Cass_1_7_02_9555 Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Sentenza del 1° luglio 2002 n. 9555 sulla competenza del giudice ordinario nelle controversie aventi per oggetto il rispetto delle distanze nella construzione di edifici La massima La violazione delle norme in materia di distanze colpisce un diritto soggettivo. Pertanto, la competenza é del giudice ordinario. Nei rapporti tra privati non può porsi mai una questione di giurisdizione. Ciò, perché, la posizione di interesse legittimo è configurabile e tutelabile esclusivamente rispetto all’esercizio del potere della pubblica amministrazione, che in tali controversie non è parte. La sentenza REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo BALDASSARRE - Primo Presidente f.f. -
Dott. Rafaele CORONA - Presidente di Sezione -
Dott. Giovanni PRESTIPINO - Consigliere -
Dott. Erminio RAVAGNANI - Consigliere -
Dott. Antonino ELEFANTE - Consigliere -
Dott. Roberto PREDEN - Consigliere -
Dott. Giandonato NAPOLETANO - Rel. Consigliere -
Dott. Ugo VITRONE - Consigliere -
Dott. Roberto Michele TRIOLA - Consigliere -
ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da:
Immobiltiberio s.r.l. in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro - tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Lucrezio Caro 62, presso lo studio dell'avvocato Simone Ciccotti, che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso; - ricorrente - contro Boldrini Dino, Bianchi Anna, elettivamente domiciliati in Roma, via Delle Quattro Fontane 10, presso lo studio dell'avvocato Lucio Ghia, che li rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso; - controricorrenti -  avverso la sentenza n. 490/00 della Corte d'Appello di Bologna, depositata il 18/04/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/03/02 dal Consigliere Dott. Giandonato Napoletano;
uditi gli Avvocati Simone Ciccotti, Antonio Colella, per delega dell'avvocato Lucio Ghia;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. Domenico Iannelli che ha concluso per il rigetta del primo motivo, giurisdizione dell'A.G.O., rinvio per il resto a sezione semplice. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Dino Boldrini ed Anna Bianchi, in riassunzione di un giudizio per denuncia di nuova opera iniziato innanzi al Pretore di Rimini con atto di citazione notificato il 15 settembre 1995, convennero innanzi al Tribunale del luogo la Immobiltiberio s.r.l., con sede in Rimini, per sentirla condannare ad arretrare la costruzione realizzata in violazione della distanza di mt. 10 dalla parete finestrata del proprio fabbricato, prescritta dall'art. 4.04 del P.R.G. di Rimini, che rinviava all'art. 9 D.M. 2 aprile 1968, n. 444.
Resisté alla domanda la convenuta, adducendo che, poiché sia le pertinenti disposizioni legislative sia la richiamata norma regolamentare dovevano essere interpretate nel rispetto dei principi di uguaglianza e di reciprocità, una volta rispettato il limite di 5 mt. dal confine stabilito dall'art. 403 del P.R.G., non si poteva pretendere anche l'osservanza dell'ulteriore limite di dieci metri tra fabbricati imposto dall'art. 4.04 dello stesso Piano, poiché tale norma non poteva avere l'effetto di riconoscere agli attori, il cui fabbricato non era di regola con detta, sopravvenuta disciplina regolamentare, l'ulteriore beneficio di accrescere l'amenità della loro proprietà a discapito di quella del confinante, mediante costituzione non onerosa di una servitus non aedificandi.
L'adito Tribunale, in accoglimento della domanda, condannò la convenuta a demolire quanto edificato a distanza inferiore a quella di mt. 10 dal fabbricato degli attori e la Corte d'Appello di Bologna, a seguito di gravame interposto dalla soccombente società, con sentenza resa in data 18 aprile 2000 ha confermato la decisione del Tribunale.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Immobiltiberio s.r.l., affidandosi a tre motivi, col primo dei quali denuncia il difetto di competenza giurisdizionale dell'A.G.O., per essere competente il G.A..
Resistono con controricorso Dino Boldrini ed Anna Bianchi.
In considerazione del primo motivo, il ricorso è stato assegnato a queste Sezioni Unite.
Vi sono memorie illustrative per entrambe le parti. MOTIVI DELLA DECISIONE Col primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata ai sensi dell'art. 360, n. 1°, cod. proc. civ., per essere stata, la stessa, pronunciata nel difetto di potere giurisdizionale da parte dell'A.G.O., adducendo che erroneamente la Corte d'Appello ha ritenuto sussistente un diritto soggettivo all'osservanza della distanza tra le costruzioni in capo al vicino che abbia costruito per primo, quando, come nel caso in esame, la nuova costruzione rispetti la distanza di cinque metri dal confine.
Sostiene, all'uopo, la ricorrente che l'A.G.O. sarebbe competente a conoscere solo delle controversie relative al rispetto della distanza dal confine, tale distanza soltanto costituendo "la misura del diritto soggettivo tutelabile" innanzi ad essa, mentre dall'ulteriore prescrizione volta ad assicurare una distanza minima tra i fabbricati, dettata esclusivamente nell'interesse pubblico ad un migliore assetto del territorio, deriverebbe solo un interesse legittimo a favore del vicino, con la conseguente competenza giurisdizionale dell'A.G.A. a conoscere della controversia che abbia ad oggetto la violazione di tale prescrizione e che, in concreto, si risolve nella contestazione della sussistenza dei requisiti necessari per il rilascio della concessione. Per vero, la norma che pone tale prescrizione, a differenza dell’altra che prescrive la distanza tra fabbricati, non può ritenersi integrativa delle norme codicistiche in tema di distanze tra fabbricati.
Osserva questa Suprema Corte che la tesi sostenuta dalla ricorrente non può essere condivisa, dovendosi affermare la giurisdizione al giudice ordinario.
In via generale va ribadito il principio, più volte affermato da queste Sezioni Unite (cfr. sent. nn. 1276 del 1991, 3269 e 3270 del 1990, 362 del 1997 e 7396 del 1998), secondo cui le controversie tra proprietari di fabbricati vicini aventi ad oggetto questioni relative all’osservanza di norma che prescrivano distanze tra le costruzioni o rispetto ai confini appartengono alla competenza del giudice ordinario, poiché anche con riferimento a tali controversie deve farsi applicazione del principio secondo cui nei rapporti tra privati non può porsi mai una questione di giurisdizione. Ciò, perché, la posizione di interesse legittimo è configurabile e tutelabile esclusivamente rispetto all’esercizio del potere della P.A., che in tali controversie non è parte.
Né a discostarsi da tale condiviso insegnamento giurisprudenziale può valere il rilievo, fatto dalla ricorrente, secondo cui la domanda fondata sulla violazione della prescrizione relativa alla distanza tra fabbricati farebbe venire in rilievo la legittimità della concessione edilizia, perché, a prescindere dalla considerazione che in virtù di tale argomento dovrebbe essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine a qualsiasi controversia relativa ad inosservanza di distanze, anche rispetto ai confini, non essendo ragionevole stabilire un riparto di giurisdizione in ragione del punto di riferimento rispetto al quale la distanza deve essere osservata, risulta evidente che, ave, in realtà, si ponesse la questione della legittimità della concessione edilizia, il giudice ordinario potrebbe risolvere incidentalmente la questione, disapplicando eventualmente l'atto amministrativo.
La competenza giurisdizionale del giudice amministrativo va ritenuta, invece, se la controversia sia insorta tra il privato e la P.A., per avere, il primo, impugnato la concessione edilizia, al fine di ottenere l'annullamento nei confronti della seconda (cfr. Cass., SS. UU., 4 ottobre 1996, n. 8688).
Con specifico riferimento, poi, alle norme che regolano il caso in esame, devesi osservare che erroneamente la ricorrente opera una distinzione tra la norma posta dal punto 03 dell'art. 4 del P.R.G. di Rimini, che fissa un distacco minimo delle costruzioni, dovendosi, invece, ritenere che entrambe le norme abbiano di mira lo scopo di evitare dannose intercapedini tra edifici. Invero, la prima norma, essendo applicabile anche nell'ipotesi che nel fondo vicino non esista alcuna costruzione, assicura, che in tale ipotesi, eventuali futuri edifici sorgano a distanza, quanto meno, doppia di quella prescritta dal confine e, quindi, non in appoggio né in aderenza; la seconda, prescrivendo che in ogni caso tra due costruzioni vicine sia osservata la distanza minima di dieci metri, è volta a rafforzare la tutela assicurata dalla prima norma, garantendo in ogni caso congrue intercapedini.
Trattasi, dunque, di norme entrambe integrative delle norme codicistiche in tema di distanze, con la conseguenza che, ove il proprietario di un fondo lamenti la violazione di una di esse, viene sempre in rilievo un diritto soggettivo all'osservanza della distanza prescritta.
Il motivo esaminato va, dunque, rigettato, dovendosi affermare la giurisdizione del giudice ordinario.
Per l'esame degli altri motivi gli atti vanno rimessi al Primo Presidente di questa Corte, che provvederà all'assegnazione ad una sezione semplice, la quale deciderà anche nelle spese relative alla presente decisione. P.Q.M. La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il primo motivo e rimette gli atti per l'ulteriore corso, al Primo Presidente, che provvederà all'assegnazione del ricorso ad una sezione semplice.
Così deciso in Roma, addì 14 marzo 2002, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 1° LUGLIO 2002