Cassazione civile, SEZIONE II, 7 giugno 2000, n. 7720 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Gaetano GAROFALO - Presidente - Dott. Antonio VELLA - Consigliere - Dott. Rosario DE JULIO - Consigliere - Dott. Matteo IACUBINO - Rel. Consigliere - Dott. Olindo SCHETTINO - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MORELLI PERICLE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO CONFALONIERI 2, presso lo studio dell'avvocato DI GIROLAMO ALFREDO, che lo difende, giusta delega in atti; - ricorrente - contro PICCHIONI GIANCARLO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO VALESIO 1, presso lo studio dell'avvocato PACE EUGENIO, che lo difende, giusta delega in atti; - controricorrente - avverso la sentenza n. 3579-96 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 13-11-96; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14-12-99 dal Consigliere Dott. Matteo IACUBINO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Libertino Alberto RUSSO che ha concluso per il rigetto del ricorso. Fatto Con atto di citazione, notificato il 10 agosto 1984, Giancarlo Picchioni esponeva che: - era proprietario di un lotto di terreno sito nel Comune di Riano - località Monte Porcino - confinante con altro lotto di terreno della superficie di are 19 e centiare 10 da lui venduto a Pericle Morelli con atto per notaio Bellucci del 12 novembre 1978; - il Morelli, nel recintare il terreno acquistato, aveva eretto un muro appropriandosi di una striscia di terreno di 340 mq. E su di essa aveva costruito il viale di accesso alla propria abitazione nonché un locale adibito ad autorimessa. Ciò premesso, conveniva il Morelli davanti al Tribunale di Roma per sentirlo condannare alla restituzione della indicata porzione di terreno, al ripristino del confine entro il limite del lotto acquistato, alla demolizione delle opere costruite sull'area di sconfinamento ed al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede. Il Morelli, costituitosi, contestava la fondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto. Deduceva che: - egli aveva acquistato dal Picchioni, con l'atto pubblico richiamato dall'attore, - il lotto di terreno nella consistenza risultante dal certificato dell'U.T.E. e dal tipo di frazionamento approvato dalle parti ed allegate al suddetto atto; - con scrittura privata, redatta contestualmente all'atto pubblico di vendita, egli ed il Picchioni avevano concordato che la porzione di terreno doveva essere di mq. 2000 (invece che di mq. 1910 come risultante da tale atto) e che la linea di confine tra i due lotti, determinata con il frazionamento, doveva essere spostata di un metro per tutta la lunghezza del fronte verso la residua proprietà del Picchioni; - con il consenso dello stesso, egli aveva realizzato a proprie spese lungo la suddetta nuova linea di confine, conforme all'accordo raggiunto con la scrittura privata, un muro di recinzione avente anche funzione di contenimento; - dalle misurazioni eseguite era risultato, che egli non possedeva più dei 2000 mq. acquistati; - il Picchioni non gli aveva rimborsato la parte delle spese di costruzione del muro in violazione degli artt. 886 e 887 c.c. Chiedeva, pertanto, il rigetto delle domande non sussistendo il preteso sconfinamento ed essendo, peraltro, prescritto ai sensi dell'art. 1541 c.c. ogni eventuale diritto del Picchioni ad un supplemento di prezzo; in via riconvenzionale, chiedeva la condanna dello stesso al rimborso delle spese occorse per la costruzione del muro. Il Tribunale adito, con sentenza del 9 marzo - 9 ottobre 1993: 1) dichiarava che il confine era oltre il muro eretto dal Morelli, lungo mt. 90 circa e largo cm. 28 e, per l'effetto, condannava quest'ultimo a restituire al Picchioni mq. 159 di terreno; 2) condannava, inoltre, il Morelli ad abbattere tale muro, a ridurre di mt. 1,50 il viale di accesso al suo fabbricato e a demolire i due terzi del manufatto in muratura destinato ad autorimessa, un lato del quale era stato realizzato sopraelevando il muro di confine; 3) condannava, infine, il Morelli a risarcire al Picchioni i danni da liquidarsi in separata sede ed a rimborsargli le spese di lite. Avverso la sentenza proponeva appello il Morelli avanti la Corte di Roma. Resisteva il Picchioni che proponeva appello incidentale. Entrambi i gravami venivano, con sentenza depositata il 13 novembre 1996, rigettati ad eccezione del terzo motivo dell'appello principale, accolto nel senso di una puntualizzazione della zona di arretramento del confine a carico del Morelli (mq. 1591, con abbattimento di quanto sulla stessa costruito). Spese di entrambi i gradi per 1-4 compensate e per il resto a carico del Morelli. Impugna tale decisione quest'ultimo con ricorso per cassazione fondato su due motivi. Resiste con controricorso Picchioni Giancarlo. Diritto Con il primo motivo di ricorso il Morelli, ribadita l'importanza dell'indagine peritale in una fattispecie del genere (fatto integrativo di vendita già perfezionata, importante modifica della situazione di fatto) eccepisce la nullità della consulenza di ufficio per difetto di contraddittorio, con violazione degli artt. 90 e 92 d. att. c.p.c., 195 co. 2 c.p.c. Assume che, pur essendosi il tecnico, dopo i rilievi topografici e planimetrici, riservato di discutere tali risultanze con i tecnici di parte, questi non furono più da lui sentiti. La censura è infondata. Le norme invocate non prescrivono un consulto del C.T.U. con i tecnici di parte prima della stesura della relazione, ma facultano questi ultimi a fare osservazioni, scritte od orali, sull'andamento delle operazioni (rilievi): v. art. 195 co. 2 c.p.c. Quel che importa, ai fini del contraddittorio, è l'avviso di inizio di quelle operazioni (a. 90 d. att.), ma nella specie non è di questo che si duole il ricorrente, bensì di una mancata audizione del suo consulente dopo le operazioni e prima del deposito della relazione di C.T.U.. Nulla significa che il tecnico abbia prospettato l'eventualità di una tal convocazione, una volta ritenuto che essa non era prescritta ai fini della ritualità del contraddittorio. Nulla impediva ai consulenti di parte di intervenire con le loro osservazioni ed istanze, prima e-o dopo il deposito della relazione peritale d'ufficio. Con il secondo mezzo di ricorso, ove si denuncia il vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. (motivazione contraddittoria ed illogica), il ricorrente deduce che nella specie era stata effettuata una vendita a corpo e non a misura, come era dimostrato dalla costruzione - dopo il contratto del muro di confine (incriminato) con il consenso del Picchioni, che non aveva contestato in giudizio tale circostanza. Peraltro la sentenza impugnata non si esprimeva in termini di certezza circa l'oggetto della vendita e, nel dispositivo, indicava la zona di arretramento in metri quadri anziché in metri lineari. Anche questo motivo, in tutte le sue articolazioni, non può essere accolto. Occorre premettere che nella vendita "a corpo" (a. 1538 c.civ., del quale peraltro il ricorrente non denuncia violazione) l'irrilevanza della estensione del fondo vale soltanto in relazione alla determinazione del prezzo ex art. 1537 (ma nei limiti dello stesso art. 1538 co. 1 c.civ.), non però ai fini della estensione del fondo (nella specie addirittura precisata e ponderata con scrittura privata integrativa del coevo atto pubblico di vendita: v. pag. 12-13 s.i., ove è riportato il testo di tale scrittura). Tanto è stato già detto dal giudice dell'appello, con motivazione che il ricorrente non censura, rendendo così inammissibile per genericità la sua impugnazione (v. pag. 10 fine e pag. 11 s.i.). Nel senso che sopra questa Corte si è ripetutamente espressa (ex plurimis v. sentenza 30.3.1987 n. 3042). Resta con questo assorbita la questione circa preteso consenso del Picchioni alla costruzione del muro incriminato. Non risponde a verità, poi, che vi sia incertezza nella motivazione della s.i. circa l'individuazione dell'oggetto della vendita, posto che il convincimento del giudice è tratto dal testo puntuale di una scrittura privata e dalle corrispondenti misurazioni - riferite in termini di certezza - eseguite dal C.T.U. Inequivoca altresì è la parte dispositiva, che va correlata con quella motiva della s.i. (v. pag. 17, penult. capov.). Se l'arretramento deve avvenire lungo "l'intera linea di confine", i metri lineari sono dati dalla lunghezza di tale linea, sicché è frutto di semplice operazione matematica il calcolo dei metri l. dell'altro lato del rettangolo che occorre per raggiungere i metri quadri 159 voluti dalla sentenza. Per le svolte considerazioni il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente alle ulteriori spese di questo giudizio (a. 385 c.p.c.), da liquidare come in dispositivo a favore della parte vittoriosa. P.Q.M La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del resistente, delle spese di questo giudizio che si liquidano in L. 2.000.000 per onorari difensivi ed in L. 125.800 per esborsi. Così deciso in Roma il 14 dicembre 1999. Nota Redazionale - In senso conforme cfr. Cass. 30 marzo 1987 n. 3042.