Cassazione civile, SEZIONE III, 30 gennaio 2001, n. 1290 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Giovanni Elio LONGO - Presidente - Dott. Roberto PREDEN - Consigliere - Dott. Luigi Francesco DI NANNI - Rel. Consigliere - Dott. Ennio MALZONE - Consigliere - Dott. Alberto TALEVI - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GIORDANO FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI SAN VALENTINO 21, presso lo studio dell'avvocato ROBERTO G ALOISIO, che lo difende, giusta delega in atti; - ricorrente - contro COESTRA APPALTI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché Lanfranco CREMISINI IN PROPRIO, elettivamente domiciliati in ROMA VIA BARBERINI 47, presso lo studio dell'avvocato SANDRO RIDOLFI, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato ANGELO PETTINARI, giusta delega in atti; - controricorrenti - nonché contro CLEMENTI PIERO, FALLIMENTO CLEMENTI SPA, CONSORZIO DELTA C IN LIQUIDAZIONE; - intimati - avverso la sentenza n. 352-99 della Corte d'Appello di ROMA, emessa il 19-01-99 e depositata il 08-02-99 (R.G. 1258-97); udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29-09-00 dal Consigliere Dott. Luigi Francesco DI NANNI; udito l'Avvocato Roberto GALOISIO; udito l'Avvocato Maria Beatrice d'IPPOLITO (per delega Avv. S. RIDOLFI); udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Massimo FEDELI che ha concluso per l'accoglimento p.q.r. del ricorso. Fatto 1. Francesco Giordano, con atto dell'8 marzo 1989, convenne in giudizio davanti al tribunale di Roma Piero Clementi, Lanfranco Cremisini, la s.r.l. Clementi, il Consorzio Delta e la s.r.l. CO.E.STRA Appalti e ne chiese la condanna in solido al pagamento della somma di lire 180 milioni, oltre accessori, quale compenso per mediazione prestata in favore dei convenuti. Il Giordano espose che era stato sollecitato dalla Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna a reperire sul mercato imprese interessate al subappalto di lavori di scavo per la costruzione di una centrale E.N.E.L. in Civitavecchia. Egli aveva proposto inizialmente l'affare a Piero Clementi, legale rappresentante della s.p.a. Clementi, aveva effettuato sopralluoghi nella zona dello scavo con lui e con Lanfranco Cremisini, legale rappresentante della s.r.l. CO.E.STRA Appalti, e li aveva posti in contatto con i responsabili della C.M.C. Aveva anche concordato con il Clementi ed il Cremisini, le cui società si erano costituite nel Consorzio delta C., resosi aggiudicatario dei lavori, la provvigione, ma non aveva ricevuto neppure l'intero pagamento dell'acconto concordato. I convenuti si costituirono in giudizio e, per quanto ora interessa, contestarono la fondatezza della domanda. La domanda fu rigettata dal tribunale e dalla Corte di Appello di Roma con la motivazione che l'attività del Giordano non era riconducibile nell'ambito dell'attività di mediazione o del procacciamento di affari. La decisione della Corte di appello fu cassata con rinvio con sentenza di questa Corte del 17 dicembre 1996, n. 11244. 2. La causa, riassunta dal Giordano davanti alla Corte di appello di Roma, è stata decisa con sentenza dell'8 febbraio 1999, la quale ha rigettato la domanda. La Corte di appello ha ritenuto che il Giordano non aveva dato prova del conferimento dell'incarico di procacciare l'affare. 3. Per la cassazione di questa sentenza Francesco Giordano ha proposto ricorso, illustrato con memoria. Resiste con controricorso la COESTRA Appalti. Gli altri intimati, fallimento della spa Clementi, Lanfranco Cremisi, Consorzio Delta C. in liquidazione e Pietro Clementi non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Diritto 1. Il ricorso si articola in tre motivi. 1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione delle norme in tema di diritto alla provvigione, di quelle in tema di procacciamento di affari, di conclusione del negozio attraverso comportamenti taciti concludenti e di onere della prova. Francesco Giordano sostiene che nell'intermediazione il compenso spetta per il solo fatto che l'intermediario abbia messo in contatto le parti che poi concludono l'affare ed addebita alla sentenza impugnata di avere ragionato sull'erroneo presupposto che il fenomeno intermediatorio esiga anche un conferimento dell'incarico e l'accordo esplicito sulla misura della provvigione, trascurando il fatto che i convenuti non solo erano consapevoli dell'attività intermediatoria, ma ne avevano profittato, prendendo contatti con la C.M.C. ed aggiudicandosi i lavori. Il ricorrente aggiunge che, anche a volere ragionare diversamente, vi era stato comunque conferimento dell'incarico, come si ricavava dall'accettazione per fatti concludenti dell'attività di intermediazione. Il secondo motivo svolge critiche in ordine alla valutazione delle prove contenuta nella sentenza impugnata, alla quale il Giordano addebita di non avere considerato la circostanza dell'avvenuto pagamento di parte dell'acconto di lire 20 milioni effettuato dal convenuto Clementi in suo favore. Con il terzo motivo è denunciata violazione delle norme in tema di onere della prova e difetto di motivazione su alcuni punti della decisione specificamente indicati. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte di Roma non ha considerato una serie di altri fatti che ha indicati nel ricorso. 2. La questione di diritto, che deve essere risolta in questo giudizio, è la corretta individuazione del punto decisivo della controversia sul quale, secondo la sentenza rescindente n. 11244 del 1996, vi è stata motivazione contraddittoria e inosservanza di principi di diritto, indicati nella sentenza stessa. 2.1. Nella predetta sentenza questa Corte ha premesso, infatti, taluni principi di diritto con i quali si dovevano correlare le valutazioni istruttorie. In particolare, ha dichiarato: - che nella mediazione e nel procacciamento di affari vi sono identiche disposizioni in ordine al diritto alla provvigione; - che una di queste disposizioni è quella secondo la quale, ai fini del conseguimento del diritto al compenso, è sufficiente che il mediatore o il procacciatore pongano in contatto due o più parti per la conclusione di un affare, il quale si sia concluso per effetto del suo intervento, e che questa attività, nota alla parti, sia stata da loro accettata o determinata da un incarico; - che l'attività di intermediazione si configura anche quando l'acquisto o la stipulazione del contratto avvenga attraverso meccanismi predeterminati, purché, rispetto ad essi, l'opera del mediatore abbia avuto efficacia causale. La sentenza impugnata, interpretando il predetto punto decisivo della controversia, il cui esame era stato omesso secondo la sentenza rescindente, ha ritenuto che occorreva accertare la sussistenza dell'incarico affidato dagli originari convenuti al Giordano ed ha affermato che le prove espletate nulla dicevano "in ordine ad un affidamento di incarico e ad un accordo circa il versamento di una provvigione....! all'esito positivo di quell'attività". 2.2. L'errore nel quale è incorsa la sentenza impugnata è evidente. Essa, infatti, non si è attenuta al principio indicato nella sentenza rescindente nel punto in cui questa ha stabilito che nell'intermediazione non è richiesto il conferimento di un incarico specifico (e tantomeno che vi sia un accordo sul versamento della provvigione) ed è sufficiente che gli intermediari abbiano posto in contatto i soggetti interessati, che la loro attività sia stata accettata da questi ultimi e che l'affare, per effetto del loro intervento, si sia concluso, nel senso che quei soggetti abbiano stipulato il contratto da costoro promosso. Sull'esatta interpretazione del principio contenuto nella sentenza rescindente vale la pena ricordare, per inciso, che esso corrisponde ad una consolidata giurisprudenza di questa Corte, come si ricava da Cass. 4 aprile 2000, n. 4327, tra le più recenti. La Corte di Roma, seguendo la linea tracciata dalla sentenza di questa Corte, non si doveva attardare nella ricerca della prova di un incarico specifico conferito al Giordano (che la sentenza rescindente, implicitamente, già considerava come non conferito), ma doveva verificare se, indipendentemente dall'incarico formale, il Giordano si fosse comunque adoperato a porre in contatto le parti dell'affare e se questo si fosse concluso per effetto del suo intervento, noto alle parti. Infatti, da questo accertamento, se positivo, sarebbe sorto il diritto del Giordano al pagamento della mediazione. La decisione impugnata, si ripete, si è mossa nella ricerca di prove sulla "sussistenza di questo incarico" ed è, quindi, incorsa nella violazione di legge denunciata con il primo motivo del ricorso, gli altri motivi rimanendo assorbiti. Essa, perciò, deve essere cassata con rinvio. - Il giudice del rinvio, individuato in altra sezione della Corte di appello di Roma si atterrà al principio ricavabile dalla sentenza rescindente secondo la quale, quando sia concluso l'affare tra parti comunque messe in contatto da un intermediario, il diritto alla provvigione sorge anche in assenza di un incarico espresso o ricostruibile, purché l'attività svolta dal richiedente la provvigione abbia avuto efficacia concausale ai fini della conclusione dell'affare". La determinazione delle spese di questo giudizio può essere devoluta al giudice del rinvio. P.Q.M La Corte accoglie il ricorso, per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione, il 29 settembre 2000. Nota - In senso sostanzialmente conforme cfr.: Cass. 8 agosto 1985 n. 4399; Cass. 28 luglio 1983 n. 5212.