Cass_2_4_02_4635 Cassazione civile, SEZIONE III, 2 aprile 2002, n. 4635 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Angelo GIULIANO - Presidente -Dott. Francesco TRIFONE - Consigliere -Dott. Bruno DURANTE - Consigliere -Dott. Mario FINOCCHIARO - Consigliere -Dott. Antonio SEGRETO - Rel. Consigliere -ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MURAFÒ FRANCESCO, domiciliato in ROMA presso CANCELLERIA CORTE DICASSAZIONE, difeso dall'avvocato CARUSO GIUFFRIDA GIUSEPPE, con studio in 95127 CATANIA VIA MILANO, 29, giusta delega in atti;- ricorrente -contro SARDO ROBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GALILEI 46,presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI MAGNANO DI SAN LIO, difeso dall'avvocato ADOLFO LA DELFA, giusta delega in atti;- controricorrente -avverso la sentenza n. 2109-98 del Tribunale di CATANIA, prima sezione civile, emessa il 15-5-1998, depositata il 23-06-98; RG.3072-97;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del06-12-01 dal Consigliere Dott. Antonio SEGRETO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aurelio GOLIA che ha concluso per il rigetto del ricorso. Fatto Il giudice di pace di Catania, con sentenza del 9.5.1997 accoglieva parzialmente la domanda di Murafò Francesco nei confronti di Sardo Roberto, condannando quest'ultimo al pagamento nei confronti dell'attore della somma di L. 2 milioni (a fronte della richiesta somma di L. 4.800.000) a titolo di provvigione per l'attività di mediazione effettuata nella vendita di un terreno. Proponeva appello il Sardo ed appello incidentale l'attore. Il tribunale di Catania, con sentenza depositata il 23.6.1998, accoglieva l'appello e rigettava la domanda, dichiarando inammissibile l'appello incidentale, e condannava l'attore al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. Riteneva il tribunale che a norma dell'art. 6 l.n. 39-1989 non vi era diritto a provvigione per il mediatore non iscritto nell'apposito albo, quale era appunto il Murafò e che neppure poteva riconoscersi indennizzo a norma dell'art. 2041 c.c. in favore dello stesso, non essendo detta azione esperibile nel caso in cui fosse stata esercitata un'attività da parte di chi non era iscritto nel richiesto albo professionale. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Murafò. Resiste con controricorso il Sardo. Diritto 1. Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la (violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2231 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione a norma dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Ritiene il ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che, sebbene il mediatore non iscritto all'albo professionale non abbia diritto alla provvigione, in ogni caso gli è preclusa anche l'azione di arricchimento senza causa. Secondo il ricorrente, in analogia a quanto disposto dalla giurisprudenza della S.C., che ha riconosciuto al soggetto, che abbia svolto attività di agente di commercio, senza essere iscritto nel relativo albo, l'azione di arricchimento senza causa, non potendo richiedere il compenso per nullità del relativo rapporto, egualmente al mediatore non iscritto all'albo, che tuttavia ha effettuato attività di mediazione, va riconosciuto l'indennizzo a norma dell'art. 2041 c.c.. 2. Ritiene questa Corte che il motivo sia infondato e che, per l'effetto, lo stesso vada rigettato. Anzitutto va premesso che, dopo l'entrata in vigore della l. n. 39 del 1989, che disciplina la professione di mediatore (ed il cui art. 6 dispone che hanno diritto alla provvigione solo coloro che sono iscritti nei ruoli degli agenti di affari in mediazione), il contratto di mediazione stipulato con soggetti non iscritti negli appositi ruoli è affetto da nullità per contrarietà a norma imperativa (Cass. 3.11.2000, n. 14382; Cass. 15.12.2000, n. 15849). Che la norma in questione costituisca norma imperativa di ordine pubblico, si desume dall'art. 8 della stessa legge, il quale commina una sanzione amministrativa per l'esercizio della mediazione in assenza di iscrizione nel ruolo, senza contemplare eccezioni a tale disposizione, e prevede, inoltre, in tal caso l'obbligo della restituzione alle parti contraenti delle provvigioni percepite, con conseguente nullità, ai sensi dell'art. 1418, c. l, c.c., di. ogni diversa pattuizione. 3. Sennonché neppure è esperibile, in questo caso, l'azione di arricchimento senza causa. Va premesso che l'art. 2231, primo comma, c.c. dispone che, quando l'esercizio di un'attività professionale è condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è, iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione. L'ampiezza del dettato normativo - diretto a negare, nella situazione data, l'azione per il pagamento della retribuzione - impone di ritenere che il divieto si riferisca a qualsiasi azione, e quindi anche all'azione generale di arricchimento di cui all'art. 2041 c.c.; il che, peraltro, è anche conforme alla ratio della norma, diretta a vietare l'esercizio abusivo della professione a chi, per non avere conseguito l'iscrizione, non dà sufficienti garanzie di poter svolgere professioni di particolare delicatezza con le necessarie competenze tecniche (sull'esclusione, nei casi in questione, anche dell'azione di arricchimento v. Cass., 13 gennaio 1984 n. 286; 22 giugno 1982, n. 3794; Cass. 2.10.1999,n. 10937). È controverso se la norma generale di cui all'art. 2231, c.1, c.c., sia applicabile solo alle professioni intellettuali in senso proprio, oppure anche alle attività che, pur richiedendo l'iscrizione in appositi albi, non sono riconducibili alle professioni intellettuali (quali ad esempio l'attività dell'agente di commercio ed, appunto, del mediatore). 3.2. Sennonché nella fattispecie la soluzione della questione non è rilevante, in quanto la norma particolare di cui all'art. 8 l. n. 39-1989 comporta il disconoscimento di ogni possibilità di conseguire un compenso da parte del mediatore non iscritto nei ruoli appositi. Da ciò consegue, come nei casi, di sicura applicabilità dell'art. 2231, c. 1, c.c., l'inesperibilità della domanda di indebito arricchimento, tenuto conto che la funzione sussidiaria dell'azione generale di arricchimento viene meno a fronte di una norma negatrice di tutela ad un determinato interesse(cfr. Cass. N. 2526-1975). 3.3. Il principio è ancor più rafforzato nell'ipotesi di attività di mediazione svolta da soggetto non iscritto nell'apposito ruolo, se solo si considera che l'art. 8, c.1, della l. n. 39-1989 dispone che il suddetto soggetto "è tenuto alla restituzione alle parti contraenti delle provvigioni percepite", con la conseguenza che, essendo il soggetto obbligato alla restituzione di quanto eventualmente ricevuto, risulta esclusa ogni obbligazione di pagamento nei suoi confronti, anche se solo naturale (art. 2034 c.c.) e quindi - a maggior ragione - giuridica, quale è certamente quella fondata sull'art. 2041 c.c.. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Il ricorrente va condannato al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione sostenute dal resistente e liquidate come in dispositivo. P.Q.M Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione, sostenute dal resistente, liquidate in L. 125.000 = euro 64,56, oltre L. 1.500.000, per onorario di avvocato = euro 774,69. Così deciso in Roma, lì 6 dicembre 2001.