Si rischia di ritrovarsi con un immobile ipotecato
Impossibile per il compratore impugnare l'accertamento Invim
L'acquirente di un immobile non ha la possibilità di impugnare l'avviso di accertamento di valore dell'immobile stesso, se tale avviso riguarda l'Invim (imposta sull'incremento di valore) dovuta non da lui, ma dal venditore.
Lo ha deciso la Cassazione, con sentenza 19 gennaio 2000 n. 541.
A prima vista potrebbe sembrare strano che l'acquirente abbia interesse a contrastare la stima di valore dell'immobile fatta dal Fisco non contro di lui, ma contro il venditore (che è l'unico a dover pagare l'Invim). Invece le cose non stanno così. Infatti l'articolo 28 de Dpr 26 ottobre 1972, che istituisce l'imposta, stabilisce che, se il venditore non paga l'Invim dovuta in più, il Fisco ha un credito "privilegiato" rispetto ad altri sull'immobile. Di conseguenza può gravarlo con un'ipoteca. Così l'acquirente si trova ad essere proprietario di un immobile ipotecato dallo Stato Italiano.
Ricordiamo che, nei rogiti di compravendita, compratore e venditore denunciano la stessa cifra. Quindi, nel caso in discussione in Cassazione, entrambi avevano ricevuto l'avviso di accertamento di valore, il compratore per quel che riguardava l'imposta di registro e il venditore per quel che riguardava l'Invim. L'acquirente aveva impugnato entrambi gli avvisi di accertamento. Il suo scopo era giungere a un accordo con il Fisco, facendo uso dell'articolo 2-quinquies del decreto legge 30 settembre 1994, n. 564. Tale decreto permetteva infatti di chiudere le liti fiscali pendenti con il versamento immediato di una somma pari al 10% dell'importo contestato.
La Cassazione però non ha accettato l'impugnazione dell'acquirente, dicendo che "egli non ha un interesse attuale e concreto all'esercizio dell'azione giurisdizionale e non è legittimato a impugnare l'accertamento di valore dell'immobile ai fini dell'applicazione dell'Invim", un'affermazione che è forse vera sotto il profilo del diritto, ma è evidentemente errata dal punto di vista pratico. Essa porta inoltre a una grave conseguenza: se l'accertamento Invim non è impugnato dal venditore, l'imposta viene determinata definitivamente sulla base delle pretese del Fisco. A pagare le conseguenze della mancata impugnazione finisce però per essere una terza persona, che non ha avuto la possibilità di ribellarsi.
C'è n'è abbastanza per deferire, davanti alla Corte Costituzionale, l'articolo 28 del Dpr 643/72 che andrebbe contro il diritto del cittadino a difendersi. Cosa che in effetti è già avvenuta: tuttavia la Corte ha voluto giudicarlo costituzionalmente legittimo per ben due volte, con le sentenze 11 dicembre 1987 n. 587 e 25 maggio 1990 n. 267.