Cass_5_11_99_12295 Corte di cassazione Sezione II civile Sentenza 28 aprile5 novembre 1999 n. 12295 Svolgimento del processo Con sentenza n. 147/96 del 21/320/4/1996, il Tribunale di Pavia, in riforma della decisione del Pretore di quella città, dichiarava improcedibile, e comunque respingeva, il ricorso ex art. 1168 c.c. proposto dalla soc. La sorgente nei confronti di Massima Botta, volto ad ottenere la reintegra nel possesso di una villetta sita in Casorate Primo, via dei Pini. Osservava il Tribunale che dalle risultanze processuali era risultato provato che le chiavi della villetta erano state consegnate al promissario acquirente Botta in data 21/12/1991, cioè il giorno dopo la stipula del contratto preliminare di compravendita (20/12/1991), dalla immobiliare Promocasorate che era stata l’intermediaria nella compravendita. Al riguardo era significativa la deposizione del teste Cimmino, socio di tale immobiliare, che aveva riferito di aver consegnato le chiavi al Botta al fine di consentire la ristrutturazione della villetta che non era abitabile e ciò era a conoscenza della soc. La sorgente, anche se in senso contrario era la deposizione del teste Orlando, commercialista della soc. La sorgente, il quale aveva riferito che era stata respinta la richiesta del Botta di poter usare l’immobile prima della stipula del definitivo, e che le chiavi erano state lasciate all’agenzia solo per consentire al Botta di effettuare delle misurazioni, ma non anche di sostituire la serratura e di immettersi nell’immobile. Riteneva il Tribunale che se era vero che la consegna delle chiavi era avvenuta ad opera del mediatore e che a tale circostanza non era riconducibile un’esplicita volontà della società venditrice di trasferire il possesso dell’immobile, anticipandone la consegna rispetto alla stipula del rogito, secondo la facoltà prevista nel preliminare, d’altro conto era del tutto inverosimile che la società non fosse a conoscenza delle condizioni dell’immobile, della necessità e intenzione del Botta di ristrutturarlo per renderlo abitabile. Anzi, osservava il Tribunale, la circostanza che le chiavi erano state consegnate al promissario acquirente per consentirgli l’effettuazione di alcuni lavori, e che detta finalità era a conoscenza della società venditrice, poteva ritenersi provata sulla scorta della deposizione del mediatore Cimmino e dello scambio di corrispondenza tra le parti. Ciò faceva venir meno il carattere clandestino del preteso sofferto spoglio, con conseguente esclusione della tutela apprestata dall’art. 1168 c.c. Rilevava, infine, il Tribunale che l’azione di reintegrazione era comunque improponibile perché proposta oltre l’anno dall’asserito spoglio. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la soc. La sorgente in base a due motivi, ai quali Massimo Botta ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia vizio di omessa o insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Sostiene la ricorrente che aspetto decisivo dell’intera vicenda è che le parti avevano pattuito che la consegna dell’immobile sarebbe dovuta avvenire al momento del rogito notarile di compravendita, salva la facoltà di parte promittente venditrice di anticipare la stessa rispetto al rogito. La sorgente aveva dato a suo tempo le chiavi della villetta alla Promocasorate affinché mostrasse l’immobile a possibili clienti. La consegna delle chiavi da parte della Promocasorate, mera detentrice delle stesse, al Botta allo scopo di consentirgli di effettuare alcune misurazioni e lavori di riparazione, non significava né comportava alcun trasferimento del possesso della villetta, non essendo la Promocasorate a ciò legittimata. In ogni caso il Botta non poteva continuare a stare nella villetta quando La sorgente, accortasi dell’occupazione, aveva intimato di rilasciare e liberare l’immobile. Erroneamente il Tribunale ha escluso nel caso specifico gli estremi dello spoglio ed ha ritenuto scarsamente verosimile che la ricorrente soltanto nel giugno ’92 sia venuta a conoscenza dell’occupazione da parte del Botta dell’immobile, di cui pertanto si sarebbe sotto ogni profilo completamente disinteressata, lasciando le chiavi all’agenzia, senza considerare che La sorgente aveva sede in Milano e non poteva sapere, in mancanza di notizie, come i fatti si erano svolti. Solo in seguito alla segnalazione dell’Orlando era prontamente intervenuta. 2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. La ricorrente censura l’impugnata sentenza laddove ha ritenuto che era incerta la prova dell’animus spoliandi e della clandestinità dello spoglio, facendo osservare, quanto al primo, che l’animus è insito nel fatto stesso di privare del godimento della cosa il possessore contro la volontà espressa o tacita del medesimo, e, quanto alla seconda, che La sorgente non poteva in alcun modo conoscere quanto accaduto, giacché, non aveva dato alcun mandato alla Promocasorate di trasferire il possesso del bene, mentre la consegna da parte di quest’ultima delle chiavi al Botta era avvenuta al solo fine di fargli effettuare alcune misurazioni e interventi. D’altra parte se La sorgente avesse voluto consegnare l’immobile al Botta lo avrebbe fatto in sede di stipula del compromesso, e non avrebbe avuto senso autorizzarne la consegna il giorno successivo da parte della Promocasorate. Pertanto, sostiene la ricorrente, erroneamente il Tribunale ha affermato che la dazione delle chiavi farebbe sottendere la disponibilità possessoria del bene, facendo venir meno il carattere clandestino dello spoglio. In sostanza la momentanea dazione delle chiavi al Botta (dazione che non significa consegna del possesso dell’immobile), non esclude lo spoglio da questi commesso e solo successivamente (nel giugno’92) conosciuto dalla promittente venditrice, per cui è da tale momento che cominciava a decorrere l’anno per la proposizione dell’azione di reintegra, che, essendo stata esperita entro tale termine non poteva essere dichiarata improponibile. 3. I motivi, da trattare congiuntamente perché strettamente connessi, sono fondati in base alle seguenti considerazioni. 3.1. Premesso che il contratto preliminare, stipulato il 20/12/1991 tra la promittente venditrice La sorgente e il promissario acquirente Botta, rinviava al rogito definitivo (da effettuarsi entro e non oltre il 10/1/1993) la consegna del possesso dell’appartamento, le cui chiavi furono, invece, consegnate il giorno dopo (21/12/1991) al Botta dalla intermediaria Promocasorate allo scopo di consentirgli di effettuare delle misurazioni e riparazioni, è da osservare, innanzitutto, che l’impugnata sentenza non ha spiegato in base a quali elementi ha ritenuto che detta consegna delle chiavi comportasse il trasferimento del possesso e non soltanto della mera detenzione dell’immobile, atteso che le chiavi erano state consegnate dall’agenzia intermediaria e lo scopo era quello di consentire un accesso temporaneo e limitato a specifiche attività, per cui la relazione di fatto venutasi ad instaurare tra il Botta e l’appartamento non poteva, in mancanza di altri dati, configurarsi come situazione possessoria opponibile alla promittente venditrice, rimasta estranea ai fatti. Va poi osservato che la Promocasorate, in base alla sua attività e al rapporto intercorrente con La sorgente, non poteva dare le chiavi dell’appartamento, di cui aveva la mera detenzione, al Botta, sia pure per consentirgli di effettuare misurazioni e riparazioni, senza l’autorizzazione o il consenso della promittente venditrice, la quale quindi ben poteva ignorare una eventuale immissione in possesso ad opera della società intermediaria, non essendo questa legittimata a trasmettere il possesso dell’appartamento. 3.2. Inoltre l’impugnata sentenza non ha considerato che il Botta non poteva non sapere che la consegna del possesso doveva avvenire solo ad opera della soc. La sorgente, così come previsto nel contratto preliminare, essendosi stabilito che il trasferimento del possesso dell’immobile sarebbe avvenuto al momento della stipula del definitivo, salva la facoltà della promittente venditrice di anticiparne la consegna. Né ha considerato che il concetto di clandestinità di cui all’art. 1168 c.c., che deve essere stabilito esclusivamente in rapporto al soggetto passivo dello spoglio, ha un valore diverso da quello che assume quando costituisce vizio del possesso in genere, poiché, mentre in quest’ultimo caso la clandestinità è un vizio obiettivo, che implica occultamento di fronte a tutti, nell’ipotesi di spoglio basta che l’atto sia celato allo spogliato, anche se noto agli altri; per cui è clandestino lo spoglio commesso all’insaputa del possessore, che ne venga a conoscenza in un momento successivo, quando esso sia stato realizzato con atti che non siano venuti o non potessero venire a conoscenza dello spogliato, usando l’ordinaria diligenza (Cass. 26/11/1987 n. 8784). Come nel caso in esame in quanto, tenuto conto delle modalità dei fatti e attesa la specifica clausola contrattuale che rinviava al definitivo il trasferimento del possesso, l’occupazione dell’appartamento da parte del Botta, avvenuta profittando della consegna delle chiavi ad opera della società intermediaria, a ciò non legittimata, e dell’assenza della soc. La sorgente, con sede a Milano, si configura come spoglio clandestino, perché effettuato all’insaputa della promittente venditrice. Onde non è da escludere che questa sia venuta a conoscenza dell’occupazione dell’appartamento solo in un momento successivo (cioè nel giugno 1992), quando erano già trascorsi alcuni mesi dalla consegna delle chiavi. 3.4. L’impugnata sentenza ha pure omesso di considerare che il regime probatorio (in particolare la distribuzione dell’onere della prova tra le parti), nell’ipotesi in cui lo spoglio sia stato clandestino, comporta che colui il quale agisce in possessoria sul quale incombe, di regola, l’onere di provare la tempestività della proposizione dell’azione, costituendo condizione per l’esercizio della stessa il non avvenuto decorso del relativo termine che è di decadenza e non di prescrizione deve dimostrare soltanto la clandestinità dell’atto violatore del possesso e la data della scoperta di esso da parte sua, essendo implicito, in tale ipotesi, che il termine in questione non poteva iniziare a decorrere se non dal momento in cui fosse cessata la clandestinità e lo spossessato fosse a conoscenza dell’illecito (o avesse avuto la possibilità di averne conoscenza facendo uso della normale diligenza, esigibile nella cura dei propri interessi); mentre resta a carico del convenuto la dimostrazione, in applicazione dei criteri di cui all’art. 2697 c.c., del fatto estintivo, vale a dire dell’intempestività dell’azione per decorso dell’indicato termine, rispetto all’epoca di conoscenza o conoscibilità dello spoglio (Cass. 28/1/1995 n. 1036). 3.5. In base alle suddette considerazioni va affermato che si configura come spoglio clandestino il fatto del promissario acquirente che, dopo aver convenuto nel contratto preliminare con il promittente venditore il trasferimento del possesso dell’appartamento alla data del rogito definitivo, essendo riuscito ad ottenere prima di tale data dalla agenzia intermediaria le chiavi dell’immobile con lo scopo di effettuare misurazioni e riparazioni, sostituisca la serratura ed occupi l’appartamento all’insaputa del promittente venditore, profittando della sua lontananza o assenza. 4. Il ricorso va, quindi, accolto e l’impugnata sentenza va cassata, con rinvio della causa, per nuovo esame, ad altra sezione del Tribunale di Pavia, che qualunque sia per essere la sua decisione si atterrà al suesposto principio e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa.