Cassazione civile, SEZIONE TRIBUTARIA, 7 luglio 2000, n. 9150 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE TRIBUTARIA Dott. Corrado CARNEVALE - Presidente -Dott. Giovanni PAOLINI - Consigliere -Dott. Eugenio AMARI - Consigliere -Dott. Antonio MERONE - Consigliere -Dott. Salvatore DI PALMA - Rel. Consigliere -ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende opelegis;- ricorrente - contro ANGELINI MARIO, PICCONI ANNA LUISA;- intimati -avverso la decisione n. 2687-97 della Commissione tributaria centrale di ROMA, depositata il 28-05-97;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del16-03-00 dal Consigliere Dott. Salvatore DI PALMA; udito il P.M. in persona del sostituto Procuratore Generale Dott. Dario CAFIERO che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Fatto - che, con avviso di liquidazione notificato il 25 marzo 1983, l'Ufficio del Registro di Montepulciano determinò, a carico di Mario Angelini ed Anna Maria Picconi le ordinarie imposte dovute (registro, trascrizione e catastale) in relazione all'acquisto di un immobile del 31 dicembre 1982, reg.to il 19 gennaio 1983, per intervenuta decadenza dai benefici previsti dalla legge n. 168 del 1982, in quanto l'immobile stesso, al momento dell'acquisto, era in corso di costruzione e non ultimato ai sensi dell'art. 13 della legge 2 luglio 1949 n. 408; - che i coniugi Angelini-Picconi, con ricorso in data 27 aprile 1983, impugnarono tale avviso dinanzi alla Commissione tributaria di I grado di Montepulciano, chiedendo il riconoscimento dei benefici loro negati; - che la Commissione adita, con decisione n. 130-83 del 7 novembre 1983, accolse il ricorso; - che tale decisione fu confermata dalla Commissione tributaria di II grado di Siena, con decisione n. 21-4 del 16 settembre 1985; - che, a seguito di ricorso dell'Ufficio, la Commissione tributaria centrale, con decisione n. 2687 del 28 maggio 1997, rigettò il gravame; - che la Commissione ha testualmente osservato quanto segue: "La legge 22 aprile 1982 n. 168, già nel suo titolo "misure fiscali per lo sviluppo dell'edilizia abitativa" anticipa la ratio del provvedimento che è di natura dinamica, volta cioè ad incoraggiare lo sviluppo dell'edilizia, prevedendo un incremento quantitativo delle costruzioni e della commercializzazione delle abitazioni, e non viceversa statica, come pretenderebbe l'Ufficio, diretta unicamente a legittimare al beneficio dell'agevolazione fiscale gli alloggi già ultimati. La legge....riferisce espressamente le concesse agevolazioni, per quanto riguarda le persone fisiche, all'acquisto di immobili 'da destinarè (non solo, quindi, già destinati) ad uso di abitazioni non di lusso. Si deve, pertanto, ritenere che all'atto del trasferimento debba sussistere la semplice presenza della possibilità di tale destinazione. In altri termini, se l'immobile è allo stato grezzo, al momento della richiesta del beneficio, la sua destinazione abitativa deve risultare potenziale e derivare anche solo dal fatto che strutturalmente esso è preordinato ad essere considerato come alloggio non di lusso. Ogni diversa interpretazione della legge significherebbe vanificarne la ratio che è, appunto, quella di favorire lo sviluppo e la commercializzazione di nuove unità abitative, oltre a quella, naturalmente, di aiutare i cittadini all'acquisto dell'alloggio"; - che, avverso tale decisione, il Ministro delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura; - che Mario Angelini ed Anna Maria Picconi, benché ritualmente intimati, non si sono costituiti, nè hanno svolto attività difensiva. Diritto - che, con l'unico motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione L. 168-82, art. 13 L. 408-49. Art. 360 n. 3 c.p.c."), il ricorrente critica la sentenza impugnata, ribadendo la tesi che il riconoscimento dei benefici di cui alla legge n. 168 del 1982 presuppone che l'immobile acquistato sia definitivamente realizzato; - che il ricorso deve essere respinto; - che la questione, sottoposta all'esame di questa Corte, consiste nello stabilire se l'acquirente di immobile "in corso di costruzione", da destinare ad abitazione "non di lusso", abbia diritto, o non, a fruire del regime agevolativo, prefigurato dall'art. 1 della legge 22 aprile 1982 n. 168 (Misure fiscali per lo sviluppo dell'edilizia abitativa), ai fini del pagamento dell'imposta di registro (e delle imposte ipotecaria e catastale); - che su tale questione si è già pronunciata, in senso favorevole alla spettanza dell'agevolazione, questa Corte con la sentenza n. 7259 del 1995; - che la risposta negativa al predetto quesito sarebbe fondata, ad avviso del ricorrente, sul duplice rilievo, secondo cui: a)- la "lettera" della legge ("destinati" ad abitazione) farebbe riferimento ad immobili già ultimati o realizzati; b)- una diversa interpretazione impedirebbe all'ufficio di verificare la sussistenza vuoi del requisito del carattere "non di lusso" dell'abitazione, vuoi di quello che la stessa sia effettivamente utilizzata come abitazione da parte dell'acquirente; - che deve, invece, essere confermato l'orientamento già espresso dal surrichiamato precedente, sulla base delle seguenti, ulteriori considerazioni: A)- Per quanto riguarda l'argomento sub a), sono da condividere integralmente le osservazioni svolte dalla sentenza n. 7259 del 1995, circa la non concludenza, di per se solo, dell'elemento letterale, tenuto anche conto che l'aggettivo "destinato", oltreché ad altri significati, può alludere anche all'assegnazione ad un fine o ad uno scopo futuri (che si realizzeranno in futuro); B) - Che, poi, il riferimento, contenuto nell'art. 1 comma 7 della legge n. 168 del 1982, all'art. 13 della legge 2 luglio 1949 n. 408 (Disposizioni per l'incremento delle costruzioni edilizie) attenga unicamente ai criteri per qualificare, siccome "di lusso" o non, l'immobile destinato ad abitazione, e che esso non possa essere invocato per fondarvi l'ulteriore requisito dell'ultimazione o dell'avvenuta realizzazione dell'abitazione, è dimostrato inequivocabilmente dalla disciplina del regime agevolativo dell'i.v.a., previsto per la cessione di abitazioni non di lusso operata dalle imprese: infatti, la formulazione del n. 21 della Parte II della Tabella A, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972 (cfr. art. 16 comma 2), dal 1985 (D.m. 28 febbraio 1985) - "fabbricati e porzioni di fabbricato di cui all'art. 13 della legge 2 luglio 1949 n. 408....ancorché non ultimati, purché permanga l'originaria destinazione, ceduti dalle imprese costruttrici" (aliquota del 2%) - fino ad oggi - "case di abitazione non di lusso di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969....ancorché non ultimate, purché permanga l'originaria destinazione", e purché sussistano tutte le altre condizioni, previste per l'ottenimento delle agevolazioni "prima casa" dalla nota II-bis all'art. 1 della Parte I della Tariffa, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 (aliquota del 4%; formulazione, quest'ultima, introdotta dall'art. 16 comma 4 del d.l. n. 155 del 1993, conv., con mod., nella legge n. 243 del 1993) - indica chiaramente che quel che conta, ai fini della fruizione del regime agevolativo dell'I.v.a., è che oggetto della cessione sia un'abitazione non di lusso, a prescindere dalla sua ultimazione. Ed allora - dal momento che, come ora visto, la fruizione del regime agevolativo dell'i.v.a. per l'acquisto della "prima casa" è subordinata alle medesime condizioni previste per fruire di quello relativo all'imposta di registro - diversamente opinando (argomentando, cioè, che, nell'ambito della disciplina dell'imposta di registro, non esiste, a differenza che in quello dell'i.v.a., un'esplicita previsione di applicabilità del regime agevolativo al caso di compravendita di abitazione non ultimata), si determinerebbe, in capo allo stesso acquirente, una disparità di trattamento tributario, fondata sull'unica circostanza dell'acquisto della "prima casa" da impresa ovvero da privato, che, in presenza di ogni altra condizione per ottenere l'agevolazione, è del tutto priva di ragionevole giustificazione. C) - Per quanto riguarda l'argomento - relativo ai pretesi - impedimenti" alla (successiva) verifica, da parte dell'ufficio, della (in)sussistenza dei requisiti del carattere di lusso dell'abitazione e della sua adibizione ad abitazione da parte dell'acquirente - è agevole constatarne l'infondatezza, se si tiene conto della struttura del meccanismo, prefigurato dalla legge n. 168 del 1982 (e dalle altre che si sono succedute nel tempo fino alla vigente formulazione dell'art. 1 e della nota II-bis all'art. 1 della Parte I della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, introdotta, rispettivamente, dall'art. 16 comma 1 del d.l. n. 155 del 1993 cit. e dall'art. 3 comma 131 della legge n. 549 del 1995; cfr. anche, per l'i.v.a., l'attuale formulazione del n. 21 della Parte II, della Tabella A allegata al d.P.R. n. 633 del 1972 cit.), che disciplina il regime agevolativo in questione: infatti, l'agevolazione è applicata dall'ufficio del registro, che liquida la relativa imposta principale, al momento della registrazione dell'atto, sulla base delle sole dichiarazioni in esso contenute da parte di chi ritiene di averne diritto (cfr. combinato disposto degli artt. 16 comma 1 e 54 comma 1 del d.P.R. n. 131 del 1986); l'accertamento (successivo, in forza degli strumenti, diretti ed indiretti, predisposti dalla legge), da parte dell'ufficio, della insussistenza del carattere non di lusso dell'abitazione (come di ogni altro requisito) determina la decadenza dall'agevolazione per "dichiarazione mendace" e l'applicazione dell'imposta (complementare) di registro nella misura ordinaria e delle altre conseguenze "sanzionatorie" previste dalla legge; - che non sussistono i presupposti per pronunciare sulle spese. P.Q.M Rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 16 aprile 2000