tratto dal "Manuale del Condominio", di Silvio Rezzonico, ed. Il Sole 24ore La Legge 06/02/1996, n° 52 ha modificato la materia relativa alle clausole vessatorie nei contratti, con l’aggiunta degli artt. 1469 bis, 1469 ter e art. 1469 quinquies che di seguito si riportano: - art. 1469 bis: <>. - art. 1469 ter: <>. - art. 1469 quinquies: <>. La nuova normativa è applicabile ai soli contratti aventi ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi conclusi tra un soggetto qualificabile come <> ed un soggetto qualificabile come <>, tutte le volte in cui le clausole del contratto comportino, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e obblighi derivanti dal contratto, nell’ambito di una trattativa individuale. Alla stregua della nuova normativa ci si domanda se, anche nei confronti del regolamento condominiale, possa parlarsi di clausole vessatorie, o di clausole abusive, e se si possa invocare la tutela di cui alla Legge 52/1996. Mentre sembra pacifico che la nuova normativa non possa incidere sui regolamenti di natura assembleare, deve invece ritenersi che essa possa invece incidere sui regolamenti contrattuali predisposti e imposti dal costruttore-venditore (con esclusione dell’ipotesi in cui il regolamento contrattuale si sia formato sulla base del consenso totalitario di tutti i condomini). Ed infatti il regolamento, particolarmente se contrattuale, trova la sua fonte nell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 C.C., secondo cui le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative: le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. E tuttavia non può dimenticarsi che la comunione e il condominio attengano alla materia dei diritti reali - che sono diritti tipici e costituiscono un numerus clausulus - e d’altra parte, che il contratto ha forza di legge solo tra le parti contraenti e non produce effetti rispetto ai terzi, se non nei casi previsti dalla legge (art. 1372 C.C.). Di qui l’interrogativo: in virtù di un titolo negoziale, le parti contraenti possono liberamente e senza limiti disciplinare l’assetto dei diritti reali con effetti non solo nei confronti degli stessi stipulanti, ma anche nei confronti dei loro aventi causa e rispetto ai terzi ? ovvero l’autonomia delle parti contraenti è circoscritta agli schemi tipizzati dalla legge, quanto ai contenuti ? Per rispondere ai quesiti non può dimenticarsi che il principio della inammissibilità di diritti reali diversi da quelli espressamente tipizzati dall’ordinamento è considerato principio di ordine pubblico, in quanto espressione dei criteri fondamentali che regolano la disciplina legislativa in ordine al godimento delle cose. Il principio del numerus clausulus e della tipicità di diritti reali costituisce infatti strumento di tutela del soggetto più debole rispetto a quello più forte, che potrebbe servirsi del contratto per imporre <> (Corona, Il supercondominio, Milano, 1985, pag. 71 e segg.). Basti pensare che la scelta di un negozio piuttosto che di un altro, per il regolamento degli interessi delle parti, può produrre effetti incidenti direttamente sulle cose e determinare la sorte dei beni per lunghi periodi di tempo, con l’effetto di riflettersi sul sistema economico e sociale della collettività. Alla stregua di tali premesse deve allora concludersi che i condomini non possono liberamente predisporre, con efficacia reale, qualsivoglia tipo di regolamento delle cose, vale a dire qualsivoglia assetto atipico, con effetti non limitati alle parti contraenti. E tuttavia, nell’ambito degli schemi tipici dei diritti reali, non può disconoscersi ai condomini il potere di decidere per qualsiasi schema tipico predeterminato, con la conseguenza che essi possono scegliere - tra gli strumenti tipici - quelli che reputano più consoni e più rispondenti alle loro esigenze. Tanto più che l’art. 1117 C.C. ammette espressamente la possibilità di titoli contrari, in sede di definizione delle parti comuni dell’edificio condominiale. In definitiva, il numero chiuso e la tipicità <> (Corona, ibidem, 71 e segg.). Fermo però restando il rispetto dell’art. 1138, comma quarto C.C., che detta la disciplina delle norme inderogabili che attengono al divieto di ciascun condomino di sottrarsi all’onere delle spese; all’indivisibilità della cosa comune; al potere di disporre innovazioni da parte della maggioranza qualificata; alla nomina e revoca dell’amministratore; nonché ai poteri di quest’ultimo; alla posizione dei condomini dissenzienti rispetto alle liti; ai requisiti di validità ed efficacia delle delibere assembleari e delle relative impugnazioni. Alla fine della lunga premessa che porta alla configurazione del regolamento contrattuale come contratto tendenzialmente vincolato, siamo in grado di sciogliere il quesito se la nuova disciplina normativa dettata in materia di clausole abusive sia applicabile ai regolamenti contrattuali, tenuto conto che tali regolamenti predisposti dall’originario e unico proprietario e accettati convenzionalmente dai singoli condomini - all’atto di acquisto delle rispettive unità immobiliari - vengono di solito qualificati come veri e propri contratti condominiali, con i quali le parti possono sottoporre limitazioni all’esercizio dei loro poteri. Proprio in forza della qualificazione del regolamento come contratto - sia pure vincolato dalla normativa condominiale – non può non condividersi l’orientamento di quella parte della dottrina che ritiene applicabili anche al regolamento contrattuale, la disciplina di cui all’art. 1469 bis e segg. C.C. (si veda, in questo senso, Antonio Scarpa, Le clausole vessatorie nel regolamento di condominio, in Nuova rassegna di giurisprudenza, Padova, 1999, pagg. 481 e segg.). Si pensi, ad esempio, alla convenzione contenuta nell’atto di vendita e nel regolamento contrattuale che preveda, a favore del costruttore-venditore, l’esonero dalle spese condominiali, sino a tanto che egli non abbia venduto tutte le unità comprese nel fabbricato condominiale. Rispetto a quest’ultima fattispecie non sembra possa invocarsi la nullità del contratto a norma dell’art. 1354 C.C. (condizione illecita o impossibile), o dell’art. 1355 C.C. (clausola meramente potestativa) o invocarsi la risoluzione per onerosità sopravvenuta (art. 1467 C.C.), norma del tutto inapplicabile al caso in questione (in senso contrario, cfr. però Corte d’Appello di Genova, 23/08/96, n° 728). In quest’ottica, grande rilievo può assumere la normativa di cui all’art. 1469 bis e segg. C.C., che tuttavia, per potere essere applicata alla fattispecie, richiede da un lato che il venditore-costruttore sia professionista e che parallelamente il condomino acquirente dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva rivesta la qualità e lo status di consumatore. Orbene, tali condizioni ben possono sussistere in sede di stipula del contratto di compravendita, sicché la nuova tutela prevista dagli artt. 1669 bis e segg. C.C. può ritenersi applicabile a una situazione in cui difficilmente potrebbero essere applicate le disposizioni di cui agli artt. 1335, 1334 o 1467 C.C. Soprattutto se si tiene conto che l’art. 1138, ultimo comma, sancisce la inderogabilità dell’art. 1118, secondo comma C.C., relativo all’esonero delle spese, in conseguenza della rinunzia al diritto di proprietà. Ma la tutela del consumatore compratore dell’immobile di proprietà esclusiva può essere estesa anche ad altre situazioni quale, ad esempio, quella delle limitazioni imposte dal venditore rispetto ai vizi riguardanti le proprietà esclusive; quella in cui si impone al compratore l’accettazione preventiva del regolamento condominiale o quella in cui si dà mandato al costruttore di redigere il regolamento condominiale con facoltà di definire in seguito le parti, impianti e servizi comuni. Tutte tali clausole potrebbero - con la nuova normativa - essere assoggettate all’accertamento giudiziale di abusività, attenendo tanto alla natura del bene alienato - rilevante ai sensi dell’art. 1469 ter, primo comma C.C. - quanto al presupposto dell’assenza di trattative individuali in funzione discriminante, a norma dell’art. 1469 ter, quarto comma C.C. E ciò anche sulla base dell’elencazione delle clausole di presunta abusività previste dall’art. 1469 bis, terzo comma, che individua le due categorie delle clausole di squilibrio e delle clausole di sorpresa. Sotto questo profilo, le clausole del tipo di quelle sopra segnalate potrebbero incorrere nella sanzione di inefficacia, disposta dall’art. 1469 quinquies, nella considerazione che tali clausole consentono al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto e la prestazioni da lui dovute, attribuendogli un potere forte, lesivo dell’equilibrio negoziale. E’ vero che in passato e con riferimento alle clausole contenute nel regolamento contrattuale si è frequentemente ritenuta l’inapplicabilità della tutela offerta dall’art. 1341 C.C., assumendo che le singole clausole del regolamento di condominio sarebbero escluse dalla previsione legislativa di cui al secondo comma dell’art. 1341 C.C., nella considerazione che quest’ultima norma avrebbe ad oggetto le sole clausole contenute nei contratti predisposti da una sola delle parti contraenti. E’ vero anche che, nel negare la tutela di cui all’art. 1341 C.C., si faceva perno su una identità di posizioni di tutti i partecipanti al condominio, in quanto portatori di interessi intesi al perseguimento di finalità comuni e non contrapposte (Cass., 14/01/1993, n° 395 e Cass., 07/01/1992, n° 49). Ma non può negarsi che la dottrina, ancor prima della Legge 52/1996, aveva già mostrato la propria insofferenza per le soluzioni giurisprudenziali relative ai rapporti tra art. 1341 C.C. e regolamenti condominiali, rivendicando la necessità di una specifica sottoscrizione delle clausole onerose del regolamento, giustificata dall’emergenza di uno squilibrio contrattuale in danno di alcuni condomini, dalla necessità di una effettiva conoscenza del testo pattizio e dalla esigenza di parità tra condomino contraente e proprietario venditore predisponente (Napoli, Condizioni generali di contratto, regolamento di condominio e multiproprietà, in Giurisprudenza Italiana 1987, I, 1, 1686, nota a Cass., 10/01/1986, n° 73).