Cassazione civile, SEZIONE II, 19 giugno 2000, n. 8294 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill. mi Sigg. ri Magistrati: Dott. Rafaele CORONA - Presidente -Dott. Roberto Michele TRIOLA - Consigliere - Dott. Lucio MAZZIOTTI DI CELSO - Rel. Consigliere -Dott. Ettore BUCCIANTE - Consigliere -Dott. Francesca TROMBETTA - Consigliere -ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: AGROMECCANICA DI CAFARELLI GEMMA & C SAS, in persona del suo leg. rappr. CAFFARELLI (*) GEMMA, elettivamente domiciliata in ROMA VIAPIERO FOSCARI 40, presso lo studio dell'avvocato COLAIACOVO VINCENZO,che la difende, giusta delega in atti; - ricorrente –contro MAGGI EDOVILIO, ERAMO IDA; - intimati -avverso la sentenza n. 377-97 della Corte d'Appello di L'AQUILA,depositata il 15-07-97; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del02-03-00 dal Consigliere Dott. Lucio MAZZIOTTI DI CELSO; udito l'Avvocato Vincenzo COLAIACOVO, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; udito il P. M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Stefano SCHIRÒ che ha concluso per il rigetto del ricorso. Fatto Con atto notificato il 19-11-1988 Maggi Edovilio ed Eramo Ida, premettendo di aver acquistato dalla s. a. s. Agromeccanica di Cafarelli Gemma e C un trattore ed altri attrezzi agricoli per il prezzo di L 16. 500. 000, convenivano in giudizio la società venditrice per sentir dichiarare risolto il contratto di fornitura per inadempimento degli obblighi derivanti dalla garanzia. La s. a. s. Agromeccanica, costituitasi, eccepiva la prescrizione annuale dell'azione e svolgeva domanda riconvenzionale per il pagamento del residuo prezzo di L 1. 500. 000. L'adito tribunale di Avezzano, con sentenza 26-1-1995, accoglieva la domanda degli attori e, dichiarato risolto il contratto di vendita in questione, condannava la convenuta alla restituzione del prezzo versato dagli acquirenti. Avverso la detta pronuncia la società soccombente proponeva gravame al quale resistevano gli appellati. La corte di appello de L'Aquila, con sentenza 15-7-1997, rigettava il gravame osservando: che, come era pacifico, nel periodo di garanzia la società appellante aveva dato incarico al meccanico Volpe Guido di riparare l'attrezzo agricolo venduto per eliminare gli inconvenienti lamentati dagli acquirenti; che ciò era avvenuto mediante la sostituzione di un riduttore di velocità ; che dette circostanze rappresentavano un chiaro riconoscimento dei vizi della cosa da parte della venditrice con la conseguenza che all'originaria obbligazione di garanzia si era sostituita, con efficacia novativa, una nuova obbligazione soggetta all'ordinaria prescrizione; che, malgrado la riparazione, il mezzo agricolo aveva conservato il suo difetto; che questa situazione di fatto, riferita dal teste Volpe, rendeva palese la qualità dei vizi della cosa compravenduta e dava pieno fondamento alla dichiarazione di risoluzione del contratto. La cassazione della sentenza della corte di appello de L'Aquila è stata chiesta dalla s. a. s. Agromeccanica con ricorso affidato a tre motivi. Maggi Edovilio ed Eramo Ida non hanno svolto attività difensiva in sede di legittimità . Diritto Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione del secondo comma dell'articolo 1495 c. c. , la società Agromeccanica deduce che essa ricorrente non aveva riconosciuto il vizio lamentato dagli acquirenti, ma si era attivata solo per contribuire ad un miglior funzionamento degli strumenti agricoli venduti limitandosi ad effettuare interventi (sostituzione di un pezzo) volti a verificare la fondatezza delle asserzioni dei compratori. Peraltro i presunti vizi indicati dagli acquirenti non erano di tal rilievo da poter giustificare la risoluzione del contratto di compravendita: piuttosto il cattivo funzionamento degli strumenti agricoli era dipeso dall'uso sbagliato che i compratori ne avevano fatto. Secondo la ricorrente, infine, l'interruzione della prescrizione opera solo quando il venditore non si limita a riconoscere i vizi, ma riconosce anche il diritto della controparte alla garanzia, il che nella specie non si è verificato. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia violazione del terzo comma dell'articolo 1495 c. c. deducendo che i giudici del merito non hanno considerato che l'azione esercitata dagli acquirenti era prescritta per essere stata promossa oltre il termine di un anno dalla consegna del secondo ed ultimo dei beni compravenduti. La Corte rileva l'infondatezza delle dette censure che - per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di trattazione e di motivazione - possono essere esaminate congiuntamente in quanto strettamente connesse ed interdipendenti e risolvendosi tutte, pur se titolate come violazione di legge, nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito e la cui motivazione al riguardo non è censurabile se - come appunto nel caso in esame - sufficiente ed esente da vizi logici e da errori di diritto: il sindacato di legittimità è sul punto limitato al riscontro estrinseco della presenza di una congrua ed esauriente motivazione che consenta di individuare le ragioni della decisione e l'iter argomentativo seguito nell'impugnata sentenza. Occorre premettere che, come è principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, qualora il venditore, tenuto per legge alla garanzia per vizi, riconosca la sussistenza di difetti della prestazione eseguita ed assuma, in luogo dell'obbligazione di garanzia rientrante nel contenuto dell'originario contratto, l'obbligo di eliminare i vizi stessi, si configura a carico di tale parte un'obbligazione nuova ed autonoma (rispetto a quella di garanzia) non soggetta ai termini di prescrizione e decadenza previsti dalla disciplina del contratto di vendita (articolo 1495 c. c. ) restando soggetta all'ordinaria prescrizione decennale. In particolare, a differenza del semplice riconoscimento del vizio o del difetto di qualità , che rende soltanto superflua la denunzia del compratore, il riconoscimento che il compratore faccia, verificatasi la decadenza, di vizi della cosa e l'impegno che egli assuma con la controparte di eliminarli, dà vita ad una nuova obbligazione con estinzione, per novazione, dell'obbligazione originaria. Il giudizio circa l'avvenuto riconoscimento dei vizi della cosa e l'impegno del venditore di eliminare detti vizi - il che può verificarsi anche per "facta concludentia" con l'esecuzione di riparazioni o di sostituzioni e con la predisposizione di un'attività diretta univocamente al conseguimento o al ripristino della piena e normale funzionalità dell'oggetto della vendita - si sostanzia in un accertamento di merito incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici e giuridici (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 5-5-1998 n. 4520; 29-8-1997 n. 8234; 20-2-1997 n. 1661). Nella specie la decisione impugnata è del tutto corretta e si sottrae alle critiche di cui è stata oggetto. La corte di appello ha proceduto ad un attento e puntuale esame delle risultanze istruttorie ed in particolare della prova testimoniale acquisita. All'esito di tale esame il giudice di secondo grado è giunto alla conclusione - come riportato nella parte narrativa che precede - che: a) la società venditrice aveva dato incarico ad un meccanico di riparare l'attrezzo agricolo venduto per eliminare i difetti lamentati dagli acquirenti e che ciò era avvenuto mediante sostituzione di un pezzo di detto attrezzo; b) che con tale comportamento la venditrice aveva riconosciuto i vizi sostituendo all'originaria obbligazione di garanzia una nuova obbligazione; c) che il mezzo agricolo, anche dopo la riparazione, aveva conservato il suo difetto; c) (*) che la qualità dei vizi giustificava la risoluzione del contratto. La corte territoriale - che ha correttamente desunto dal comportamento della società venditrice il riconoscimento dei vizi della cosa alienata e l'impegno di eliminarli - è pervenuta a conclusioni che, per un verso, costituiscono esatta applicazione dei principi di diritto fissati dalla cennata giurisprudenza di questa Corte e, per altro verso, sono il frutto di un'indagine di fatto compiuta dal giudice del merito che, sorretta da adeguata e congrua motivazione, sfugge al sindacato in sede di legittimità . La corte di appello ha dato conto delle proprie valutazioni esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento attraverso un ragionamento ineccepibile e con argomenti sufficienti e coerenti. Alle dette valutazioni la ricorrente contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità , ciò comportando un nuovo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di cassazione. Del tutto insussistenti sono pertanto le asserite violazioni di legge che presuppongono una ricostruzione dei fatti di causa diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal giudice del merito. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia insufficiente motivazione circa la valutazione della testimonianza di Volpe Guido per aver i giudici del merito considerato solo le ultime dichiarazioni e non già la deposizione resa all'udienza del 3-7-1990 nella quale il citato teste aveva affermato che il riduttore a bassa velocità funzionava bene. Pertanto il difetto al quale si fa riferimento nella sentenza impugnata non è attribuibile ad un vizio dell'attrezzo bensì al mancato rispetto delle istruzioni tecniche previste. La censura non è meritevole di accoglimento, oltre che per l'incidenza in ambito di apprezzamenti riservati al giudice del merito, anche per la sua genericità . Il ricorso è infatti carente per non aver la società Agromeccanica riportato e precisato il contenuto specifico e completo della deposizione del teste Volpe Guido che sarebbe stata mal (o non) considerata dalla corte di appello, il che non consente di ricostruire - in base esclusivamente ad alcune ed isolate parti dell'elemento probatorio in questione - il senso complessivo della prova testimoniale in questione: ciò non permette di verificare l'incidenza causale del lamentato difetto di motivazione (in quanto omessa, o insufficiente o contraddittoria) e la decisività della prova non (o mal) considerata in quanto relativa a circostanze tali da poter indurre ad una soluzione della controversia diversa da quella adottata. Il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità , l'efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento si è formato, onde la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di base. In proposito occorre ribadire che per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia è necessario un rapporto di causalità logica tra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla vertenza, sì da far ritenere che quella circostanza se fosse stata considerata avrebbe portato ad una decisione diversa. Pertanto, nel giudizio di legittimità , il ricorrente che deduce l'omessa o l'erronea valutazione delle risultanze probatorie e delle circostanze di fatto acquisite al processo, ha l'onere (in considerazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione) di specificare il contenuto completo di dette risultanze probatorie e circostanze di fatto indicando le ragioni del carattere decisivo dell'asserito vizio di valutazione: nella specie la società ricorrente non ha ottemperato al detto onere. Il ricorso deve pertanto essere rigettato senza necessità di provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità nel quale gli intimati non hanno svolto attività difensiva. P. Q. M La Corte rigetta il ricorso. Roma 2 marzo 2000 Nota Redazionale - In senso conforme cfr.: Cass. 12 maggio 2000 n. 6089; Cass. 29 agosto 1997 n. 8234, Foro pad. 1998, I, 343.