Quinta puntata sul meccanismo del parlamento
interno ai nostri palazzi
Delibere condominiali nulle e annullabili
Pochi lo sanno,
però: non è proprio detto che una decisione presa in un’assemblea invalida o
con maggioranze insufficienti non sia applicabile. Infatti
le delibere si distinguono in “nulle” ed “annullabili”. Le prime è come se non fossero mai state prese: proprio per questo
sono impugnabili in qualsiasi momento, senza limiti di tempo. Viceversa le
delibere annullabili divengono valide se non impugnate entro 30 giorni. Tale
periodo decorre, per i presenti all’assemblea, dal momento della delibera. Viceversa, per gli assenti, dal giorno in cui hanno ricevuto il
verbale d’assemblea.
Un mese non è molto:
spesso non basta per rendersi conto di quanto si è deciso, arrabbiarsi,
mettersi in contatto con un avvocato per farsi consigliare e infine promuovere
la causa. Di conseguenza capita spesso che un condomino, pur
avendo formalmente ragione, si vede preclusa la strada di far valere quelli
che, fino a pochi giorni fa, erano suoi sacrosanti diritti.
C’è stato un tempo
in cui la Cassazione riteneva che fossero nulle buona parte delle delibere
illegittime: per esempio quelle prese in un assemblea
considerata per sé stessa nulla, perché non tutti avevano ricevuto
l’avviso di convocazione o perché mancava il numero legale per tenerla. Oppure quelle prese con maggioranze insufficienti. Ora non
più: l’ambito delle delibere considerate comunque e in
ogni tempo invalide è stato radicalmente ristretto dai giudici. Forse ha
influito il proposito di dare un taglio alla rissosa conflittualità
condominiale, che intasa le aule dei tribunali.
Delibere nulle
Sono ancora
considerate nulle quelle delibere che:
sono
fuori dai poteri dell’assemblea;
sono
contrarie a norme imperative di legge, o comunque a norme costituzionali.
Le prime potrebbero
essere ricondotte da due tipi:
• delibere che prevedono il voto favorevole
dell’unanimità dei condomini, previsto o dal codice civile o da norme
contrattuali del regolamento condominiale approvato da tutti (in genere al
momento dell’acquisto dell’appartamento).
• delibere che non riguardano la proprietà o le
parti comuni e la loro regolamentazione, ma sconfinano
nei diritti del singolo proprietario.
Quanto alle seconde,
l’elenco potrebbe essere infinito: pensiamo alla decisione di mettere in opera
un abuso edilizio o a quella di vietare l’acquisto di appartamenti
a persone di razza o colore della pelle diverso dal nostro.
Le delibere nulle
sono impugnabili da tutti i condomini, perfino da chi ha votato a favore, e in
qualsiasi momento.
Delibere annullabili
Sono invece,
annullabili tutto il resto delle delibere. Quindi quelle
prese in assemblee illegittimamente convocate e con maggioranze non
qualificate, oppure che riguardano argomenti non compresi nell’ordine del
giorno. L’impugnativa può essere proposta unicamente con atto di
citazione, entro il termine tassativo di trenta giorni. Non basta quindi una
semplice lettera raccomandata all'amministratore o al condominio.. A impugnarla possono essere i condomini dissenzienti e
quelli astenuti, che sono loro equiparati. Anche i
condomini assenti possono impugnare le delibere e i 30 giorni scattano quando
hanno avuto comunicazione della delibera. Naturalmente, se un condomino assente
è stato rappresentato da un delegato, che ha votato a favore o contro, è come
se avesse votato a favore o contro lui.. Ciò vale per
le delibere annullabili: come abbiamo chiarito precedentemente, quelle nulle
possono invece essere impugnate anche da chi votato a favore.
L'impugnazione può
essere fatta anche da un solo comproprietario del medesimo appartamento.
L'usufruttuario può impugnare le delibere riguardanti l'ordinaria
amministrazione, mentre il nudo proprietario quelle
inerenti innovazioni e opere di manutenzione straordinaria. L'azione
dell’inquilino è limitata alle delibere in cui ha diritto di voto, quali ad
esempio quelle riguardanti il servizio di riscaldamento.
Va aggiunto che
anche i provvedimenti dell’amministratore presi senza il necessario assenso
dell’assemblea, se impugnati in giudizio e non nell’assemblea stessa, hanno lo
stesso termine per l’impugnazione.
Modi dell’impugnazione
L'impugnazione deve
essere formulata con un atto legale da notificare a mezzo di
ufficiale giudiziario al condominio, nella persona e presso l'ufficio
dell'amministratore. Si tratta di un atto di citazione a comparire davanti al
giudice per una determinata udienza, con l'invito al condominio a costituirsi
in giudizio per svolgere le proprie difese. Deve essere predisposto da un
avvocato e non direttamente dal singolo condomino, salvo nell'ipotesi di
contenziosi davanti al giudice di pace per un modesto valore (non superiore a
516,46 euro), nel qual caso anche il condomino può stare in giudizio
personalmente.
Le delibere assembleari
annullabili sono immediatamente esecutive e l'esecutività non è sospesa dalla
proposizione dell'impugnazione. È il giudice che, su espressa domanda del
condomino che ha impugnato, può disporne la sospensione qualora ritenga che la
durata del giudizio possa comportare un danno per il condomino impugnante e che
il suo diritto possa essere leso o pregiudicato dall'esecuzione della delibera
impugnata. La sospensione è diretta a impedire che
l'esecuzione della delibera che si asserisce essere invalida possa vanificare
il giudizio diretto ad accertare l'illegittimità.
Nel
caso in cui l’assemblea decida di cancellare o modificare la delibera
contestata, il giudice dichiara cessata la materia del contendere e si limita a
decidere sulle spese della causa. E’ una prassi
diffusa dei giudici spartire equamente le spese tra i contendenti (anche se chi
aveva impugnato la delibera aveva ragione). Il risultato è che l’impugnazione
può trasformarsi comunque in un esborso di denaro.
Nullità, annullabilità e regolamento condominiale contrattuale
In linea di
principio le disposizioni contenute in un regolamento contrattuale approvato da
tutti i condomini sono modificabili solo all’unanimità: quindi, se vengono infrante da una delibera, essa è radicalmente nulla.
Tuttavia la Cassazione ha voluto ribadire che una
norma contenuta o allegata al regolamento può non essere “contrattuale” essa
stessa, perché non pone limiti all'uso della proprietà esclusiva di ciascuno, o
di quella collettiva, o stabilisce la ripartizione dei millesimi di proprietà.
Una norma del genere va considerata come una semplice regolamentazione
dell’uso delle parti comuni, modificabile a maggioranza dei partecipanti
all’assemblea e dei millesimi. Se ne deduce che una delibera che sia in contraddizione a questo tipo di disposizioni, anche
se contenute nel regolamento contrattuale,non è nulla, ma è semplicemente
annullabile. E il caso, per esempio, dell’atto
contrattuale in cui si vieta di installare tende sui balconi, di far giocare i
bambini nel cortile o si definiscono i compiti dell’amministratore.
Nullità relativa delle delibere
Vi è però un altro,
particolare caso in cui, a detta di alcuni giudici,
una delibera in contrasto con il regolamento contrattuale può trasformarsi in
una decisione valida. Si tratta dell’errata ripartizione delle spese in
violazione delle apposite tabelle millesimali. Nel
caso in cui i condomini tengano un comportamento costante ed inequivoco pagando, senza riserve, le spese di gestione per
un certo periodo di tempo, i giudici parlano di “nullità relativa” della
delibera e di accettazione della ripartizione “per facta concludentia”.
E indispensabile, a
questo proposito, chiarire che la violazione non deve riguardare le tabelle dei
millesimi di proprietà (che hanno come scopo di determinare i diritti e i
doveri di ogni condomino sulle cose comuni e che sono
in genere proporzionali al piano, o alla parte di piano posseduto) bensì le
tabelle di quelli di gestione, che hanno un fine molto più limitato, stabilire
la ripartizione delle spese condominiali. Per esempio le tabelle relative alle spese per l’ascensore, per il riscaldamento,
per l’acqua per l’immondizia.
Evitare i “facta concludentia” non è
facilissimo. E’ prudente non solo pretendere di fare trascrivere nel verbale
dell’assemblea il proprio dissenso, ma anche non pagare le spese con i
bollettini o i Mav (conti correnti postali) inviati
dall’amministratore, ma con bonifici bancari a parte nella cui causale (lo
spazio lasciato per le annotazioni) si scriva una
frase del tipo “salvo conguaglio, per inesatta ripartizione delle spese”.