Cass_12_3_02_10475 Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, Sentenza del 12 marzo 2002 n. 10475 sulla configurabilità dell’art. 674 c.p. in caso di superamento dei limiti imposti dalla normativa vigente nell’emissione delle onde elettromagnetiche, e dell’art. 650 c.p. in caso inottemperanza all’ordine del Sindaco, posto a tutela della salute pubblica, di cessazione immediata delle predette emissioni; sull’assenza, nell’ipotesi del predetto superamento dei valori limite, di un rapporto di specialità tra l’illecito amministrativo di cui all’art. 15 della L. n. 36 del 2001 e l’illecito penale di cui all’art. 674 c.p. La massima La propagazione delle onde elettromagnetiche è astrattamente riconducibile alla ipotesi contravvenzionale prevista dall'art. 674 c.p.. Perciò, il pericolo di nocività delle emissioni dussiste per il solo fatto che sono stati superati i limiti fissati dalla normativa vigente in materia (1). 
 Le norme previste dagli artt. 15 e 16 L. 36/2001 e quella prevista dall'art. 674 c.p., sono dirette alla tutela di beni giuridici diversi, e presuppongono anche il verificarsi di eventi diversi. Infatti nel primo caso la condotta è punita con sanzione amministrativa solo se sono superati i limiti previsti dalla legge, mentre nel secondo caso la condotta è punibile a prescindere dal superamento dei predetti limiti per il solo fatto di aver cagionato offesa o molestia alle persone. E’ configurabile anche il reato previsto dall'art. 650 c.p. in caso di ottemperanza all'ordinanza sindacale, che imponeva l'immediata disattivazione per ragioni igieniche e sanitarie delle apparecchiature installate nell'abitato del comune. Infatti, una volta accertato che l'intensità delle emissioni era notevolmente superiore ai limiti massimi fissati dal D.M. 381/1998 (con valori accertati in alcuni casi fine al triplo), era doveroso, da parte del Sindaco, intervenire avvalendosi del potere riconosciutogli dall'art. 38 co. 2 L. 142/1990, che gli consente di emettere provvedimenti contingibili ed urgenti a tutela della salute pubblica Le note
(1) conforme Cass. sez. I n. 5626 del 14/10/1999, rv. 214848; Cass. sez. I n. 5592 del 13/10/1999, rv. 214416. La sentenza REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Mario SOSSI - Presidente -
Dott. Vito LA GIOIA - Consigliere -
Dott. M. Cristina SIOTTO - Consigliere -
Dott. Severo CHIEFFI - Consigliere -
Dott. Piero MOCALI - Consigliere -
ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da:
1) F.A.M., N. IL X;
2) M.L., N. IL X;
3) M.R. N. IL X;
4) S.L. N. IL X;
avverso l’ordinanza del 27/07/2001 del Trib. Libertà di Campobasso.
sentita la relazione fatta dal Consigliere Chieffi Severo;
sentite le conclusioni del P.G. Dr. Mario Fraticelli, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente all’art. 674 c.p. e il rigetto dei ricorsi nel resto.
Sentiti i difensori avv.ti U.B. e R.V. e V.I. che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi. CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO Nell'ambito del procedimento n. 1440/2001 RGNR - relativo a indagini per i reati di cui agli artt. 674 e 650 c.p. svolte nei confronti di F.A.M., di M.L., di M.R. e di S.L., legali rappresentanti rispettivamente delle società "X", appartenente alla società "X s.r.l.", "X", appartenente alla società "X s.p.a.", "X", appartenente alla società "X", e "X", appartenente alla società "X s.r.l.", - con ordinanza 27/7/2001 il Tribunale del riesame di Campobasso confermava il decreto 2/7/2001, con il quale il G.I.P. in sede, a seguito di richiesta del Pubblico Ministero, aveva disposto il sequestro preventivo degli apparecchi di ripetizione radiotelevisiva installati nell'abitato di F. e in dotazione alle suddette emittenti.
Il Tribunale esponeva in fatto che nell'ambito del suddetto procedimento erano stati contestati i reati previsti: a) dall'art. 674 c.p. per aver determinato la emissione di energia elettromagnetica atta ad arrecare pericolo per la salute pubblica tramite impianti di radiodiffusione installati nell'abitato di F. e di intensità superiore ai limiti massimi fissati dal D.M. 10/9/1998 n. 381, relativo al regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana; b) dall'art. 650 c.p. per non avere ottemperato all'ordinanza n. 4233 dell'11/8/2000, legalmente emessa dal Sindaco del comune di F., con la quale, per ragioni di tutela della salute pubblica, era stata ordinata l'immediata disattivazione delle apparecchiature installate per l'emissione di campi elettrici e magnetici nell'abitato del suddetto comune.
In particolare il Tribunale rilevava che dagli accertamenti eseguiti dal PMIP di Campobasso e dall'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro era emersa la presenza, in numerosi punti dell'abitato di F., di campi elettromagnetici con valori notevolmente superiori ai limiti massimi di cautela (in alcuni casi il triplo), fissati dall'art. 4 co. 2 D.M. 381/1998 allo scopo di prevenire i rischi di malattie e disturbi prodotti dalla esposizione prolungata della popolazione alle onde elettromagnetiche.
Pertanto il Tribunale, preso atto che tali campi elettromagnetici con valori abnormi erano direttamente imputabili agli impianti di ripetizione radiotelevisiva installati nell'abitato di F. e che detti apparecchi in sequestro costituivano il mezzo necessario per la propagazione delle onde elettromagnetiche atte ad offendere le persone, riteneva configurabili entrambi i reati contestati, in quanto ricorreva un concreto pericolo di produzione di alterazioni patologiche in tutte le persone soggette a tale esposizione, tanto più che i titolari delle suddette società non avevano ottemperato all'ordinanza sindacale adottata per ragioni di igiene e sanità in virtù del potere contingibile ed urgente demandato al Sindaco dall'art. 38 co. 2 L. 142/1990.
Avverso la predetta ordinanza hanno proposto distinti ricorsi i difensori, i quali, anche con memorie presentate successivamente, ne hanno chiesto l'annullamento per i motivi che possono essere così di seguito sintetizzati.
Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 150 e 171 c.p.p. sul rilievo che il decreto di sequestro era stato notificato a mezzo fax senza che ricorresse alcuna delle condizioni di legge richieste per tale tipo di notifica, di guisa che, mancando la prova certa della conoscenza effettiva del contenuto dell'atto notificato, ricorreva la violazione del diritto di difesa ex art. 178 lett. c) c.p.p..
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 273 c.p.p., l'erronea applicazione degli artt. 674 e 650 c.p., la carenza e la manifesta illogicità della motivazione, rilevando da un lato che nel caso di specie non erano configurabili nemmeno in astratto i reati contestati, in quanto mancava la prova certa in ordine alla sussistenza di un concreto pericolo per la salute delle persone, e evidenziando dall'altro che era stata omessa qualsiasi motivazione in ordine alla gravità degli indizi.
Con il terzo motivo si deduce la carenza della motivazione e l'erronea applicazione dell'art. 674 c.p. sul rilievo che il Tribunale non aveva considerato che, a seguito del trasferimento della emittente "X" in altro luogo, il valore di campo elettrico efficace riferibile alle suddette emittenti era rientrato nei limiti fissati dal D. M. 381/1998, di guisa che doveva ritenersi insussistente allo stato il pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato. Inoltre il Tribunale non aveva indicato alcuna prova certa circa l'attitudine delle onde elettromagnetiche a bassa frequenza a provocare danni apprezzabili alla salute.
Con il quarto motivo si deduce la violazione dell'art. 674 c.p. in relazione all'art. 15 L. 36/2001 e L. 249/1997 sul rilievo che, alla luce della suddetta norma, è punito con sanzione amministrativa la condotta di chi, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente o di un impianto che genera campi elettrici, magnetici o elettromagnetici, superi i limiti di esposizione ed i valori fissati dai decreti di cui all'art. 16, tra i quali è compreso anche il D.M. 381/1998.
I ricorsi non meritano accoglimento.
Inammissibile per la sua manifesta infondatezza deve ritenersi il primo motivo relativo alla nullità della notifica del decreto di sequestro. Invero l'eventuale irregolarità della notifica non si riverbera sulla validità ed efficacia del provvedimento applicativo, ma produce il solo effetto di ritardare il termine di impugnazione, che decorre dal momento in cui l'interessato abbia avuto effettiva conoscenza dell'atto. Orbene, poiché dall'esame degli atti risulta che gli interessati hanno avuto piena conoscenza del provvedimento di sequestro, provvedendo alla relativa impugnazione, nessuna violazione del diritto di difesa è ravvisabile nel caso di specie.
Infondato deve ritenersi il secondo motivo relativo alla erronea applicazione dei reati di cui agli artt. 674 e 650 c.p..
E' consolidato orientamento di questa Corte (Cass. Sez. Un. 14/12/1994 proc. Benigno; Cass. sez. 1°, n. 4154/92, rv. 192370; Cass. sez. 5°, n. 1064/92, rv. 190425; Cass. sez. 3°, n. 1298/92, rv. 191819) che in tema di sequestro preventivo - a differenza dell'art. 273 c.p.p. riguardante l'adozione di una misura cautelare personale - non è richiesta la presenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma è sufficiente un "fumus" in merito alla sussistenza degli estremi di reato in astratto ipotizzato nel senso che il fatto riferibile all'indagato o all'imputato, sulla base degli elementi acquisiti, possa integrare gli elementi costitutivi di una figura astratta di reato in relazione al quale si ravvisi la necessità di limitare la disponibilità di un bene, onde evitare l'aggravamento o il protrarsi di conseguenze dannose del reato ipotizzato. Orbene - a parte la considerazione che con precedenti decisioni di questa sezione è stato affermato il principio che il fenomeno della propagazione delle onde elettromagnetiche è astrattamente riconducibile alla ipotesi contravvenzionale prevista dall'art. 674 c.p. (Cass. sez. 1° n. 5626 del 14/10/1999, rv. 214848; Cass. sez. 1° n. 5592 del 13/10/1999, rv. 214416), di guisa che il concreto pericolo di nocività delle emissioni deve ritenersi sussistente per il solo fatto che sono stati superati i limiti fissati dalla normativa vigente in materia - è assorbente nel caso di specie la circostanza che, oltre al reato previsto dall'art. 674 c.p., è stato contestato anche il reato previsto dall'art. 650 c.p., la cui sussistenza in astratto deve ritenersi fuori discussione, tenuto conto che i ricorrenti non hanno ottemperato all'ordinanza sindacale, che imponeva l'immediata disattivazione per ragioni igieniche e sanitarie delle apparecchiature installate nell'abitato del comune di F.. Infatti, una volta accertato che l'intensità delle emissioni era notevolmente superiore ai limiti massimi fissati dal D.M. 381/1998 (con valori accertati in alcuni casi fine al triplo), era doveroso da parte del Sindaco - di intervenire avvalendosi del potere riconosciutogli dall'art. 38 co. 2 L. 142/1990, che gli consente di emettere provvedimenti contingibili ed urgenti a tutela della salute pubblica.
Parimenti infondato deve ritenersi il terzo motivo relativo al fatto che, a seguito di trasferimento di altra emittente ("X") dal comune di F., i valori delle emissioni erano rientrati nei limiti fissati dalla normativa vigente. Infatti tale circostanza non può essere verificata allo stato degli atti, tenuto conto che sul punto manca qualsiasi decisione del giudice di merito e che, comunque, l'eventuale contenimento delle emissioni nei limiti normativi potrà essere accertato solo mediante una specifica richiesta di revoca del provvedimento da presentarsi al giudice che procede.
Quanto al quarto motivo, é sufficiente rilevare che il dedotto concorso di norme deve ritenersi nella presente fase non ipotizzabile. Invero il principio di specialità disciplinato dall'art 15 c.p. presuppone la ricorrenza di più norme che disciplinano la stessa materia e la presenza in una di esse di elementi specifici idonei a differenziarla da quelle (o da quella) concorrenti, di guisa che la norma speciale esclude l'applicazione delle altre, onde evitare che condotte equivalenti siano punite due o più volte. Orbene si deve escludere che nel caso di specie sia applicabile il principio di specialità tra le nonne previste dagli artt. 15 e 16 L. 36/2001 e quella prevista dall'art. 674 c.p., trattandosi di norme non solo dirette alla tutela di beni giuridici diversi, ma che presuppongono anche il verificarsi di eventi diversi. Infatti nel primo caso la condotta è punita con sanzione amministrativa solo se sono superati i limiti previsti dalla legge, mentre nel secondo caso la condotta è punibile a prescindere dal superamento dei predetti limiti per il solo fatto di aver cagionato offesa o molestia alle persone.
Pertanto - poiché il Tribunale, con motivazione immune da vizi logico - giuridici, ha chiarito che, ricorrendo il rapporto di pertinenza, la libera  disponibilità dei beni in sequestro costituiva un evidente pericolo di aggravamento e di protrazione delle conseguenze dannose dei reati, di guisa che poteva derivare un pericolo concreto e attuale dalla cessazione del vincolo di indisponibilità di detti beni - l'ordinanza impugnata non merita alcuna censura. Ne consegue che i ricorsi devono essere rigettati con la conseguente condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p.. P.T.M. La Corte Suprema di Cassazione, letti gli artt. 127 – 606 - 616 c.p.p., rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento.
Roma 31/1/2002.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 12 MARZO 2002