Cass_5_11_98_11118 Cassazione civile, SEZIONE II, 5 novembre 1998, n. 11118 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE II CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati: Dott. Gaetano GAROFALO Presidente Dott. Mario SPADONE Rel. Consigliere Dott. Ugo RIGGIO Consigliere Dott. Alfredo MENSITIERI Consigliere Dott. Antonino ELEFANTE Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da:SURGELFRIGO S.N.C. DI GIUSEPPE TRASFORINI & C. in liquidazione, in persona del liquidatore Giuseppe Trasforini, e C.E.C.M.I. COMPAGNIAESTENSE COSTR. MONTAGGI IMPIANTI S.N.C. di LINO TRASFORINI e C., elettivamente domiciliati in ROMA LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell'avvocato ARTURO MARESCA, che li difende unitamente agli avvocati ISABELLA BECCARIA, e FULVIO FERRARIS, giusta delega inatti; - ricorrenti -contro COMTURA S.R.L. IN LIQ. in persona del legale rapp.te pro tempore- intimata -avverso la sentenza n 2718-95 della Corte d'Appello di MILANO, depositata il 26-09-95; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del26-03-98 dal Consigliere Dott. Mario SPADONE; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Raffaele PALMIERI che ha concluso per il rigetto del primo motivo, l'accoglimento del secondo motivo. Fatto Con atto del 9.2.1988 la Compagnia Estense Costr. Montaggi Impianti (C.E.C.M.I.) s.n.c. di Lino Trasforini e C. e la SUGELFRIGO s.n.c. di Giuseppe Trasforini e C. convenivano dinanzi il Tribunale di Milano la COMTURA s.r.l. esponendo che nel febbraio 1986 la prima aveva incaricato la seconda di acquistare dalla convenuta materiali (flange) da impiegare in un separatore di ammoniaca a sua volta parte di un impianto di refrigerazione; i materiali, indicati nella fattura 10.4.1986 n. 67 intestata alla SUGELFRIGO erano stati consegnati alla C.E.C.M.I.; poiché presentavano difetti che li rendevano inutilizzabili e la COMTURA, pur avendoli riconosciuti non aveva inteso riparare al proprio inadempimento chiedevano la C.E.C.M.I. e la SUGELFRIGO la risoluzione del contratto quale risultava dall'ordine n. 95 del 5-6 marzo 1986 e il risarcimento dei danni. La convenuta resisteva alla domanda eccependo il difetto di legittimazione attiva della C.E.C.M.I.; la decadenza delle attrici dall'azione di garanzia; in via riconvenzionale chiedeva il pagamento della somma di lire 2.123.056 dovutole per la fornitura. Espletata una prova testimoniale, con sentenza 12.3.1992 il Tribunale accoglieva soltanto la domanda principale; dichiarava la risoluzione del contratto e condannava la COMTURA al risarcimento dei danni con liquidazione in separato giudizio e alle spese. Proponeva impugnazione la soccombente lamentando che la C.E.C.M.I. non poteva ritenersi legittimata all'azione di risoluzione essendo riconducibili al mandato senza rappresentanza i suoi rapporti con la SUGELFRIGO; che la prova del suo inadempimento non risultava dai documenti prodotti; doveva accogliersi, conseguentemente, la riconvenzionale proposta. Resistevano la C.E.C.M.I. e la SUGELFRIGO; con sentenza 26.9.1995 la Corte d'Appello di Milano, accogliendo l'impugnazione, dichiarava il difetto di legittimazione attiva della C.E.C.M.I.; rigettava la domanda della SUGELFRIGO; accoglieva quella della COMTURA; condannava la prima al pagamento in favore di quest'ultima della somma di lire 2.123.056 ed entrambe le società attrici, in solido, alle spese. Osservava la Corte che la C.E.C.M.I. solo nella lettera 26.5.1984 dell'avv. Fulvio Ferraris alla COMTURA era stata indicata quale soggetto interessato alla composizione della lite fra detta società e la SUGELFRIGO; che per l'art. 1705 2 comma c.c. la C.E.C.M.I. avrebbe potuto agire unicamente in sostituzione della SUGELFRIGO; che pur avendo la COMTURA consegnato flange di qualità diversa da quella ordinata l'utilizzazione fattane dalla SUGELFRIGO ne aveva determinato l'inservibilità precludendole ex art. 1492 3 comma c.c. l'azione di risoluzione; fondata era pertanto la riconvenzionale della COMTURA. Avverso la sentenza, notificata il 10.11.1995, hanno proposto ricorso con atto del 9.1.1996 e con due motivi di censura la SUGELFRIGO s.n.c. di Giuseppe Trasforini e C. in liquidazione e la Compagnia Estense costruzioni Montaggi Impianti (CECMI) s.n.c. di Lino Trasforini e C.; la COMTURA s.r.l. non ha svolto difese. Diritto Con il primo motivo denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1705 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. le ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata, affermando, senza prendere posizione sull'oggetto delle rispettive azioni, che la C.E.C.M.I. avrebbe potuto agire in sostituzione ma non in aggiunta alla SUGELFRIGO, non ha considerato che diverse erano le pretese fatte valere; la C.E.C.M.I. aveva proposto una domanda risarcitoria; la SUGELFRIGO una domanda di accertamento dell'inadempienza della COMTURA al fine di un esonero da responsabilità verso la società mandante. Non poteva quindi configurarsi duplicazione della stessa domanda in quanto la prima era di risarcimento del danno, la seconda di risoluzione e andava affrontata la questione dei diritti tutelabili con l'art. 1705 c.c. sulla quale sono a tutt'oggi intervenute due pronunce contrastanti, la prima estensiva, Cass. n. 2504-1955; la seconda, limitativa, Cass. n. 2877-1976. Il motivo è infondato. Con l'atto di citazione 9.2.1988 entrambe le società ricorrenti avevano chiesto la risoluzione del contratto concluso dalla SUGELFRIGO risultante dalla fattura n. 86 del 10.4.1986 e il risarcimento dei danni; la sentenza impugnata non ha quindi confuso le rispettive pretese ed ha correttamente negato la legittimazione della mandante CECMI all'azione di risoluzione contrattuale. Il mandato senza rappresentanza ipotizza un tipico caso di interposizione reale di persona per cui il negozio nei rapporti del terzo contraente ricade esclusivamente nella sfera giuridica del mandatario e nessun rapporto si costituisce tra mandante e terzo. La disposizione del secondo comma - prima parte dell'art. 1705 c.c. introduce, per ragioni di tutela dell'interesse del mandante, una eccezione al fondamentale principio di cui sopra enunciato nel primo comma dell'articolo per il quale il mandatario che agisce in nome proprio acquista i diritti ed assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato, consentendo al mandante di esercitare i diritti di credito derivanti al mandatario dall'esecuzione del mandato. Deve trattarsi di diritti che scaturiscono direttamente dal rapporto obbligatorio posto in essere dal mandatario nell'esplicazione dell'attività per conto del mandante; questi può agire contro il terzo in sostituzione del mandatario esclusivamente per esercitare tali diritti e cioè per conseguire il soddisfacimento dei crediti sorti a favore del mandatario in dipendenza delle obbligazioni assunte dal terzo con la conclusione del contratto. La natura eccezionale della norma, le finalità di tutela del mandante, l'inequivocità della espressione "diritti di credito derivanti dall'esercizio del mandato" inducono ad escludere, al di fuori dell'azione diretta al soddisfacimento di detti crediti, che il mandante possa esperire contro il terzo le azioni da contratto e, in particolare, com'è avvenuto nella specie, quelle di risoluzione per inadempimento e di risarcimento dei danni; opinando diversamente la regola generale sancita dallo stesso articolo 1705 c.c. resterebbe svuotata di contenuto. Si condivide, in definitiva, sui limiti della legittimazione del mandante l'orientamento prevalente di questa Corte espresso nelle sentenze 20.7.1976 n. 2877; 10.7.1974 n. 2039 e, indirettamente, in quelle 24.2.1993 n. 2278; 6.4.1977 n. 1323; 10.5.1965 n. 879; 9.11.1964 n. 2714; 4.10.1955 n. 2793. Quello minoritario (sentenze 2.8.1955 n. 2504; 17.9.1947 n. 1572) è meno recente mentre la pronunzia 4.6.1980 n. 3626 riguarda un'ipotesi in parte diversa attenendo ad un'azione intesa a negare la proroga legale di un contratto di locazione proposta dal mandante con l'espressa adesione del mandatario. Con il secondo motivo denunciando insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.) le ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata escludendo l'inadempimento della COMTURA ha frainteso le risultanze di alcuni documenti; in particolare, ha confuso il telex n. 147-86 del 2 aprile 1986 di denunzia dei vizi che riguardava una precedente fornitura del 20 marzo 1986 con quello n. 21051-86 del 6.5.1986 relativo al materiale per cui vi è controversia; ha ritenuto smentite dal documento indicato le testimonianze Bergonzini e Pavanelli circa l'impossibilità di scoprire a vista che i materiali forniti erano diversi; ha ritenuto che la SUGELFRIGO dovesse conoscere i difetti non considerando che il materiale era stato utilizzato dalla CECMI; non ha considerato che la discrepanza fra quanto ordinato e quanto consegnato era stata scoperta solo alla ricezione dei certificati tecnici il 6.5.1986 e denunciata lo stesso giorno a flange (consegnate il 10-11 aprile 1986) montate sull'impianto e a collaudo non ancora avvenuto. Il motivo è fondato. L'erroneo richiamo nella sentenza impugnata per la denunzia dei vizi al telex n. 147 del 2.4.1986 anziché a quello successivo n. 21051-86 del 6.5.1986 avendo ad oggetto altri rapporti ha fuorviato la decisione della corte di merito con riguardo sia alla natura dei vizi del materiale fornito e alla loro possibilità di immediata scoperta, sia all'utilizzazione che la CECMI ne avrebbe fatto con conseguente preclusione per la SUGELFRIGO dell'azione di risoluzione contrattuale. La sentenza dev'essere pertanto cassata con rinvio per nuovo esame di tale punto della controversia ad altra sezione della stessa Corte d'Appello che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo; cassa e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano. Roma 26.3.1998 Nota - In senso conforme, Cass. 20 luglio 1996 n. 2877, Foro it., 1977, I, 691; contra, Cass. 4 giugno 1980 n. 3626.