Cassazione civile, SEZIONE II, 13 gennaio 1997, n. 244 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE Composta dagli Ill. mi Sigg. Magistrati: Dott. Gaetano GAROFALO Presidente" Renato SANTILLI Consigliere" Francesco CRISTARELLA ORESTANO "" Giuseppe BOSELLI "" Antonino ELEFANTE Rel. "ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da DI NAPOLI MARIO, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cola di Rienzo n. 69, presso lo studio dell'Avv. Aldo Ferretti che lodifende come da procura a margine del ricorso. Ricorrente contro FALLIMENTO CRAMER ITALIA S. r. L. (già Cramer Italia S. p. A. ) in persona del Curatore Rag. Bruno Valdi,elettivamente domiciliato in Roma, Via Crescenzio n. 42, presso lostudio dell'Avv. Sergio Bucalo che lo difende come da procura a margine del controricorso. Controricorrente per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n. 588-93 del 15. 10. 1991 - 25. 2. 1993. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del25. 9. 1996 dal Cons. Dott. Antonino Elefante. Sentito l'Avv. Sergio Bucalo. Udito il P. M. in persona del Sost. Proc. Gen. le Dott. MarcelloFilippo Iorio che ha concluso per il rigetto del 1 motivo,accoglimento del 2 , assorbito il 3. Fatto Su ricorso della S. p. A. Cramer Italia, il Presidente del Tribunale di Roma, con decreto 25. 1. 1979, ingiungeva a Mario Di Napoli il pagamento della somma di L. 18. 803. 309 a saldo del prezzo di una fornitura di "resistenze elettriche". In sede di opposizione il Di Napoli deduceva di non aver versato l'intero importo perché il materiale gli era stato restituito dai clienti essendo risultato "fuori tolleranza". Pertanto chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo, nonché in via riconvenzionale, la pronuncia di risoluzione del contratto per colpa della soc. Cramer Italia, con condanna della medesima a ritirare il materiale difettoso e a restituire la già riscossa somma di L. 10. 606. 681, oltre i danni da liquidarsi in separata sede. La soc. Cramer Italia eccepiva la decadenza dal "diritto di garanzia" a causa della tardività della denuncia rispetto alla data di scoperta dei vizi. Con successivo atto di citazione la soc. Cramer Italia conveniva il Di Napoli avanti lo stesso Tribunale per sentirlo condannare a risarcire tutti i danni subiti per effetto del mancato pagamento del prezzo della merce. Il Tribunale, pronunciando su entrambi i giudizi riuniti, respingeva l'opposizione nonché la domanda riconvenzionale del Di Napoli, che condannava a risarcire i danni subiti dalla soc. Cramer Italia, liquidati in L. 9. 000. 000 con gli interessi legali dalla domanda, nonché a rimborsarle le spese di lite. Con sentenza 15. 10. 1991 - 25. 2. 1993, la Corte di Appello di Roma rigettava l'appello principale del Di Napoli e, in parziale accoglimento dell'appello incidentale della soc. Cramer Italia, parzialmente modificando l'impugnata decisione del Tribunale, condannava il Di Napoli a pagare alla soc. Cramer Italia, a titolo di risarcimento del maggior danno, l'interesse annuo del 16% sulla somma di L. 18. 803. 309, decorrente dal 9. 3. 1979 al saldo, al netto degli interessi legali dovuti per lo sesso periodo in virtù del decreto ingiuntivo. Poneva le spese di appello a carico del Di Napoli per 2-3, compensando il residuo tra le parti. La Corte di Appello, ritenuto che in base alla c. t. u. si trattava di vizi redibitori e non della diversa ipotesi di consegna di aliud pro alio, per cui erano applicabili i termini di decadenza e prescrizione previsti dall'art. 1495 c. c. , escludeva che i vizi della merce fossero stati riconosciuti dalla soc. Cramer Italia, con la conseguenza di rendere superflua la tempestiva denuncia da parte del Di Napoli. Al riguardo osservava la corte di merito che l'intervento della venditrice seguì (e non precedette) la scadenza del termine di denuncia dei vizi e, inoltre, si risolse nel trasmettere alla ditta americana produttrice della merce le lamentele del Di Napoli; per cui nessun riconoscimento vi era stato da parte della soc. Cramer Italia, la quale riteneva ormai superata la propria obbligazione di garanzia per effetto dell'avvenuto decorso dei termini di decadenza e di prescrizione ed ebbe ad attivarsi soltanto per motivi di cortesia. In mancanza di un valido riconoscimento dei vizi, esattamente era stata dichiarata la decadenza del Di Napoli dal diritto di garanzia. Quanto al maggior danno, osservava la corte romana che la soc. Cramer Italia aveva dimostrato documentalmente di aver fatto ricorso (sin dall'epoca della fornitura de qua) al credito bancario per somme rilevanti ed era, quindi, innegabile il suo diritto ad ottenere il rimborso degli interessi legali che le banche pretendono per queste operazioni, determinandoli nella misura del 16% annuo. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Mario Di Napoli in base a tre motivi. Resistono con controricorso il Fallimento della soc. Cramer Italia, che ha pure depositato memoria. Diritto Con il primo motivo si denuncia falsa applicazione degli artt. 1490 e 1495 c. c. e si censura l'impugnata sentenza laddove ha ritenuto che trattasi di vizi redibitori, mentre, invece, ricorrerebbe la diversa ipotesi di consegna di aliud pro alio, con conseguente operatività non della disciplina di cui all'art. 1495 c. c. in tema di decadenza e prescrizione, ma di quella di cui all'art. 1453 c. c. in tema di risoluzione contrattuale per inadempimento. Nel caso specifico ricorrerebbe l'ipotesi di aliud pro alio in quanto: a) le resistenze consegnate dalla Cramer Italia erano in grandissima parte prive del tutto di ogni funzionalità poiché, essendo grandemente fuori tolleranza, non potevano in nessuna maniera assolvere alla funzione tecnica loro propria, sicché avevano la stessa funzione e valore di puri e semplici pezzi di plastica; b) questo emergerebbe non solo dalla c. t. u. ma anche dal rifiuto dei clienti a riceversi la merce, nonché dalla circostanza che tutte le resistenze consegnate dalla Cramer Italia rimanessero giacenti nel magazzino del Di Napoli poiché non era stato possibile piazzarle sul mercato; c) la c. t. u. avrebbe anche dimostrato che il vizio radicale delle resistenze non era dipeso da cattiva conservazione da parte del Di Napoli. d) l'affermazione del c. t. u. che era possibile tramite procedimento tecnico di essiccamento ricondurre alcune resistenze alla loro operatività , non escluderebbe che la gran parte di esse non poteva che rimanere definitivamente inutilizzabile. Incredibilmente la Corte di Appello ha motivato sulla "pacificità " in giudizio nel ritenere i difetti di funzionalità in oggetto non assoluti nè definitivi; il Di Napoli al contrario, ha sempre dedotto la radicalità e definitività dei difetti in oggetto. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell'art. 1495, 2 comma, cc. per aver la Corte di merito affermato che il riconoscimento previsto dalla norma in oggetto deve essere anteriore alla scadenza del termine di otto giorni per la denuncia, poiché se posteriore non vale a sanare l'avvenuta decadenza. Così argomentando, la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto che il riconoscimento dei vizi della cosa venduta da parte del venditore, ha il valore di comportamento incompatibile con la volontà di far valere l'ormai avvenuta decadenza; cioè ha il valore di una vera e propria rinuncia. In ogni caso, il compratore convocato in giudizio per il pagamento della merce può sempre far valere in via di eccezione le garanzie per i vizi, pur essendo già decorsi i termini di cui all'art. 1497 c. c. Col terzo motivo si deduce violazione dell'art 1224, 2 comma, c. c. , anche in relazione all'art. 345 c. p. c. , e ci si duole che la Corte di Appello abbia riconosciuto alla Cramer Italia il maggior danno, nella misura del 16% annuo, alla stregua di indimostrati interessi bancari passivi ed accogliendo altresì domanda sostanzialmente nuova in grado di appello. Il primo motivo è infondato. In tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 c. c. ) e la mancanza di qualità (art. 1497 c. c. ) promesse o essenziali presuppongono entrambi l'appartenenza della cosa al genere pattuito e si differenziano perché il vizio redibitorio riguarda le imperfezioni e i difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa medesima, mentre l'altra è inerente alla natura della merce e concerne tutti quegli elementi essenziali e sostanziali che, nell'ambito del medesimo genere, influiscono sulla classificazione della cosa in una specie piuttosto che in un'altra. Vizi redibitori e mancanza di qualità a loro volta si distinguono poi, sebbene di questa ulteriore distinzione non ci sia traccia nel codice civile, dall'ipotesi della consegna di aliud pro alio, la quale ricorre quando la res tradita appartenga ad un genere (genus) del tutto diverso ovvero presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (cd. inidoneità ad assolvere alla funzione economico-sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto (Cass. 15. 3. 1995 n. 3046; 19. 10. 1994 n. 8537). Correttamente la corte di merito, nel caso specifico, ha ritenuto che si trattava di vizio redibitorio in quanto i difetti della cosa consegnata (resistenze elettriche) erano inerenti al processo di produzione o fabbricazione - con conseguente soggezione dell'azione di risoluzione per inadempimento ai termini di decadenza e prescrizione di cui all'art. 1495 c. c. - ed ha escluso l'ipotesi dell'aliud pro alio - svincolata da tali termini - perché la merce consegnata dalla Cramer Italia si apparteneva al genere (genus) ordinato dall'acquirente Di Napoli, e il riscontrato difetto di funzionalità , come accertato dal c. t. u. , era risultato rimediabile attraverso il procedimento (cd. essiccamento) appositamente prescritto dalla casa produttrice per rimuoverlo e ricondurre l'anomalia in percentuali ammissibili (il c. t. u. ha indicato nel 5,7% la quantità di merce che, dopo il citato procedimento di "essiccamento", avrebbe potuto residuare "fuori tolleranza"). Le altre contestazioni del ricorrente non colgono nel segno giacché si risolvono in una diversa lettura del quadro probatorio e in particolare della perizia del c. t. u. , ma non nella dimostrazione dei denunziati vizi motivazionali della sentenza. Per il resto è appena il caso di ricordare che l'accertamento della ricorrenza dell'una (vizio redibitorio) o dell'altra (aliud pro alio) ipotesi, traducendosi in un apprezzamento di fatto, è devoluto al giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità , se sorretto, come nel caso specifico, da congrua motivazione e non inficiato da vizi logici o errori di diritto. Anche il secondo motivo è infondato. In tema di azioni edilizie (così tradizionalmente indicate siccome introdotte a Roma dagli Edili Curuli), tutte soggette alla decadenza e alla prescrizione, si ha riconoscimento, agli effetti di cui al secondo comma dell'art. 1495 c. c. , quando il venditore riconosce che un certo fenomeno denunciatogli, comunque contestato, costituisca difetto della cosa venduta. Siffatto riconoscimento, che esonera il compratore dall'onere della denuncia, non richiede forme speciali e può desumersi anche tacitamente dal comportamento del venditore e può avvenire anche dopo che si sia verificata la decadenza, valendo in tal caso come rinuncia a far valere la decadenza medesima. Se al riconoscimento si accompagna l'impegno del venditore di eliminare i vizi, si ha una nuova autonoma obbligazione, novativa dell'originaria obbligazione di garanzia per vizi e soggetta all'ordinario termine di prescrizione Al contrario non si ha riconoscimento del vizio della merce quando il venditore si limiti a prendere atto del fenomeno cui l'acquirente attribuisce natura di vizio (cd. dichiarazione di scienza in ordine alla sussistenza del vizio medesimo) e non vale ad esonerare il compratore dall'onere della denuncia. Di conseguenza, una volta verificatasi la decadenza, l'acquirente può recuperare il suo diritto alla garanzia solo ove il venditore rinunci alla decadenza medesima. Nel caso specifico, la Corte di Appello, con motivazione immune da distorsioni logiche e da errori di diritto, ha ritenuto che non vi era stato alcun riconoscimento dei vizi da parte della venditrice, in quanto dalle risultanze processuali era emerso che la Cramer Italia si era limitata soltanto a prendere atto dei denunciati difetti e a dichiarare la propria disponibilità a mettere in contatto l'acquirente con la casa costruttrice delle "resistenze" senza assumere impegno alcuno ad eliminare i vizi denunciati tardivamente dal Di Napoli, escludendo, quindi, qualsiasi "rinuncia" alla decadenza già verificatasi. Al riguardo va osservato che l'accertamento che eventuali fatti o comportamenti costruiscano "riconoscimento" dei vizi della cosa venduta da parte del venditore e rinuncia (espressa o tacita) alla decadenza, si sostanzia in un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità se scevro da vizi logici e giuridici. Da ultimo, stante l'intervenuta decadenza per la denuncia dei vizi, non è possibile invocare l'applicabilità dell'ultimo comma dell'art. 1495 c. c. (secondo il quale il compratore convenuto per il pagamento del prezzo può sempre far valere la garanzia) ovvero il disposto dell'art. 1497 c. c. (secondo il quale il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento), atteso che entrambe le norme hanno come presupposto comune l'assolvimento dell'onere della tempestiva denuncia. Parimenti infondato è il terzo motivo. Premesso che la domanda risarcitoria ex art. 1224 c. c. è stata formulata dalla Cramer Italia nell'atto di citazione, sicché resta esclusa la dedotta "novità " in appello di tale richiesta e, quindi, l'asserita violazione dell'art. 345 c. p. c. , va osservato che l'impugnata sentenza ha effettuato la liquidazione del maggior danno in base alla dimostrata circostanza che la Cramer Italia aveva dovuto far ricorso (sin dall'epoca della fornitura de qua) al credito bancario; mentre la determinazione del tasso di interesse passivo in misura del 16% (nel periodo di riferimento) è stata desunta da dati ed elementi di comune esperienza. Invero, il ritardo nel pagamento dei debiti di valuta comporta ai sensi dell'art. 1224 c. c. l'obbligo a carico del debitore non soltanto di pagare gli interessi legali ma di risarcire il maggior danno, che ove si alleghi causato da ricorso a prestito bancario incide sul patrimonio del creditore in misura corrispondente al tasso di interesse bancario passivo, desumibile dagli indici ufficiali ovvero dalla notorietà degli stessi. In conclusione il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo. P. Q. M La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessive L. 2. 657. 650 di cui L. 2. 500. 000 per onorario. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2 Sezione Civile, il 25 settembre 1996.