Cass_5286_00 Cassazione Civile, Sez. I, sentenza 26 ottobre 1999 – 22 aprile 2000, n. 5286 (Estratto) (omissis) … va anche precisato che una pattuizione di interessi intervenuta prima della entrata in vigore della legge n. 108/96 non può, stante il principio di cui all’art. 25, 2 comma, Cost., essere ritenuto penalmente rilevante sol perché detti interessi risultino superiori alla soglia fissata: ove il ricorrente (pur nella non chiara prospettazione del motivo sul punto) abbia inteso lamentarsi per la mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, della natura criminosa della pretesa della banca, per questo aspetto la censura non potrebbe trovare accoglimento. La Corte di merito, invece, avrebbe dovuto considerare che, alla stregua della nuova normativa, gli interessi concordati (in particolare, al tasso del 28%, applicato in sede di condanna da parte del Tribunale, con decorrenza dal 2 ottobre ‘82 e sino al soddisfo) erano divenuti usurari: in altri termini che la nuova normativa aveva travolto la relativa clausola. A tale conclusione non è di ostacolo la circostanza che la pattuizione degli interessi sia avvenuta in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n. 108 del 1996. Sotto un primo profilo, va osservato che nel caso di specie non si pone il problema se il combinato disposto degli artt. 1339 e 1419, 2° comma, cod. civ., sia applicabile nel caso in cui la norma imperativa non prevede una clausola sostitutiva, limitandosi ad eliminare una clausola illecita (problema che si potrebbe porre, con riferimento alla nuova formulazione dell’art. 1815, 2° comma, cod. civ., nel caso di interessi pattuiti nell’ambito di un contratto di mutuo stipulato prima dell’entrata in vigore della nuova normativa), dal momento che non si tratta di non attribuire alcun interesse, ma di sostituire un tasso diverso a quello divenuto usurario. Sotto altro profilo, se è vero che nella giurisprudenza di questa Corte si è affermato, in via di principio, che il giudizio di validità deve essere condotto alla stregua della normativa in vigore al momento della conclusione del contratto, è anche vero che in dottrina è stato posto in rilievo come, verificandosi un concorso tra autoregolamentazione pattizia ed eteroregolamentazione normativa, si renda insostenibile la tesi che subordina l’applicabilità dell’art. 1419, 2° comma, cod. civ. all’anteriorità della legge rispetto al contratto, poiché l’inserimento ex art. 1339 c.c. del nuovo tasso incontra l’unico limite che si tratti di prestazioni non ancora eseguite (in tutto o in parte). D’altro canto, la tesi ha trovato l’autorevole avallo della Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 1997, che ha dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1938 c.c. proprio sulla base della considerazione che, pur avendo carattere innovativo la legge n. 154/92 e non applicandosi retroattivamente, tuttavia ciò non implica che la disciplina precedente "acquisti carattere ultrattivo, tale da consentire che la garanzia personale prestata dal fideiussore assista non solo le obbligazioni principali sorte prima dell’entrata in vigore della legge n. 154 del 1992, ma anche quelle successive, in modo da attribuire efficacia permanente alla limitatezza del rapporto di garanzia. In altri termini, l’innovazione legislativa che stabilisce la nullità delle fideiussioni per obbligazioni future senza limitazioni di importo, non tocca la garanzia per le obbligazioni principali già sorte, ma esclude che si producano ulteriori effetti e che la fideiussione possa assistere obbligazioni principali successive al divieto di garanzia senza limiti". Sia pure con riferimento alla problematica riguardante il contratto di mutuo, ma con argomenti del tutto sovrapponibili alla fattispecie che qui interessa, la dottrina ha osservato, in via generale, che l’obbligazione degli interessi non si esaurisca in una sola prestazione, concretandosi in una serie di prestazioni successive e in particolare, che ai fini della qualificazione usuraria dell’interesse, il momento rilevante è la dazione e non la stipula del contratto, come si evince anche dall’art. 644 ter cod. pen. (introdotto dall’art. 1l legge n. 108/96), a mente del quale "la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dall’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale". (omissis)