Cass_16_2_98_1630 Cassazione civile, SEZIONE III, 16 febbraio 1998, n. 1630 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE III CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati: Dott. Claudio FANCELLI Presidente" Antonio SEGRETO Rel. Consigliere" Francesco BOFFA TARLATTA "" Antonio LIMONGELLI "" Donato CALABRESE "ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: ITALFACTORING SRL, con sede in Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig.ra GIAZZI Giovanna, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEL CORSO 525, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI CASCINO, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato ROLANDO RAMALLI, giusta delega in atti; Ricorrente Contro MORONI LUIGI;Intimato avverso la sentenza n. 1693-95 del Tribunale di FIRENZE, emessa il17-05-95 e depositata il 29-06-95 (R.G. 4806-93);udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del25-09-97 dal Consigliere Dott. Antonio SEGRETO; udito l'Avvocato Dott. Giovanni CASCINO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Aurelio GOLIA che ha concluso per il rigetto del ricorso. Fatto Con atto di citazione notificato il 28-5-1993, la S.R.L. Italfactoring proponeva appello avverso la sentenza del Pretore di Firenze che, nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo, promossa da Moroni Luigi, revocava il decreto ingiuntivo per L. 2800000, emesso a favore della Italfactoring, quale cessionaria del credito della S.P.A. Casa 21. La somma suddetta era stata ingiunta a titolo di penale per la rinunzia a vendere alle condizioni del mandato conferito dal Moroni a Casa 21 "a procurare il promittente l'acquisto di un appartamento". Il Pretore riteneva la non corrispondenza della proposta irrevocabile del cliente (tale Fibbi), reperito da Casa 21, alle condizioni dettate dal Moroni nel contratto con l'agenzia: infatti il termine per la sottoscrizione del contratto preliminare era fissato nel mandato al 20 giugno 1980, mentre nella proposta del cliente detto termine era posto al 31 luglio: non sussisteva, quindi, secondo il Pretore 1'obbligazione del Moroni di accettare la proposta di acquisto con la conseguente inapplicabilità della penale. Con l'appello la Italfactoring assumeva che la proposta contrattuale procurata dalla Casa 21 era conforme alle condizioni dettate dal Moroni al momento dell'incarico, per cui era illegittimo il rifiuto del Moroni di procedere alla stipula del preliminare; che, in ogni caso, il termine "contratto di vendita", di cui al mandato del Moroni alla Casa 21, significava solo che entro detta data doveva intervenire lo scambio dei consensi tra il "procurato" promittente acquirente ed il Fibbi e non la stipula del preliminare; che detto scambio di consensi vi era stato, in quanto il Fibbi aveva accettato la proposta di vendita del Moroni. Il Tribunale di Firenze, con sentenza depositata il 29-6-1995, confermando la motivazione adottata dal primo giudice e ritenendo che la proposta del promittente acquirente Fibbi non era conforme alle condizioni dettate per il contratto dal Moroni, riteneva che la penale non era dovuta e rigettava l'appello. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la Italfactoring, che ha presentato anche memoria. Diritto Con un unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1326 c.c., nonché la motivazione erronea, insufficiente e contraddittoria. Ritiene il ricorrente che erroneamente i giudici di merito hanno escluso che fosse stato concluso il "contratto" tra il Moroni ed il Fibbi nel momento in cui la proposta di acquisto irrevocabile del Fibbi (promittente acquirente "procurato" da esso ricorrente) era giunta a conoscenza e quindi già in data 19-6-1980; che, con la parola "contratto" non si doveva intendere "contratto preliminare", ma esclusivamente "scambio di consensi"; che detto scambio di consensi effettivamente vi fu con la trasmissione della proposta di acquisto del Fibbi al Moroni per il tramite di Casa 21; che in ogni caso erra il tribunale nel ritenere che il mandato prevedesse anche che entro il 20-6-1980 fosse stipulato il contratto o il preliminare di vendita, richiedendo solo che entro tale data fosse procurato il promittente acquirente; che ciò in effetti era avvenuto con la proposta irrevocabile di acquisto effettuata dal Fibbi; che è errata l'interpretazione del Tribunale secondo cui detta proposta del Fibbi non era conforme al contenuto del contratto. Infine il ricorrente assume che la data del 20 giugno 1980, fissata per la stipula del contratto e per la durata dell'incarico, non costituiva termine essenziale. Ritiene questa Corte che il ricorso è infondato. Va rilevato preliminarmente, che il procedimento di qualificazione di un contratto consta di due fasi, delle quali la prima - consistente nella ricerca ed individuazione della comune volontà dei contraenti - è un tipico accertamento di fatto riservato istituzionalmente al giudice di merito ed il cui risultato è sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 es. c.c., mentre la seconda - concernente l'inquadramento della comune volontà, come sopra accertata, nello schema legale corrispondente - risolvendosi invece nell'applicazione di norme giuridiche, può formare oggetto di verifica in sede di legittimità, sia per quanto attiene alla descrizione del modello della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così accertati (Cass. 18.3.1995, n. 3205; Cass.26.4.1990,n. 3485). Nella fattispecie la ricostruzione della volontà contrattuale tra Casa 21 ed il Moroni, operata dalla sentenza impugnata, che sul punto si riporta a quanto ritenuto dal primo giudice, è che si trattasse di un contratto di mandato a procurare un promittente acquirente dell'immobile del Moroni e che il termine per la stipula di detto eventuale contratto preliminare tra il Moroni e il promittente acquirente era fissato entro il 20 giugno 1980, entro la quale data cessava anche l'incarico del contratto. Quindi la volontà contrattuale tra Casa 21 ed il Moroni è stata ricostruita dal giudice di merito come "mandato a procurare un promittente acquirente", per cui il contratto preliminare di vendita costituiva un momento successivo al reperimento del promittente acquirente, al quale contratto doveva intervenire il Moroni, quale promittente alienante. Quanto alla suddetta ricostruzione del fatto e della volontà negoziale, osserva questa Corte che, in relazione al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e del carattere limitato del relativo mezzo di impugnazione, il vizio di motivazione non può costituire oggetto di una generica doglianza, ma sussiste l'onere del ricorrente di indicare le relative circostanze ed elementi, con riferimento anche all'incidenza causale dell'errore in questione (Cass. 16 gennaio 1996, n. 326). Infatti la parte, che, in sede di ricorso per cassazione, lamenti vizi di motivazione della sentenza impugnata, ha l'onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sè tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diritto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti difensivi del pregresso giudizio di merito (Cass. 4 novembre 1995, n. 11517). Nella fattispecie la doglianza del ricorrente secondo cui il termine "contratto" andrebbe inteso non come conclusione del contratto preliminare di vendita, ma come scambio di consensi tra il Fibbi ed il Moroni, per la successiva stipula del contratto con efficacia obbligatoria tra le parti, risulta di difficile lettura. Infatti il ricorrente, pur sostenendo che il Moroni si sarebbe rifiutato di concludere il contratto con il Fibbi, assume che il contenuto del contratto intervenuto tra Casa 21 e Moroni, avendo ad oggetto il "mandato a procurare un promittente acquirente", conteneva già una proposta contrattuale del Moroni, per cui, essendo intervenuta l'accettazione del Fibbi, il 12-6-1980, trasmessa il 19-6-1980, il "contratto", da intendersi come "scambio di consensi", tra i due era da ritenersi concluso. Detta doglianza non può essere accolta. Infatti, anche annesso che un preliminare del preliminare sia figura compatibile con il nostro ordinamento e non sia nullo per difetto di causa, come sostenuto da molti, va rilevato: da una parte non sono indicati gli elementi per cui si possa ritenere che nel "mandato" in questione fosse anche contenuta una proposta contrattuale (evidentemente in incertam personam, la sola che avrebbe permesso, secondo lo schema dell'art. 1336 c.c.,ove ne ricorressero gli altri presupposti, la conclusione del contratto per effetto della sola accettazione del promittente acquirente) e dall'altra non sono indicati quali siano i vizi logici o quali siano le regole ermeneutiche, relative all'interpretazione della volontà contrattuale, violate dalla sentenza impugnata nella ricostruzione suddetta, che ha escluso che detta proposta contrattuale del Moroni diretta verso un promittente acquirente fosse già contenuta nel contratto intervenuto tra lo stesso e Casa 21, ritenendo che detto contratto costituisse solo un "mandato a procurare un promittente acquirente". Ferma, quindi, la ricostruzione dei fatti e della volontà contrattuale tra Casa 21 ed il Moroni, nei termini indicati dalla sentenza impugnata, va rilevato che il contratto in esame, per quanto qualificato dal giudice di merito come mandato, in effetti costituisce una mediazione atipica. È noto, infatti, che il contratto di mandato si distingue da quello di agenzia e di quello di mediazione, perché il primo ha ad oggetto un'attività giuridica (art. 1703 c.c., che nel caso del mandato a vendere, dà luogo alla sottospecie del mandato, costituita dalla "commissione", art. 1731 c.c.), mentre sia la mediazione che l'agenzia hanno ad oggetto un'attività materiale,consistente nel mettere in contatto le due parti per la conclusione di un contratto (con l'ulteriore differenza tra detti due contratti che l'agente collabora con l'impresa e che i contratti da promuovere sono una pluralità, mentre il mediatore è indipendente e promuove per la parte un solo contratto o un numero delimitato). È giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. 23.5.1991,n. 584; Cass. 28.3.1997,n. 2766) che, a differenza della mediazione tipica, nella quale a norma dell'art. 1756 c.c., per l'affare non concluso al mediatore spetta soltanto il diritto al rimborso delle spese, essendo il committente "dominus" della conclusione o meno del contratto ed anche della revoca dello stesso incarico senza altro onere, nel contratto per cui sia pattuito un termine di efficacia con facoltà per l'incaricato, fino alla scadenza dello stesso di promuovere affari con diritto di provvigione anche se il committente rifiuti la conclusione del contratto, la revoca dell'incarico, ponendosi in contrasto con detta attribuzione, rientrante nel potere di autonomia contrattuale delle parti in rispondenza dell'esigenza di favorire al massimo la promozione degli affari, comporta il diritto dell'incaricato ad un corrispettivo anche in applicazione del principio generale di cui all'art. 1373, c. 3,c.c.. A tal fine va, altresì rilevato che i patti di esclusiva e di irrevocabilità temporanea sono compatibili con il rapporto di mediazione, in quanto rappresentano delle semplici cautele al fine di un non motivato ripensamento del proponente, legittimamente consentito nell'ambito dei poteri di autonomia spettanti alle parti. È possibile, infatti rendere atipica la mediazione, dando al rapporto una regolamentazione diversa da quella legale, stabilendo il diritto del mediatore al compenso, anche nel caso di revoca anticipata dell'incarico, oltre che come per legge (art. 1755 c.c.), al verificarsi della conclusione dell'affare (Cass. 8.6.1993,n. 6384). Identico è l'inquadramento giuridico (mediazione atipica nell'ambito dell'autonomia contrattuale, modificativa di norme derogabili) nel caso, come nella fattispecie, in cui le parti dotino il contratto di mediazione di un patto di irrevocabilità temporanea del contratto e di un patto con cui la parte che si avvale dell'opera del mediatore si obbliga a "concludere l'affare" alle condizioni indicate, sanzionando la violazione di detti patti con il pagamento di una penale. Infatti mentre nella mediazione tipica il diritto alla provvigione da parte del mediatore (e per l'effetto il diritto al risarcimento del danno in caso di inadempimento, di cui la clausola penale rappresenta solo una predeterminazione convenzionale del danno stesso) sorge solo con la conclusione dell'affare, in mancanza avendo il mediatore diritto solo al rimborso delle spese, effettivamente sostenute (sempre che vi sia stato un negozio autonomo ("incarico") rispetto al rapporto di mediazione), nella mediazione atipica, per effetto dell'autonomia contrattuale, le parti possono stabilire che la violazione del patto di irrevocabilità o dell'obbligo assunto di addivenire alla conclusione dello "affare" alle condizioni stabilite, dia luogo ad un danno risarcibile predeterminato con clausola penale. Poiché però il fondamento della clausola penale è pur sempre l'inadempimento imputabile (sia che si aderisca all'orientamento maggioritario della natura risarcitoria della clausola penale, sia a quello minoritario della natura sanzionatoria) occorre che sussista la colpevolezza di detto inadempimento. Ne consegue che se la revoca dell'incarico di mediazione o il rifiuto di concludere l'affare non è imputabile, cioè non è da ascriversi a colpa o dolo della parte, non è dovuta la penale. Nella fattispecie, quindi, il contratto intervenuto tra Casa 21 ed il Moroni, avendo ad oggetto "il procurare il promittente per l'acquisto" del bene del Moroni, non può qualificarsi come mandato (rectius, come commissione), non avendo ad oggetto la conclusione da parte del mandatario di un contratto di vendita, ma l' attività materiale di procurare un acquirente alle condizioni fissate dal Moroni. Detto contratto, pertanto, va ritenuto un contratto di mediazione, per quanto atipica, poiché ad essa erano stati aggiunti i patti dell'irrevocabilità e del divieto per il Moroni di rinunziare alla vendita, se proposta alle condizioni di incarico. In questo senso va corretta la qualificazione giuridica del contratto, ferma la ricostruzione dei fatti e della volontà negoziale effettuata dal giudice di merito. Questi ha ritenuto che la proposta di preliminare avanzata dal promittente acquirente non era conforme alle condizioni stabilite dal Moroni per addivenire alla vendita ed in particolare, in quanto, mentre il Moroni aveva fissato come condizione contrattuale che il preliminare fosse stipulato entro il 20-6-1980, la proposta del Fibbi prevedeva che il preliminare fosse stipulato entro il 31-7-1980. Con motivazione non censurabile in questa sede di sindacato di legittimità, il giudice di merito ha ritenuto la non conformità di questa proposta alle condizioni di contratto stabilite dal Moroni e, pertanto non sussistente la colpevolezza dell'inadempimento di quest'ultimo al patto di non rinunziare alla vendita propostagli. Non sussistendo alcun inadempimento colpevole correttamente è stata confermata la sentenza di rigetto della domanda di condanna del Moroni al pagamento della penale. Infondata è anche la doglianza del ricorrente secondo cui il termine del 20 giugno 1980, indicato come condizione per la stipula del contratto tra il Moroni ed il promittente acquirente "procurato" da Casa 21, non costituiva un termine essenziale. In questa sede, infatti, detto termine non opera in relazione ad obbligazioni tra il Fibbi ed il Moroni, e quindi non opera come termine "fissato per la prestazione di una delle parti", per cui non può darsi ingresso alla problematica dell'essenzialità del termine (art. 1457 c.c.), che attiene esclusivamente all'importanza dell'inadempimento (art. 1455). In questa ipotesi il termine del 20-6-1980 opera esclusivamente nei rapporti tra Casa 21 ed il Moroni, non come termine per l'adempimento della prestazione della Casa 21, ma come uno dei requisiti prefissati dal Moroni, che avrebbe dovuto avere il preliminare di vendita con il "procurato" promittente acquirente. (come poteva essere il prezzo di vendita o le modalità di pagamento). Il ricorso.va, pertanto rigettato. Nessuna statuizione va emessa in merito alle spese non avendo l'intimato resistito in questo giudizio di legittimità. P.Q.M La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Così deciso in Roma, 25 settembre 1997 Nota - In senso conforme, Cass. 28 marzo 1997 n. 2766.