conformità con
il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non
incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della
relativa responsabilità - l'amministratore vincola i singoli nei limiti delle
sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò
premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono
governate dal criterio dalla parziarietà. Ai singoli si imputano,
in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto
"interesse del condominio", in relazione alle spese per la
conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione
dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla
maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri
consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295
cod. civ., per le
obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei
debiti ereditali in proporzione alle loro quote e l'obbligazione in solido di
uno dei condebitori tra gli eredi si ripartisce in proporzione alle quote
ereditarie.
2.6 Il contratto,
stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei
condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce
direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Conseguita nel processo
la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il
creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei
singoli, secondo la quota di ciascuno.
Per concludere, la soluzione, prescelta secondo i rigorosi
principi di diritto che regolano le obbligazioni contrattuali comuni con
pluralità di soggetti passivi, appare adeguata alle esigenze di giustizia
sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del condominio negli
edifici.
Per la verità, la
solidarietà avvantaggerebbe il creditore il quale, contrattando con l'amministratore
del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e può cautelarsi in
vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarietà, che non
costringe i debitori ad anticipare somme a volte rilevantissime
in seguito alla scelta (inattesa) operata unilateralmente dal creditore. Allo
stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunità
per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della
rivalsa, piuttosto che attuarla al momento dell'adempimento.
Respinto il motivo
principale, non merita accoglimento nessuno degli altri motivi di ricorso.
Non il secondo ed il
sesto. Stando alle disposizioni sul condominio (art. 67 disp. att.,
del resto in conformità con quanto stabilito per le spese gravanti
sull'usufrutto dagli artt. 1004 e 1005 cod. civ.),
fanno carico all'usufruttuario le spese attinenti all'ordinaria amministrazione
ed al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni, mentre le
innovazioni, le ricostruzioni e le spese di manutenzione straordinaria competono
al proprietario: ma le spese fanno capo all'usufruttuario limitatamente al
tempo in cui egli è titolare del diritto reale su cosa altrui. Correttamente,
perciò, la Corte d'Appello non ha considerato responsabile A. R., in quanto
l'usufrutto da lui era stato acquistato in epoca successiva alla data, in cui
l'esecuzione dei lavori era stata commissionata ed eseguita.
Non
il terzo motivo, posto che il giudice del merito ha preso in esame la questione
di diritto inerente alla la controversia e ritenuta indispensabile per la
decisione.
Non
il quarto ed il quinto motivo, in quanto la decisione sulle spese processuali è
rimessa al giudice del merito, con il solo limite di non condannare la parte
interamente vittoriosa.
Avuto
riguardo alla difficoltà della materia ed al contrasto esistente in
giurisprudenza, si ravvisano i giusti motivi per compensare interamente tra le
parti le spese processuali.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.