Cassazione civile, SEZIONI UNITE, 21 novembre 2000, n. 1196 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Andrea VELA - Primo Presidente -Dott. Francesco AMIRANTE - Presidente di sezione -Dott. Alfio FINOCCHIARO - Presidente di sezione -Dott. Giovanni PRESTIPINO - Consigliere -Dott. Giovanni PAOLINI - Consigliere -Dott. Antonino ELEFANTE - Consigliere -Dott. Alessandro CRISCUOLO - Consigliere -Dott. Roberto PREDEN - Consigliere -Dott. Giulio GRAZIADEI - Rel Consigliere -ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RINONAPOLI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BALDODEGLI UBALDI 272, presso lo studio dell'avvocato FERDINANDO MASSAFRA, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;- ricorrente -contro MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro- tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L'AVVOCATURAGENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legi;- controricorrente -nonché contro UFFICIO DEL REGISTRO DI ROMA - ATTI PRIVATI;- intimato -avverso la sentenza definitiva della Commissione tributaria regionale di ROMA, depositata il 16-01-97;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del06-10-00 dal Consigliere Dott. Giulio GRAZIADEI; udito l'Avvocato Ferdinando MASSAFRA, per il ricorrente; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Domenico IANNELLI che ha concluso per l'accoglimento del terzo motivo del ricorso e assorbimento degli altri. Fatto L'ufficio del registro di Roma, con avviso di liquidazione notificato il 19 febbraio 1992, ha dichiarato Giuseppe Rinonapoli decaduto dai benefici che aveva ottenuto, ai sensi dell'art. 1 sesto comma della legge 22 aprile 1982 n. 168, in sede di registrazione il 23 settembre 1982 dell'atto di acquisto di una porzione immobiliare a destinazione abitativa; ha dedotto, a sostegno di quella declaratoria, che il compratore non aveva attuato il proposito, enunciato nel contratto, di utilizzare il bene come propria abitazione; ha consequenzialmente liquidato e richiesto la somma di lire 23.720.840, per differenza d'imposta, soprattassa ed interessi. L'avviso è stato impugnato davanti alla Commissione tributaria di primo grado di Roma dal Rinonapoli, il quale ha sostenuto le tardività della pretesa impositiva, per effetto del decorso di oltre tre anni dal giorno della registrazione della compravendita, e comunque l'infondatezza della medesima, sotto il profilo che il requisito del trattamento agevolato, consistente nell'effettivo impiego abitativo dell'appartamento, è ravvisabile anche quando il bene sia goduto dal coniuge e dai figli dell'acquirente. Ha precisato il Rinonapoli che tale situazione si era nella specie verificata fin dal 1976 (quando conduceva in locazione l'immobile poi comprato), in adempimento di specifiche clausole della separazione personale intervenuta con la moglie (successivamente confermate nel giudizio di divorzio). L'impugnazione è stata respinta dalla Commissione di primo grado. La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza del 27 maggio-16 luglio l997, ha rigettato l'appello proposto dal contribuente, osservando che l'avviso riguardava imposta di tipo principale, era stato tempestivamente notificato nel rispetto del termine decennale di prescrizione posto dall'art. 78 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, ed era inoltre legittimo, in quanto i predetti benefici non potevano prescindere dalla personale utilizzazione dell'immobile da parte del compratore. Il Rinonapoli, con ricorso notificato il 13 gennaio 1998 ed articolato in tre motivi, ha chiesto la cassazione della pronuncia della Commissione regionale. Il ricorrente, con il primo ed il secondo motivo d'impugnazione, ha riproposto l'assunto secondo cui il suddetto requisito della tassazione agevolata, anche alla luce dei principi fissati in tema di diritto d'abitazione dall'art. 1022 cod. civ., sussiste pure quando si fruisca dell'appartamento per soddisfare le esigenze abitative di componenti del nucleo familiare, incluso il coniuge in regime di separazione. Con il terzo motivo del ricorso, ha rinnovato la tesi della decadenza dell'Ufficio, per aver esercitato la pretesa creditoria dopo il termine di decadenza di tre anni dal giorno della registrazione del contratto, a suo avviso operante per la natura suppletiva dell'imposta richiesta. L'amministrazione delle finanze ha presentato controricorso, esprimendo adesione alla sentenza della Commissione regionale anche in ordine alla ritenuta applicabilità della prescrizione decennale. Il ricorso, già assegnato alla Sezione prima civile, è stato rimesso a queste Sezioni unite, a seguito di ordinanza di detta sezione prima del 18 agosto 1999, per la presenza di divergenti orientamenti nella giurisprudenza di cassazione sulla questione preliminare sollevata con il terzo motivo del ricorso. Il Rinonapoli ha depositato memoria. Diritto La legge 22 aprile 1982 n. 168, recante misure fiscali per lo sviluppo dell'edilizia abitativa, favorisce, con l'art. 1. sesto comma, fino al 31 dicembre 1983, l'acquisto della cosiddetta prima casa, sottoponendolo all'imposta proporzionale di registro con aliquota inferiore (due per cento) a quella in via generale stabilita per i trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, nonché alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa; subordina il trattamento agevolato alla destinazione ad abitazione non di lusso del fabbricato o della porzione del fabbricato oggetto del trasferimento, alla qualità del venditore di persona fisica che non agisca nell'esercizio d'impresa, arte o professione, ed inoltre a specifica dichiarazione che il compratore, sempre persona fisica, deve inserire nell'atto, circa la mancanza di possesso di altro immobile ad uso abitativo nel comune di residenza od in quello (se diverso) di svolgimento della propria attività prevalente, il mancato godimento in altra occasione dello stesso beneficio, l'intento di adibire il bene acquistata a personale abitazione; in caso di dichiarazione "mendace", prevede la debenza delle imposte nella misura ordinaria ed ma soprattassa del trenta per cento. Queste agevolazioni, è opportuno ricordare, sono state reintrodotte, con alcune varianti, dall'art. 2 primo comma del d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, convertito, con modificazioni, in legge 5 aprile 1985 n. 118, e dalle successive disposizioni di proroga, poi dall'art. 3 della legge 31 dicembre 1991 n. 415, e, da ultimo, dall'art. 1 quarto comma della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 e dalla relativa nota n. 2 bis, aggiunti dall'art. 16 del d.l. 22 maggio l993 n. 155, convertito, con modificazioni, in legge 19 luglio 1993 n. 243, e più volte riformulati (v. art. 3 centotrentunesimo comma della legge 28 dicembre 1995 n. 549 ed art. 7 sesto comma della legge 23 dicembre 1999 n. 488). Il contrasto giurisprudenziale, che queste Sezioni unite sono chiamate a comporre, investe il quesito se l'iniziativa dell'ufficio del registro, rivolta a denunciare il mendacio dell'acquirente e la perdita dei benefici in precedenza automaticamente accordati sulla scorta delle sue dichiarazioni, nonché a liquidare le ulteriori imposte e le saprattasse, sia soggetta a decadenza triennale, ai sensi dell'art. 74 secondo comma del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634, o delle analoghe disposizioni dell'art. 76 secondo comma del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (prima delle modificazioni apportate dall'art. 3 centotrentacinquesimo comma dalla legge 28 dicembre 1995 n- 549 e dall'art. 24 della legge 18 febbraio 1999 n. 28), ovvero a prescrizione decennale, ai sensi dell'art. 76 di detto d.P.R. n. 634 del 1972, o dell'analoga norma dell'art. 78 di detto d.P.R. n. 131 del 1986. Il contrasto è insorto con riferimento a rapporti regolati dalla normativa del 1986, ma si pone, negli stessi termini, anche rispetto a rapporto che ricada, come quello oggetto della presente causa, nella disciplina del 1972, per la sostanziale coincidenza sul punto delle relative disposizioni. L'applicabilità della decadenza triennale è stata ritenuta dalla Sezione prima con la sentenza 17 settembre 1998 n.9280, nella quale si è considerato che l'art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986, riguardando la prescrizione di crediti in precedenza definitivamente accertati, non è riferibile all'avviso di liquidazione emesso proprio al fine di accertare la perdita del beneficio ed il maggior credito d'imposta; su tale premessa, si è affermato che detto avviso rientra nelle disposizioni dell'art. 76 secondo comma della stesso d.P.R. n. 131, del 1986, con la conseguenza che "l'imposta deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni, decorrente, per gli atti presentati per la registrazione, dalla richiesta di essa". Nel senso dell'operatività della decadenza triennale si sono espresse anche le successive sentenze 23 luglio 1999 n. 7947 della stessa Sezione prima e 7 luglio 2000 n. 9149 della Sezione quinta, le quali hanno fissato il decorso del termine, rispettivamente, dal giorno dell'istanza di registrazione e dal giorno della registrazione medesima. Per l'altra soluzione, cioè per la prescrizione decennale, ha optato la Sezione prima con la sentenza 21 maggio 1999 n. 4944. L'applicazione dell'art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986, si e osservato nella pronuncia da ultimo menzionata, discende dalla non inquadrabilità, nei tassativi casi contemplati dal precedente art. 76 secondo comma, dell'avviso di liquidazione emesso per far valere la perdita dell'agevolazione inerente all'acquisto della prima casa; l'imposta richiesta con tale avviso non è infatti principale, perché non viene liquidata al momento della registrazione, non è suppletiva, perché non si correla ad errori od omissioni dell'ufficio, e non è nemmeno complementare, nella limitata accezione adottata dalla lett. b) di detto art. 76 con esclusivo riferimento all'accertamento di maggior valore del bene trasferito. Il contrasto deve trovare composizione con l'avallo del primo dei riportati indirizzi, circa l'affermazione dell'operatività della decadenza triennale, ma con l'individuazione dì regole in parte divergenti per quanto attiene al decorso del termine. L'art. 74 della normativa del 1972, al pari dell'art. 76 della normativa del 1986, si occupa della "decadenza dell'azione della finanza" diretta a reclamare l'imposta di registro, e, con i primi due commi, nell'ordine riguardanti la richiesta dell'imposta medesima per gli atti soggetti a registrazione in termine fisso e non presentati e per gli atti presentati per la registrazione, stabilisce termini di decadenza di cinque e di tre anni. Queste previsioni di decadenza, rispetto agli atti da presentarsi o presentati per la registrazione, includono ogni ipotesi d'iniziativa del soggetto impositore, in quanto sono dettare per la "richiesta" dell'ufficio, senza delimitazioni od eccezioni in relazione all'oggetto della richiesta stessa, mentre, come appresso si dirà, conferiscono rilevanza a tale oggetto al diverso fine del decorso dei termini, e così abbracciano l'intera area dei provvedimenti, che esprimano, per gli atti considerati, esercizio del potere impositivo, a fronte del verificarsi dei presupposti del credito tributario, e che siano rivolti alla formazione del titolo per l'esazione del credito stesso, ove il contribuente non li impugni in giudizio o li impugni con esito sfavorevole. L'ampiezza di dette previsioni decadenziali, del resto caratterizzante le similari norme che stabiliscono termini per il provvedimento impositivo nell'ambito di ciascuna disciplina di tassazione diretta od indiretta, risponde all'irrinunciabile esigenza di porre scadenze perentorie per l'atto dell'ufficio, allo scopo di assicurare certezza al rapporto ed insieme tutelare il contribuente con la predeterminazione del tempo massimo del suo assoggettamento all'atto stesso. L'indicata portata generale delle norme sulla decadenza, la loro funzione ed il loro riferimento in generale alla richiesta dell'ufficio, unitamente alla radicale diversità dell'istituto della decadenza rispetto a quello della prescrizione (l'uno correlato alla necessità obiettiva di non consentire il compimento dell'atto oltre una certa scadenza, l'altro ad un presuntivo abbandono del diritto per il protrarsi dell'inerzia del titolare), non consentono di far riferimento, per il tempo dell'emanazione del provvedimento integrante esercizio di potere impositivo, alle disposizioni dettate al diverso scopo di fissare la prescrizione del credito d'imposta, una volta che sia incontestabilmente insorto in dipendenza dell'esercizio del potere stesso. Il tempo per l'avviso di liquidazione in esame, pertanto, trattandosi di richiesta dell'ufficio inerente ad atto sottoposto alla registrazione, è il triennio di decadenza, contemplato dall'art. 74 secondo comma del d.P.R. n. 634 del 1972, e poi dall'art. 76 secondo comma del d.P.R. n. 131 del 1986. non il decennio di prescrizione, che gli artt. 76 e 78 delle rispettive normative esplicitamente stabiliscono al distinto fine di riscuotere l'imposta definitivamente accertata, cioè di esigere il soddisfacimento del credito portato da un precedente atto d'imposizione, non contestato giudizialmente dal contribuente, o contestato con insuccesso (in tutto od in parte), e come tale divenuto titolo esecutivo. Per quanto concerne il decorso del termine di decadenza di tre anni, va premesso che l'art. 40 del d.P.R. n. 634 del 1972, al pari dell'art. 42 del d.P.R. n. 131 del l986, definisce come principale l'imposta liquidata al momento della registrazione, come suppletiva l'imposta applicata successivamente per correggere errori od omissioni dall'ufficio, e come complementare l'imposta applicata in ogni altro caso. Il predetto art. 74 secondo comma (come l'art. 76 secondo comma della legislazione posteriore), dopo aver stabilito la decadenza triennale per la richiesta d'imposta relativa ad atti prodotti per la registrazione, contiene tre ulteriori disposizioni inerenti al dies a quo del triennio, che viene fissato nel giorno della domanda di registrazione, per l'imposta principale, nel giorno in cui è divenuto definitivo l'accertamento di maggior valore od è stato presentata la denuncia di cui all'art. 18 (poi art. 19), per l'imposta complementare, e, infine, nel giorno della registrazione ovvero della presentazione della citata denuncia, per l'imposta suppletiva. Questa dettagliata disciplina del termine iniziale del triennio di decadenza non comprende tutte le richieste che possono essere formulate dall'ufficio, lasciando fuori quelle di tipo complementare (secondo la riportata definizione di carattere residuale dell'imposta complementare), ove non derivino da accertamento di maggiore valore del bene alienato o da denuncia da parte del contribuente di eventi implicanti ulteriore liquidazione. Configura richiesta d'imposta complementare, distinta da quelle specificamente considerate dall'art. 74 secondo comma (o dall'art. 76 secondo comma), l'avviso di liquidazione, con cui l'ufficio del registro, adducendo la decadenza del contribuente dal beneficio della tassazione con aliquota ridotta, determini l'imposta con aliquota ordinaria, ed i relativi accessori, reclamandone il pagamento. Detta pretesa, infatti, non è principale, in quanto non è avanzata al momento della registrazione, o comunque trova sostegno in fatti o riscontri successivi; non è suppletiva, dato che, basandosi su circostanze nuove, o comunque rivedendo a posteriori il criterio di liquidazione in precedenza legittimamente seguito, non è rivolta ad emendare sviste od omissioni commesse in sede di registrazione; non è complementare, nel circoscritto significato sopra indicato, non ricollegandosi a rettifiche del valore od a notizie fornite dal contribuente circa il sopraggiungere dopo il contratto di altri presupposti impositivi. La richiesta in discorso, quindi, rientra nella previsione della decadenza triennale, ma non trova specifiche regole inerenti alla decorrenza iniziale del termine. La carenza di peculiari disposizioni sul decorso della decadenza, non potendosi tradurre in esclusione della decadenza medesima, in ragione di quanto dinanzi evidenziato sulla valenza generale della relativa previsione, comporta, per tale decorso, l'operatività delle comuni norme dell'ordinamento (artt. 2964 e segg. cod. civ.), in forza delle quali il termine di decadenza, inderogabilmente assegnato per porre in essere un determinato atto od un determinato comportamento, è computabile a partire dal momento in cui sussista il potere di compiere o tenere l'atto od il comportamento stesso. Facendosi applicazione di dette norme generali, e così fissandosi la decorrenza del triennio di decadenza della data in cui l'ufficio del registro abbia facoltà di contestare al contribuente la perdita del trattamento agevolato in dipendenza di mendacio, si deve distinguere a seconda che tale mendacio riguardi la condizione della "impossidenza" o del mancato godimento in altra occasione delle stessa agevolazione, oppure attenga al proposito abitativo. Nelle prime due ipotesi, l'acquirente enuncia nel contratto come inesistenti fatti in realtà esistenti. L'inerenza della falsità della dichiarazione a situazioni in corso al momento della registrazione, se non tocca la liquidazione dell'imposta a tariffa ridotta, per quanto sopra detto circa l'automaticità dei benefici, implica l'insorgere, a partire dallo stesso momento, della facoltà dell'ufficio di accertare la verità, contestando la "possidenza" od il precorso godimento dell'agevolazione. La data della registrazione della compravendita segna dunque la nascita della possibilità (e del dovere) dell'ufficio di acclarare la non spettanza del beneficio, richiedendo il versamento della maggiore somma dovuta in applicazione dell'aliquota ordinaria (e della soprattassa); quella data è il giorno iniziale dei tre anni di decadenza. Nella terza ipotesi, quella del mendacio relativo alla dichiarazione con cui l'acquirente si impegna ad utilizzare il bene come propria abitazione, detto giorno iniziale può trovare una collocazione diversa. La norma agevolatrice, attribuendo rilevanza in sede di registrazione alla semplice allegazione del progetto abitativo ed alla sua potenziale attuabilità, non pone scadenze predeterminate per l'attuazione di esso, non trascurando che la concreta utilizzazione dell'immobile ad abitazione dell'acquirente può essere immediatamente successiva al contratto, ma può anche implicare un certo lasso di tempo, da quello minimo occorrente per il trasloco, a quello maggiore che sia richiesto da lavori di restauro o ristrutturazione, a quello ancora più lungo che sia imposto dalla momentanea indisponibilità del bene per effetto di temporanei diritti di godimento ad altri spettanti o di altre analoghe cause. La carenza di scadenze prefissate non comporta però l'indefinita opponibilità del proposito abitativo, che tradirebbe la lettera e la ratio della norma di agevolazione, ed esige il riferimento a parametri di ragionevolezza e buona fede, correlati alle circostanze delle vicende di specie. Ne deriva che la dichiarazione del compratore sul proprio intento di abitare la casa può essere ab origine mendace, in presenza di fatti coevi che mostrino l'insussistenza del progetto abitativo o la sua inattuabilità fin dal momento in cui viene enunciato, come quando sia già in atto una diversa scelta sulla destinazione del bene, ma può essere inizialmente veritiera, per divenire poi mendace a seguito del sopraggiungere di fatti (prevedibili o meno all'epoca del contratto) che evidenzino l'abbandono dell'iniziale proposito, quale lo stabile trasferimento dell'abitazione in un altro immobile o la mancata acquisizione del godimento diretto del bene comprato dopo averlo liberato da persone e cose e dopo aver completato gli opportuni lavori, ovvero che evidenzino l'impossibilità di dare esecuzione al proposito medesimo, per evenienze che definitivamente ne elidano i presupposti (ad esempio, la distruzione dell'immobile o la sua inutilizzabilità a fini abitativi), o che ne dilazionino l'attuabilità oltre l'indicato limite di ragionevolezza (ad esempio, la presenza di diritti di godimento di terzi con scadenza non determinata o comunque eccedente da una logica aspettativa di prossimità). Il mendacio originario sul progetto abitativo è equiparabile alle altre ipotesi dinanzi considerate, implicando l'immediata insorgenza del potere dell'ufficio di disconoscere i benefici e richiedere l'ulteriore imposta dovuta (con gli accessori). Tale potere, invece, nel caso di mendacio per evento sopraggiunto, nasce e può essere esercitato solo dall'evento stesso, il cui verificarsi viene così a coincidere con il giorno iniziale della decadenza. L'individuazione nella singola controversia di detto giorno iniziale resta disciplinata, in assenza di previsioni derogative, dalle comuni norme sull'onere di allegazione e prova (art. 2697 cod. civ.). L'ufficio, potendo emettere l'avviso di liquidazione entro tre anni dall'inesecuzione o dall'ineseguibilità del progetto abitativo, deve dedurre, a corredo della tempestività della propria iniziativa (ove contestata), un fatto determinativo di quelle situazioni accaduto non oltre tre anni prima dell'avviso stesso. Il contribuente, il quale replichi assumendo l'estinzione della facoltà dell'ufficio di negargli i benefici per il pregresso maturare della decadenza, deve dimostrare l'anteriorità, rispetto ai triennio che precede l'atto, dell'evento che adduca come in effetti influente per il relativo decorso. Le difficoltà connesse all'accertamento in concreto della tempestività o meno dell'azione dell'ufficio non autorizzano una diversa soluzione. L'anticipazione del decorso della decadenza dell'ufficio ad un momento anteriore, rispetto al fatto che segna la perdita dei benefici fiscali, violerebbe la citata regola generale, secondo cui non è configurabile inattività del titolare di un potere fino a quando il potere stesso non possa essere esercitato. Se la decadenza fosse computabile dalla data della registrazione, o dalla data della richiesta della registrazione, anche nei casi di perdita del trattamento agevolato per eventi successivi, quale la dismissione o l'impossibilità sopravvenute del progetto abitativo, il termine triennale risulterebbe decurtato, od addirittura azzerato, quando il progetto del compratore legittimamente persista per tre anni. La posticipazione del decorso stesso, oltre la data del fatto implicante il venir meno dall'agevolazione, non può essere giustificata da considerazioni inerenti alla complessità di riscontri su aspetti della vita privata del contribuente, ostandovi la scelta del legislatore di fissare un termine ultimo per l'esercizio nel singolo rapporto del potere impositivo, sulla scorta di ragioni superiori e comunque prevalenti sull'eventuale onerosità delle indagini all'uopo necessarie. In conclusione, si deve affermare che l'avviso di liquidazione dell'imposta di registro con aliquota ordinaria e connessa soprattassa, a carico del compratore di un immobile ad uso abitativo che abbia indebitamente goduto in sede di registrazione del trattamento agevolato di cui all'art. 1 sesto comma della legge 22 aprile 1982 n. 168, è soggetto a termine triennale di decadenza, ai sensi e nel vigore dell'art. 74 secondo comma del d.P.R, 26 ottobre 1972 n. 634 (corrispondente all'art. 76 secondo comma del successivo d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), a partire dalla data in cui l'avviso stesso può essere emesso, e cioè dal giorno della registrazione, quando i benefici non spettino per la falsa dichiarazione nel contratto dell'indisponibilità di altro alloggio o della mancata fruizione in altra occasione dell'agevolazione, o per l'enunciazione nel contratto stesso di un proposito di utilizzare direttamente il bene a fini abitativi già smentito da circostanze in atto, oppure, quando detto enunciato proposito, inizialmente attuabile, sia successivamente rimasto ineseguito od ineseguibile, dal giorno nel quale si sia verificata quest'ultima situazione. Il principio comporta l'accoglimento del terzo motivo del ricorso del Rinonapoli, con l'assorbimento delle altre censure (logicamente subordinate), atteso che l'avviso in contestazione, secondo il contenuto acclarato in sede di merito (in linea del resto con le deduzioni svolte dall'Amministrazione finanziaria in replica alle tesi del contribuente), risulta emesso sulla base della non spettanza del trattamento agevolato per effetto d'inesecuzione ed ineseguibilità del progetto abitativo fin dal tempo dell'acquisto, essendo l'appartamento già durevolmente destinato al soddisfacimento di bisogni altrui, e, quindi, su un fatto che l'Ufficio del registro di Roma poteva dedurre a far tempo dalla registrazione e non ha dedotto nei tre anni seguenti. Il fondamento del ricorso sulla questione della decadenza esige, con la cassazione della sentenza della Commissione regionale, una conforme pronuncia di accoglimento della domanda del contribuente ed annullamento dell'atto impositivo con essa impugnato (art. 384 primo comma cod. proc. civ.). La presenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, e la complessità della problematica affrontata rendono equa l'integrale compensazione delle spese processuali. P.Q.M La Corte, a sezioni unite, accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i primi due motivi, cassa la sentenza impugnata, e, pronunciando nel merito, annulla l'avviso di liquidazione, con compensazione delle spese dell'intero giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione, il 6 ottobre 2000. Nota - In senso conforme cfr. Cass. 23 luglio 1999 n. 7947, Giur. imp. 2000, II, 117; nel senso della applicabilità della prescrizione decennale cfr. Cass. 21 maggio 1999 n. n. 4944, Giust. civ. 2000, I, 1111.