Strade private ineliminabili senza l’unanimità   Nel 1925, con  atto notarile, due condomini hanno concesso “l’area propria, per una larghezza di un metro e cinquanta ciascuna, lungo tutto il proprio fronte”, per un passo carraio. Nel 1928 tale passo è diventato a fondo chiuso per la costruzione di un asilo. Ora la costruzione di un’altra strada permette comunque l’accesso è la strada esistente è spesso occupata illegittimamente da veicoli. Vorrei sapere se è possibile eliminare il passo carraio preesistente, riattribuendo a ciascuno dei  condomini l’area di 1,5 metri. Lettera firmata       Nonostante i numerosi allegati non abbiamo fino in fondo chiaro il suo quesito, se non altro perché Lei cita il mappale 5359 (era il 5351?) di cui non vediamo traccia nella mappa inviataci e utilizza l’espressione “passo carraio”, che ormai ha assunto un altro senso,  in sostituzione, crediamo, di quella più comune di  “strada privata”. Tuttavia ci pare di poter tracciare un punto fermo. Nell’atto del 1925 si afferma che “le due proprietà confinanti dovranno concedere senza compenso l’area propria, per una larghezza di un metro e cinquanta ciascuna, lungo tutto il proprio fronte”. Peccato che manchi “un pezzo”: concedere, va bene, ma a chi?  A una strada a servizio esclusivo delle due proprietà. Ma di chi è questa strada? Non  lo si dice.  E che significa “concedere”? Cedere la proprietà? Costituire una servitù?  Nel primo caso la strada privata sarebbe in comunione ad entrambi i condomini. Nel secondo saremmo di fronte a una sorta di servitù contrattuale reciproca, in cui ciascuno dei condominii è obbligato nel confronto dell’altro a una servitù di passo, e alla manutenzione della strada, fino alla mezzeria di essa.  In entrambi i casi però la divisione della comunione o la fine della servitù deve avvenire con atto notarile (dato che è un atto notarile che l’ha formata) ed è condizionata all’assenso di tutti i condomini di entrambi i palazzi :un bel pasticcio, quindi. Lo stabilisce tra l’altro l’articolo 1108, terzo comma del codice civile (“E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni”). A scanso di equivoci, anche la servitù è un diritto reale. Se si vuole comunque procedere, sia ben chiaro che bisogna sperare che gli eventuali dissenzienti non si rivolgano il tribunale: è probabile che dia loro  ragione.