La locazione a extracomunitari è retta da norme particolari? No. Valgono i tre tipi di contratti previsti dalla riforma degli affitti: a canone libero di durata di otto anni (quattro più altri quattro di rinnovo), a canone calmierato di cinque anni di validità (tre più due di rinnovo), e transitori, di 18 mesi al massimo di durata, sempre a canone calmierato. I primi due tipi di contratto si adeguano male alla normativa sugli extracomunitari, che possono ottenere un visto per un periodo massimo di due anni (salvo rinnovo). Se l'inquilino non dà la disdetta nel tempo prescritto (sei mesi prima), ed è costretto a rimpatriare, rientrare legalmente in possesso dell'immobile è una tragedia: quasi impossibile notificare lo sfratto, che comunque andrà fatto per morosità, perdendo sicuramente numerose mensilità di canone. Il contratto transitorio è invece raramente concesso, perché il canone concordato è spesso troppo basso e perché non esistono agevolazioni fiscali (riservate solo al contratto quinquennale o a quello per gli studenti). Non solo: il contratto non potrebbe essere rinnovato alla scadenza, pena il rischio di essere accusati di voler aggirare le norme. Una misura anti-elusiva, che però non tiene conto dei bisogni dei lavoratori extracomunitari, che si vedrebbero costretti a cambiar casa ogni anno. Date queste premesse, non stupisce la larga diffusione delle locazioni in nero, in spregio alle leggi. Ricordiamo infine che la legge impone per le locazioni di più di un mese di durata la denuncia del nominativo dell'inquilino all'autorità di pubblica sicurezza: quindi, almeno in teoria, non dovrebbe essere possibile l'affitto a persone prive di permesso di soggiorno.