La legge 66/2001 pretende una maggioranza minima per la cetralizzata satellitare: 1/3 dei condomini con 1/3 delle quote. L'impianto comune tradizionale, invece, richiede il sì di quasi tutti i proprietari
Libertà di parabolica in condominio. A decretarla è una legge nuova di zecca, la n. 66 del 20 marzo 2001, che nell'articolo 2-bis, comma 13, stabilisce che le opere di installazione di nuovi impianti di radiodiffusione via satellite sono "innovazioni necessarie". Pertanto, per decidere la nuova posa in opera, basta l'assenso della maggioranza dei partecipanti all'assemblea, che rappresenti almeno un terzo dei condomini con almeno un terzo delle quote. Si tratta insomma della maggioranza minima prevista dal codice civile per le semplici migliorie (che è il termine corretto, anziché quello di "innovazioni necessarie"), che perdipiù la legge 66/2001 sembra imporre in ogni caso, anche in prima convocazione dell'assemblea, quando di regola occorrerebbe un assenso assai più vasto.
Il paradosso è che la nuova legge - nel suo tenore letterale - sembra privilegiare solo gli anti-estetici "padelloni", perché si dice a chiare lettere che si intende "favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite": Viceversa l'approvazione di una tradizionale antenna centralizzata, che ha un impatto visivo più discreto e costi minori, pretenderebbe ancora (salvo diverse interpretazioni ministeriali) il "quorum" previsto per le innovazioni, cioè la maggioranza dei condomini che possiedano almeno 2/3 delle quote millesimali.
Un diritto costituzionale. A ben vedere, però, la legge 66/2001 non è che l'ultimo passo in avanti verso la libertà di antenna, che secondo sentenze univoche della Cassazione, è sancita dall'articolo 21 della Costituzione che garantisce la libera manifestazione del pensiero "con ogni mezzo di diffusione", compresa la televisione. Al diritto di parlare corrisponde anche quello di ascoltare. Ed ecco che le antenne (comprese quelle paraboliche via satellite) hanno ricevuto dal Dpr 29 marzo 1973, n. 156 (articolo 232) una tutela particolare, che le protegge perfino dagli opposti interessi degli abitanti in un condominio.
In sostanza non è possibile vietare lantenna nemmeno se ledificio ne dispone già di una centralizzata. Anzi, i diritti del proprietario non finiscono qui: egli ha perfino privilegio di far mettere lantenna sul terrazzo del vicino o di far correre i cavi necessari nel suo appartamento (fili e condutture devono essere però disposti in maniera tale da non creare problemi). Il Dpr 156/73 chiarisce anche che il vicino non potrà impedire agli operai installatori di passare attraverso i suoi locali, né potrà chiedere una somma ad indennizzo del disturbo subìto. Se il proprietario si rifiuta si può chiedere un provvedimento durgenza da parte del giudice (articolo 700 del codice di procedura civile).
Limiti Con linstallazione non é però possibile impedire luso di un bene comune o singolo, come avviene per esempio quando uningombrante antenna parabolica occupa la maggior parte dello spazio disponibile su un terrazzo comune o privato. E chiaro inoltre che non si può mettere lantenna sul balcone del vicino per tenere sgombro il proprio: deve esistere una concreta situazione di necessità. Infine lantenna non deve arrecare danni alla stabilità o alla sicurezza delledificio, cosa piuttosto rara anche per certe paraboliche di grande ingombro. Viceversa la Cassazione pare compatta nel dire che il diritto di antenna ha la precedenza su quello al decoro dell'edificio, da sempre cavallo di battaglia per i condomini che intendono impedire opere dei loro vicini.
C'è da chiedersi cosa avvenga quando il regolamento condominiale vieta a chiare lettere l'antenna singola, per imporre la centralizzata. La Cassazione in questo caso è lapidaria: le relative prescrizioni, anche se accettate da tutti i condomini con un patto contrattuale, sono prive di validità. Tuttavia sembra sicuro che il regolamento, anche se approvato a semplice maggioranza, possa "gestire" il diritto d'antenna, per esempio impedendo l'installazione sui balconi e imponendola sul tetto. Tutto sommato il diritto all'informazione resta garantito.
Non va però dimenticato che l'articolo 13 della legge 249/97 prevede che i comuni possano, a certe condizioni, imporre l'antenna centralizzata (vedi articolo più sotto .) .
Permessi L'abbonamento alla Rai costituisce di per sé stesso titolo alla installazione ed alla utilizzazione di antenne destinate alla ricezione di programmi radiotelevisivi. Lo stabilisce l'articolo 6 del Dlgs 55/97 ponendo fine ad anni di controversie sul fatto se fossero o meno necessari nulla osta da parte del Ministero delle Poste.. Nel caso sia necessaria Dia o autorizzazione con silenzio e assenso, va in genere allegata la relazione di conformità di un tecnico che attesti il rispetto delle norme di sicurezza sugli impianti. Gli apparecchi messi in funzione dal 1997 debbono comunque essere provvisti di marcatura Cee ed essere conformi alle norme italiane in materia di compatibilità elettromagnetica. L'articolo 20 del Dlgs 55/97 prevede poi una sanzione da lire 500.000 a lire 3.000.000 nel caso in cui l'antenna ricevente sia collegata ad apparecchi trasmittenti, per cui invece occorre un concessione del Ministero.
Le maggioranze per l'antenna
Tipo di opera | Maggioranza per decidere |
Installazione di antenna centralizzata tradizionale | 1/2 + 1condomini, 2/3 millesimi |
Installazione di parabolica centralizzata | 1/3 dei condomini che possiedano 1/3 dei millesimi |
Potenziamento di antenna o parabolica centralizzata | 1/3 dei condomini che possiedano 1/3 dei millesimi* |
Installazione di antenna individuale | Non occorre assenso assemblea. Nulla la clausola di divieto nel regolamento contrattuale** |
* In seconda convocazione salvo diversa prescrizione del regolamento condominiale
** Salvo divieto di regolamento comunale
Fonte: Ufficio Studi Confappi-Fna
Solo gli utilizzatori pagano la spesa
La decisione di installare in condominio un antenna centralizzata non vincola tutti, neppure coloro che hanno dato il loro assenso. Infatti si tratta di un impianto "suscettibile di utilizzazione separata" ("o comma art. 1123 c.c.). Pertanto ne pagheranno le spese solo coloro che intendono servirsene. Chi preferisce restare staccato potrà, successivamente, cambiare idea e allacciarsi. Ovviamente sarà costretto a versare non solo le spese di connessione ma anche la sua quota di quelle di prima installazione, opportunamente rivalutata all'inflazione (3° comma, art. 1121 c.c.).
Viceversa i condomini già connessi non potranno dissociarsi dalle spese di ammodernamento dell'impianto, anche se queste spese dovessero essere valutate come particolarmente gravose. Infatti la ristrutturazione dell'antenna, anche se dovesse prevedere lo smantellamento di strutture esistenti, non è un'innovazione (Tribunale di Genova, sentenza 1850/88). La maggioranza per l'approvazione di queste migliorie è, in seconda convocazione di assemblea, di almeno 1/3 dei condomini che possiedano 1/3 dei millesimi.
A meno che il regolamento condominiale contrattuale dica diversamente, le spese vanno divise in parti uguali tra tutti i condomini, perché l'uso fatto dall'abitante di un monolocale è identico a quello di uno di un appartamento vastissimo (Cassazione, n. 2916/69).
Nei regolamenti condominiali uno stop all'anarchia sui tetti
Contro l'anarchia delle selva di antenne sui tetti è intervenuta la legge 31 luglio 1997, n. 249 (articolo 13), fissando il principio secondo cui debbono essere di norma centralizzati i sistemi di ricezione dei condomini di nuova costruzione o sottoposti a "ristrutturazione generale" (definizione ambigua, perché non prevista dalle norme sul recupero). Si tratterebbe solo di una raccomandazione, priva del resto di sanzioni, se la legge non stabilisse che i Comuni devono emanare un regolamento sulle installazioni nei centri storici.
Uno schema di regolamento è stato in effetti predisposto del resto dall'Anci (l'Associazione nazionale dei comuni italiani). Ma quanti comuni si sono in realtà mossi? Difficile dirlo. E' comunque un dato certo che diversi comuni e soprattutto quelli con regolamenti edilizi redatti di recente, hanno già predisposto limiti all'accozzaglia di antenne su tetti e balconi, non solo nei centri storici ma anche in altre aree meno pregiate. Sull'argomento l'Ufficio Studi della Confappi ha redatto un'interessante indagine a campione (vedi la tabella a fianco).
I "paletti" nelle città
Selezione di capoluoghi i cui regolamenti edilizi prevedono limiti alle antenne
Città (articolo reg. edilizio) | casi di intervento | tipo di antenna imposto* | dislocazione |
Bologna (art. 67 comma 6) | Manutenzione straordinaria estesa dell'edificio e rifacitura copertura | Antenna centralizzata. Parabola di color rosso coppo. | No su falde verso la facciata principale, torri o altane. Sì invece su falde secondarie del tetto |
Ferrara (art. 51) | Nuove installazioni | Paraboliche solo sul tetto | |
Firenze (art. 180) | Nuovi impianti, manutenzione straordinaria o manutenzione ordinaria dell'intero tetto | Antenna centralizzata. Parabola di diametro inferiore al metro, con colori mimetici rispetto al tetto | Sul tetto o altrove, se meno visibili dalla via. Falda opposta a quella della pubblica via., salvo comprovate impossibilità tecniche. |
Livorno (art. 84) | Nuove costruzioni | Cavi interrati nelle murature | - |
Modena (art. I/69) | Nuovi edifici | Antenna centralizzata | Preferibilmente sul tetto e comunque non visibili da spazi pubblici. (obbligatorio in zone centrali e semicentrali) |
Massa (art. 92) | Tutti gli edifici | Se le antenne sono più di due, i proprietari possono essere obbligati a quella centralizzata | -- |
Milano (art. 8, comma 6) | Nuovi impianti | Parabola centralizzata dove esistono già antenne centralizzate | In centro storico no su balconi e terrazze (esclusi i latrici solari), comignoli, cortili e giardini , se visibili da pubblica via. Sì invece su falde secondarie del tetto |
Palermo (art. 46.2.2) | Nuove costruzioni, ristrutturazioni o opere di manutenzione straordinaria | Antenna centralizzata. Parabola di diametro inferiore al metro, con colori mimetici rispetto al tetto | Falda opposta a quella della pubblica via. No su balconi |
Pesaro (art. 67) | Nuove costruzioni condominiali | Antenna centralizzata. Cavi incassati | |
Verbania (art. 37) | Nuove costruzioni o ristrutturazioni e recuperi | Antenna centralizzata con colorazione armonica al contesto. Cavi incassati | |
Verona (art. 80-ter) | Nuove costruzioni, ristrutturazioni o manutenzioni straordinarie di interi edifici | Antenna centralizzata | Parabole su falde opposte alla pubblica via sfruttando terrazzini, nicchie, ecc. che riducano impatto visivo |
* Con "antenna" si intende sia quella tradizionale che quella parabolica.
Fonte: Ufficio Studi Confappi-Fna
Cellulari: antenne con licenza
Affitti alle stelle incassati dai condomini che concedono un tetto alle antenne di telefonia cellulare. Sebbene i "listini ufficiali" delle aziende installatrici propongano, come due anni da, dai 10 ai 20 milioni all'anno in media (con punte più alte per i centri storici), nei fatti condomini e amministratori possono facilmente spuntare cifre superiori: nelle grandi città (Milano, Roma, Napoli e Palermo) gli operatori parlano di 30 milioni annui in media, ma anche quaranta e più se si è in zona pregiata.
Nonostante la crescente coscienza ecologista, a convincere i condomini della convenienza dell'installazione gioca una paradossale constatazione: l'eventuale inquinamento elettromagnetico colpisce gli abitanti dei condomini vicini, mentre il palazzo che ospita l'antenna è maggiormente protetto. Quindi tanto vale incassare il succoso canone: se l'antenna dovesse sorgere in un palazzo vicino si avrà, oltre al maggior danno, anche la beffa di essere espropriati da eventuali entrate. L'incremento dei canoni di locazione di tetti e lastrici solari è un buona parte dovuto dalle più recenti sentenze della magistratura amministrativa , sempre più rigida nel porre limiti alle nuove antenne.
Tar e Consiglio di Stato sono ormai allineati infatti sulla certezza che l'installazione di un'antenna di telefonia cellulare necessiti di concessione edilizia, e non di semplice Dia (Dichiarazione di inizio attività). Inoltre il Consiglio di Stato (sezione V, Ordinanza 28 luglio 2000 n. 3960) ha confermato il verdetto di ben cinque ordinanze cautelari del Tar Puglia di Bari, datate 6 aprile 2000 (nn. dal 542 al 546), con cui si imponeva la procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) come condizione per rilasciare una concessione edilizia per antenne telefoniche. Infatti, secondo il Consiglio i presupposti per l'installazione dettate dalla Legge 189/97 prevedono sì un progetto che garantisca emissioni elettromagnetiche nei tetti di legge (primo comma dell'articolo 2-bis) ma anche la Via (secondo comma), intesa come una garanzia integrativa , e non una mera duplicazione delle norme a salvaguardia della salute. Sulla stessa linea il Tar di Parma (ordinanza 20 febbraio 2001 n. 59).
Il Tar del Veneto (sent 30 maggio 2000, n. 1120, sez. 3) ha invece valutato come illegittimo il fatto che il Comune di Venezia subordinasse la concessione edilizia per antenna radiomobile a parametri di emissioni elettromagnetiche più rigidi di quelli previsti da leggi nazionali o regionali. Neanche il Sindaco, che pure ha la possibilità di emettere ordinanze urgenti e motivate a tutela della salute dei cittadini, può in questo caso (palesemente "non urgente") imporre tetti inferiori. Della stessa idea il Tribunale di Parma, in due ordinanze (22 luglio 2000 e sezione staccata di Fidenza, 12 marzo 2001 n. 915): tuttavia il Tribunale ha ammesso che il Comune, a tutela della salute dei cittadini (per esempio, i bambini di una scuola), potesse ricorrere in giudizio contro un'antenna da lui stesso autorizzata, se riteneva che attraverso lavori eseguiti senza l'autorizzazione, il gestore avesse ampliato l'impianto e potesse produrre onde in misura diversa da quella prevista. Resta impossibile, comunque, un'ordinanza cautelare di sospensione dell'attività dell'impianto, in attesa di accertamenti.
Sempre il Tar del Veneto, inoltre (ordinanza 14 giugno 2000, n. 1010) ha ammesso che i comuni possano avere la potestà di dettare prescrizioni regolamentari su dove le antenne debbano essere poste, per esempio escludendo le zone più urbanizzate, tenuto conto anche che in Veneto la legge regionale riconosce ai Comuni poteri in materia urbanistica, sul tema della localizzazione di antenne. Essi inoltre possono decretare delle distanze minime dalle costruzioni limitrofe.
Infine il Tar di Genova (ord. 5 gennaio 2001, n. 21) ha confermato la sospensione di attività di un impianto, in quanto sullo stesso traliccio era stata installata una nova antenna, giungendo quindi al potenziamento delle emissioni.
L'obbligo, conclamato dalla giurisprudenza amministrativa, di una concessione edilizia, non sembra però essere stato sempre applicato. Lo denuncia un dettagliato rapporto della Legambiente di Napoli. Secondo l'associazione ecologista, infatti, sul territorio del capoluogo campano sarebbero insediate 243 stazioni radiobase per telefonia cellulare di cui 41 in aree di vincolo ambientale e 14 su edifici soggetti a vincoli storici architettonici. Di queste stazioni 83 (34%) sarebbero state realizzate sulla base di concessioni del Comune e 160 illegittimamente (11,5% con procedura di D.I.A. e 54,3% senza alcuna autorizzazione). C'è però da aggiungere che le emissioni elettromagnetiche degli impianti per cellulari sono risultate ai controlli di Legambiente tutte nei limiti imposti dal Dm 10 settembre 1998 n. 381 (a differenza di quanto è accaduto per altri tipi di antenne).
Le maggioranze per il ripetitore dei cellulari
Tipo di opera | Maggioranze per decidere |
Installazione | 1/2 + 1condomini, 2/3 millesimi* |
Locazione fino a 9 anni delle parti comuni | 1/3 condomini e 1/3 millesimi** |
Locazione oltre 9 anni delle parti comuni | unanimità |
* Controverso: c'è chi (Tribunale Bologna 6/4/200) pretende l'unanimità in conseguenza a deprezzamento dell'edificio o in presenza di possibili danni alla salute
** In seconda convocazione salvo diversa prescrizione del regolamento condominiale
Fonte: Ufficio Studi Confappi-Fna