Abrogata
la consegna certificazione sicurezza impianti ad acquirente e inquilino
Abrogato
l’obbligo della consegna all’acquirente (in caso di compravendita) o
all’inquilino (in caso di locazione) della dichiarazione di conformità
degli impianti e della documentazione progettuale allegata.
La disposizione,
contenuta nell’articolo 13 del Decreto del Ministero dello Sviluppo 22 gennaio
2008, n. 13 è stata cancellata dal comma 2 dell’articolo 35 del Decreto legge
sulla semplificazione, ancora in attesa di essere
pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Lo stesso articolo
13 aveva causato un notevole polverone, di cui abbiamo dato
conto in molte pagine del Sole 24 ore: si temeva, a torto o a ragione, che
l’obbligo di consegna potesse bloccare il mercato immobiliare degli acquisti e
degli affitti. In seguito a precise quesiti da parte
de Il Sole e di due organizzazioni
della proprietà, il Ministero dello Sviluppo aveva comunque chiarito che era
possibile fare eccezione a tale obbligo nei contratti tra le parti, con precise
clausole scritte e che comunque riguardava gli impianti istallati o soggetti a
manutenzione straordinaria dopo l’entrata in vigore della legge n. 46/1990.
Cosa
accade, ora, con l’abrogazione dell’articolo 13 del decreto? In buona sostanza,
le cose tornano come prima. Infatti, nonostante la convinzione contraria di
molti, in precedenza non è mai esistito un obbligo formale di consegna della
documentazione di conformità degli impianti alle norme tecniche in caso di
compravendita, locazione o donazione: tale imposizione non era infatti contenuta nelle norme di sicurezza antecedenti che,
lo ricordiamo, sono state abrogate con l’entrata in vigore del Decreto Sviluppo
n. 13/2008 (legge n. 46/1190, Dpr 6 dicembre 1991, n.
447, articoli dal 107 al 121 del testo unico dell’edilizia, cioè il Dpr 6 giugno 2001, n. 380).
Tuttavia
le cose non sono così semplici come sembrano.
Infatti, in caso di mancato adeguamento alle norme degli impianti, possono comunque avere grande rilievo le norme del codice civile.
Innanzitutto l’articolo 1375 che così recita”Il contratto deve essere eseguito
secondo buona fede”. In secondo luogo l’articolo 1490, che
riguarda i vizi della cosa venduta e afferma: “Il venditore è tenuto a
garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea
all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
Il patto con cui si esclude io si limita la garanzia
non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi
della cosa”.
L'articolo 1491,
esclude la garanzia solo se i vizi erano conosciuti o facilmente conoscibili
dal compratore. Ma poiché c’è il serio rischio che un giudice ritenga vizio
“occulto” (e quindi non facilmente conoscibile) un impianto non a norma,
l’unica seria garanzia per chi vende è riconoscere espressamente nei rogiti (o
in altri atti scritti) che uno o più impianti vanno adeguati alle norme di
sicurezza, che quindi l’acquirente ne è cosciente e si
assumerà in proprio l’onere di adeguarli,magari in cambio di uno sconto sul
prezzo. O, in alternativa, essere sicuri della regolarità degli impianti e,
possibilmente, attestarla con la consegna a acquirente
o inquilino delle relative dichiarazioni di conformità.
In definitiva,
quindi, restano valide le garanzie previste dal codice civile, soprattutto a
tutela di chi acquista un immobile, e l’unica cosa che cambia è che viene lasciata maggiore libertà alle parti su come farle
valere, e ai giudici su come interpretarle nel caso concreto, senza imporre per
forza la consegna delle dichiarazioni di conformità.
L’articolo 13
conteneva, nel primo comma, anche l’obbligo di conservazione del “libretto di uso e manutenzione” e, in caso di trasferimento a
qualsiasi titolo dell'immobile, l’obbligo di consegna all’”avente causa” (in
genere, l’acquirente).
In questo caso,
l’abrogazione ha pochi effetti concreti. Infatti è
vigente il decreto legislativo n. 192/2005 che impone la conservazione dei
libretti di impianto e caldaia, aggiornati alle ispezioni di manutenzione periodiche,
presso l’utilizzatore della caldaia stessa, nonché il Dpr
n. 162/1999 che dice lo stesso riguardo al libretto ascensore.
Resta comunque in vigore l’articolo 9 del Dm Sviluppo che prevede
che nelle nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni totali sia necessaria la
dichiarazione di conformità (nonché del certificato di collaudo, se previsto),
per ottenere l’agibilità. Stesso discorso per l’articolo 8, comma 3, che impone
la consegna al distributore o al venditore di luce, acqua e gas di copia della
dichiarazione di conformità, in caso di nuova
fornitura o aumenti di potenza dell’impianto.
Doppie sanzioni in conflitto
Il decreto legge prevede
che 31 marzo 2009 si ridisegni ancora una volta per decreto ministeriale la
normativa di sicurezza sugli impianti “prevedendo semplificazioni di adempimenti per i proprietari di abitazioni ad uso
privato e per le imprese”.
Evidentemente il
nuovo Governo non è soddisfatto del decreto in vigore, varato
dal vecchio poco tempo prima della sua caduta.
A dire il vero
parrebbe più opportuno che si agisse con strumenti normativi diversi, se non
proprio con una legge, almeno con una legge delega, data l’importanza e il
largo impatto della materia (tutti gli impianti di tutti gli immobili del
Paese).
Per esempio c’è da
chiedersi se sia stato legittimo imporre con l’articolo 16 del Dm Sviluppo n.
13/2008 anche le sanzioni, per almeno due motivi. Prima di
tutto perché il decreto non ha abrogato le sanzioni previste dalla legge n.
46/1990, con il risultato paradossale che ora restano in piedi due diversi
sistemi di punizioni per le stesse violazioni.
Non poteva nemmeno
farlo, perché la legge n. 17/2007, cioè la stessa
norma che aveva dato i poteri di agire con decreto sulla sicurezza degli
impianti, aveva espressamente tenuto in vigore l’articolo 16 della legge n.
46/1990, che riguarda appunto le sanzioni. Il secondo motivo è che è fortemente dubbio che si possano imporre sanzioni con un
semplice decreto ministeriale.