Cass_11_8_00_10739 Cassazione civile, SEZIONE III, 11 agosto 2000, n. 10739 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Paolo VITTORIA - Presidente -Dott. Luigi Francesco DI NANNI - Consigliere -Dott. Giuliano LUCENTINI - Consigliere -Dott. Antonio SEGRETO - Rel. Consigliere -Dott. Alberto TALEVI - Consigliere -ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GIUDICE LORENZO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CITTÀ DELLAPIEVE 19, presso lo studio dell'avvocato MARTINO CARLO, che lodifende unitamente all'avvocato MINA ANDREA, giusta delega in atti;- ricorrente -contro FAPPANNI DOMENICO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA L MALAGOTTI2, difeso dall'avvocato TRICERRI CARLO, giusta delega in atti;- controricorrente -avverso la sentenza n. 187-97 della Corte d'Appello di BRESCIA,emessa il 12-3-1997, depositata il 02-04-97;RG. 204-95;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del07-04-00 dal Consigliere Dott. Antonio SEGRETO; udito l'Avvocato ROMILDA BOTTIGLIERI (per delega Avv. Carlo Martino);udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aurelio GOLIA che ha concluso per il rigetto del ricorso. Fatto Con citazione notificata l'11.5.1993, Domenico Fappanni conveniva davanti al tribunale di Brescia, Lorenzo Giudice per sentirlo condannare al pagamento di L 55.356.355, oltre accessori. Assumeva l'attore di aver conferito il 4.3.1992 al convenuto mandato per l'acquisto di alcuni terreni in Gottolengo, consegnandogli un proprio assegno non trasferibile di L 50 milioni, da corrispondere ai promittenti venditori, quale opzione per l'acquisto; di non aver più avuto notizie dal Giudice e di avergli, pertanto, revocato l'incarico con telegramma del 25.5.1992; di non aver tuttavia ricevuto riscontro ad esso nè alle successive raccomandate 23 giugno e 20 settembre 1992, così restando creditore dell'importo inutilmente versato al convenuto, oltre accessori maturati. Rimaneva contumace il Giudice. Il tribunale, con sentenza pubblicata l'8.11.1994, accoglieva la domanda. Proponeva appello il Giudice e la corte di appello di Brescia, con sentenza del 12.3.1997, rigettava l'appello. Riteneva la corte di appello che non poteva accogliersi l'assunto del Giudice di non essere inadempiente al mandato conferitogli, per aver stipulato con scrittura privata un preliminare di acquisto in data 5.4.1992 con certi Faglia per la vendita ad esso Giudice, o a persona da nominare, di una non individuata porzione di un più ampio fondo in Gottolengo con corresponsione della somma di L 50 milioni a titolo di caparra, in quanto non vi era la prova che detta scrittura era stata stipulata anteriormente alla revoca del mandato. Riteneva la corte che la data della scrittura non era certa nei confronti del Fappanni, che era terzo rispetto alla stessa, stante l'espressa contestazione del mandante Fappanni; e che il Giudice non aveva fornito alcuna prova a conferma della circostanza solo assunta di aver dato comunicazione al mandante dell'avvenuta esecuzione del mandato; nè vi era alcuna prova che il mandatario aveva provveduto agli adempimenti imposti dall'art. 1402 c.c.. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione il Giudice Lorenzo. Resiste con controricorso il Fappanni Domenico. Diritto 1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2697 e 1713 c.c., nonché l'omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia. Assume il ricorrente che erroneamente la corte di appello dà per acquisita la circostanza, non sorretta da alcuna prova, che egli avrebbe ricevuto la somma di L cinquantamilioni, mentre lo stesso ricorrente nell'atto introduttivo afferma solo di aver consegnato un assegno intrasferibile per tale importo e manca ogni prova che egli abbia incassato detto assegno. 2. Ritiene questa Corte che il motivo sia inammissibile, costituendo questione nuova, introdotta per la prima volta in questa sede. Infatti è giurisprudenza pacifica di questa Corte che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili di ufficio (Cass. 29.3.1996-; Cass. 10.5.1995, n. 5106; Cass. 8.7.1994, n. 6428). In grado di appello il ricorrente non aveva assunto che non aveva incassato l'assegno non trasferibile di L cinquanta milioni, che dal contratto di mandato risultava essergli stato consegnato dal mandante e che questi assumeva essere stato incassato dal mandatario, come risultava dalla fotocopia dell'assegno. 3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1710, 1722, 1725 e 2704 c.c., nonché l'omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Assume il ricorrente che erroneamente la corte di merito ha ritenuto che egli non avesse adempiuto all'incarico ricevuto, per non avere la promessa di vendita del terreno agricolo, da lui stipulata con i promittenti alienanti, data certa (5.4.1992) e per non aver comunque provveduto alla nomina del terzo ex art. 1402 c.c. Osserva il ricorrente che il mandante Fappanni Domenico si era limitato a contestare la sola data dell'atto e che lo stesso, non potendo considerarsi terzo rispetto a detto atto, doveva subire la disciplina prevista dall'art. 2704 c.c., per cui detta scrittura aveva data certa anche nei suoi confronti; che in ogni caso l'art. 2704 c.c. opera solo allorché dalla scrittura si vogliono far conseguire effetti negoziali e non quando essa viene invocata solo quale fatto storico. 4.1. Ritiene questa Corte che il motivo sia infondato e che vada rigettato. Rileva preliminarmente questa Corte è pacifico nella sentenza impugnata che il mandato in questione fu revocato con telegramma del 25.5.1992. Si pone il problema degli effetti della revoca nel contratto di mandato. Secondo la prevalente opinione alla "revoca", di cui al n. 2 dell'art. 1722 c.c., anche quando alla stessa si accompagni un obbligo risarcitorio nei confronti del mandatario, è da riconoscere, data l'efficacia ex nunc, natura di recesso unilaterale (una revoca, in senso proprio, dovrebbe invece avere natura ex tunc). Essa, pertanto non ha effetti estintivi rispetto al rapporto, quanto piuttosto quello di arrestarne, cioè di paralizzarne, l'efficacia per il futuro. A ben guardare infatti, la revoca del mandato non è la stessa cosa della risoluzione, nè è in qualche modo collegabile al comportamento del mandatario, tanto da potersi qualificare come un particolare mezzo di tutela rispetto all'eventuale inadempimento del mandatario stesso nell'esecuzione del mandato, ma è un evento che, rimesso alla volontà di una delle parti, finisce per incidere sull'ulteriore efficacia del rapporto. 4.2. L'irretroattività della revoca è un principio generalmente ammesso dagli interpreti. Così la revoca opera dal momento in cui si è perfezionata, cioè da quando la relativa dichiarazione di volontà sia stata indirizzata al mandatario e sia decorso l'eventuale preavviso: essa opera, cioè, solo per il futuro. Ne consegue che la revoca non determina l'eliminazione dell'attività gestoria già compiuta dal mandatario, poiché, anzi, restano salvi gli effetti del contratto verificatisi anteriormente alla dichiarazione di revoca. In tal modo il mandante è tenuto a far fronte alle obbligazioni in precedenza contratte, per suo conto, dal mandatario nei confronti dei terzi, per quanto non ancora eventualmente esigibili (art. 1719 c.c.). 4.3. Quanto sopra detto comporta che nella fattispecie, essendo pacifico che il mandante abbia agito solo per ottenere la restituzione di quanto somministrato al mandatario per l'esecuzione del mandato e non per la risoluzione per inadempimento dello stesso, è ultroneo quanto assunto dal resistente (mandante), secondo cui il contratto concluso dal Giudice (mandatario) per l'acquisto del terreno non era conforme a quanto previsto nel contratto di mandato. Ciò che conta in questa domanda di restituzione delle somme corrisposte al mandatario per l'esecuzione del mandato, fondata sulla revoca, è che alla data della revoca non fosse ancora stata eseguita l'attività gestoria. 4.4. La prova del compimento dell'attività gestoria, trattandosi di prova dell'adempimento del contratto di mandato, grava sul soggetto che deve effettuare detta prestazione e cioè sul mandatario, in base ai normali principi che regolano il riparto dell'onere probatorio. 4.5. Nella fattispecie la sentenza impugnata ha ritenuto che il mandatario non abbia fornito la prova di aver concluso il contratto di acquisto del terreno prima della data dell'intervenuta revoca del mandato (25.4.1992), in quanto il contratto preliminare esibito solo in appello, avente la data del 5.4.1992, non aveva data certa nei confronti del mandante, che rispetto a detto contratto era terzo. 4.6. Detta motivazione è corretta in diritto, essendo infondate le censure del ricorrente. Premesso che nella fattispecie trattasi di mandato senza rappresentanza, rispetto al contratto preliminare concluso dal mandatario Giudice in nome proprio con i promittenti venditori, Faglia, il mandante Fappanni era un terzo (cfr. Cass. 6.12.1974, n. 4030). Ciò comporta che la data della scrittura privata, stipulata dal mandatario con altro soggetto, in esecuzione del contratto di mandato, non è certa e computabile nei confronti del mandante, che rispetto alla scrittura rimane un terzo. 4.7. È vero, in linea di principio, giusto l'assunto del ricorrente, che l'art. 2704 c.c. opera soltanto quando dalla scrittura si vogliono, in relazione a quella data, conseguire gli effetti negoziali propri della convenzione nell'atto contenuta e che, pertanto, il principio dell'inopponibilità della data della scrittura, che, non autenticata nella sua sottoscrizione, non sia stata ancora registrata, non trova applicazione quando la relativa convenzione venga invocata non per il suo contenuto negoziale, ma quale semplice fatto storico che può essere provato con qualsiasi mezzo (Cass. n. 5105-1981). Sennonché, indipendentemente dal punto se nella fattispecie la scrittura veniva invocata solo quale fatto storico, anche in questa ipotesi occorre fornire la prova della verità di quella data contenuta nella scrittura, ove contestata, per quanto essa possa essere fornita con ogni mezzo e non esclusivamente nei modi di cui all'art. 2704 c.c.. In altri termini, se il terzo contesta la certezza della data della scrittura, come nella fattispecie, il fatto che la convenzione non venga invocata per il suo contenuto negoziale comporta solo che non sia applicabile la disciplina dell'art. 2704 c.c., relativa ai fatti che rendono la data certa e computabile nei confronti dei terzi, ma non esonera la parte, che invoca la scrittura, dal fornire la prova che detta data sia vera. Nella specie neppure il ricorrente assume di aver fornito detta prova. 5. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1710, 1713, 1722 e 1725 c.c. e 1402 c.c. per avere la corte di merito ritenuto legittima la revoca del mandato. Secondo il ricorrente il giudice di appello non ha considerato che il mandato è stato revocato senza la richiesta di alcun rendiconto, in assenza di alcun motivo giustificativo e dopo soltanto un mese dal conferimento del mandato. 6.1. Osserva questa Corte che, avendo il mandatario l'obbligo di "comunicare senza ritardo l'avvenuta esecuzione del mandato" (a norma dell'art. 1712, c. 1, c.c.), finché il mandatario non ha effettuato detta comunicazione, correttamente il mandante ritiene che il mandato non sia stato ancora eseguito, per cui può avvalersi della facoltà di revocarlo. Quanto alla forma della revoca del mandato, in assenza di una specifica disposizione di legge, essa è libera (secondo la maggioranza della dottrina e della giurisprudenza, anche nel caso in cui per mandato occorra una forma scritta ad substantiam). Contrariamente all'assunto del ricorrente, non costituisce limite all'esercizio della revoca la mancata presentazione del rendiconto. La presentazione del rendiconto costituisce un obbligo a carico del mandatario ma non un limite all'esercizio della revoca (art. 1713 c.c.) e sarebbe ben strano che l'inadempimento da parte del mandatario di un proprio obbligo comportasse l'impossibilità per il mandante di esercitare il diritto di revoca. 6.2. La legge pone solo due limiti all'esercizio della revoca del mandato: il primo è quello che deriva dalla volontà delle parti, che espressamente ne abbiano stabilito l'irrevocabilità (art. 1723, c. 1, c.c.; il secondo limite è di natura legale e si ha quando il mandato è conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi (art. 1723, c. 2 ). Al di fuori di questi due casi (non invocati nella fattispecie), non vi sono limiti all'esercizio della revoca. Se il mandato è a titolo oneroso ed è conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, la revoca è pur sempre possibile, anche prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, ma se manca la giusta causa, il mandante dovrà risarcire il danno al mandatario (art. 1725 c. 1 ). Ciò comporta che la revoca del mandato è possibile anche nella suddetta ipotesi, pur in assenza di giusta causa, ma la mancanza di questa espone il mandante al risarcimento del danno nei confronti del mandatario. 6.3. Ove invece trattasi di mandato gratuito, anche prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, la revoca del mandato, pur in assenza di giusta causa, non comporta il risarcimento del danno in favore del mandatario. Ne consegue che nella fattispecie correttamente il giudice di appello ha ritenuto che, con la revoca, il mandato avesse perso efficacia e che il mandatario fosse tenuto alla restituzione della somma ricevuta di L cinquanta milioni per l'esecuzione del mandato. 6.4. Infatti, a norma dell'art. 1713,. c. 1, c.c., il mandatario è tenuto a rimettere al mandante tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato. Questa obbligazione del mandatario è dal legislatore enunciata contestualmente all'altra, relativa al rendiconto: ciò potrebbe indurre a ritenere che essa sorga a seguito della conclusione dell'attività gestoria e non prima. Tuttavia, come ha osservato la dottrina, deve ritenersi che detto obbligo di restituzione sorga quanto meno in altri due casi: e cioè quando si accerti l'impossibilità di eseguire l'attività gestoria o quando vi sia stata la revoca del mandato, poiché in entrambi i casi il mandatario non avrebbe più titolo per trattenere quanto gli sia stato somministrato dal mandante. 7. Pertanto il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dal resistente e liquidate come in dispositivo. P.Q.M Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, sostenute dal resistente e liquidate in L. 184.000, oltre L. Duemilionicinquecentomila per onorario. Così deciso in Roma, lì 7 aprile 2000.