Cass_20_8_02_12259 Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, Sentenza del 20 agosto 2002 n. 12259 sui legittimati all'azione di nullità della deliberazione dell'assemblea condominiale che modifichi a maggioranza una tabella millesimale contrattualmente approvata La massima Nell’accertamento della nullità di una delibera dell'assemblea condominiale che modifichi a maggioranza una tabella millesimale contrattualmente approvata è legittimato attivamente ciascun condomino. Passivamente, è legittimato solo l'amministratore senza necessità di partecipazione al giudizio dei singoli condomini. Questi ultimi sono parti necessarie solo rispetto alla diversa azione diretta ad ottenere modifiche in sede giudiziale della tabella millesimale. La domanda giudiziale diretta a conseguire la pronunzia di invalidità della tabella millesimale approvata contrattualmente è infatti diversa rispetto alla domanda concernente l'impugnazione della delibera assembleare per la ripartizione delle spese del servizio di riscaldamento, per quanto applicante una tabella millesimale approvata a maggioranza e non all'unanimità del partecipanti al condominio. Differente è anche la legittimazione passiva che, nel primo caso, spetta a tutti i condomini mentre nella seconda ipotesi è dell'amministratore il quale è sempre legittimato a resistere contro le impugnazione delle deliberazioni assunte dall'assemblea . La sentenza REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Vincenzo CALFAPIETRA - Presidente - Dott. Alfredo MENSITIERI - Consigliere - Dott. Vincenzo COLARUSSO - Consigliere - Dott. Giovanni SETTIMJ - Consigliere - Dott. Lucio MAZZIOTTI DI CELSO - Rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: Genovesi Lea, elettivamente domiciliata in Roma viale Delle Milizie 1, presso lo studio dell'avvocato Vittorio Cirotti, che la difende, giusta delega in atti; - ricorrente - contro Cond. via Segesta 10 via Eraclea 3 Roma, in persona dell'Amm.re p.t. Schillaci Fiorella, elettivamente domiciliato in Roma P.zza Dante 12, presso lo studio dell'avvocato Ennio Trani, che lo difende, giusta delega in atti; - controricorrente - avverso la sentenza n. 1149/99 della Corte d'Appello di Roma, depositata il 14/04/99; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/03/02 dal Consigliere Dott. Lucio Mazziotti Di Celso; udito l'Avvocato Cirotti Vittorio, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Dario Cafiero che ha concluso per l'accoglimento del 2. motivo del ricorso, rigetto nel resto. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il condominio di via Segesta 10 in Roma impugnava la sentenza 4/3/1997 con la quale il tribunale di Roma, in accoglimento della domanda di Genovesi Lea, aveva dichiarato la nullità della delibera condominiale in data 12/9/1995 confermativa della nuova ripartizione millesimale delle spese del servizio di riscaldamento. L'appellante, tra l'altro, chiedeva che fosse dichiarata inammissibile la detta domanda sostenendo che la Genovesi avrebbe dovuto agire nei confronti di tutti i condomini. L'appellata, costituitasi, chiedeva il rigetto dell'impugnazione. La Corte di Appello di Roma, con sentenza 14/4/1999, dichiarava la nullità dell'impugnata decisione e rimetteva la causa davanti al tribunale per l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini. Osservava la corte di merito: che nella fattispecie era stata impugnata la determinazione delle tabelle millesimali fatta dall'assemblea; che, pertanto, per l'integrità del contraddittorio era necessaria la citazione in giudizio di tutti i condomini, titolari esclusivi dei singoli rapporti di natura obbligatoria e reale che da tale ripartizione millesimale derivavano; che, di conseguenza, doveva essere dichiarata la nullità della sentenza di primo grado con rimessione della causa davanti al tribunale per l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini. La cassazione della detta sentenza della Corte di Appello di Roma è stata chiesta da Genovesi Lea con ricorso affidato a due motivi. Il condominio intimato ha resistito con controricorso illustrato da memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di ricorso Genovesi Lea denuncia violazione dell'articolo 112 c.p.c. sostenendo che la corte di merito è incorsa nel vizio di extrapetizione per aver pronunciato fuori dai limiti di quanto richiesto dal condominio in sede di appello. Il condominio, infatti, nel primo motivo di gravame, aveva chiesto dichiararsi "Inammissibile anche per difetto di legittimazione passiva del condominio e comunque rigettare la domanda proposta da Genovesi Lea". La Corte di Appello ha invece dichiarato "la nullità dell'impugnata sentenza". Il motivo è infondato posto che, come è noto, la nullità della sentenza pronunciata in contraddittorio non integro può essere rilevata di ufficio anche in sede di legittimità. Pertanto; pur in mancanza di impugnazione sul punto, il giudice di appello deve, anche di ufficio, accertare l'integrità del contraddittorio in primo grado e, in caso negativo, deve annullare la sentenza e rimettere la causa al primo giudice a norma dell'articolo 354 c.p.c. Con il secondo motivo di ricorso la Genovesi, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 1137 c.c. in relazione all'articolo 112 c.p.c., deduce che essa ricorrente impugnando la delibera assembleare del 12/9/1995 in punto approvazione del consuntivo riscaldamento 1994/95, non ha inteso sindacare la determinazione delle tabelle millesimale fatta dall'assemblea, come erroneamente ritenuto dalla Corte di Appello, ma ha voluto impugnare una delibera invalida per la ripartizione delle spese del servizio di riscaldamento mediante l'utilizzo di una tabella millesimale approvata a maggioranza e non all'unanimità del partecipanti al condominio. Per l'impugnazione di una delibera invalida unico legittimato passivo è l'amministratore del condominio senza necessità di partecipazione al giudizio dei singoli condomini. Nella specie oggetto del contendere è soltanto la delibera invalida e non la determinazione delle tabelle millesimali. Il motivo è fondato. Occorre premettere che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, va tenuta distinta l'ipotesi in cui viene lamentato l'omesso esame di una domanda (o la pronuncia su una domanda non proposta) da quella in cui si censura l'interpretazione data alla domanda stessa, ritenendosi in essa compresi, o esclusi, alcuni aspetti della controversia in base ad una considerazione non condivisa dalla parte. Nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell'articolo 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale per la soluzione del quale la Corte di Cassazione ha il potere/dovere di procedere all'esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiestale. Nel secondo caso, invece, poichè l'interpretazione della domanda e l'individuazione della sua ampiezza e del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, ai giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (sentenze 20/3/1999 n. 2574; 19/10/1998 n. 10337; 14/1/1998 n. 272). Costituisce poi "ius receptum" che il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri qualcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione (petitum o causa petendi) attribuendo o negando a taluna delle parti un bene diverso da quello richiesto o non compreso nemmeno virtualmente o implicitamente nella domanda, o sostituendo l'azione espressamente o formalmente proposta con una diversa, fondata su altri fatti o su una differente causa petendi, con la conseguente introduzione nel processo di un distinto titolo, accanto a quello posto dalla parte a fondamento della domanda, o di un nuovo terna di indagine (tra le tante, sentenza 18/4/1996 n. 3670). Nella specie il giudice di appello non ha applicato correttamente i detti principi più volte affermati in giurisprudenza: la Corte ritiene sussistente la denunciata violazione dell'articolo 112 c.p.c.. Dalla lettura degli atti processuali - attività consentita in questa sede di legittimità attesa la natura (in procedendo) del vizio denunciato - con riferimento, in particolare, all'atto introduttivo del giudizio di primo grado come predisposto dalla Genovesi, risulta che quest'ultima aveva convenuto in giudizio il condominio, in persona dell'amministratore in carica, chiedendo la dichiarazione di nullità della "delibera assembleare del 12/9/1995 in ordine al punto 2) dell'o.d.g.". Con la impugnata delibera l'assemblea condominiale aveva approvato il consuntivo riscaldamento 1994/95, con la relativa ripartizione individuale secondo una tabella millesimale diversa da quella allegata al regolamento di condominio e non approvata all'unanimità. Ciò posto è evidente l'errore commesso dalla Corte di Appello nell'affermare che la Genovesi aveva impugnato "la determinazione delle tabelle millesimali fatta dall'assemblea". Al contrario con l'atto introduttivo del giudizio l'attrice si era limitata ad impugnare la delibera dell'assemblea condominiale relativa ai criteri di ripartizione delle spese di riscaldamento senza formulare alcuna richiesta di accertamento dì invalidità o di inefficacia di tabelle millesimali - previste dal regolamento di condominio o determinate in sede assembleare da tutti i condomini - sostenendo solo (a fondamento della domanda come formulata) che le spese di riscaldamento erano state ripartite secondo una diversa tabella non approvata all'unanimità. La Corte di Appello è quindi incorsa nel denunciato vizio di cui all'articolo 112 c.p.c. avendo sostituito alla domanda avanzata dalla Genovesi - avente ad oggetto la nullità di una delibera di ripartizione di oneri condominiali e, come tale, proponibile nei confronti del solo amministratore del condominio e non di tutti i condomini - un'altra domanda (non formulata) concernente l'impugnativa di una asserita (e non esistente nella specie) delibera di determinazione di tabelle millesimali. Bisogna altresì evidenziare che non si pone un problema di litisconsorzio necessario per ragioni sostanziali allorchè - come appunto nel caso in esame - l'oggetto del giudizio sia costituito esclusivamente dalla asserita nullità di deliberazioni di approvazioni di rendiconti e preventivi mentre la illegittimità della modifica o dell'aggiornamento delle tabelle millesimali venga dedotta solo coma causa petendi della domanda. È appena il caso di rilevare poi che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, la deliberazione dell'assemblea condominiale che modifichi a maggioranza una tabella millesimale contrattualmente approvata è inficiata da nullità per il cui accertamento sono legittimati attivamente, dal lato attivo, ciascun condomino e, passivamente, soltanto l'amministratore del condominio senza necessità di partecipazione al giudizio dei singoli condomini i quali sono parti necessarie esclusivamente rispetto alla diversa azione diretta ad ottenere modificazioni in sede giudiziale della tabella millesimale. La domanda giudiziale diretta a conseguire la pronunzia di invalidità della tabella millesimale approvata con atto negoziale è infatti diversa rispetto alla domanda concernente l'impugnazione della delibera assembleare che modifica la tabella: differente è anche la legittimazione passiva che, nel primo caso, spetta a tutti i condomini mentre nella seconda ipotesi è dell'amministratore il quale è sempre legittimato a resistere contro le impugnazione delle deliberazioni assunte dall'assemblea (in tali sensi sentenza 15/4/1994 n. 3542). In definitiva, al contrario di quanto affermato dalla Corte di Appello, la detta domanda giudiziale della Genovesi - correttamente avanzata verso il legittimato passivo, ossia l'amministratore del condominio - non doveva essere necessariamente proposta nei confronti di tutti gli altri condomini. Pertanto, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Roma la quale, uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati, provvederà a nuovo esame della controversia. Il designato giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma. Roma 14 marzo 2002. DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 20 AGOSTO 2002