Trib_Parma_22_7_00 TRIBUNALE DI PARMA - Ordinanza 22 luglio 2000 - Pres. Mossini, Est. Mammone - T.I.M. c. Comune di Parma e con l’intervento del CODACONS - Emilia Romagna e di Roviero ed altri. TRIBUNALE DI PARMA Il Tribunale, riunito in camera di consiglio nelle persone dei sig.ri dr.Lanfranco Mossini presidente dr.Vittolio Zanichelli giudice dl.Francesca M.Mammone giudice reL. letti gli atti ed esaminata la documentazione prodotta, a scioglimento della riserva di cui al verbale che precede, osserva: con ricorso ex art.700 c.p.c. del 3/4/2000 il Comune di Parma chiedeva a questo tribunale, la rimozione o, in via subordinata, la disattivazione della stazione radiobase per telefonia cellulare della T.I.M. sita al n. 26 della via Sartori in Parma, deducendo la pericolosità per la salute pubblica dell'impianto, in quanto ampliato dalla Telecom Italia Mobile, in violazione delle condizioni subordinatamente alle quali ne era stata in precedenza autorizzata l'installazione. In data 20/5/2000 il giudice designato rigettava la domanda cautelare per la ritenuta insussistenza di legittimazione attiva in capo al ricorrente e dichiarava l'inammissibilità dell'intervento ad adiuvandum della associazione CODACONS Emilia Romagna e di quindici genitori di bambini frequentanti l'asilo nido e la scuola d'infanzia site in via Sartori. Con ricorso depositato il 29 maggio 2000 il Comune di Parma ha proposto reclamo contro la .suddetta ordinanza, rivendicando la propria qualifica di ente esponenziale della collettività insediata nel proprio territorio e, per tale motivo, la propria legittimazione ad agile in tutela della collettività. Nel procedimento instaurato a seguito di rituale notificazione del ricorso, si è costituita la sola Telecom Italia Mobile, riproponendo, in via incidentale, le eccezioni di carenza di potere e di giurisdizione disattese dal primo giudice. Sotto il primo profilo, infatti, la T.I.M. deduce che non sarebbe consentito all'amministrazione comunale che, nel febbraio 2000, ha autorizzato l'installazione della stazione radio-base, chiedere all'autorità giudiziaria di ordinare la rimozione o la disattivazione dell'impianto medesimo, dovendo semmai far ricorso, ove ne sussistano i presupposti, ai poteri di autotutela che le sono attribuiti dalla legge e, sotto il secondo profilo, invoca l'art. 33 del d.lgs. 31/3/1998 n.80 che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi. Sul punto, questo collegio non può che rinviare alle puntuali e più ampie considerazioni svolte dal primo giudice. Così, in ordine all'eccepita carenza di potere, è sufficiente ricordare che la titolarità in capo al ricorrente di poteri di autotutela non è preclusiva della facoltà dell'ente di rivolgersi - per la tutela di diritti soggettivi perfetti, qual è il diritto alla salute - al giudice ordinario, anche se al fine di ottenere effetti identici o analoghi a quelli che potrebbe attuare in via autoritativa. Quanto alla pretesa carenza di giurisdizione, basta osservare che l'azione preannunciata dal Comune di Parma si fonda sull'affermata lesione del diritto alla salute da parte della T.I.M. nell'esercizio della propria attività, atteso che la stessa è tenuta, come qualsiasi altro soggetto, al rispetto del principio del neminem laedere (v. Cass. S.U. 29/7/1995, n.8300). Stima inoltre il collegio che si non possa dubitare, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, della legittimazione attiva dell'ente ricorrente, nella sua incontroversa qualità di ente esponenziale degli interessi della comunità residente nel suo territorio, ad agire per la tutela della salute della propria comunità (v. Cass. S.U, n.400/1991, nonché, ex plurimis, TAR Lazio, sez.III, 1/8/1985, n.1229; TAR Piemonte, sez. I, 4/6/1988, n.241; Pret.Bazi, 12/4/7 989, in Foro it., 1989, 11, 562). Tuttavia, si impone il rigetto della domanda cautelare, per difetto del fumus boni iuris. Va premesso, al riguardo, che, poiché, come si è detto, il Comune di Parma agisce per la salvaguardia del diritto alla salute dei residenti nel proprio territorio, l'inosservanza, da parte della Telecom Italia Mobile, delle condizioni cui era subordinato il rilascio dell'autorizzazione in tanto può assumere rilievo, in questa sede, in quanto il denunciato inadempimento determini un aggravamento del rischio per la salute della collettività. Ora, gli elementi di prova acquisiti nel corso del procedimento non consentono di affermare che tale aggravamento si sia verificato. L'ing. Fava dell'ARPA ha infatti dichiarato che si deve escludere che l'impianto de quo, in una superficie di m.200 x m.200, avente come centro il centro della postazione T.I.M., "possa generare campi elettrici maggiori o uguali ai 3 V/rn su ogni edificio ed anche, in particolare, al suolo e nella zona della scuola materna ed asilo comunali" ed ha evidenziato che, in concreto, le verifiche effettuate in loco hanno portato a rilevare campi elettrici non superiori ai 0,5 V/m. Sono dunque osservati i limiti di esposizione stabiliti dal D.M. n.381 del 10/9/1998, che, in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ,ore, impone il limite dei 6 V/m e, in verità, risultano osservate anche le raccomandazioni, scaturite dal Convegno Internazionale tenutosi a Trento il 25 e 26 novembre 1999, contenute nella "lettera indirizzata all'on. Edo Ronchi", prodotta dal Comune di Parma. Osserva il ricorrente che tale limite non tiene conto degli effetti che l'inquinamento elettromagnetico può provocare a lungo termine sulla salute umana. Si tratta di effetti ancora non noti, rispetto ai quali, però, parte della comunità scientifica, raccomanda di adottare il c.d. "principio di cautela", vietando, in attesa di risposte definitive sugli effetti dell'esposizione a campi elettromagnetici, l'installazione di impianti di radiofrequenza nelle vicinanze di ospedali, scuole ed asili. Tali effetti a lungo termine sono però, così come emerge dalla relazione redatta dall'Istituto Superiore della Sanità per il TAR dell'Umbria, prodotta in copia dalla società resistente, allo stato del tutto incerti, atteso che "i risultati della ricerca scientifica attualmente noti non suffragano alcuna ipotesi di effetti a lungo termine dell'esposizione a campi elettromagnetici che abbiano frequenza ed intensità confrontabili con quelle dei campi generati nei normali ambienti di vita dalle stazioni radio-base". Del resto, anche gli studi citati dal ricorrente, pur paventando il rischio di eventuali effetti cancerogeni dell'esposizione, danno atto dell'assenza di dati sufficienti a stabilire un nesso causale tra esposizione ed effetto patogeno, (v. parere della Commissione Tecnico Scientifica nominata dal Comune di Bologna). In presenza di un quadro di riferimento a tal punto incerto, pur apparendo senz'altro convincente e meritevole la scelta "politica" di alcune Regioni e dello stesso Comune di Parma di adottare, per il futuro, misure più restrittive di quelle imposte dalla legislazione statale (dando così attuazione al menzionato principio di cautela), non può ritenersi sussistere, in rapporto all'impianto in questione, quell'apparente fondatezza della pretesa che costituisce condizione indispensabile per accedere alla tutela cautelare. Né sono possibili, in questa sede, stante la necessaria sommarietà della cognizione, approfondimenti istruttori, peraltro neppure sollecitati dalle parti. Si impone, pertanto, il rigetto del ricorso. Ragioni di equità giustificano l’integrale compensazione delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il reclamo e dichiara compensate le spese del procedimento. Parma, 21 luglio 2000. Depositata il 22 luglio 2000.