Cass_6_8_99_8479 Cassazione civile, SEZIONE II, 6 agosto 1999, n. 8479 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dai Sigg.ri Magistrati:Dott. FRANCO PONTORIERI Presidente Dott. UGO RIGGIO Consigliere rel. Dott. CARLO CIOFFI Consigliere Dott. GIOVANNI SETTIMJ Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: POVIA MICHELE, elettivamente domiciliato in Roma, via Campo Marzio n.69, presso l'avv. Vinicio d'Alessandro, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti; Ricorrente principale contro FALLIMENTO della IN.IM.. s.r.l. (già INIZIATIVE IMMOBILIARI s.p.a.),in persona del Curatore, elettivamente domiciliato in Roma, al Largo Trionfale n. 7, presso l'avv. Nicolino Stella, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti; Controricorrente e ricorrente incidentale nonché CONDOMINIO VILLAGGIO CLUB LE BOUNGAVILLEE Intimato avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma del 14 luglio 1995.Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5febbraio 1999 dal Relatore Cons. dott. Ugo Riggio; Udito l'avv. Nicolino Stella; Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Massimo Fedeli, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di quello incidentale. Fatto Con citazione del 10 settembre 1984 la S.p.a. Iniziative Immobiliari - IN.IM.. - conveniva dinanzi al Tribunale di Roma il condominio del Villaggio Club Le Bouganvillee, esponendo di avere venduto alla s.r.l. Colle Verde, con tre distinti atti stipulati nel 1968 e nel 1969, altrettanti lotti di terreno in località Nuova California di Tor S. Lorenzo del Comune di Ardea. Su tali lotti la società acquirente aveva realizzato tre edifici, alienando a terzi gli immobili costruiti e la quota parte dei beni comuni, ed i proprietari degli immobili si erano costituiti nel condominio Le Bouganvillee, che aveva occupato, coltivandola a prato ed impiantandovi tubazioni di irrigazione, una striscia di terreno di proprietà di essa esponente, estesa mq. 5.159. Pertanto la IN.IM. chiedeva che fosse riconosciuto il suo diritto di proprietà su tale striscia di terreno, ed il condominio condannato alla restituzione e rimessa pristino della stessa, oltre al risarcimento dei danni. Costituendosi il condominio non contestava il fondamento della domanda e, con verbale in data 30 ottobre 1985, sulla base di due precedenti delibere, restituiva il terreno all'attrice. Interveniva tuttavia in causa il condomino Michele Povia il quale, producendo atto di dissenso dalla delibera del 7 luglio 1985, confermativa di altra delibera del 29 dicembre 1984, ed il regolamento di condominio, dal quale risultava che il terreno rivendicato dalla IN.IM. era stato costituito in bene condominiale, chiedeva che lo stesso fosse dichiarato di proprietà condominiale e, in via subordinata, che ne fosse dichiarato l'avvenuto acquisto per usucapione abbreviata, in presenza di titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà e di possesso ultradecennale ininterrotto. Successivamente produceva sentenza n. 6131-1987 del Tribunale di Roma che aveva dichiarato la nullità della delibera condominiale del 23 dicembre 1984 relativamente al punto riguardante la proprietà della striscia di terreno. In seguito lo stesso Povia riassumeva la causa, che era stata dichiarata interrotta per il fallimento della società IN.IM., per la quale si costituiva il curatore fallimentare, chiedendo che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere tra la società fallita ed il condominio. Con sentenza n. 12187-91 il tribunale respingeva la domanda della IN.IM.. ed accoglieva quella del l'intervenuto, dichiarando di proprietà condominiale la striscia di terreno in contestazione, in quanto acquisita per usucapione decennale. A seguito di impugnazione della curatela fallimentare la Corte di appello di Roma, con sentenza del 14 luglio 1995, riformava la decisione e dichiarava l'inammissibilità dell'intervento del Povia per carenza di interesse ad agire e la cessazione della materia del contendere tra il fallimento della IN.IM.. ed il condominio. Rilevava il giudice di appello che il Povia era certamente legittimato, ai sensi dell'art. 1105 c.c., a difendere la proprietà condominiale contro l'azione di rivendicazione esercitata dalla IN.IM.., ma solo se non vi fosse stata una contraria volontà della assemblea dei condomini. Infatti, essendo le delibere assembleari obbligatorie per ogni partecipante alla comunione, il Povia aveva l'onere, per legittimare il proprio intervento, di impugnare quelle del 29 dicembre 1984 e del 7 luglio 1985 con le quali (in particolare con la seconda) era stato deciso di abbandonare la lite contro l'IN.IM.. e di riconsegnare il terreno. Invece, sebbene il Povia avesse notificato al condominio, il 23 agosto 1985, un atto di dissenso dalla delibera del 7 luglio 1985, così preannunciando il proprio intento di intervenire nella causa per tutelare il proprio diritto di comproprietà del terreno, ciò non era sufficiente ad invalidare la delibera, dovendola impugnare, per rimuoverne gli effetti, chiamando in causa anche l'IN.IM., ai fini della opponibilità del giudicato a detta società. Era quindi senza effetto, per mancanza di contraddittorio necessario, la sentenza n. 6131-87 del Tribunale di Roma, pronunciata tra lui ed il condominio, che dichiarava la nullità della delibera condominiale del 29 dicembre 1984 relativamente alla gestione della vertenza con la società IN.IM.., alla quale quest'ultima non aveva partecipato. Inoltre il Povia non aveva impugnato la delibera successiva, del 7 luglio 1985, che aveva un contenuto più esplicito circa l'abbandono della lite e la restituzione del terreno. Ha chiesto la cassazione di tale sentenza il Povia, illustrando un unico ampio ed articolato motivo. Il fallimento della IN.IM.. s.r.l. (già Iniziative Immobiliari s.p.a.), nella persona del curatore, resiste con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale fondato su due motivi. Il condominio non ha svolto attività difensiva. Diritto Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi, in quanto proposti avverso la stessa sentenza. Denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 2697, 1102 comma 2 , 1105, 1108 comma 3 , 1119, 1130, 1132, 1133, 1135, 1136, 1137 c.c., nonché degli artt. 100, 105, 113, 115, 116, 324, 326, 327, 329, 330, 331, 332, 337, 350 e 359 c.p.c. e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, il ricorrente principale sostiene che la corte romana avrebbe errato nel ritenere inammissibile il suo intervento in causa per carenza di interesse ad agire, non avendo in tal modo considerato che il comproprietario di un bene immobile può agire per la tutela sia della propria quota che dell'intero, per cui può non solo intervenire volontariamente, ma anche agire autonomamente contro tutte le altre parti in causa, tanto più che nella specie il condominio, essendo un ente di gestione, non era legittimato processualmente. Con tale decisione la corte aveva inoltre ritenuto erroneamente che la IN.IM.. avrebbe dovuto partecipare al giudizio avente ad oggetto l'impugnazione delle delibere assembleari, mentre tale società, quale terzo estraneo al condominio, non poteva partecipare a tale processo, non avendo titolo a partecipare all'assemblea condominiale. La corte di appello aveva poi erroneamente ritenuto che il Povia avesse impugnato solo la deliberazione del 29 dicembre 1984 e non anche quella del 7 luglio 1985, pur essendo pacifico che egli le aveva ambe, tanto che il tribunale di Roma ne aveva dichiarato la nullità con sentenza n. 6233 del 1996. La stessa corte aveva inoltre disatteso la sua eccezione circa la formazione del giudicato parziale sulla sentenza di primo grado (non essendovi stato appello sulla decisione relativa all'azione possessoria), in base all'erroneo rilievo che non poteva esistere giudicato sul punto poiché il provvedimento possessorio, sebbene confermato dalla sentenza, ha per sua funzione carattere meramente interinale ed è perciò destinato a perdere gli effetti autonomi a seguito della pronuncia petitoria, nella quale rimane assorbito. Peraltro, secondo il ricorrente, si sarebbe formato il (giudicato interno anche relativamente all'intervenuta usucapione abbreviata del terreno da parte del condominio, ritenuta dal tribunale e non fatta oggetto di impugnazione in grado di appello. Tali doglianze risultano in buona parte fondate, per cui il ricorso del Povia deve essere accolto. La corte di merito, infatti, con la decisione impugnata ha completamente obliterato il costante e consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il condomino di un edificio conserva il potere di agire a difesa non solo dei suoi diritti di proprietario esclusivo, ma anche dei suoi diritti di comproprietario pro quota delle parti comuni, con la possibilità di ricorrere all'autorità giudiziaria nel caso di in inerzia dell'amministrazione del condominio, a norma dell'art. 1105 c.c., dettato in materia di comunione, ma applicabile anche al condominio degli edifici per il i invio posto dall'art. 1139 c.c. In particolare è stato rilevato che il singolo condomino ha anche il potere di intervenire nel giudizio in cui la difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni sia stata già assunta legittimamente dall'amministratore, nonché di esperire i mezzi di impugnazione necessari ad evitare gli effetti sfavorevoli della pronuncia resa nei confronti di tale organo rappresentativo unitario (cfr.: Cass. Sez. II, 11 gennaio 1979 n. 202). Logico corollario di tali principi è quello che il singolo condomino può promuovere le azioni (o resistere alle azioni da altri proposte) a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota anche allorquando gli altri condomini non intendano agire o resistere in giudizio, avendo tale suo potere carattere autonomo. Nel caso di specie, le deliberazioni condominiali del 29 dicembre 1984 e del 7 luglio 1985, con le quali era stato deciso di abbandonare la controversia contro la società IN.IM. e di consegnare il terreno in contestazione alla stessa, riconoscendone il diritto di proprietà, non erano comunque vincolanti per il Povia in quanto, avendo le stesse ad oggetto atti di disposizione dei diritti su di una parte comune, la toro approvazione era subordinata alla approvazione di tutti i condomini (art. 1108, comma 3 , c.c.). Peraltro il Povia aveva anche impugnato entrambe tali deliberazioni (e non una sola, come erroneamente affermato dalla corte di appello), e le relative decisioni, con le quali il tribunale aveva annullato dette delibere condominiali, erano pienamente efficaci, non sussistendo il litisconsorzio necessario della società IN.IM., che non doveva nè poteva essere parte in tali giudizi, riguardanti esclusivamente i rapporti tra i condomini, oltre che la validità delle assemblee condominiali. Infine, per quanto riguarda la tesi del giudicato interno relativo all'usucapione decennale del terreno in contestazione da parte del condominio, ritenuta dalla sentenza di primo grado, la stessa pone un problema che la corte di appello non ha avuto modo di affrontare, essendosi fermata alla questione pregiudiziale dell'ammissibilità dell'intervento del Povia, risolta negativamente. La soluzione di tale problema va quindi rimessa al giudice di rinvio. Con il primo motivo del ricorso incidentale il fallimento della IN.IM.. denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1170, 1102 e 2697 c.c. ed il difetto di motivazione, lamentando che i vizi del provvedimento possessorio, evidenziati con l'atto di appello, siano stati in parte disattesi ed in parte considerati assorbiti dalla corte di merito. La corte avrebbe ritenuta la tempestività della domanda, per non essere trascorso l'anno dallo spoglio, mentre l'anno dall'asserita turbativa era in realtà trascorso, poiché nel caso di successione di più atti di molestia, se gli stessi sono legati da un rapporto di casualità, il termine decorre dal primo atto. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 167, 183, 2907, 1108 e 1159 c.c. ed il difetto di motivazione, evidenziando una serie di errori commessi dal tribunale allorché aveva accolto la domanda del Povia, definendola riconvenzionale, e dichiarando il condominio convenuto proprietario per usucapione abbreviata del terreno in questione. Il suddetto ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile. Il primo motivo, infatti, riguarda pretesi vizi del provvedimento possessorio reso tra le stesse parti nel corso del giudizio, ma che risulta ormai superato dalla decisione sul merito. Ciò è stato correttamente evidenziato anche dalla sentenza impugnata che ha rilevato in proposito (pag. 12) che il provvedimento possessorio, ancorché confermato dalla sentenza, ha per sua funzione... carattere meramente interinale ed è destinato perciò a perdere gli effetti autonomi con la pronuncia petitoria nella quale rimane assorbito. Il secondo motivo, poi, espone una serie di censure nei confronti della sentenza di primo grado, senza nulla osservare in merito alla sentenza della corte di appello, per cui non può essere neppure preso in considerazione. In definitiva, per effetto dell'accoglimento del ricorso principale la impugnata sentenza deve essere cassata, con rinvio - anche per i provvedimenti relativi alle spese del presente giudizio ad altra sezione della stessa corte di appello, che deciderà la controversia conformandosi ai principi innanzi enunciati. P.Q.M riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 febbraio 1999. Nota - Cfr., Cass. 12 marzo 1994 n. 2393, Arch. locaz., 1994, 542; Giust. civ., 1994, I, 3159, con nota di M. De Tilla.