Cass_13_6_97_5333 Cassazione civile, SEZIONE II, 13 giugno 1997, n. 5333 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Omissis ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12575-94 R.G. proposto
da
CONDOMINIO PALAZZINA B-4 DEL COMPLESSO EDILIZIO IN SAN GIOVANNI LA PUNTA - VIA CARMELITANI N. 51, in persona del suo amministratore pro tempore rag. Alberto Marcedone, domiciliato per legge presso la Cancelleria della corte di Cassazione, difeso dall'Avv. Gaetano De Mauro in virtù di procura speciale a margine del ricorso,
ricorrente
contro
CONDOMINIO SOLEMARE DEL COMPLESSO EDILIZIOIN S. GIOVANNI LA PUNTA
- VIA CARMELITANI N. 5, in persona del suo amministratore pro tempore,
intimato
per la cassazione della sentenza 13-20 settembre 1993 n. 2-1993 del Giudice Conciliatore di S. Giovanni La Punta.
Udita la relazione della causa svolta, nella pubblica udienza del 5 dicembre 1996, dal cons. Cristarella Orestano;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Vincenzo Gambardella, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
 Fatto Nel settembre del 1991 il Condominio della palazzina B-a di Via Carmelitani n. 51 in S. Giovanni La Punta propose opposizione al decreto ingiuntivo del locale Giudice Conciliatore col quale gli veniva intimato di pagare al più ampio Condominio Solemare, di cui detta palazzina faceva parte, la somma di L. 527.095 in base ad una delibera approvata dal consiglio degli amministratori delle varie palazzine, come previsto dal regolamento del supercondominio.
Deduceva l'opponente che tale regolamento non poteva limitare il diritto di ciascun condominio a partecipare all'assemblea condominiale e che, in ogni caso, il condominio opposto non aveva dato alcuna prova della regolarità formale della delibera.
Con la sentenza precisata in epigrafe, nella resistenza del condominio Solemare, il Conciliatore ha rigettato l'opposizione, osservando che, in forza del regolamento approvato dall'assemblea nella seduta del 12.11.1977, il consiglio di amministrazione del complesso Solemare era costituito dagli amministratori delle singole palazzine e che l'amministratore della palazzina B-4 era stato regolarmente convocato con lettera raccomandata alla riunione in cui era stata adottata la delibera, sicché le spese risultavano autorizzate e opponibili anche a detta palazzina.
ricorre per cassazione il condominio soccombente sulla base di due motivi.
Non vi è controricorso. Diritto Con il primo mezzo di ricorso viene denunziata, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 113 stesso codice per mancata osservanza dei principi regolatori della materia di cui agli artt. 1130, 1135, 136 e 1138, 4 comma, cod. civ..
Si sostiene, cioè, che, essendo il condominio un ente privo di personalità giuridica e il suo amministratore nient'altro che un mandatario dei condomini, come affermato da questa S.C. nelle sentenze 1720-81 e 6866-82, chi amministra un condominio facente parte di un supercondominio non può essere considerato legale rappresentante del primo, così da essere in grado di rappresentarlo nell'assemblea del secondo; nè poteva assumere rilievo nel caso di specie il fatto che il consiglio degli amministratori delle palazzine fosse previsto dal regolamento, in quarto questo non può in alcun modo limitare il diritto di ciascun condominio a partecipare all'assemblea condominiale, stante l'assoluta inderogabilità, sancita dall'art. 1138 cod. civ., del disposto del precedente art. 1136 il quale prevede, appunto, che non si può deliberare se non sono stati invitati all'assemblea tutti i condomini.
Con il secondo mezzo - denunziandosi, ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., carenza e insufficienza della motivazione su punti decisivi della causa in ordine ai principi regolatori della materia e alla decisione secondo equità prevista dall'art. 113 del codice di rito - si rimprovera al giudice a quod essersi limitato a d affermare la legittimità dell'operato del consiglio di amministrazione del supercondominio senza chiarire in base a quali principi tale operato potesse essere qualificato legittimo e senza neppure indicare i criteri di equità che ispiravano la sua decisione.
Le censure sono fondate.
Questa Corte Suprema, invero, ha avuto recentemente occasione di affermare (v. sen. 28.9.1994 n. 7894) che l'assemblea del c.d. supercondominio deve essere composta da tutti i partecipanti ai singoli condomini che ne fanno parte e che, quindi, è da ritenersi nulla la clausola del regolamento contrattuale che preveda la partecipazione a detta assemblea degli amministratori dei singoli edifici condominiali, in luogo dei condomini di tali edifici.
A questo orientamento giurisprudenziale va data qui piena adesione, essendo esso basato su ineccepibili argomenti di ordine giuridico e logico.
Tra i primi basti ricordare quello secondo i quale l'art. 1138, ult. Comma cod. civ. stabilisce che le norme del regolamento di condominio, oltre a non poter menomare in alcun modo i diritti di ciascun condominio, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni (il che, tuttavia, può trovare eccezione allorquando il regolamento sia di natura contrattuale), non possono in nessun caso derogare alle disposizioni degli artt. 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137: e tra le disposizione dell'art. 1136 cod. civ. vi è appunto quella del sesto comma che esclude la possibilità, per l'assemblea, di deliberare "se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione".
Che in tal modo di legislatore abbia sancito l'assoluta inderogabilità delle disposizioni concernenti la composizione (e il funzionamento) dell'assemblea da parte di qualunque regolamento, maggioritario o contrattuale che sia, si argomenta, innanzitutto, dal tenore letterale della norma che si esprime in termini categorici con riferimento ai regolamenti in generale e non solo a quelli approvati a maggioranza di cui al comma precedente, e trova conferma nel rilievo che l'autonomia privata, mentre può consentire di rinunciare al diritto di proprietà o di fissare limitazioni anche ragguardevoli al suo esercizio mediante la costituzione di diritti reali frazionari, non può, almeno di regola, derogare alle norme riguardanti gli organi collegiali, che specificamente tutelano le minoranze, alle cui garanzie non possono abdicare neppure gli interessi.
Tra gli argomenti di ordine logico è meritevole di particolare menzione quello secondo cui la maggioranza espressa dal collegio degli amministratori potrebbe non corrispondere alla maggioranza dei partecipanti e sorgerebbero gravissimi dubbi circa l'impugnabilità delle relative delibere da parte dei condomini dissenzienti o assenti che si sono fatti sostituire dall'amministratore e circa la vincolatività delle delibere stesse per tali condomini.
Nè varrebbe argomentare in contrario sulla base dell'art. 67 disp. att. cod. civ. che prevede la possibilità per ogni condomino di intervenire all'assemblea a mezzo di rappresentante, poiché, come ha messo bene in luce la richiamata sentenza 7894-1994, detta norma si riferisce alla delega conferita di volta in volta per una determinata riunione e in relazione d un preciso ordine del giorno, ipotesi, questa, ben diversa dalla possibilità di sostituzione istituzionale dell'assemblea dei partecipanti al condominio con il collegio degli amministratori.
Alla stregua delle osservazioni che precedono il ricorso deve trovare accoglimento e si impone la cassazione della sentenza del Conciliatore per violazione di norme costituenti principi regolatori della materia condominiale.
La necessità di ulteriori accertamenti di fatto connessi alla nullità della delibera e alle sue conseguenze suggerisce di disporre il rinvio della causa.
Poiché, a seguito della soppressione del giudice conciliatore e dell'entrata in funzione del giudice di pace (art. 49 l. 21.11.1991 n. 374, come sostituito prima dall'art. 1, comma 3 l. 4.12.1992 n. 477 e, successivamente, dell'art. 13 del D.L. 7.10.1994 n. 571, convertito in l. 6.12.1994 n. 673), la competenza del conciliatore, ai sensi dell'art. 43 l. 374-1991, è rimasta ferma invia transitoria solo per le cause "pendenti dinanzi agli stessi organi", tra le quali non possono in alcun modo farsi rientrare quelle già pervenute alla cognizione del giudice dell'impugnazione (v. sent. 29.5.1996 n. 4985), il rinvio va fatto al Giudice di pace di Catania il quale si uniformerà ai principi di diritto innanzi enunciati e provvederà anche in ordine alle spese del presente procedimento. P.Q.M LA CORTE Accoglie il ricorso e, per l'effetto, cassa la sentenza impugnata rinviando la causa, anche in ordine alle spese del procedimento di cassazione, al Giudice di pace di Catania.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 1996