Cassazione civile, SEZIONE II, 30 agosto 2000, n. 11452 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill. mi Sigg. ri Magistrati: Dott. Vincenzo BALDASSARRE - Presidente -Dott. Franco PONTORIERI - Consigliere - Dott. Rafaele CORONA - Consigliere - Dott. Giovanni SETTIMJ - Consigliere - Dott. Vincenzo MAZZACANE - Rel. Consigliere -ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: AGRITALZOO S. r. l. AGRICOLA ITALIANA ALLEVAMENTI ZOOTECNICI, in persona dell'amm. re Unico Rag. TORRESAN GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA U. BOCCIONI 4, presso lo studio dell'avvocato SMIROLDO ANTONINO, che lo difende unitamente all'avvocato GHEZZIUMBERTO, giusta delega in atti; - ricorrente –contro AZIENDA AGRICOLA F. LLI ARRIGONI DI ARRIGONI ENRICO & C. - intimato -e sul 2 ricorso n 02524-98 proposto da: AZIENDA AGRICOLA ARRIGONI in persona del suo legale rapp. te p. t. Sig. ARRIGONI ENRICO, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE MAZZINI 140,presso lo studio dell'avvocato SALIS SOTERO, che lo difende unitamente all'avvocato BELLINI CARLO, giusta delega in atti; - controricorrente e ricorrente incidentale –contro AGRICOLA ITALIANA ALLEVAMENTI ZOOTECNICI S. r. l. , elettivamente domiciliato in ROMA VIA U. BOCCIONI 4, presso lo studio dell'avvocato SMIROLDO ANTONINO, che lo difende unitamente all'avvocato GHEZZIUMBERTO giusta delega in atti; - controricorrente al ricorso incidentale -avverso la sentenza n. 714-97 della Corte d'Appello di BOLOGNA,depositata il 04-06-97; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del02-02-00 dal Consigliere Dott. Vincenzo MAZZACANE; udito il P. M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Stefano SCHIRÒ che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi. Fatto La s. n. c. Azienda Agricola F. lli Arrigoni (d'ora in avanti Arrigoni) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Forlì la s. r. l. Agritalzoo Agricola Italiana Allevamenti Zootecnici (d'ora in avanti Agritalzoo) chiedendo la risoluzione del contratto con essa stipulato riguardante l'acquisto di pollame, oltre al risarcimento del danno, in conseguenza della violenta moria di capi verificatasi in epoca successiva alla consegna. Costituendosi in giudizio la convenuta chiedeva il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la condanna della controparte al pagamento di tutte le forniture eseguite. Il Tribunale adito con sentenza del 18. 1. 1996 dichiarava risolto il contratto di compravendita relativamente alla fornitura di pollame del 28. 3. 1991 (ritenendo che le diverse forniture di pulcini corrispondevano a distinti contratti di vendita, e non ad un unico rapporto a consegne differite) e, accertato da un lato il danno subito dalla Arrigoni in complessive lire 176. 800. 000 e dall'altro il prezzo dei contratti di compravendita regolarmente eseguiti in lire 82. 061. 617, detratto l'acconto già versato di lire 52. 660. 800, operata la compensazione per le quantità corrispondenti, condannava la Agritalzoo al pagamento in favore della Arrigoni della somma di lire 94. 738. 383 oltre interessi legali dal 15. 10. 1991. Impugnata dalla Agritalzoo, tale decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Bologna che, con sentenza del 4. 6. 1997, determinati i danni subiti dalla Arrigoni in complessive lire 92. 300. 000 e compensata tale importo con quello di lire 82. 061. 617 dovuto alla Agritalzoo a titolo di prezzo, condannava quest'ultima al pagamento in favore della Arrigoni della somma di lire 10. 238. 400 oltre gli interessi legali dal 15. 10. 1991. La Corte territoriale preliminarmente riteneva l'infondatezza del primo motivo di appello relativo ad una pretesa "mutatio libelli" della domanda proposta dalla Arrigoni che, dopo aver chiesto la risoluzione del contratto per vizio occulto, in seguito avrebbe formulato una domanda di risoluzione per mancanza di qualità promesse per inosservanza dell'obbligo di vaccinazione del pollame, atteso che la presenza della malattia che aveva colpito i capi costituiva l'essenza del vizio, mentre l'esecuzione della vaccinazione rilevava solo al fine di accertare la sussistenza della colpa del venditore; inoltre la tempestività in ordine alla denuncia della moria era indubitabile alla luce delle dichiarazioni dei testi escussi; nel merito rilevava che la Agritalzoo non aveva fornito la prova nè della pattuizione della fornitura di capi non vaccinati nè alternativamente di aver sottoposto i pulcini colpiti dal morbo ad una adeguata tecnica di vaccinazione, posto che la documentazione a tal fine prodotta, ovvero un certificato proveniente dalla USL di Montichiari, riguardava soltanto una dichiarazione in ordine alla avvenuta vaccinazione rilasciata dalla stessa Agritalzoo, mentre appariva estremamente improbabile l'ipotesi che il contagio fosse avvenuto dopo la consegna dei pulcini all'acquirente; inoltre era corretto il calcolo effettuato dal primo giudice riguardo all'importo complessivo del residuo prezzo dovuto dalla Arrigoni per le forniture di pulcini esenti da vizi, dal quale era stata esclusa la somma relativa alla fornitura oggetto della pronuncia di risoluzione; infine doveva considerarsi non dovuta la voce di danno di lire 84. 500. 000 per il mangime ed i medicinali consumati dai capi deceduti, trattandosi di spese comunque necessarie alla produzione, come tali non cumulabili nè con l'utile medio della vendita di uova nè con quello della vendita del capo alla fine del ciclo produttivo. Contro tale sentenza la Agritalzoo ha proposto ricorso per Cassazione affidato a sei motivi; resiste con controricorso la Arrigoni che ha proposto ricorso incidentale al quale a sua volta resiste con controricorso la Agritalzoo. Diritto Deve anzitutto procedersi alla riunione dei ricorsi proposti contro la stessa sentenza. Con il primo motivo del ricorso principale la Agritalzoo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 184 c. p. c. nella formulazione precedente alla novella introdotta dalla L. 26. 11. 1990 a decorrere dal 30. 4. 1995, rileva che la Arrigoni, dopo aver originariamente formulato una domanda di risoluzione del contratto di fornitura per l'esistenza di vizi occulti, nella comparsa conclusionale depositata nel giudizio di primo grado aveva fondato la domanda di risoluzione su una assenta violazione della clausola pattuita in ordine alla qualità promessa relativa alla vaccinazione dei pulcini, così procedendo ad una "mutatio libelli" in ordine alla quale l'esponente aveva dichiarato di non accettare il contraddittorio; d'altra parte, aggiunge la ricorrente, non era emersa alcuna prova in ordine all'esistenza di una pattuizione relativa all'obbligo di vaccinazione del pollame. La censura è infondata. Invero dalla lettura dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado si rileva che la domanda della Arrigoni era basata sulla dedotta violenta moria che aveva colpito i capi, e dunque sull'inadempimento della venditrice allo obbligo di fornire dei pulcini idonei alla naturale destinazione alla produzione di uova ed alla loro vendita al compimento del ciclo produttivo; orbene, in presenza di tale prospettazione di un vizio fondamentale della fornitura tale da provocare la malattia e la morte dei pulcini, era onere della Agritalzoo, come correttamente argomentato dal giudice di appello, dimostrare la pattuizione di una vendita di capi non vaccinati o, alternativamente, di aver eseguito una adeguata vaccinazione, posto che in entrambe le ipotesi avrebbe provato l'insussistenza della colpa a suo carico in relazione alla moria di pulcini oggetto della fornitura del 28. 3. 1991. Non vi è stato quindi alcun mutamento della domanda originariamente proposta dalla Arrigoni e, d'altra parte, deve rilevarsi che il giudice di merito si è pronunciato soltanto sulla domanda attrice tendente a far valere la garanzia per i vizi della cosa venduta, soffermandosi sulla questione relativa alla vaccinazione soltanto in funzione della verifica della sussistenza o meno della colpa della venditrice. La Corte territoriale ha poi rilevato con argomentazioni non oggetto di specifiche censure che l'espressa menzione delle vaccinazioni indicata nelle fatture emesse dalla stessa Agritalzoo escludeva la pattuizione di una vendita di capi non vaccinati. Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 1495-1496 c. c. sostiene che, contrariamente allo assunto della Corte territoriale, nella fattispecie era intervenuta la decadenza dalla garanzia, posto che la prima denuncia era stata effettuata con telegramma del 28. 9. 1991 a sei mesi dalla consegna dei capi, laddove gli usi della provincia di Forlì (prevalenti sulla disciplina generale ai sensi dell'art. 1496 c. c. prevedevano un termine massimo di efficacia della garanzia di dodici giorni dalla consegna; la Agritalzoo contesta inoltre l'attendibilità dei testi assunti su tale circostanza. Il motivo è infondato. Anzitutto deve osservarsi alla luce dell'orientamento consolidato di questa Corte che, ai fini della decorrenza del termine per la denuncia di vizi della cosa venduta, il "dies a quo" coincide con il giorno di ricevimento del bene soltanto per il vizio apparente, mentre per gli altri vizi, ovvero per quelli non rilevabili attraverso un rapido e sommario esame della cosa, il termine decorre dal momento della scoperta, che ricorre allorché il compratore abbia acquisito la certezza oggettiva dell'esistenza del vizio; è dunque evidente che nella fattispecie tale termine non poteva decorrere dalla consegna dei capi, ma solo da quando il morbo che li aveva colpiti si manifestò con sintomi inequivocabili, secondo un accertamento di fatto devoluto al giudice di merito. Inoltre, premesso che il giudice di appello ha ritenuto sicuramente tempestiva la denuncia della moria dei pulcini alla luce delle deposizioni dei testi escussi, ed in particolare del teste Pini che aveva asserito di aver provveduto personalmente a tali comunicazioni, deve evidenziarsi che la valutazione delle risultanze della prova testimoniale ed il giudizio sulla attendibilità dei testi involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito il quale, nel porre a fondamento della decisione una fonte di prova, non incontra altro limite se non quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive; pertanto la censura oltretutto generica in proposito sollevata dalla Agritalzoo è priva di fondamento. Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta anzitutto che i giudici di appello avrebbero trascurato il mutamento della originaria domanda effettuata dalla controparte nel dedurre a fondamento della richiesta risoluzione del contratto di compravendita la mancata vaccinazione dei capi; aggiunge di aver comunque provato di aver adempiuto a tale vaccinazione attraverso la produzione nel giudizio di secondo grado della certificazione rilasciata dal servizio di Medicina Veterinaria dell'USL 44 di Montichiari. Il motivo è infondato. Anzitutto con tale censura viene riproposta la questione relativa alla pretesa modificazione della domanda da parte della Arrigoni, ed a tal proposito è sufficiente richiamare le argomentazioni espresse in sede di esame del primo motivo. In ordine poi al certificato proveniente dalla USL 44 di Montichiari che, secondo l'assunto della ricorrente, proverebbe l'avvenuta vaccinazione capi, si osserva che la Corte territoriale ha espresso le ragioni per le quali a tale documentazione non può riconoscersi alcuna efficacia probatoria: si tratta infatti di una dichiarazione rilasciata dalla stessa Agritalzoo riportata in una fotocopia a firma illeggibile e contestata dalla controparte, cosicché alla luce di tali considerazioni non oggetto di censure la tesi della ricorrente di aver provato di aver eseguito la vaccinazione dei capi è priva di fondamento. Con il quarto motivo la Agritalzoo, deducendo violazione o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c. p. c. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto della controversia, evidenzia la scarsa credibilità dei testi escussi sulla circostanza relativa alle tempestività della denuncia della scoperta della moria, e lamenta il mancato accoglimento da parte dei giudici di appello della richiesta di nuova audizione dei testi medesimi onde meglio chiarire le modalità della denuncia stessa; aggiunge inoltre che il certificato rilasciato dalla USL 44 di Montichiari prova inconfutabilmente che i pulcini oggetto della fornitura furono sottoposti alla vaccinazione, trattandosi di atto pubblico caratterizzato dalla efficacia privilegiata di cui all'art. 2700 c. c.. Il motivo è infondato. Deve anzitutto rilevarsi che la censura in esame ripropone almeno in parte questioni già sollevate in precedenza, cosicché devono richiamarsi le argomentazioni espresse da questa Corte in sede di esame rispettivamente del secondo motivo per quanto riguarda la valutazione della prova testimoniale e del terzo motivo relativamente alla efficacia (probatoria del certificato proveniente dalla USL 44 di Montichiari; in questa sede pertanto vengono esaminati i profili della censura non oggetto di deduzioni nei precedenti motivi di ricorso. Orbene con riferimento al rigetto della istanza di nuova audizione dei testi su circostanze integrative dei capitoli articolati in primo grado, ovvero sulle modalità della avvenuta denuncia della moria, correttamente la Corte territoriale si è richiamata al divieto sancito dall'art. 345 c. p. c. (nella formulazione anteriore alla L. 26. 11. 1990 n. 353 art. 52) che condiziona l'ammissibilità della prova in grado di appello al requisito della novità che attiene sia al tipo di mezzo istruttorio sia all'oggetto del mezzo di prova; con riguardo a questo secondo profilo, quindi, in grado di appello può proporsi un mezzo di prova identico a quello già espletato, ma avente ad oggetto circostanze del tutto distinte e diverse da quelle già assunte con lo stesso mezzo in primo grado: deve essere quindi negato il requisito di novità allorché la prova testimoniale sollecitata in appello, pur vertendo su circostanze non comprese specificatamente nei capitoli della prova espletata in primo grado, riguarda, come nella fattispecie, i medesimi fatti che hanno formato oggetto delle deposizioni rese dai testi escussi (ovvero nel caso in esame le modalità specifiche della denuncia della moria dei pulcini). Quanto poi alla rilevanza del certificato proveniente dalla USL 44 di Montichiari deve osservarsi che l'efficacia probatoria prevista dall'art. 2700 c. c. riguarda le attestazioni del pubblico ufficiale relativamente a fatti da lui compiuti o avvenuti in sua presenza ovvero a dichiarazioni ricevute: orbene, quanto a queste ultime, l'atto pubblico ha efficacia privilegiata limitatamene al contenuto delle dichiarazioni rese dalle parti in sua presenza, e certamente non si estenda alla rispondenza al vero di ciò che esse hanno dichiarato, con la conseguente possibilità di contestare i fatti dichiarati con ogni mezzo di prova. È dunque evidente che nella fattispecie il pubblico ufficiale che aveva rilasciato il certificato più volte menzionato attestava fino a querela di falso che l'Agritalzoo aveva dichiarato di aver vaccinato i capi di cui alla fornitura del 28. 3. 1991, ma tale attestazione non riguardava la veridicità della circostanza oggetto della dichiarazione. Con il quinto motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 1223-1227 c. c. , contesta sotto diversi profili l'ammontare del danno riconosciuto dai giudici di appello in favore della Arrigoni. Anzitutto l'Agritalzoo sostiene che dal corrispettivo complessivo della fornitura avrebbe dovuto essere detratto soltanto l'acconto già versato dalla Arrigoni di lire 52. 660. 800 nel quale rientrava l'importo di cui alla fattura relativa alla fornitura del 28. 3. 1991. Inoltre la ricorrente contesta la cumulabilità delle diverse voci di danno liquidate dai giudici di appello, non potendo riconoscersi secondo il suo assunto il danno relativo al costo di allevamento di ciascun pulcino unitamente ai danni conseguiti alla mancata produzione di uova ed alla mancata vendita dei capi alla fine del ciclo produttivo, voce quest'ultima comunque non risarcibile. Il motivo è infondato. Sotto un primo aspetto deve ritenersi insussistente il preteso errore di calcolo denunciato dalla ricorrente. Premesso infatti che, come più sopra esposto, è stato ritenuto dal giudice del merito che le diverse forniture di pulcini configuravano distinti contratti di vendita, si osserva che la risoluzione della fornitura del 28. 3. 1991 ha comportato che l'importo di lire 37. 979. 400 di cui alla fattura relativa a tale vendita non era più dovuto e dunque deve essere detratto dal residuo prezzo a carico della Arrigoni per le forniture di pulcini non colpiti dal morbo; dal corrispettivo così ridotto deve poi sottrarsi l'acconto già versato di lire 52. 660. 800: si tratta infatti di detrazioni giustificate da vicende diverse (nel primo caso la risoluzione della fornitura, nel secondo caso il parziale pagamento del prezzo ancora dovuto) che pertanto correttamente sono state effettuate separatamente. Riguardo poi al secondo profilo della censura, premesso che i giudici di appello hanno escluso dal risarcimento del danno spettante alla Arrigoni il rimborso delle spese necessarie all'allevamento dei capi onde la doglianza sollevata al riguardo è inammissibile), deve rilevarsi che le due voci di danno riconosciute, attinenti alla mancata produzione e vendita di uova ed alla mancata vendita dei pulcini al termine del ciclo produttivo, riguardano l'utile che la Arrigoni avrebbe potuto conseguire dai capi acquistati qualora quest'ultimi non fossero stati colpiti dalla moria, e dunque entrambe rientrano nell'ambito del lucro cessante e come tali sono risarcibili. Con il sesto ed ultimo motivo la Agritalzoo, denunciava violazione o falsa applicazione della disciplina degli interessi legali, lamenta che erroneamente la sentenza impugnata ha disposto la decorrenza degli interessi legali sulla somma liquidata a favore della Arrigoni dal 15. 10. 1991, ovvero dalla domanda, posto che i crediti relativi alla mancata produzione di uova ed alla mancata vendita dei pulcini non si erano maturati nell'arco temporale di un anno e mezzo (corrispondente al ciclo di vita dei capi) successivo alla morte improvvisa di essi, sostanzialmente coincidente con la proposizione della domanda da parte della Arrigoni, cosicché a quel momento tali danni non si erano ancora verificati. La censura è inammissibile. Premesso infatti che la sentenza di primo grado aveva gia stabilito la decorrenza degli interessi legali sulla somma liquidata in favore della Arrigoni dal 15. 10. 1991, e cioè dalla notifica dell'atto di citazione, e rilevato che la Agritalzoo non ha proposto uno specifico motivo di appello con riferimento a tale statuizione, ne consegue che la questione oggetto della censura in esame è stata sollevata per la prima volta in tale sede, ed è quindi inammissibile. Con l'unico motivo di ricorso incidentale la Arrigoni, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, lamenta il mancato riconoscimento da parte dei giudici di appello del danno emergente costituito dai costi per l'allevamento dei capi acquistati e poi colpiti dal morbo, trattandosi di spese effettivamente sopportate dall'esponente per trasformare il pulcino appena nato in gallina ovaiola, considerato che la mortalità ebbe inizio, a causa dell'incubazione, quando i capi avevano già 90 giorni di vita. Il motivo è infondato. La Corte territoriale invero non ha negato l'effettività degli esborsi sostenuti dalla Arrigoni per il mangime ed i medicinali somministrati ai capi successivamente deceduti, ma li ha correttamente considerati necessari per lo svolgimento del ciclo produttivo e per ottenere quegli utili il cui mancato conseguimento ha determinato il riconoscimento delle voci di danno sopra evidenziate. In altri termini qualora i capi oggetto della fornitura del 28. 3. 1991 non fossero stati colpiti dalla moria, le spese suddette sarebbero state comunque sopportate dall'acquirente Arrigoni quali costi di impresa; esse quindi non possono essere configurate come danno emergente, inteso come ingiustificata perdita o erogazione di valori economici già esistenti nel patrimonio del danneggiato riconducibili immediatamente e direttamente all'inadempimento del debitore. Entrambi i ricorsi devono quindi essere rigettati. Ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione. P. Q. M La Corte Riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio. Così deciso in Roma il 2 febbraio 2000. Nota Redazionale - In senso conforme cfr. Cass. 8 luglio 1995 n. 7541. Nota Redazionale - In senso sostanzialmente conforme cfr.: Cass. 18 febbraio 1995 n. 1802; Cass. 16 febbraio 1994 n. 1506.