Cassazione civile, SEZIONE II, 20 maggio 1997, n. 4464 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE Composta dagli Ill. mi Sigg. Magistrati: Dott. Francesco FAVARA Presidente" Vittorio VOLPE Consigliere" Vincenzo CARNEVALE Rel. "" Renato SANTILLI "" Francesco CRISTARELLA ORESTANO "ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RAMPOGNA ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA P. zzaCavour c-o CANC. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, difeso dall'avvocatoAUGUSTO ZAMBET, giusta delega in atti; RicorrentecontroMESTRE GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA P. ZZA DELPARADISO 55, presso lo studio dell'avvocato NICOLA STAFFA, che lodifende unitamente all'avvocato FABRIZIO FURLANETTO, giusta delega inatti; Controricorrenteavverso la sentenza n. 756-93 della Corte d'Appello di VENEZIA,depositata il 26-05-96; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del03-12-93 dal Relatore Consigliere Dott. Vincenzo CARNEVALE; udito l'Avvocato AUGUSTO ZAMBET difensore del ricorrente che hachiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P. M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARLO DE GREGORIO che ha concluso per il rigetto del ricorso. Fatto Su ricorso di Antonio Rampogna il Presidente del Tribunale di Treviso, con decreto del 9 aprile 1984 notificato il 18 maggio 1984, ingiungeva a Giorgio Mestre il pagamento di lire 2. 782. 855 oltre accessori, quale saldo del prezzo della fornitura di lastre in marmo destinate alla pavimentazione della sua abitazione. Giorgio Mestre proponeva opposizione. Contestava i notevoli vizi (delle lastre fornite, di marmo "rosso Svezia" che avevano presentato vistose macchie nere contrastanti con il resto della pavimentazione), che il Rampogna aveva non solo riconosciuto ma tentato inutilmente di eliminare utilizzando un acido. Il convenuto, costituitosi in giudizio, contestava le pretese dell'attore, in quanto intempestive, assumendo in particolare che il Mestre mai aveva contestato la merce, ma anzi aveva corrisposto un cospicuo acconto che certamente non avrebbe versato se fossero realmente esistiti i difetti contestati. Venivano espletate una consulenza tecnica e la prova per testimoni. Il Tribunale, con sentenza dep. il 5 luglio 1989, in accoglimento dell'opposizione revocava il decreto ingiuntivo; dichiarava il convenuto tenuto al risarcimento dei danni, per i vizi del marmo fornito, che quantificava in lire 5. 200. 000 e conseguentemente, operata la compensazione del credito dell'opposto ammontante alla somma rivalutata in lire 3. 370. 000, condannava Antonio Rampogna a corrispondere a Giorgio Mestre la somma di lire 1. 830. 000 con gli interessi legali dal 4 ottobre 1984 al saldo. Il Tribunale (per quanto interessa in questa sede) riteneva: - che l'opposto non poteva invocare il mancato rispetto dei termini di cui all'art. 1495 c. c. , perché, in base alle testimonianze assunte, non solo la denunzia era stata tempestiva ma in ogni caso il venditore aveva riconosciuto i vizi; che, nonostante l'opponente avesse chiesto nelle conclusioni l'adempimento in forma specifica, in tale richiesta si poteva certamente comprendere la condanna al risarcimento per equivalente, come previsto dall'art. 2058 c. c. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza dep. il 26 maggio 1993, rigettava l'appello proposto da l Rampogna; accoglieva l'appello incidentale proposto da l Mestre e condannava il Rampogna a corrispondere a Giorgio Mestre la somma di lire 5. 427. 855, con gli interessi legali su lire 2. 278. 000 dal 4. 10. 84 al saldo, nonché dal 2. 1. 85 al saldo su lire 3. 149. 855. La Corte riteneva: - che contrariamente a quanto sostenuto dal Rampogna anche nella seconda fase del giudizio l'opponente aveva denunciato i vizi nel termine previsto dall'art. 1495 c. c. ed i vizi erano stati riconosciuti dallo stesso venditore; che il Mestre già con l'atto di opposizione aveva inteso ottenere in ogni caso, oltre all'adempimento in forma specifica, il ristoro dei danni subiti; che le spese per il rifacimento del pavimento in questione, riconosciute dal Tribunale in accoglimento della proposta opposizione, costituivano appunto il danno subito dal Mestre per i vizi denunciati; che le dette spese andavano riconosciute ai sensi dell'art. 1494 c. c. senza necessità di ricorrere alla norma dell'art. 2058 c. c. , alla quale aveva fatto riferimento la sentenza impugnata. Antonio Rampogna ricorre per cassazione deducendo due motivi. Ha depositato memoria. Giorgio Mestre resiste con controricorso. Diritto Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 1495 e 2697 c. c. nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia; in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c. p. c. Sostiene che in appello era stato documentalmente provato che le forniture erano avvenute con bolle n. 42 dell'11. 3. 1980 e n. 67 del 15. 5. 1980, mentre la fattura n. 121 del 27. 5. 1981 non riguardava una ulteriore consegna di marmi ma solo una differenza prezzi delle due forniture; che l'acquirente non ha fornito la prova della denunzia dei vizi entro l'anno dalla consegna; che la Corte di Appello ha ritenuto tempestiva la denunzia perché fatta subito dopo la lucidatura, senza motivare sul punto del termine dell'anno da calcolare dalla consegna, ed ha inoltre parificato l'intervento dopo la lucidatura del pavimento ad un riconoscimento dei vizi; che anche ammettendo in ipotesi un riconoscimento dei vizi l'azione del compratore era prescritta, non avendo la controparte dimostrato l'avvenuto riconoscimento entro l'anno dalla consegna. Il motivo non è fondato. A norma del terzo comma dell'art. 1495 c. c. l'azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna; ma il compratore, che sia convenuto per l'esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunciato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell'anno dalla consegna. Nella specie dal Rampogna venditore fu chiesto al Mestre, con il ricorso per decreto d'ingiunzione, il saldo del prezzo della fornitura di lastre di marmo. Il Mestre compratore convenuto in senso sostanziale fece valere con la proposta opposizione la garanzia per i vizi della cosa. Detta denunzia postulava la "denunzia" dei vizi nei termini previsti. Orbene, per giurisprudenza di questa Corte, il riconoscimento dei vizi della cosa venduta da parte del venditore che rende superflua la denunzia dei vizi stessi o la comunicazione della denunzia entro i prescritti termini non è soggetta ad una forma determinata e può esprimersi attraverso qualsiasi manifestazione, purché univoca e convincente, senza alcuna necessità che ad esso si accompagni l'ammissione di una responsabilità o l'assunzione di obblighi (cfr. , tra le altre, sent. 28. 10. 1986 n. 6326; 30. 1. 1990 n. 587; 12. 6. 1991 n. 6641; 30. 5. 1995 n. 6073). Il giudizio circa l'avvenuto riconoscimento dei vizi della cosa venduta da parte del venditore si sostanzia in un accertamento di merito incensurabile in sede di legittimità se immune da distorsioni logiche e da errori giuridici (giur. cit. ). La "superfluità " della denunzia "assorbe" la questione dei termini entro i quali la denunzia andava effettuata. Ciò posto, in ordine all'assunto per cui la fattura n. 121 del 27. 5. 1981 non riguarderebbe un ulteriore consegna di marmi ma solo una differenza prezzi, è sufficiente rammentare l'onere della prova a carico della parte e, in ordine alla dedotta prova documentale, il principio di autosufficienza del ricorso (cfr. Cass. 22. 3. 1993 n. 3356) che non consente a questa Corte indagini integrative. Va d'altra parte rilevato che la valutazione delle risultanze processuali e l'accertamento di fatto del giudice del merito sorretti da sufficiente e corretta motivazione in ordine alla denunzia (dei vizi) da parte dell'opponente nel termine previsto ed al riconoscimento dei vizi da parte dello stesso venditore (sent. fog. 7) si sottraggono al sindacato di legittimità . Non sussistono pertanto i denunciati vizi della motivazione e violazione e-o falsa applicazione delle indicate norme di diritto. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 112 c. p. c.; 1491, 1490, 1492, 1494, 1495 c. c. , nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo; in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c. p. c. Sostiene che la domanda iniziale di controparte, mai modificata, di esecuzione specifica, è stata erroneamente accolta dal Tribunale ex art. 2058 c. c. e dalla Corte di Appello ex art. 1494 c. c. , violando le cennate norme di diritto; che nell'azione ex art. 1494 c. c. viene in rilievo la colpa del venditore mentre il Rampogna ha provato di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa, in quanto le lastre vendute erano allo stato grezzo e non era possibile conoscerne a cromaticità prima della lucidatura; che la garanzia era esclusa ex art. 1491 c. c. , potendo il compratore lucidare le lastre e così conoscerne la cromaticità prima di metterle in opera; che la Corte di Appello ha omesso di valutare ex art. 1492, terzo comma c. c. che la cosa era stata trasformata (lastre di marmo grezzo trasformate in pavimento e lucidata), sicché il compratore poteva solo chiedere, per l'esistenza di difetti, la riduzione del prezzo e non altri rimedi o il risarcimento del danno. Replica il controricorrente di avere evidenziato, sin dall'atto di citazione in opposizione, che la domanda, così come formulata, era diretta ad ottenere il risarcimento dei danni. Il motivo non è fondato. È sufficiente rammentare che l'interpretazione della domanda, diretta a determinare la volontà della parte, rientra nella attività del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità , salvo che si traduce in un "error in procedendo"; che, nella interpretazione della domanda va fatto riferimento alla "effettiva volontà della parte" (cfr. tra le altre, Cass. 25. 5. 1983 n. 3618; 14. 10. 1986 n. 6015 24 3. 1987 n. 2857). La Corte di Appello (sent. fog. 8) ha fatto puntuale riferimento ai cennati principi di diritto ed ha ritenuto che il Mestre intese inequivocabilmente ottenere in ogni caso, oltre all'adempimento in forma specifica, il ristoro dei danni subiti ed a norma dell'art. 1494 c. c. , ha accolto la domanda (cfr. Cass. 30. 7. 1983 n. 5245). Non sussiste pertanto ex art. 112 c. p. c. il vizio di ultrapetizione ovvero di extrapetizione. Essendo stata accolta la domanda sotto il profilo del risarcimento del danno non vengono in considerazione in relazione alla detta statuizione le diverse ipotesi di esclusione della garanzia e gli effetti della garanzia, di cui agli artt. 1491 e 1492 c. c. Rimane la questione della colpa del venditore, che il ricorrente esclude. Orbene, ai fini del risarcimento dei danni al compratore per i vizi della cosa venduta, la norma dell'art. 1494 comma 1 c. c. pone una presunzione, a carico del venditore, di conoscenza di detti vizi, anche se occulti, per cui l'obbligo della garanzia va escluso soltanto se quest'ultimo fornisca la prova liberatoria nella norma stessa prevista, di avere ignorato senza sua colpa i vizi in questione (cfr. Cass. 11. 5. 1984 n. 2891; 26. 4. 1991 n. 4564 che precisa, nella valutazione degli elementi di prova contrari alla presunzione anzidetta, deve il giudice del merito avere riguardo alla diligenza impiegata dal venditore nella verifica dei vizi, con riguardo alla specifica attività esercitata (art. 1176 comma 1 c. c. ); Cass. 19. 7. 1995 n. 7863). Nella specie la Corte di Appello ha rilevato la mancanza della prova liberatoria a carico del venditore ed ha fatto altresì riferimento alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, che aveva tra l'altro evidenziato la "mancata eliminazione della corteccia" dalle lastre di marmo. Sono accertamenti e valutazioni di fatto che si sottraggono al sindacato di legittimità e che, per altro, trovano conferma nelle argomentazioni del ricorrente medesimo, (posto che questi pretende di avere ignorato senza colpa i vizi delle lastre di marmo vendute allo stato grezzo ed addebita al compratore, ai fini della esclusione della garanzia, la mancata lucidatura delle lastre di marmo "prima" della messa in opera. È evidente che trattasi viceversa di diligenza, nella verifica dei vizi, semmai a carico del venditore (sent. 1991-n. 4564 cit. ). Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese di questo giudizio. P. Q. M La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente Antonio Rampogna a rimborsare, al controricorrente Giorgio Mestre, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in lire 181. 150 oltre lire 1. 000. 000 per onorario di avvocato. Così deciso in Roma il 3. 12. 1996.