Cass_13243_99 Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 17 febbraio-27 novembre 1999 n. 13243 (Presidente: De Musis; Relatore: Salmè; Pm [difforme] Cafiero; Ricorrente: Ministero delle Finanze; Controricorrente: Pietron e altri). Svolgimento del processo 1. Con atto registrato il 3 luglio 1989 (...) Pietron ha venduto alcuni immobili, del valore dichiarato di L. 20.000.000, affermando di volersi avvalere del disposto dell'art. 12 del d.l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito in legge 13 maggio 1988, n. 154 e chiedendo, con successiva istanza del 7 agosto, all'UTE l'attribuzione della rendita. Poiche', tenendo presente la rendita attribuita, la valutazione dei cespiti, in applicazione del criterio automatico previsto dall'art. 52 del d.p.r. n. 131 del 1986, doveva essere determinata in L. 52.800.000, l'ufficio ha notificato avviso di liquidazione dell'imposta corrispondente a tale valore. Gli eredi di (...) Pietron, (...) e (...) hanno impugnato tale avviso sostenendo che l'atto doveva essere considerato, sostanzialmente, come un atto d'accertamento e che lo stesso era nullo per difetto di motivazione; comunque, il valore accertato era eccessivo. La commissione tributaria di primo grado di Trieste ha accolto il ricorso affermando che l'ufficio, constatato che il valore determinato automaticamente sulla base della rendita catastale era superiore a quello dichiarato, avrebbe dovuto emettere avviso di accertamento. La decisione è stata confermata dalla commissione regionale che ha affermato che nella specie doveva trovare applicazione l'art. 52, 1' comma del d.p.r. 131/86, espressamente richiamato dall'art. 12 del d.l. 154/88 e che, pertanto, l'avviso di liquidazione poteva essere emesso solo dopo che era divenuto definitivo l'avviso di accertamento, debitamente motivato. Pertanto il maggior valore accertato doveva formare oggetto di avviso di accertamento. Osserva anche il giudice tributario che solo il comma 135, lettera a) dell'art. 3 della legge 549 del 1995 aveva previsto che nelle ipotesi di cui si tratta l'ufficio potesse ricorrere all'avviso di rettifica e di liquidazione. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'amministrazione finanziaria. Motivi della decisione 1. Deducendo la violazione art. 12 della legge n. 154 del 1988, degli articoli 52 e 57 del d.p.r. 131 del 1986 e il vizio di extra e ultrapetizione, l'amministrazione finanziaria sostiene che i contribuenti non avevano mai dedotto che il recupero della maggiore imposta non potesse avvenire con avviso di liquidazione e che, pertanto, accettando la tesi secondo cui nella specie l'avviso di liquidazione impugnato era illegittimo, perchè non preceduto dalla notifica di un motivato atto di accertamento del maggior valore, il giudice tributario aveva pronunciato al di fuori dei motivi di impugnazione dedotti. Comunque, aggiunge la ricorrente sarebbe infondata la tesi accolta dal giudice tributario, secondo la quale, nel caso in cui il contribuente dichiari di volersi avvalere del disposto dell'art. 12 del d.l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito in legge 13 maggio 1988, n. 154, le imposte dovute per effetto della determinazione del valore mediante l'applicazione del meccanismo automatico previsto dall'art. 52, 4' comma del d.p.r. 131 del 1986, dovrebbero essere richieste con avviso di accertamento di maggior valore e non con avviso di liquidazione. Infatti, nella fattispecie di cui si tratta l'amministrazione finanziaria non farebbe uso di alcun potere valutativo, ma determinerebbe il maggior valore in conformità con quanto richiesto dallo stesso contribuente. 2. Il ricorso è fondato, per quanto di ragione. Non merita accoglimento, infatti, la censura di ultra o extrapetizione, perchè il contribuente ha sostenuto fin dall'atto introduttivo del presente giudizio che nella specie l'amministrazione, a seguito dell'attribuzione della rendita catastale, doveva emettere motivato avviso di accertamento del maggior valore risultante dall'applicazione dei criteri automatici, previsti dall'art. 52, 4' comma, d.p.r. 131 del 1986, e che proprio in conseguenza della denunciata omissione doveva considerarsi nullo l'avviso di liquidazione impugnato. Nel merito, tuttavia, il ricorso merita accoglimento. Deve innanzi tutto osservarsi che la questione che si pone nella specie è stata risolta espressamente dal legislatore con l'art. 3, comma 135, lettera a) della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che, modificando il 1' comma dell'art. 52 del d.p.r. n. 131 del 1986, ha previsto che, quando l'ufficio ritenga che i beni e i diritti trasferiti hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con un solo atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta. La stessa questione conserva invece rilievo per gli atti formati in epoca anteriore alla data di entrata in vigore della legge n. 549 e (contrariamente a quanto affermato con la sentenza n. 1343 del 1999, senza particolare indicazione degli argomenti a sostegno della tesi accolta) deve essere risolta nel senso che, nel caso in cui il contribuente abbia chiesto l'applicazione dell'art. 12 della legge n. 154 del 1988, quando l'ufficio rileva che il valore derivante dall'applicazione dei criteri automatici previsti dal quarto comma dell'art. 52 cit. è superiore a quello dichiarato, non deve fare altro che richiedere la maggiore imposta dovuta con la notifica di un avviso di liquidazione. A tale conclusione si deve pervenire, innanzi tutto, sulla base dello stesso tenore letterale dell'art. 12 del d.l. 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni in legge 13 maggio 1988, n. 154, che espressamente richiama il solo 4' comma dell'art. 52 del d.p.r. n. 131 del 1986 (e dell'art. 26, quinto comma del d.p.r. n. 637 del 1972, aggiunto al testo originario con l'art. 8 della legge n. 880 del 1986) e non anche il 1' comma della stessa disposizione. E poichè il meccanismo di determinazione (automatica) del valore del bene disciplinato dal quarto comma è alternativo rispetto a quello di cui al primo comma, ne deriva che, quando trova applicazione l'art. 12 della legge n. 154, l'ufficio non puo' ricorrere al potere di rettifica o di accertamento, ma deve limitarsi a procedere alla determinazione automatica del valore. L'alternatività tra l'applicazione dell'art. 52, 4' comma e l'emissione dell'avviso di accertamento o di rettifica, oggetto del primo comma della stessa disposizione, è resa ancora più evidente, d'altra parte, dall'ultima proposizione dell'art. 12, 1' comma della legge n. 154 del 1988, secondo cui, in caso di mancata presentazione della ricevuta dell'istanza di attribuzione della rendita catastale nel termine di sessanta giorni dalla formazione dell'atto da registrare "l'ufficio procede ai sensi dell'art. 52, comma primo" del d.p.r. 131/86. La tesi sostenuta, d'altra parte, è del tutto coerente con il sistema, nel quale l'avviso di rettifica o di accertamento di maggior valore è il risultato dell'esercizio della discrezionalità tecnica dell'ufficio, mentre nell'ipotesi in cui il valore debba essere determinato senza alcuna discrezionalità (sia pure solo tecnica), in applicazione di mere operazioni aritmetiche, non avrebbe senso ricorrere a un atto espressione di poteri valutativi. Peraltro appare anche contraddittorio ammettere che il contribuente, dopo aver chiesto che il valore del bene sia determinato in modo automatico, possa poi rimettere in discussione tutto il rapporto tributario contestando la valutazione stessa. Nè la soluzione accolta pregiudica il diritto del contribuente di tutelare, anche in sede giurisdizionale, la propria situazione soggettiva, perché, come ha osservato la Corte costituzionale, con la sentenza n. 463 del 1995, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 del d.l. 14 marzo 1988 n. 70, convertito con modificazioni dalla L. 13 maggio 1988 n. 154, l'interessato ben può ricorrere al giudice tributario (ex art. 2, 3' comma del d.Lgs n. 546 del 1992, cosi come, in precedenza, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1 del d.p.r. 636 del 1972) avverso l'atto di classamento, potendo dimostrare in sede giudiziaria la non conformità ai parametri legali della valutazione del bene. In accoglimento del ricorso la sentenza della commissione tributaria regionale deve essere cassata e poichè non e' necessario alcun altro accertamento dei fatti, decidendo nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., può rigettarsi l'impugnazione dell'avviso di liquidazione. Trattandosi di questione che ha avuto opposte soluzione nella giurisprudenza tributaria di merito sussistono giusti motivi per compensare le spese di questo giudizio. P.Q.M. la corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., rigetta il ricorso del contribuente avverso l'avviso di liquidazione. Compensa le spese.