Le ultime novità nella
finanziaria 2008
Vecchi e nuovi adempimenti in Catasto
Chi non aggiorna il
Catasto il proprio immobile, rischia sanzioni. Non solo: c’è
una novità, a partire dal primo gennaio 2008: se non lo fa lui,
l’aggiornamento, ci penseranno gli uffici del Catasto stessi (ora Agenzia del
Territorio), naturalmente con costi a carico dei proprietari stessi.
La nuova norma è
contenuta nella Finanziaria 2008 (legge 29/12/2007, n. 244,
art. 1, comma 277). Per capirla a fondo, occorre prima sapere cosa il
Catasto, che funzioni ha, e soprattutto quali obblighi, vecchi e nuovi, hanno i
proprietari di immobili verso di esso.
Catasto cosa è:
Catasto è l’elenco
generale di tutti i beni immobili (sia terreni, sia
fabbricati). I beni sono censiti essenzialmente in tre modi:
1) dal punto di
vista cartografico;
2) dal punto di
vista dei dati di riferimento. Per esempio, quali sono
i dati di riferimento dell'immobile sulle cartine (a
ogni immobile, o sua parte, è assegnato un numero), che tipo di immobile è
(categoria catastale e classe), chi è il proprietario, chi ha altri diritti su
di esso, eccetera,
3) dal punto di
vista fiscale (rendita catastale, dominicale ed agraria).
Ha quindi due scopi
completamente diversi ma collegati. Da una parte censire
fabbricarti e terreni. Dall’altra attribuirgli un valore (la rendita) su
cui si basa praticamente tutta la tassazione
immobiliare. Infatti in base alla rendita si pagano diverse
imposte: quelle sui redditi, quelle su tutti i trasferimenti di proprietà
(compravendite, eredità, donazioni) e infine l’Ici
(l’imposta comunale sugli immobili).. Dal conto sono escluse normalmente solo
due tributi: la tassa immondizia (basata in genere sui metri quadrati della
casa) e quella sulle locazioni (basata sui canoni percepiti).
Ritornando alla
Finanziaria 2008, è chiaro che una variazione o un aggiornamento catastale,
porta come conseguenza un cambiamento della rendita e quindi a
una diversa imposizione fiscale (quasi sempre maggiore). E’ per quello che il
Fisco ci tiene tanto a che sia fatta.
Rappresentazione cartografica e riferimenti catastali dei
fabbricati.
Su delle mappe,
quelle del catasto terreni, è rappresentato innanzitutto su due dimensioni il
fabbricato, come un poligono in scala. E’ chiaro che questo quadratino non può
certo riprodurre in modo efficiente il fabbricato: una villetta a un piano o un condominio di dodici piani potrebbero, in
teoria, essere disegnati come due poligoni identici. Ecco perché, nel catasto
fabbricati le singole unità immobiliari sono a loro volta
rappresentate come piantine con le suddivisione interne dei locali,
piano per piano. Lo stesso accade (o dovrebbe accadere) per i cosiddetti locali
di pertinenza, come box, cantine e soffitte.
A
ognuna di queste unità immobiliari sono attribuiti dei “parametri catastali”,
numeri e/o lettere, che la identifica univocamente.
Il primo riferimento
è quello del Comune catastale (per esempio Milano è l’ F205,
Palermo è il G273 e Follonica il D656). Poi ci sono i riferimenti di Sezione,
Foglio, Numero (detto anche mappale) e Subalterno. I
primi due identificano la porzione di territorio comunale che il catasto
rappresenta nelle proprie mappe cartografiche (quasi sempre
la sezione non esiste neppure). Il numero identifica il fabbricato, ed è da
solo sufficiente se c’è da indicare una villetta singola. Il subalterno
entra in gioco, infine, quando il fabbricato è diviso in più unità immobiliari,
per distinguere una dall’altra.
Parametri fiscali dei fabbricati.
Identificato il
comune catastale il primo è la zona del comune in cui
sono (la cosiddetta zona censuaria). Nei comuni più piccoli la zona censuaria
può essere una sola. Il secondo è la categoria catastale in cui è catalogato
l’immobile. La categoria identifica talora solo il tipo di immobile
(per esempio, la categoria C/1 corrisponde ai negozi e la C/6 ai box auto), e
talora anche il suo pregio (per esempio la categoria A/1 corrisponde a
un’abitazione signorile di lusso e la categoria A/5 a un’abitazione
ultrapopolare). Il terzo è la classe. Si tratta di una divisione numerica
interna alla categoria, per distinguere gli immobili peggiori dai migliori. Si
va dalla classe 1, che si riferisce a immobili di
scarso livello per quella categoria, su su fino ad
altri e più alti numeri di classe, senza limiti. Per esempio, nel semicentro di
Milano i box sono classificati in 11 classi diverse, mentre in quello di Pavia
in 4. Zona, categoria e classe identificano una somma monetaria detta “tariffa
catastale”. Infine, il quarto fattore è la consistenza. Misura l’ampiezza
dell’immobile. Tale ampiezza è espressa in “vani catastali” per le categorie
che iniziano per A e per D e in “metri quadrati
catastali” per le altre. Attenzione sia i vani che in
metri quadrati catastali sono diversi da quelli reali.
La rendita catastale
si ottiene moltiplicando la tariffa catastale (ricavata da zona, categoria e
classe) per la consistenza.
A sua volta,
moltiplicando per 1,05 la rendita catastale si ottiene la “rendita catastale
rivalutata” che dal 1998 è alla base di tutta l’imposizione immobiliare.
Variazioni catastali: quando bisogna farle.
Finchè
le cose rimangono come sono, anche mappe catastali,identificativi
catastali e fiscali restano ovviamente gli stessi. Hanno comunque
importanza perché vanno obbligatoriamente riportati in molti atti, per esempio
quelli di compravendita e successione, le richieste di permessi edilizi e anche
le comunicazioni da fare ai gestori delle utenze (vedi box appositi), oltre a
servire per calcolare imposte e tasse. Nei passaggi di proprietà, comunque, una comunicazione al Catasto bisogna farla: quella
del mutamento dell’intestatario dell’immobile (è la cosiddetta “voltura”.)
Il problema sorge
quando alcuni di questi dati debbono cambiare. Il che
può accadere in sostanza in due situazioni: quando il proprietario fa qualcosa
che porta a doverli mutare oppure anche quando il Comune o il Catasto (o
meglio, l’Agenzia del Territorio) decidono per un qualche motivo che la rendita
catastale va cambiata, quasi sempre perché quella
determinata zona della città, oppure quel determinato immobile ha incrementato
notevolmente il suo valore.
Ecco i casi più
comuni di variazione catastale imposta al proprietario:
- Il terreno cambia
di dimensioni, per esempio in seguito di accorpamenti
o frazionamenti. Oppure è l’unità immobiliare a modificare le proprie
dimensioni, non solo in seguito all’unione di due appartamenti in uno, o la divisione di uno in due, ma anche inseguito ad altre
aggiunte volumetriche, modifiche delle divisioni interne ai locali, crolli,
eccetera.
- l’unità
immobiliare resta la stessa, ma cambia radicalmente il suo uso: per esempio un
ufficio si trasforma in residenza, una cantina in un box, un magazzino in
negozio, un rustico per la lavorazione dei campi diviene un’abitazione. In tal
caso muteranno sicuramente i suoi riferimenti fiscali, che riguardano anche il
tipo di utilizzo dell’unità stessa, ma non
necessariamente gli altri..
Ovviamente possono
capitare, contemporaneamente, entrambe le due circostanze..
Tali tipi di
variazioni prevedono sempre e comunque l’obbligo del
proprietario alle comunicazioni catastali. Ma poiché in caso di lavori di una
certa consistenza è in genere coinvolto un professionista abilitato (geometra,
architetto, ingegnere, perito), anch’egli, se deve presentare una Dia
(dichiarazione di inizio attività) o fare il direttore
dei lavori, è obbligato dopo il termine delle opere e il loro collaudo,
presentare domanda di variazione catastale, pena una sanzione a loro carico di
516 euro..
La revisione parziale degli
estimi.
Abbiano parlato di
quando le variazioni in Catasto sono imposte da scelte
dal proprietario, cioè da lavori e opere edili.. Capita anche, però, che il
proprietario si veda capitare addosso incrementi delle rendite senza che abbia
fatto nulla per provocarli. Dal gennaio 2006, infatti, è stato varato, dalla
Finanziaria, un duplice meccanismo di revisione
parziale dei valori di tassazione da parte dei comuni.. Esso, secondo le stime
dell’Agenzia del Territorio, potrebbe coinvolgere 2,5 milioni le unità
immobiliari i cui imponibili sarebbero revisionabili e, prudenzialmente, in un
milione quelli le cui rendite saranno effettivamente riviste. L’aumento dovrebbe scattare, dicevamo, secondi due diversi metodi. Il
primo sarà chiedere agli uffici provinciali dell’agenzia del Territorio (ex
Catasto) di riprendere sotto esame gli immobili ritenuti particolarmente
sottovalutati ai fini fiscali, rispetto agli altri nella stessa microzona
(miniripartizione del territorio comunale con simili valori immobiliari). In
sintesi, lo scopo principale sarebbe rivalutare in massa l’imponibile dei
fabbricati “vecchi”, cioè quelli che hanno avuto
attribuito la rendita decenni fa, con regole più morbide di quelli attuali.
Colpiti, in particolare gli appartamenti nelle zone divenute di pregio, che
sarebbero spesso sottovalutati rispetto agli altri.
Il secondo criterio
consiste nel pretendere che i singoli proprietari di immobili
in cui siano intervenute “variazioni edilizie” che portano a una rivalutazione
di fatto, presentino dati di aggiornamento delle rendite. I privati saranno
quindi costretti a incaricare a loro spese un
professionista che eseguirà una verifica servendosi di un programma, detto
DOCFA, fornito dal Ministero (ne parliamo nel capitolo seguente). Le sanzioni
sulle mancate comunicazioni al Catasto vanno da 258 a 2.066 euro. Resta il
dubbio su cosa si intende per “variazioni edilizie”:
dall’interpretazione di questa espressione dipende infatti se la rivalutazione
si applicherà solo a immobili con incrementi volumetrici e di superficie (com’è
comprensibile), oppure anche a immobili valorizzati a spese dei proprietari
nelle finiture e nei materiali.
La finanziaria 2008
ha comunque previsto che, ove i Comuni non si attivino
nelle variazioni singole delle rendite, possono farlo anche gli Uffici del
Territorio, che possono attribuire loro una nuova rendita d’ufficio ai
fabbricati, ove non lo facciano i proprietari a cui è stato richiesto di darsi
da fare.
Modifiche in catastale: come si fanno
La burocrazia
catastale non è conosciuta per la sua efficienza. Giusta o sbagliata che sia
questa fama, è indubitabile che anni fa le pratiche arretrate erano milioni, al punto che si è deciso per legge di non
dare valore “probatorio” agli atti: davanti al Giudice essi possono benissimo
essere contestati e contestabili. Ora con l’informatizzazione
le cose sono migliorate, ma un bel po’ di arretrato resta.
La soluzione per
tagliare la testa al toro è comunque stata trovata: la
maggior parte del lavoro di accatastamento dei nuovi immobili e tutte le
variazioni sono svolte dai professionisti, incaricati dai cittadini, anziché
dai funzionari che assumono principalmente solo la funzione di controllori.
Questo significa che
in caso di variazioni il contribuente deve pagare un professonista.
Egli si avvarrà di un programma informatico (Docfa 3 per i fabbricati, Progeo
per i terreni) e invierà i risultati tramite Internet, telematicamente. Più in
dettaglio il professionista si limita a due funzioni: rispondere sulla
schermata di un computer alle domande fatte dal programma e permettere al
Catasto di “rasterizzare” a distanza le cartine da lui fatte, tramite lo
scanner stesso del professionista, oppure fornirle con un software che eviti al
Catasto questa operazione. La rasterizzazione è una
particolare scannerizzazione fotografica su documento informatico di un immagine che permette, con l’aiuto del professionista,
anche il calcolo in metri quadrati della superficie di ogni locale che compone
un immobile.
Le domande fatte dal
programma tentano di identificare non solo la funzione dei locali interni ad
unità immobiliare (suddivisi in principali, come sale, camere e cucine e in
secondari come bagni, corridoi e ripostigli), ma anche quelle delle costruzioni
accessorie (balconi, terrazzi, cantine e magazzini, collegati o non
all’abitazione, di cui si vuole anche sapere se hanno altezze superiori o
inferiori a 1,5 metri). E chiaro che un locale principale vale per il Catasto
di più di uno secondario e quest’ultimo più di uno
accessorio.
Il programma fa
domande anche sul tipo di intonaci o coperture esterne
(vernice, vernice plastica, marmo, clinker eccetera), sul tipo di tetto, sul
materiale degli infissi, sul piano, sull’affaccio, sulla presenza o meno di
ascensori, sul tipo di riscaldamento, sulla presenza di recinzioni, sulle
finiture interne e via elencando. Lo scopo è differenziare, in
base a criteri “oggettivi” il valore dell’immobile stesso. In base a tale valore si assegnano i parametri fiscali
(categoria e classe) e si determina la rendita catastale. La consistenza (cioè l’ampiezza dei locali in metri quadrati) è misurata
automaticamente da un programma informatico, che la “legge” sulla cartina.
E’ chiaro che alle
domande poste il professionista deve rispondere, sotto la sua responsabilità,
in modo veritiero: egli ha ben poco spazio di interpretazione
ed azione. Inutile prendersela con lui se la rendita che dà
il programma è alta. Formalmente, essa resta una rendita “proposta”, che
se non sarà contestata dal Catasto entro un certo lasso di
tempo (cosa rara), diverrà definitiva.
Catasto utenze
Chi ha un
telefono fisso dovrà comunicare al proprio gestore i riferimenti catastali
dell’immobile presso cui è attivata l’utenza. La
novità, portata dalla Finanziaria 2008, amplia quindi agli utenti gli obblighi
di compilazione di un apposito figlio già esistenti per chi ha contratti della luce
e del gas, di cui abbiamo già parlato in un apposita scheda su Cose di Casa.
Anche le sanzioni per chi non ottempera sono le stesse
(da un minimo di da un minimo di 103 a un massimo di 2.065 euro). I dati da
riportare sono quelli identificativi dell’immobile sulle mappe, di cui parliamo
in questo articolo (Sezione, Foglio, Numero, detto
anche mappale, e Subalterno) e si
rintracciano in genere su rogiti, dichiarazioni di successione e, talvolta
anche permessi edilizi. In alternativa, bisognerà
richiedere un certificato catastale, anche on line.
A metà
febbraio, comunque, il termine per le comunicazioni da
parte dei gestori è stato rinviato di un anno, al 30 aprile 2009.