Corte di Cassazione Sentenza numero 11254/1997 LA SENTENZA Svolgimento del processo Con citazione 24 dicembre 1987 ...... convennero davanti al Tribunale di ...... il condominio ...... sito in via ...... in persona dell'amministratore in carica. Con il suddetto atto introduttivo impugnarono la delibera dell'assemblea in data 14 novembre 1987 limitatamente alla nomina dell'amministratore assumendo che la nomina non era stata posta all'ordine del giorno e comunque era stata deliberata senza la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 comma 4 cod. civ. Detta nomina infatti era stata approvata da 49743 millesimi e non da 52165 millesimi come affermato nel verbale poiché l'astensione del condominio ...... doveva essere conteggiata non solo per i millesimi di sua proprietà ma anche per quelli dei condomini che lo avevano delegato. Domandò al Tribunale di pronunziare la nullità della delibera. Il condominio chiese il rigetto delle avverse pretese. Rispose che la nomina dell'amministratore era stata inclusa nell'ordine del giorno della stessa assemblea mediante ulteriore avviso comunicato a tutti i condomini il 3 novembre 1987 e che il ...... si era astenuto dal votare il proprio nome nella qualità di condomino aveva legittimamente votato per i propri delegati. Con sentenza 18 gennaio 1990 il Tribunale di ...... respinse la domanda. Pronunziando sull'impugnazione proposta da ...... la Corte d'Appello di ...... con sentenza 23 novembre 1993 20 maggio 1994 rigettò il gravame. Si legge nella sentenza impugnata per quanto interessa in questa sede doversi ritenere che tutti i condomini avessero avuto conoscenza della integrazione dell'ordine del giorno relativamente al punto concernente la nomina dell'amministratore perché il condominio aveva dimostrato di averlo comunicato con lettera raccomandata inviata a ciascuno dei condomini il 4 novembre 1987; che sulla nomina dell'amministratore il condominio ...... si era astenuto dal votare il proprio nome per i millesimi di sua proprietà mentre non si era astenuto per i condomini da lui rappresentati del tutto legittimamente in quanto non sussisteva alcun conflitto di interessi. Ricorrono per cassazione ...... ; resiste con controricorso il condominio ...... Motivi della decisione. I 1. A fondamento del ricorso i ricorrenti deducono: 1.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 cod. civ. e 67 disp. att. in relazione all'art. 2697 cod. civ. La decisione della Corte di appello inverte l'onere della prova in quanto pone a carico dei ricorrenti l'onere di provare un fatto negativo consistente nel non aver ricevuto l'avviso di integrazione dell'ordine del giorno. 1.2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 cod. civ. e 67 disp. att. in relazione all'art. 2373 cod. civ. Il condomino ...... aveva partecipato all'assemblea nella veste di condomino amministratore uscente e condomino delegato e si era astenuto nella propria qualità di condomino ma aveva votato come delegato da altri condomini. Sussistendo un conflitto di interessi il voto di ...... anche come delegato da altri condomini non poteva essere conteggiato e perciò mancava la maggioranza prescritta. II 2.1 Il primo motivo è infondato. Per giurisprudenza consolidata la disposizione di cui all'art. 1136 cod. civ. che non prescrive particolari modalità di notifica ai condomini dell'avviso di convocazione si deve ritenere osservata quando risulta provato anche a mezzo di presunzioni che i condomini abbiano avuto in qualunque modo notizia della convocazione (Cass. Sez. II 15 marzo 1994; n. 2450; Cass. Sez. II 11 novembre 1992 n. 12119; Cass. Sez. II 5 novembre 1990 n. 10611; Cass. Sez. II 28 febbraio 1987 n. 2148; Cass. Sez. II 25 maggio 1984 n. 3231; Cass. Sez. II 24 gennaio 1980 n. 590; Cass. Sez. II 25 maggio 1984 n. 3231; Cass. Sez. II 12 gennaio 1978 n. 124; Cass. Sez. II 23 maggio 1975 n. 2050). Deve essere confermata la pronunzia del giudice del merito che considera raggiunta detta prova in base alla esibita distinta di spedizione della raccomandata contenente l'avviso di convocazione integrata dalla presunzione che le raccomandate consegnate alla posta arrivano a destinazione e dal successivo comportamento dei destinatari (Cass. Sez. II 28 febbraio 1987 n. 2148). Su questo punto la sentenza impugnata si sottrae alle censure essendo argomentata in modo logicamente corretto e sufficiente. Nella motivazione (pag. 8) invero si afferma che il condominio aveva dimostrato di avere tempestivamente comunicato la integrazione dell'ordine del giorno agli appellanti avendo prodotto la distinta delle raccomandate loro inviate in data 4 novembre 1987 come attestato dal bollo dell'ufficio postale di spedizione. Tale fatto deve intendersi integrato (implicitamente) dalla presunzione che le raccomandate consegnate alla posta arrivano a destinazione. 2.2. Deve essere respinto pure il secondo motivo. 2.2.1. Anche per il condominio può proporsi il problema approfondito in tema di soggetti personificati se mediante il principio maggioritario all'intera assemblea possa imputarsi la volontà espressa dalla maggioranza che in effetti è orientata a realizzare interessi particolari dei partecipanti in conflitto con il cosiddetto interesse comune. In altre parole si pone il problema se la proposta approvata dalla maggioranza convenga o no al condominio ovvero soddisfi soltanto gli interessi particolari dei condomini che la stessa maggioranza compongono. La questione presenta particolare rilievo soprattutto perché nel condominio sulla base dell'elemento reale configurato dal numero dei millesimi si possono costituire maggioranze reali alle quali non corrisponde il numero maggiore delle persone dei partecipanti. Con una terminologia ormai entrata nell'uso può dirsi che anche nel condominio è utilizzabile la norma sul conflitto di interessi dettata in tema di società (art. 2373 cod. civ.) intesa a tutelare il condominio contro i condomini i quali attraverso l'esercizio del voto perseguono interessi particolari: che attraverso il voto cioè tentano di far prevalere interessi personali incompatibili. Il presupposto dell'ammissibilità del conflitto è l'identificazione dell'interesse comune ai singoli condomini in quanto tali connesso con lo scopo del condominio. Orbene nel condominio l'interesse comune ai partecipanti consiste nell'interesse alla utilizzazione al godimento ed alla gestioen delle parti comuni in funzione del godimento dei piani o delle porzioni di piano in proprietà solitaria siti nell'edificio. Pertanto dall'interesse comune ai condomini dall'interesse comune ai condomini in quanto tali esulano gli interessi facenti capo ai singoli condomini ma estranei al godimento delle unità immobiliari site nell'edificio. Anche nel condominio l'interesse dei partecipanti può essere condizionato da altri interessi che con il condominio non hanno nulla a che fare. Il limite alla perseguibilità attraverso il voto di interessi estranei al condominio si esprime nel concetto di interesse comune ai condomini funzionalmente coordinato con lo scopo comune in vista del quale il condominio si è costituito. Parafrasando la dottrina in tema di società la questione se la deliberazione da assumere corrisponda all'interesse comune poichè ciascuno vede questo interesse nel suo interesse particolare ed è spinto a cercare la soluzione là dove il suo interesse gli sembra coincidere con l'interesse comune si risolve tenendo conto che gli interessi si debbono svolgere all'interno del condominio e non possono raffigurare un vantaggio speciale estraendo all'edificio incompatibile con gli interessi comuni ai condomini e comunque destinato a realizzarsi a danno dei condomini di minoranza. 2.2.2. Nel computo della maggioranza nell'assemblea del condominio dunque è applicabile a norma dettata in materia di società per il conflitto di interessi e pertanto il diritto di voto non può essere esercitato dal condominio che in una deliberazione assembleare abbia un interesse proprio in conflitto con quello del condominio. Dalle decisioni assunte dalla giurisprudenza in tema di società emergono spunti per risolvere il problema in materia di condominio. La fattispecie del conflitto di interessi come causa di annullamento delle deliberazioni assembleari disciplinata dall'art. 2373 cod. civ. è caratterizzata da un contrasto obiettivo e preesistente tra l'interesse concretamente perseguito dal socio di maggioranza e quello istituzionale della società. La configurabilità di un interesse individuale del socio in potenziale contrasto con l'interesse sociale non è sufficiente a privare il socio della legittimazione ad esercitare il diritto di voto. Per poter affermare che esiste conflitto rilevante ai sensi dell'art. 2373 cod. civ. è indispensabile identificare due interessi tra loro in contrasto l'uno facente capo personalmente ai soci che abbiano espresso in assemblea un voto determinante e l'altro facente capo alla società; ciò significa verificare che lo scopo effettivamente perseguito dal socio sia incompatibile con la realizzazione dell'interesse sociale e che il perseguimento dell'interesse individuale possa recare danno alla società. Ai fini della invalidità della delibera assembleare non è configurabile il confitto di interessi qualora non sia possibile identificare in concreto una sicura divergenza tra le ragioni personali che potrebbero concorrere a determinare la volontà dei soci di maggioranza e l'interesse della società. 2.2.3. Orbene nella specie non sussiste un contrasto obiettivo e preesistente tra l'interesse concretamente perseguito dai partecipanti al condominio risultanti in maggioranza e quello istituzionale del condominio afferente all'amministrazione delle parti comuni. Per la verità non risultano essere stati identificati due interessi in contrasto tra loro l'uno facente capo personalmente al condominio votante e l'altro al condominio inteso come gruppo per cui possa affermarsi che lo scopo effettivamente perseguito dal condominio votante sia incompatibile con la realizzazione dell'interesse individuale possa recare danno al condominio. Non essendo stata dedotta né tanto meno verificata in concreto una divergenza tra le ragioni personali del condominio votante e l'interesse del condominio la sentenza impugnata si sottrae alle censure essendo motivata in modo logicamente corretto e sufficiente. III 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.