Cass_2_5_01_6160 Cassazione civile, SEZIONE III, 2 maggio 2001, n. 6160 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONEDott. Gaetano FIDUCCIA - Presidente -Dott. Giovanni Silvio COCO - Consigliere -Dott. Michele VARRONE - Consigliere -Dott. Giuliano LUCENTINI - Rel. Consigliere -Dott. Gianfranco MANZO - Consigliere -ha pronunciato la seguenteSENTENZAsul ricorso proposto da:L.M. IMMOBILIARE SNC, in persona dei suoi legali rappresentanti protempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA OSLAVIA 39-F, pressolo studio dell'avvocato GIUSEPPE BIANCO, che la difende, giustadelega in atti;- ricorrente -controVARTOLO SIGFRIDO;- intimato -avverso la sentenza n. 834-98 della Corte d'Appello di ROMA, emessail 03-12-97 e depositata il 17-03-98 (R.G. 871-95);udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del13-11-00 dal Consigliere Dott. Giuliano LUCENTINI;udito l'Avvocato Giuseppe BIANCO;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Domenico IANNELLI che ha concluso per il rigetto del ricorso. Fatto Con citazione notificata il 9 luglio 1992 la L.M. Immobiliare, s.n.c., esponendo d'avere svolto nell'interesse di Sigfrido Vartolo, dal dicembre 1991, attività d'intermediazione, lo conveniva davanti al Tribunale di Roma, chiedendone la condanna al pagamento della provvigione di lire 8.400.000, oltre al risarcimento del danno. Radicatosi il contraddittorio, il Tribunale rigettava la domanda, e la sentenza, impugnata dalla soccombente, era confermata dalla Corte d'appello di Roma, che così motivava. Non essendo contestato in causa che, al momento del rapporto d'intermediazione con il Vartolo, la L.M. Immobiliare non fosse ancora iscritta nel ruolo degli agenti di affari in mediazione previsto dagli artt. 2 e 3 della legge 3 febbraio 1989 n. 39, era infondata la pretesa della società a conseguire la provvigione mediatoria, avendo diritto ad essa soltanto i mediatori iscritti. Era irrilevante, al riguardo, che i suoi legali rappresentanti, Liberati e Mormoni, fossero iscritti nel vecchio ruolo dei mediatori, e che quindi - dovendo essere d'ufficio iscritti nel nuovo ruolo dalla commissione provinciale, ai sensi dell'art. 9 legge 39-1989 - potessero continuare nel frattempo a svolgere la professione di mediatore, poiché la questione riguardava la L.M. Immobiliare e la sua legittimazione, visto che era stata la società, e non le persone fisiche dei suoi rappresentanti, ad avere avuto rapporti negoziali con il Vartolo. Per la cassazione della sentenza la L.M. Immobiliare ha proposto ricorso sulla base di un motivo illustrato da memoria. L'intimato non ha svolto attività difensiva. Diritto Con l'unico motivo, denunciando violazione, falsa applicazione ed erronea interpretazione della legge 3 febbraio 1989 n. 39, del d.m. 21 dicembre 1990 n. 452 e dell'art. 2261 c.c., anche in riferimento all'art. 12 disp. att. c.c., nonché contraddittoria ed insufficiente motivazione (in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), la ricorrente deduce: premesso che, all'epoca del suo rapporto con il Vartolo, i suoi legali rappresentanti erano iscritti nel ruolo previsto dalla previgente legge, sicché ben potevano, come tali, operare medio tempore in forza dell'art. 9 co. 2 legge 39-1989, era privo di rilievo che essa non fosse stata iscritta nel ruolo degli agenti di affari in mediazione, poiché l'iscrizione delle società - non prevista dalla legge 39-1989, ma dal regolamento d'attuazione 452-1990 - non è che la conseguenza dell'iscrizione della persona fisica del legale rappresentante, secondo quanto dispone l'art. 11 del regolamento. In sostanza, proprio tale rapporto di conseguenzialità faceva sì che la sua mancata iscrizione, peraltro domandata prima dei fatti di causa, non potesse essere sanzionata col disconoscimento del diritto alla mediazione. Osserva il Collegio. Per risolvere la presente controversia, sembra opportuno indicare i termini essenziali della complessiva disciplina applicabile alla fattispecie, che è costituita dalla legge 3 febbraio 1989 n. 39 e dal d.m. 21 dicembre 1990 n. 452, e porre quindi la stessa disciplina a confronto con quella previgente (di cui alla legge 21 marzo 1958 n. 253 e al d.p.r. 6 novembre 1960 n. 1926). Cominciando da quest'ultima, abrogata dall'art. 10 legge 39-89, è sufficiente dire che la legge 253-1958 disponeva che per l'esercizio professionale della mediazione era richiesta l'iscrizione in certi ruoli (art. 2), mancando la quale si incorreva nelle sanzioni penali di cui all'art. 665 c.p. (art. 4). La stessa legge taceva del tutto sulle conseguenze civilistiche dell'esercizio dell'attività di mediazione da parte di chi non fosse stato iscritto nel ruolo, e la giurisprudenza di legittimità, investita del problema, ha costantemente affermato che la mancata iscrizione, se determinava l'applicazione della sanzione penale a carico del non iscritto, non impediva il sorgere del suo diritto alla provvigione, quella sanzione "colloca(ndosi) su di un piano diverso da quello privatistico, per il quale, di regola, l'esercizio della mediazione è libero (forme particolari di mediazione essendo regolate da leggi speciali), e non potendosi applicare al mediatore professionale un trattamento irrazionalmente deteriore rispetto a quello riservato al mediatore occasionale non iscritto, pacificamente titolare del diritto al compenso (così, da ultimo, Cass. 25 febbraio 2000 n. 2135). Quanto al regolamento contenuto nel d.p.r. 1926-1960, esso disponeva che i ruoli dei mediatori erano tenuti dalle Camere di commercio (art. 2), presso le quali erano istituite commissioni consultive deputate alla loro formazione e conservazione (art. 3); che gli aspiranti all'iscrizione, una volta presentata l'apposita domanda alla competente Camera di commercio (art. 7) e superata una prova pratica di esame (art. 8), ottenevano l'iscrizione nel ruolo (art. 6), se in possesso dei prescritti requisiti soggettivi (art. 5); disponeva infine (trascurate altre norme che qui non interessano) che l'iscrizione nel ruolo era fatta a titolo personale, che l'iscritto non poteva delegare ad altri le funzioni relative all'esercizio della mediazione, e che, nelle imprese organizzate per l'esercizio delle mediazione, tutti coloro che esplicavano a qualunque titolo l'attività di mediazione per conto delle imprese stesse dovevano essere iscritti nei ruoli (art. 23). La nuova legge 39-1989 - evidentemente tesa a regolamentare con maggiore rigore l'attività d'intermediazione - ha innovato in maniera radicale la precedente normativa, relativamente agli effetti civili, disponendo che "Hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli" (art. 6 co. 1). Per il resto, ha sostanzialmente ricalcato l'impianto della precedente disciplina. In particolare: l'art. 2 co. 1 dispone che presso ciascuna Camera di commercio è istituito il ruolo dei mediatori; il co. 3, oltre ad indicare i requisiti soggettivi per l'iscrizione nel ruolo, dispone che l'interessato, se non in possesso di un precisato titolo di studio, deve sostenere un esame; l'art. 3 co. 2 dispone che l'iscrizione nel ruolo è a titolo personale, che l'iscritto non può delegare ad altri le funzioni mediatorie, e che coloro che esercitano, a qualsiasi i titolo, attività d'intermediazione per conto di imprese organizzate, anche in forma societaria, debbono essere iscritti nei ruoli (art. 3 co. 5); l'art. 4 prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'industria, di una commissione centrale con varie competenze; l'art. 5 stabilisce talune incompatibilità per l'esercizio dell'attività mediatoria, mentre l'art. 7 dispone Ìistituzione, presso le Camere di commercio, di commissioni che provvedono alla iscrizione nei ruoli e alla loro tenuta. La legge contiene infine una norma transitoria (art. 9), di cui conviene trascrivere il primo ed il secondo comma: "Le commissioni provinciali istituite ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 novembre 1960 n. 1926 continuano ad esercitare la propria attività fino alla nomina delle commissioni di cui all'art. 7" (co. 1), e "Nella prima applicazione della presente legge le commissioni provinciali provvedono ad iscrivere nel nuovo ruolo tutti gli agenti d'affari in mediazione che, all'atto dell'entrata in vigore della presente legge, risultano iscritti nei ruoli costituiti in base alla legge 21 marzo 1958 n. 253" (co. 2). Il regolamento 452-1990, per concludere questo breve excursus, contiene norme attuative di cui è inutile dire. Conviene ricordare, invece, l'art. 5 co. 1, secondo cui, per ottenere l'iscrizione nell'albo, l'interessato deve presentare domanda, e, soprattutto, l'art. 11, che dispone: "Quando l'attività di mediazione sia esercitata da una società, i requisiti per l'iscrizione nel ruolo devono essere posseduti dai legali o dal legale rappresentante della società stessa ovvero da colui che è preposto dalla società a tale ramo d'attività (co. 1). La domanda di iscrizione deve essere presentata alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia nel cui territorio ha sede legale la società (co. 2). La società è tenuta a comunicare alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura le eventuali variazioni del o dei rappresentanti legali ovvero dell'institore, nonché di tutti coloro che concludono affari per suo conto". Questo essendo il quadro normativo di riferimento, deve dunque darsi atto che, secondo la vigente normativa, applicabile ratione temporis, il soggetto che esercita attività d'intermediazione, si tratti di persona fisica ovvero di impresa collettiva, ha diritto alla provvigione soltanto se ed in quanto sia iscritto nel ruolo. Ciò non contesta la società ricorrente, la quale tuttavia fa notare che, se il giudizio sui requisiti per l'iscrizione di una società è da riferire alla persona (fisica) del suo legale rappresentane, (*) ai sensi dell'art. 11 d. m. 452-1990, tali requisiti indiscutibiImente sussistevano nella specie, tenuto conto che i suoi legali rappresentanti, Liberati e Mormoni, già iscritti nel ruolo previsto dalla previgente disciplina, avevano per ciò titolo - ai sensi dell'art. 9 co. 2 legge 39-1989 - ad essere iscritti nel nuovo ruolo ad opera delle commissioni provinciali previste dalla precedente disciplina ovvero, se già nominate, di quelle previste dall'art. 7 stessa legge. Ora, è bensì vero che i legali rappresentanti della L.M. Immobiliare, in quanto (pacificamente) iscritti nel vecchio ruolo, erano abilitati a svolgere attività d'intermediazione anche se non ancora iscritti nel nuovo ruolo (ciò che avvenne, come si riconosce nello stesso ricorso, il 5 marzo 1992), l'iscrizione nel vecchio ruolo costituendo, in effetti, titolo per l'iscrizione automatica nel nuovo (a norma dell'art. 9 citato, secondo cui, appunto, "le commissioni provinciali provvedono ad iscrivere nel nuovo ruolo tutti gli agenti di affari in mediazione che, all'atto dell'entrata in vigore della presente legge, risultano iscritti nel ruoli"). Ma, detto questo, il problema non può dirsi risolto nel senso voluto dalla ricorrente, essendo tutto da dimostrare che l'iscrizione nel vecchio ruolo estendesse tali effetti permissivi al di là della sfera giuridica del soggetto considerato. Nella nuova disciplina (in regime ordinario) è consentito ad una società di ottenere, se la domandi, l'iscrizione nel ruolo (quale condizione del diritto alla provvigione), qualora il suo legale rappresentante possieda i requisiti soggettivi previsti dalla legge, ma, nonostante tale riferimento soggettivo, la legge non consente d'affermare che l'iscrizione nel ruolo di una società consegua automaticamente all'iscrizione nel ruolo di una persona fisica (come tale), la quale, in ipotesi, rivesta la qualità di legale rappresentante della società considerata. Giova notare, al riguardo, che l'art. 11 del d.m. 452-1990 prevede che - in presenza dei previsti requisiti soggettivi, riferiti al legale rappresentante - la società può domandare ed ottenere, evidentemente a proprio nome, l'iscrizione nel nuovo ruolo. Cosicché il legale rappresentante, che eventualmente voglia svolgere (anche) in proprio l'attività del mediatore, dovrà richiedere una doppia iscrizione (il che potrebbe addirittura avvenire - e coerentemente - nei ruoli di Camere di commercio diverse, ove la residenza della persona fisica del legale rappresentante non coincida con la sede sociale: artt. 5 co. 1 e 11 co. 1 d.m. 452-90). Ebbene, pur essendo oggetto di discussione un'ipotesi regolata dalla disciplina transitoria, l'indicato principio dell'efficacia soggettiva dell'iscrizione (che è cosa diversa dalla personalità dell'iscrizione, sostanzialmente attinente alla non delegabilità delle funzioni mediatorie), non può non valere anche per essa ipotesi, derivandone che l'automatica iscrizione nel nuovo ruolo di colui che fosse iscritto nel vecchio, e comunque la possibilità, per il già iscritto, di continuare l'attività mediatoria, non può giovare, agli effetti del diritto alla provvigione, alla società di cui lo stesso iscritto sia legale rappresentante. Se poi, così opinando, si finisce per rendere deteriore la posizione di una società che ià abbia svolto liberamente, attraverso il proprio legale rappresentante ovvero altri soggetti agenti per suo conto, l'attività d'intermediazione, può notarsi che non diversa sarebbe comunque la situazione di tutti quegli altri soggetti che, confidando nella permissività, sul piano civilistico, della precedente disciplina, avessero svolto l'attività de qua senza essere iscritti nel ruolo (nonostante la comminatoria di una sanzione penale). Il fatto è che la legge in questione - stabilendo che l'attività d'intermediazione di soggetti non prima iscritti nei ruoli è subordinata a certe condizioni, la cui verificazione postula l'effettuazione di ulteriori adempimenti amministrativi (quale, ad esempio, la nomina dei membri delle Commissioni provinciali da parte delle varie giunte camerali ex art. 7 co. 1 legge 39-1989, ovvero la determinazione, da parte del Ministero dell'industria, sentita la Commissione centrale ex art. 2 co. 3, delle materie e delle modalità dell'esame, alternativo al titolo di studio - va necessariamente intesa nel senso che l'attività, se nelle more svolta, non dà titolo al compenso, dovendo, colui che intende conformarvisi, attenderne il compimento (per poi chiedere e conseguire l'iscrizione). Per queste ragioni, irrilevanti essendo le decisioni, di organi comunitari ed interni, richiamate dalla ricorrente nella memoria illustrativa, in quanto estranee alla problematica specificamente dibattuta, deve rigettarsi il ricorso. Nessuna pronuncia occorre per le spese del presente giudizio, poiché, come detto, l'intimato non si è costituito. P.Q.M rigetta il ricorso, nulla per le spese processuali. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, addì 2 aprile 2001. (*) ndr. così nel testo. Nota Redazionale - Non si rinvengono precedenti in termini.