C'è chi afferma che anche quest'anno si ripresenta, per quasi 12 milioni di contribuenti, il problema delle rendite catastali presunte, non ancora attribuite dal Catasto. E c'è chi lo nega: il Catasto avrebbe recuperato se non tutto, quasi tutto l'arretrato nel classamento fiscale degli immobili e il contribuente è in grado quindi, sin da subito, di denunciare la rendita corretta sul modello 730 o sull'Unico.

C'è del vero in entrambe le due tesi, che non sono affatto in contraddizione. La realtà sta nel mezzo: è vero, di immobili senza rendita ne sono restati pochi. L'attribuzione del classamento (da cui deriva la rendita) per quelli che sono stati costruiti negli ultimi anni o di cui è stato modificata radicalmente la qualità o la consistenza, è obbligatoriamente fatta dal contribuente, sotto la responsabilità di un tecnico che deve usare un programma informatico (Docfa) per permette di attribuire direttamente questo parametro-base per calcolare l'imponibile fiscale. Quanto all'enorme arretrato, è stato affrontato a passo di carica dalle Finanze negli anni scorsi e, almeno virtualmente, è sparito. Peccato che gli ultimi a saperlo sono proprio i contribuenti, che proseguono nella convinzione che il loro immobile sia privo di rendita e, pertanto, continuano a denunciare quella presunta. Non ha torto, del resto, dal momento che non hanno ricevuto alcuna comunicazione in proposito.

Nessuna tragedia, comunque: a mettere una pezza su questa vistosa carenza ci ha pensato l'articolo 74 della legge 342/2000 (il cosiddetto collegato fiscale), che ha radicalmente mutato le regole precedenti. Che cosa possono quindi fare i contribuenti che fino a ieri hanno utilizzato come riferimento le rendite presunte? Per capirlo, va premesso che la procedura della notifica della rendita fino al 31 dicembre 1999 prevedeva, come alternativa alla notifica diretta al contribuente, la pubblicazione della stessa sull'Albo Pretorio affisso in Comune. Quindi per molti fabbricati potrebbe essere stata "notificata" una rendita senza che il contribuente sappia. Sono quindi possibili tre possibili alternative, per ciascuna delle quali offriremo le possibili soluzioni: rendite mai attribuite, rendite pubblicate sugli Albi ma mai notificate direttamente, rendite attribuite ma per le quali non è stata fatta alcuna notifica o pubblicazione.

Rendite mai attribuite

La rendita non è stata mai stata attribuita, o è stata attribuita dall'1 gennaio 2000 in poi. In tal caso la nuova rendita prenderà efficacia solo dal momento della sua notificazione al contribuente, tramite raccomandata o messo comunale. Il contribuente potrà impugnarla, avanti alle commissioni tributarie, entro 60 giorni dalla data di notificazione.

In caso di rendita mai attribuita, esiste due possibilità. La prima è quella di continuare a pagare in base alla rendita presunta, senza limiti di tempo (la circolare della Fiscalità locale n. 4/2001 sembra escluderla, ma non è credibile). L'altra scelta è, ai sensi della circolare 31 gennaio 1997, n. 2/T delle Finanze, proporre un classamento dell'immobile (e quindi una rendita calcolata in base alle sue caratteristiche) mediante la presentazione di una denuncia di variazione, a cura di un tecnico professionista (ingegnere, geometra, architetto, perito edile, dottore agronomo). La proposta, da eseguire mediante presentazione di un floppy disk con programma "Docfa", consente l'immediata iscrizione della rendita nell'archivio magnetico catastale.

In tal caso, la rendita proposta potrà essere subito utilizzata per ogni necessità fiscale (Irpef, Ici, eccetera) e, trascorsi 12 mesi, diventerà definitiva per silenzio assenso. Nel caso invece in cui l'Ufficio del Catasto la rettifichi, dovrà comunque notificare la nuova rendita al proprietario, il quale in caso di dissenso potrebbe comunque impugnarla.

Rendite attribuite, ma non pubblicate né notificate direttamente

La rendita è stata attribuita, ma mai notificata al contribuente né pubblicata sugli Albi: è senz'altro il caso più comune. . Il contribuente ha avuto tempo fino all'8 febbraio 2001 per impugnarla: una procedura possibile solo se si fosse fatto parte attiva nel chiedere in Catasto un certificato per controllare l'avvenuta attribuzione. Anche in questo caso, comunque, la rendita diverrà effettiva solo a partire dalla notifica diretta, tramite lettera raccomandata.

A questo proposito, vanno aggiunte però due considerazioni. La prima è che, da oggi in poi, è ben poco probabile che gli uffici catastali inviino notifiche. La raccomandata che i contribuenti riceveranno sarà un'altra: quella attraverso cui i Comuni chiederanno, ai sensi dell'articolo 74, comma 3, della legge 342/2000, la liquidazione delle imposte arretrate di loro competenza (nei fatti, l'Ici). Tale raccomandata vale, a tutti gli effetti, come notifica della rendita stessa. La seconda considerazione è che dalla data di ricevimento scatta comunque il periodo, di 60 giorni, entro il quale è possibile impugnare la rendita.

Un grave problema resta irrisolto: pur essendo chiarito dalla legge che è impossibile richiedere ai contribuenti sanzioni e interessi su eventuali somme arretrate (dovute al fatto che la rendita definitiva è superiore a quella presunta), non è ben chiaro se le stesse somme arretrate siano dovute o meno, per il periodo intercorrente tra la data in cui la rendita è stata attribuita fino a quello in cui la notifica è avvenuta. Sposando il recente parere della Commissione tributaria di Firenze (sentenza 12 febbraio 2001, n. 17), ci sarebbe da rispondere "no": gli arretrati sono richiedibili solo per i periodi successivi alla notifica, con le sanzioni del caso.

Rendite attribuite, pubblicate ma non notificate

La rendita è stata attribuita prima del gennaio 2000, è stata pubblicata sugli Albi Pretori, ma mai notificata al contribuente. Ci sono due possibilità, allora. Che sia superiore a quella "presunta" dal contribuente oppure inferiore. Se è superiore, il contribuente potrà attendere che gli vengano richiesti i soldi arretrati per quanto non pagato. La richiesta varrà come notifica. Non dovrà versare, però, su queste somme né sanzioni né interessi (art. 74, Legge 342/2000). Se invece è inferiore, potrà far domanda al Comune e al Catasto per ottenere indietro i soldi. Il rimborso Ici è dovuto solo per i precedenti tre anni di versamento , conteggiati dal giorno del pagamento ovvero da quello in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione. (art. 13 Dlgs 504/92). Sulle somme spettano anche gli interessi, pari al 7 per cento per ogni semestre compiuto. Contro il rifiuto tacito al rimborso, può essere proposto ricorso dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione (art. 21, Dlgs 546/92).