La riduzione dei gradini delle scale
non è consentita automaticamente
Disabili, l’ascensore può essere vietato
di
Matteo Rezzonico
Sulla
installazione di ascensori per disabili in
condominio, a fronte di interpretazioni spesso lassiste della Legge 13/1989,
sembra porsi in controtendenza la sentenza della Cassazione 1 giugno 2007,
numero 12.847, per la quale deve ritenersi nulla la delibera assembleare che -
pur in presenza di due condomini disabili – autorizzi l’installazione di un
ascensore, con sensibile riduzione delle dimensioni delle scale condominiali.
L’articolo 2, comma
1, della Legge 9 gennaio 1989, numero 13, recepito
dall’articolo 78 del DPR 380/2001 Testo Unico edilizia, consente all’assemblea
condominiale di deliberare la installazione dell’ascensore in condominio con la
maggioranza - in seconda convocazione -
degli intervenuti oltre a 1/3 dei millesimi.
In sede
interpretativa, la giurisprudenza di merito ha di molto allargato l’ambito
operativo della disposizione, ritenuta applicabile indipendentemente
dall’effettiva presenza o meno, nello stabile, di un portatore di handicap: la
normativa ha infatti lo scopo di garantire la libera
frequentazione di tutte le specie di edifici, anche da parte portatori di
handicap, che possano recarvisi e non solo da parte di quelli che vi abitano
(Tribunale di Milano, 22 marzo 1993).
Il richiamato articolo 2, ultimo comma, Legge 13/89 fa tuttavia salvo il
disposto dell’articolo 1120, secondo comma, Codice Civile, per il quale sono
vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza
del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune
parti dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo
condomino. Il coordinamento tra la disposizione speciale e la disposizione codicistica non è tuttavia agevole, come
è attestato dalla oscillante giurisprudenza, che talvolta ha
privilegiato gli effetti comunque positivi della installazione del nuovo
ascensore e talvolta, il diritto degli altri condomini al pari uso delle parti
comuni.
In effetti, non è
così semplice contemperare il diritto del disabile all’installazione
dell’ascensore con i diritti degli altri condomini sulle parti comuni e sulle
proprietà esclusive, non solo con riferimento al pari uso di tutti i condomini
sulle parti comuni – laddove, per esempio, l’ascensore comporti
la riduzione delle dimensioni delle rampe delle scale e pianerottoli -
ma anche con riferimento alla diminuzione di aria e luce alla proprietà
esclusiva, quando l’ascensore sia per esempio installato in cortile. Rispetto a
questa ultima fattispecie, la Corte di Appello di
Milano ha avuto modo di puntualizzare che il cono d’ombra che la torretta
dell’ascensore proietta sulle aperture della proprietà esclusiva del condomino
e che costringe all’illuminazione artificiale durante tutte le ore del giorno;
il forte peggioramento dell’areazione dei locali;
l’eliminazione degli stenditoi comuni, nonchè
l’impatto visivo e psicologico della torretta, insieme alle problematiche di
illuminazione, giustificano un indennizzo a favore del condomino
danneggiato(Corte di Appello di Milano, 28 febbraio 2007, numero 1256).
Tornando alla
sentenza della Cassazione 12847/07: il caso affrontato riguardava l’impugnativa
di una delibera assembleare, che aveva deciso - con la
maggioranza di 580 millesimi - di installare un ascensore nel preesistente vano
scale, riducendo la larghezza delle scale e dei gradini, da metri 1,20 a metri
0,85.
Il condominio
resisteva in giudizio opponendo che nell’edificio
abitavano due persone affette da handicap, che la delibera era stata assunta
con la maggioranza prevista dall’articolo 2, comma 1, Legge 13/89 e che la
riduzione della larghezza, prevista in progetto per cm 32, interessava
esclusivamente una parte delle rampe e non l’intera scala.
Decidendo la
vertenza, la Corte ha osservato che la riduzione a metri 0,85 della larghezza
delle rampe comportava una grave menomazione alle parti comuni, anche alla
stregua del Decreto Ministeriale 236/1989 - attuativo della Legge 13/89 – per
il quale la larghezza minima delle rampe delle scale deve essere di metri 1,20
di larghezza, misura non rispettata dal condominio (nella specie anche le
dimensioni del progettato ascensore erano minori di quelle
standard, previste dal richiamato Decreto Ministeriale 236/1989).
Così decidendo, la
Corte ha richiamato e confermato la propria precedente sentenza 25 giugno 1994,
numero 6.109, con la quale era stata ritenuta nulla una delibera assembleare, adottata con la maggioranza di cui all’articolo
2 Legge 13/1989, relativamente alla installazione di un ascensore che aveva
comportato un sensibile deprezzamento dell’unità immobiliare di altro condomino
sito a piano terra. Sulla stessa lunghezza d’onda, la sentenza 12.847/2007, ha
così motivato: “questa Corte non ignora il diverso
orientamento di Cassazione 4 luglio 2001, numero 9.033, secondo cui il
pregiudizio per alcuni condomini della originaria possibilità di utilizzazione
delle scale possa essere compensato dal miglior godimento, anche se di diverso
contenuto, offerto dalla innovazione, ma ritiene trattarsi di una valutazione
fatta in un caso concreto non applicabile alla fattispecie, nella quale la
Corte ha rilevato che la riduzione della rampa a metri 0,85 comporta una grave
menomazione, rendendo disagevole il contemporaneo passaggio di due persone e
problematico il trasporto di oggetti di grosse dimensioni”.