Cassazione civile, SEZIONE TRIBUTARIA, 28 giugno 2000, n. 8771 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE TRIBUTARIA Dott. Corrado CARNEVALE - Presidente -Dott. Giovanni PAOLINI - Rel. Consigliere -Dott. Eugenio AMARI - Consigliere -Dott. Antonio MERONE - Consigliere -Dott. Salvatore DI PALMA - Consigliere -ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore,domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - ricorrente -contro TORIEVA; - intimata -avverso la sentenza n. 102-97 della Commissione tributaria regionale di TORINO, depositata il 04-09-97;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del16-03-00 dal Consigliere Dott. Giovanni PAOLINI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Dario CAFIERO che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Fatto Francesco Manarini ed Eva Tori, con vendita tradotta in rogito notarile del 29 aprile 1993, comprarono in Cavour, dove avevano la loro residenza, un'unità immobiliare e, nell'atto integrante il titolo del così realizzato acquisto, al fine di ottenere, in relazione alla registrazione dell'atto medesimo, le agevolazioni previste dall'art. 1, comma 2, d.l. 23.1.1993 n. 16, come convertito nella L. 24.3.1993 n. 75, dichiararono di voler destinare l'alloggio comprato a propria abitazione principale e di non possedere nel comune suddetto altro idoneo alloggio. L'Ufficio del registro di Moncalieri, peraltro, con avviso di liquidazione n. art. 4653, revocò l'applicazione delle agevolazioni cennate fatta in sede di registrazione della discussa vendita sul rilievo che, alla data di questa, Francesco Manarini era stato proprietario di un fabbricato ad uso abitativo, da lui venduto qualche mese dopo l'acquisto in discussione, nel Comune di Bra. Il reclamo prodotto, à sensi degli artt. 15 e ss. d.p.r. 26.10.1972 n. 636, contro il provvedimento impositivo considerato dal Manarini e dalla Tori venne disatteso dalla Commissione tributaria di primo grado di Torino, all'epoca operante, con decisione n. 521-11-95. Sull'appello interposto avverso la decisione considerata da Eva Tori, anche nella qualità di erede di Francesco Manarini, deceduto nelle more del giudizio, la Commissione Tributaria regionale del Piemonte, con sentenza del 4 settembre 1997, accolto il gravame, e riformata la pronuncia del primo giudice, sanzionò il diritto dell'appellante di usufruire delle agevolazioni fiscali in argomento. La commissione tributaria regionale, dopo aver evidenziato che l'amministrazione finanziaria appellata aveva riconosciuto la spettanza dei discussi benefici alla Tori con riferimento alla quota dell'immobile in controversia da lei comprata in proprio, e che, perciò, al considerato riguardo, non sussisteva più ragione di contesa fra le parti, motivò la decisione osservando doversi ritenere che "il requisito della possidenza (di altro alloggio)" preclusivo dell'applicazione delle agevolazioni di cui trattasi "è riferito esclusivamente al Comune ove è situato l'immobile acquistato", e che riscontrabilità di tale requisito era da escludere nella fattispecie, essendo indiscutibile che il Manarini non era mai stato proprietario di altra abitazione nel Comune di Cavour, e, comunque, "aveva venduto anche l'alloggio che aveva in Bra, togliendo ogni dubbio di aver agevolazioni eventuali di prima casa". La commissione tributaria regionale soggiunse, altresì, che il Manarini "del resto aveva seguito in regime patrimoniale di comunione la procedura di cui all'atto notarile Tori", sicché "si ritiene che abbia gli stessi diritti in toto riconosciuti alla sig. Tori di esenzione". Il Ministero delle finanze ricorre, con un motivo, per la cassazione della surrichiamata sentenza di secondo grado, per quanto è dato sapere, non notificata. Eva Tori, cui il ricorso è stato notificato il 26 ottobre 1998, si è astenuta da ogni attività difensiva nella presente sede. Diritto Il Ministero delle finanze, con il motivo articolato per suffragare il ricorso, censura la sentenza nei termini illustrati resa dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte sulla fattispecie, denunciandola frutto di "violazione decreto-legge 16-93 come convertito con legge 75-93" e di "erroneità della motivazione su un punto decisivo della controversia": più specificamente, sulla premessa che "è pacifico in punto di fatto che all'atto dell'acquisto con atto del 29 aprile 1993 il signor Manarini Francesco fosse proprietario di un altro appartamento situato in Comune di Bra", deduce dover essere ravvisate errate le affermazioni poste a base della pronuncia impugnata, giusta le quali "le parti acquirenti avevano effettuato le dichiarazioni di rito secondo quanto disposto dalla normativa", e "comunque, il requisito della residenza sarebbe da riferirsi esclusivamente al Comune dove è situato l'immobile oggetto dell'acquisto"; puntualizza, al riguardo, innanzi tutto, essere infondato "affermare che la dichiarazione corretta fosse di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione nello stesso Comune", posto che, a suo dire, "la legge 24 marzo 1993 n. 75, nel convertire il decreto-legge 26 gennaio 1993 n. 16, ha modificato il requisito della non possidenza, facendo venir meno il riferimento al comune dove è situato l'immobile acquistato ed ha introdotto, altresì, la locuzione di idoneo all'abitazione"; soggiunge, pertanto, che in conseguenza di ciò "a decorrere dal 23 marzo 1993, data di entrata in vigore della... (citata) legge di conversione, per poter usufruire delle agevolazioni di cui trattasi, l'acquirente deve dichiarare, a pena di decadenza, di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione e quindi non solo nel comune di residenza ma ovunque", sicché, "poiché la parte ha reso in atto altra dichiarazione, l'operato dell'Ufficio è del tutto legittimo"; assume, in definitiva, che, alla stregua della "normativa dianzi richiamata, la pacifica circostanza di fatto connessa al possesso di altro immobile, sia pure in Comune diverso, è di per sé stessa ostativa alla concessione dell'agevolazione". La doglianza così formulata non è fondata. A) - La fattispecie ricade incontestabilmente, ed incontestatamente, nella sfera di operatività dell'art. 1, comma 2, L. 24.3.1993 n. 75, recante conversione, con modificazioni, del d.l. 23.1.1993 n. 16, che, ai fini dell'assoggettamento all'imposta di registro, prevede un regime agevolato per gli acquisti della c.d., "prima casa", o meglio della abitazione principale. B) - La norma considerata, per quanto interessa nel caso in argomento, subordina l'applicazione dell'agevolazione da essa prevista, sotto un profilo sostanziale, al fatto che chi si rende acquirente di una unità immobiliare da destinare a propria abitazione, principale, non risulti possessore di altro fabbricato o porzione di fabbricato idonei ad essere destinati all'uso cennato, e, sotto il profilo formale, all'inclusione nell'atto integrante il titolo del realizzato acquisto di una dichiarazione dell'acquirente medesimo attestante la preesistente impossidenza di un alloggio avente la detta caratteristica. C) - La p.a. ricorrente sostiene, in primo luogo, che, in contrasto con l'avviso manifestato al riguardo dal giudice del merito nella sentenza impugnata, l'applicabilità della agevolazione in discorso alla situazione controversa avrebbe dovuto, e dovrebbe, essere esclusa in ragione della circostanza, indiscussa, e positivamente ravvisata dalla sentenza contestata, che Francesco Manarini, coacquirente dell'immobile di cui è causa, ubicato nel Comune di Cavour, nel momento in cui pose in essere il negozio stato fonte dell'acquisto immobiliare in discussione, risultava proprietario di altro comune, quello di Bra, di un altro alloggio. La p.a. predetta, pertanto, con la deduzione considerata, accampa essere ineludibilmente preclusivo all'applicazione dell'agevolazione in discorso il possesso da parte dell'acquirente di un fabbricato da avere per convenientemente utilizzabile come abitazione in qualsiasi sito del territorio nazionale. L'assunto non è condivisibile. Ed invero, occorre osservare, in proposito, che, giusta quanto più sopra evidenziato, la normativa in questione prevede l'applicazione della agevolazione di cui trattasi anche a favore di chi acquisti un alloggio trovandosi nel possesso di altra casa che, per qualsiasi ragione, sociale o tecnica, sia riscontrabile inidonea, ossia in qualsiasi modo, inadeguata, ad esempio, per dimensioni, caratteristiche qualitative, ecc., a soddisfare le sue esigenze abitative. Stando così le cose, è da dire che non appare ragionevole escludere l'inidoneità, sotto l'aspetto che qui rileva, di un alloggio quando questo si trovi a notevole distanza dal luogo dove chi ne acquisti un altro abbia la residenza o il luogo di lavoro: diversamente opinando, infatti, si perverrebbe all'assurda conclusione che l'agevolazione in discorso sarebbe riconoscibile a chi, avendo la abitazione in un determinato centro, ne acquistasse in questo un'altra adducendo l'inettitudine di quella in precedenza occupata a soddisfare le sue esigenze abitative perché, sia pur di poco, sottodimensionata, e dovrebbe essere negata, viceversa, a chi, essendosi dovuto trasferire, ad esempio per cercare un lavoro, a centinaia di miglia dal luogo d'origine abbia quivi lasciato una qualsiasi abitazione (magari concretamente invendibile). Al contrario, in conformità con quanto statuito dalla sentenza impugnata, deve ritenersi che, di per sè, non osti all'applicazione della agevolazione in discussione la circostanza che l'acquirente di un alloggio determinato ad adibire il cespite acquistato a propria abitazione principale possa essere proprietario in un comune diverso da quello di ubicazione di detto cespite di un immobile omologo. Vale la pena di osservare, prima di concludere al considerato riguardo, che appare non condivisibile l'avviso manifestato, fra l'altro in assenza di un puntuale riferimento alla fattispecie esaminata, da Cass. Sez. I civ., sent. n. 11428 del 12.10.1999, secondo il quale l'agevolazione in argomento non potrebbe essere applicata nel caso di inidoneità sopravvenuta comportante la sostituzione dell'abitazione già posseduta con altra sita in altra città a seguito del mutamento del luogo di lavoro, fra l'altro, perché in tale ipotesi potrebbe pervenirsi ad una abnorme concessione reiterata dell'agevolazione medesima. Ed invero, una volta verificatesi le condizioni che, comunque, determinino l'inidoneità, oggettiva, dell'alloggio posseduto a soddisfare le esigenze abitative dell'occupante, sulla base della lettera della disposizione legislativa accertata applicabile alla situazione controversa, deve escludersi che possano esservi ragioni valide per negare a detto occupante il diritto di procurarsi, in regime tributario agevolato, una nuova, confacente, abitazione principale. D) - Come già evidenziato sub B), l'art. 1, comma 2, L. n. 75 del 1993, prec. cit. condiziona, a pena di decadenza, l'applicazione dell'agevolazione in argomento al fatto che "nell'atto di acquisto il compratore dichiari...... di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione...". La p.a. ricorrente, rifacendosi al dettato legislativo considerato, e con riferimento al fatto, incontroverso, e risultante accertato nella sentenza impugnata, che nel caso di cui trattasi, il Manarini, autore dell'odierna intimata, fece inserire nel rogito notarile integrante il titolo del suo acquisto di alloggio di cui è causa una dichiarazione con la quale si professò non possessore di altro alloggio idoneo ad abitazione nel comune di ubicazione dell'immobile comprato, deduce appalesarsi tale dichiarazione non corretta e, quindi, insuscettibile di legittimare l'obbligazione dell'agevolazione discussa, richiedendo, a suo dire, la norma che tale agevolazione contempla una professione di impossidenza svincolata da ogni riferimento territoriale, e doversi ritenere, perciò, che, "poiché la parte ha reso in atto altra dichiarazione", "l'operato dell'Ufficio (concretatosi nell'emissione dell'avviso di liquidazione di cui in narrativa, recante revoca dell'agevolazione in contesa) è del tutto legittimo". Neppure la tesi in discorso, che, per la verità, appare ispirata a vieto formalismo, è meritevole di ingresso. Tenuto conto, infatti, di quanto detto sub C) in ordine alla nozione di "inidoneità" dell'alloggio in precedenza posseduto, è da ritenere che la dichiarazione, effettivamente resa nella specie da Francesco Manarini, di non essere possessore di altro immobile idoneo ad abitazione nel comune di ubicazione del cespite acquistato, risulti di portata e significato in tutto equivalenti a quelli della dichiarazione normativamente prescritta: perciò, non può essere ravvisata viziata la declaratoria del giudice del merito che tale dichiarazione ha ritenuto suscettibile di legittimare l'applicazione della contestata agevolazione. E) - Conclusivamente, le censure mosse con il ricorso alla sentenza impugnata si dimostrano inaccoglibili, ed il gravame, di conseguenza, deve essere disatteso. Eva Tori, intimata, non ha svolto attività difensiva nella presente sede, e, quindi, non va provveduto su sue spese. P.Q.M La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta Sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 16 marzo 2000