Cass_25_9_02_13929 Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, Sentenza del 25 settembre 2002 n. 13929 sul superamento della presunzione di buona fede dell'acquirente in caso di acquisto da chi non è più proprietario del bene quando ciò risulti dai registri immobiliari La massima L'usucapione decennale della proprietà di un immobile ha tra i suoi requisiti che l'acquisto "a non domino" sia avvenuto in buona fede, la quale si presume in base alla regola generale dell'art. 1147 c.c. Tuttavia può essere fornita prova contraria basata anche su altre, semplici presunzioni: per esempio il requisito della buona fede non sussiste quando il titolo dell'acquisto contenga elementi che consentano con la normale diligenza di escludere o dubitare della titolarità in capo all'alienante del diritto trasferito. Perciò la presunzione di buona fede può essere esclusa in tutti i casi in cui l'acquirente sia stato posto in grado di accertare o comunque dubitare che l'alienante non fosse proprietario del bene attraverso opportuna verifica catastale (Cass. n. 4215/87, n. 7278/92) o nei registri nei quali è effettuata la trascrizione di determinate alienazioni o delle relative domande giudiziali (Cass. n. 3239/94). Nel caso in questione l'alienante, prima della vendita, aveva perso la titolarità del bene a seguito di domanda di riscatto agrario regolarmente trascritta ed accolta con sentenza passata in giudicato. La sentenza REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Vincenzo CALFAPIETRA - Presidente - Dott. Alfredo MENSITIERI - Rel. Consigliere - Dott. Roberto Michele TRIOLA - Consigliere - Dott. Carlo CIOFFI - Consigliere - Dott. Lucio MAZZIOTTI DI CELSO - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: Bertocchi Eugenio, Bertocchi Giuseppe, Bertocchi Gabriella, Bertocchi Angiolino, gli ultimi tre in qualità di eredi di Bertocchi Luigi, elettivamente domiciliati in Roma Lungotevere Delle Navi 30, presso lo studio dell'avvocato Federico Sorrentino, che li difende, per procura speciale del Dott. Angelo Vanoli notaio in Montichiari del 22/5/00 n. rep. per il primo 57323, per il secondo n. rep. 57324, per la terza n. rep. 57325, per il quarto n. rep. 57325; - ricorrenti - contro Boldini Angela, Boldini Luigi, elettivamente domiciliati in Roma Lungre Dei Mellini 51, presso lo studio dell'avvocato Giorgio Ghia, che li difende unitamente all'avvocato Giovanni Battista Guerreschi, giusta delega in atti; - controricorrenti - avverso la sentenza n. 111/00 della Corte d'Appello di Brescia, depositata il 17/02/00; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/05/02 dal Consigliere Dott. Alfredo Mensitieri; udito l'Avvocato Francesca Sorrentino, per delega dell'Avv. Federico Sorrentino, depositata in udienza, difensore dei ricorrenti che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Libertino Alberto Russo che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il 5 settembre 1975 la Fenotti s.p.a. vendeva alla Maionchi s.p.a. un fondo agricolo in Montichiari. Luigi ed Angelo Boldini, con atto di citazione trascritto il 18.10.1976 contro la Maionchi s.p.a., proponevano, presso il Tribunale di Brescia, domanda di riscatto agrario che veniva accolta con sentenza passata in giudicato dalla Corte d'Appello bresciana in data 27.2-10.5.1985. Peraltro, in data 14.2.1979 la Maionchi s.p.a. aveva venduto a Bertocchi Luigi ed Eugenio, con atto trascritto al n. 4806/79, il fondo che era stato oggetto di riscatto da parte dei Boldini. Passata in giudicato la sentenza con la quale era stata accolta la domanda di riscatto, i Boldini facevano alla Maionchi s.p.a. offerta reale del prezzo, che veniva rifiutata da detta società. I Boldini allora convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lucca, la stessa Maionchi perchè fosse dichiarata valida tale offerta di pagamento effettivo del prezzo del fondo rurale in questione. Eccepita dalla convenuta l'invalidità dell'offerta ed interrotta la causa a seguito del fallimento della Maionchi, in data 3.6.1994 il Tribunale Fallimentare di Lucca autorizzava il curatore a transigere la controversia a condizione che il fallimento ricevesse la somma di L. 30.429.000, che la curatela rilasciasse quietanza per la trascrizione dell'avveramento della condizione sospensiva, che vi fosse rinuncia agli atti della causa di convalida dell'offerta reale. Con atto notificato il 2 gennaio 1995 i Bertocchi convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Brescia, i Boldini chiedendo, in via principale, che fosse dichiarata inefficace nei loro confronti la trascrizione della citazione del 18.10.76 con la quale era stato promosso il giudizio di riscatto da parte dei Boldini; in subordine che fosse dichiarata l'usucapione in loro favore ex art. 1059 c.c. del fondo agricolo in discorso. Con citazione notificata il 7 luglio 1995 i Boldini, a loro volta, convenivano in giudizio, dinanzi allo stesso Tribunale i Bertocchi perchè costoro fossero condannati a rilasciare immediatamente il fondo rustico in questione ed altresì a pagare la somma di L. 75.000.000 a titolo di corrispettivo per il godimento dello stesso. Con sentenza n. 247/1997 il Tribunale bresciano, riunite le due cause, respingeva integralmente le domande proposte dai Bertocchi, condannava costoro al rilascio immediato del fondo, disponendo altresì la separazione delle cause per decidere sulla domanda di condanna al pagamento di una somma per il godimento del fondo medesimo. Proponevano gravame i Bertocchi con due distinti atti, il primo avverso la pronuncia relativa al procedimento da essi instaurato con citazione del 2.1.95 ed il secondo contro la pronuncia relativa alla citazione Boldini del 7 luglio dello stesso anno. Riuniti i procedimenti la Corte d'Appello di Brescia, con sentenza 19.1-17.2.2000, rigettava entrambi i gravami e condannava gli appellanti alle maggiori spese del grado. Avverso tale decisione proponevano ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, Eugenio, Giuseppe, Gabriella e Angiolino Bertocchi, gli ultimi tre in qualità di eredi di Luigi Bertocchi. Resistevano i Boldini con controricorso. La rinuncia al ricorso da parte di Giuseppe e Gabriella Bertocchi, con atto depositato il 24 maggio 2001, non veniva accettata dai controricorrenti, mentre Eugenio ed Angiolino Bertocchi dal canto loro, persistevano nella proposta impugnazione. La causa pertanto, rimessa a questa Corte in camera di Consiglio ai sensi dell'art. 375 con richiesta di estinzione del giudizio da parte del P.G., veniva rimessa al Presidente titolare della Sezione che fissava per la trattazione l'odierna pubblica udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di ricorso, si denunzia, in riferimento all'art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 8, sesto e ottavo comma della legge n. 590 del 1965, in combinato disposto con l'art. unico della legge n. 2 del 1979 e degli artt. 1208 e segg c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. Osservano i ricorrenti che, essendo in tema di prelazione agraria l'effetto acquisitivo della proprietà del fondo sottoposto alla condizione sospensiva dell'effettivo pagamento del prezzo o, nel caso di rifiuto del venditore, dell'offerta reale e del deposito liberatorio della somma dovuta nel rispetto del termine e delle forme previste dalla legge, discendendo dall'inosservanza delle disposizioni in materia la decadenza dalla prelazione con conseguente preclusione del riscatto, evidente era, contrariamente a quanto invece ritenuto dalla Corte del merito, l'interesse di essi Bertocchi, che avevano indubbiamente acquisito la proprietà del terreno ed erano stati mantenuti estranei al giudizio per il riconoscimento del diritto al riscatto, a far valere la decadenza dei Boldini dalla prelazione medesima. E nella specie, per l'appunto, l'obbligo del prelazionante di pagare il prezzo entro il termine previsto dall'art. 8 della legge n. 590/1965 (scaduto il 17 febbraio 1991) non era stato rispettato, stante la mancata accettazione della Maionchi e l'impossibilità di collegare alcun effetto liberatorio all'offerta reale e al deposito della somma, in ragione del mancato rispetto delle condizioni previste dalla legge. L'affermazione secondo cui essi Bertocchi non erano in alcun modo legittimati ad interloquire sulla decisione del curatore fallimentare di transigere la causa con i Boldini ometteva inoltre, di considerare che in pendenza del giudizio per l'accertamento dell'eventuale validità dell'offerta di pagamento del prezzo, essi ricorrenti erano comunque titolari di un diritto sul fondo nascente dall'atto di compravendita sia pur sottoposto "ex lege" a condizione risolutiva, mentre tale circostanza trascurata, prima ancora che dal giudice d'appello, dallo stesso curatore del fallimento, rendeva la transazione del tutto loro inopponibile, stante l'invalidità dell'atto con cui si era disposto di un diritto di cui la società cedente non era più titolare e non potendosi attribuire alcun valore sanante, in loro danno, all'atto di quietanza del curatore fallimentare. È infondato. Innanzi tutto i ricorrenti, pur richiamando la normativa in tema di riscatto agrario, hanno, in violazione del disposto di cui all'art. 366 n. 4 c.p.c., semplicemente enunciato il mancato rispetto da parte dei prelazionanti Boldini delle condizioni previste dalla legge onde evitare la preclusione del diritto al riscatto, senza spiegare le ragioni delle dedotte violazioni di legge e senza specificare i motivi della "impossibilità di collegare alcun effetto liberatorio all'offerta reale ed al deposito della somma" nell'ambito di un giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Lucca ad al quale essi Bertocchi erano rimasti estranei. Ebbene proprio in base a tale "estraneita'" correttamente il giudice d'appello poichè la posizione giuridica degli attuali ricorrenti, in quanto aventi causa dalla Maionchi s.p.a., dipendeva dalla sorte della predetta ha ritenuto gli stessi privi di autonoma legittimazione ad interloquire sulla decisione del curatore fallimentare (subentrato nella posizione giuridica della suddetta societa') debitamente autorizzato dal Tribunale fallimentare a transigere la causa proposta dai Boldini contro la società medesima, poi fallita. Con la conseguenza che gli stessi Bertocchi non avevano più alcun titolo giuridico a rimanere nel possesso del fondo agricolo in quanto di proprietà dei Boldini (i quali avevano trascritto la loro domanda di riscatto prima della vendita del medesimo, fondo agli attuali ricorrenti), avendo i prelazionanti esercitato un valido riscatto ed avendo pagato il prezzo, accettato dal riscattato a seguito della operata transazione, ad essi ricorrenti pienamente opponibile. Con il secondo mezzo si deduce sempre in riferimento all'art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 1159 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su altro punto decisivo della controversia. Osservano i ricorrenti che dalla trascrizione del precedente acquisto non discenderebbe la presunzione legale di conoscenza dell'atto, bensì la mera conoscibilità dello stesso con la conseguenza - opposta a quella cui era giunta la Corte del merito - che, intervenuta la trascrizione, il successivo acquirente non potrebbe esser ritenuto, solo per questo, in mala fede, non comportando tale circostanza che quest'ultima debba "a priori" essere ritenuto in colpa grave per non aver previamente consultato i registri immobiliari, occorrendo, al contrario e, secondo i principi generali, che l'indagine sulla sussistenza e sul grado della colpa sia condotta dal giudice caso per caso tenendo conto della categoria sociale, della professione ed attività dell'agente e di tutte le altre specifiche circostanze. Indagine che, ove svolta nel caso di specie, avrebbe facilmente consentito, ad avviso dei Bertocchi, di riscontrare la sussistenza di tutti i requisiti dell'usucapione decennale, ivi compresa la buona fede,non potendosi neppur ricavare un effetto interruttivo dell'usucapione medesima dalle lettere richiamate in sentenza, prive d'intestazione e, con un'unica eccezione, anche di sottoscrizione, non notificate e nemmeno indirizzate ad essi ricorrenti. La censura non ha pregio. L'usucapione decennale della proprietà di un immobile, regolata dall'art. 1159 c.c., tra i suoi requisiti necessari contiene quello che l'acquisto "a non domino" sia avvenuto in buona fede. In questo caso la fattispecie richiamata è quella dell'art. 1147 c.c., il quale pone a favore del possessore la presunzione della sua buona fede. Tuttavia questa presunzione (la quale può essere vinta dalla prova contraria basata anche su semplici presunzioni - Cass. n. 4374/79) non toglie che, allorquando il titolo dell'acquisto contenga elementi idonei per consentire con la normale diligenza di escludere o comunque dubitare della titolarità in capo all'alienante del diritto trasferito, il requisito della buona fede non sussiste ai fini del compimento dell'effetto acquisitivo. Nella giurisprudenza di questa Corte da tale premessa è stata ricavata la conclusione che la presunzione di buona fede nell'acquisto può essere superata in tutti i casi in cui l'acquirente sia stato posto in grado di accertare o comunque dubitare che l'alienante non fosse proprietario del bene attraverso opportuna verifica catastale della corrispondenza tra il diritto trasferito e quello ricevuto dal suo dante causa (Cass. n. 4215/87, n. 7278/92). A questa fattispecie può essere assimilata quella nella quale la verifica indicata può essere compiuta anche attraverso altri strumenti di pubblicità costituiti dai registri nei quali è effettuata la trascrizione di determinate alienazioni o delle relative domande giudiziali (Cass. n. 3239/94). Nella specie, come si evince in particolare dalla pronunzia del primo giudice interamente condivisa dal giudice d'appello, tale agevole controllo era stato omesso, pur rientrando esso nel normale dovere di diligenza, dovere di certo non adempiuto dal mero affidamento eventualmente riposto dagli acquirenti Bertocchi solo sulla base di affermazioni di stile quali quella contenuta nell'atto di compravendita stipulato con la Maionchi s.p.a.. E tale mancanza di diligenza era tanto più rilevante in considerazione del fatto che la vendita riguardava un fondo rustico da poco acquistato dalla società venditrice (nella zona e nell'ambiente degli agricoltori, al quale appartenevano entrambe le parti, era infatti notoria la frequenza di azioni di riscatto, con la conseguente notorietà delle relative azioni nell'ambiente stesso). Tale valutazione, preclusiva della invocata usucapione decennale e pertanto di ogni disquisizione su eventuali effetti interruttivi della disconociuta prescrizione acquisitiva, consegue a indagine di fatto del giudice del merito che non può esser censurata in sede di legittimità, se immune, come nel caso in esame, da vizi logici ed errori di diritto (Cass. n. 3792/68, n. 2468/69, n. 2961/71, n. 3239/94, cit.). Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va respinto nella sua integralità, con la condanna dei ricorrenti, in solido, alle spese di questo giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore di Boldini Angelo e di Boldini Luigi, delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 274,76 oltre ad euro 1.800,00 per onorari. Roma 9 maggio 2002. DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 25 SETTEMBRE 2002