Tutti i condomini sono
coinvolti nelle liti sullo scioglimento del supercondominio
La
rappresentanza in giudizio attribuita all’amministratore del condominio
rispetto a qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio, non si
estende all’azione di scioglimento del condominio, prevista dagli articoli 61 e
62 Disposizioni di Attuazione del Codice Civile. Così
si è espressa la sentenza della Cassazione 23 gennaio 2008, numero 1.460.
Nel
caso specifico, lo scioglimento di un
supercondominio costituito da più
palazzi, coinvolge i diritti reali dei singoli e necessita
della presenza in giudizio di tutti i condomini, in modo tale che ciascuno
possa “integrare il contraddittorio”, cioè dire la propria sull’argomento La
vertenza contrapponeva il supercondominio, rappresentato dall’amministratore, e
alcuni condomini che chiedevano lo scioglimento del condominio e la
costituzione di due autonomi condomini. Il legale del supercondominio si
opponeva alla richiesta dei condomini, asserendo che lo scioglimento non era praticabile,
posto che l’area a giardino e l’area a box - oltre ad alcuni servizi
fondamentali, quali l’acqua, luce, attacco antincendio - erano parti comuni
indivisibili. Non solo. Il regolamento di condominio contrattuale non avrebbe
consentito lo scioglimento.
Su
queste motivazioni la Cassazione non si espressa: si è
limitata a a confermare quanto stabilito nella
sentenza della Corte di Appello che
aveva, giustamente, affermato che l’intero giudizio in Tribunale, che
consentiva lo scioglimento era da considerarsi nullo. Infatti
a tale giudizio aveva preso parte, in rappresentanza del supercondominio, solo l’amministratore e non tutti i
condomini. Infatti la rappresentanza giudiziale, come
delineata dagli articoli 1130 e 1131
Codice Civile, in un caso simile non opera.
Secondo
la Cassazione, infatti, lo scioglimento del condominio determina la perdita del
diritto su talune cose, servizi ed impianti da parte di alcuni
condomini, “la cui quota si accresce con quella degli altri, con conseguente modificazione
proporzionale del diritto di godimento sulle cose comuni e del correlativo
obbligo di partecipazione alle spese”.
Interpretazioni
di dottrina valutano che tali nuovi millesimi, che scaturiscono da una
decisione assembleare non assunta all’unanimità, si
riferiscono alla gestione frazionata della proprietà, costituendo il
riferimento rispetto alla nuova ripartizione delle spese. Tuttavia i millesimi
del supercondominio continuano, in ombra, ad esistere e potrebbero “saltar
fuori” ancora, quando certe decisioni
dovessero comportare il loro coinvolgimento (pensiamo ad esempio a controversie
rispetto al fatto di stabilire una nuova servitù sulle parti comuni
supercondominiali).
Quindi lo scioglimento del
condominio è cosa diversa dalla divisione, la quale determina, come effetto
tipico, il trasferimento del diritto in senso proprio e la sostituzione della
proprietà solitaria alla comproprietà.
La
pronuncia della Corte, non richiedendolo la vertenza, non è andata quindi al di là della semplice questione della rappresentanza
processuale e non è entrata nel merito delle complesse problematiche relative
al merito dello scioglimento del condominio che, in attesa della preannunciata
riforma, sono importanti e molteplici.
In
realtà, lo scioglimento del condominio è tipizzato dagli articoli 61 e 62
Disposizioni di attuazione del codice civile nel senso
che qualora un edificio o un complesso di edifici appartenenti per ciascun
piano o porzione di piano a proprietari diversi si possano dividere in parti
che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere
sciolto e i proprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condomini
autonomi e separati, quantomeno sotto l’aspetto gestionale. In quest’ottica,
gli articoli 61 e 62 non fanno eccezione ai divieti stabiliti dagli articoli
1111 Codice Civile (scioglimento della comunione) e 1119 (indivisibilità delle
parti comuni), ma costituiscono solo un caso particolare in cui si applica comunque una
disciplina coerente al sistema. Il che significa che ove non vi sia una esigenza – strutturale o funzionale – che renda
necessario l’instaurarsi o il mantenimento di un unico condominio tra tutti i
comproprietari delle singole unità immobiliari, è consentito che questi,
quantomeno sotto l’aspetto gestionale, si organizzino in condomini autonomi.
Matteo Rezzonico
www.studiolegalerezzonico.it