La prelazione nelle locazioni

 

Quando un inquilino ha la possibilità di comprare per primo l'immobile da lui utilizzato che è stato messo in vendita, esercitando il cosiddetto "diritto di prelazione all'acquisto"? Per rispondere occorre saper distinguere tra vari tipi di contratti.

Normali locazioni abitative . Il diritto di prelazione nelle normali locazioni abitative, è l'eccezione e non la regola. Scatta infatti solo se il proprietario intende vender casa, e se non possiede altri immobili, oltre a quello adibito ad abitazione principale. Allora ottiene un particolare diritto: quello di interrompere la locazione alla prima scadenza. . All'inquilino resta però, a titolo di compensazione, il privilegio della prelazione all'acquisto La durata dei contratti di locazione a canone libero, infatti, è di quattro anni, con rinnovo automatico di altri quattro.

Quel che vale per i contratti di locazione a canone libero, vale anche per quelli a canone concordato, con unica differenza: per loro la prima scadenza contrattuale è dopo tre anni, anziché quattro, e il rinnovo automatico è di due anni.

Locazioni abitative pubbliche e di enti. Se ad alienare sono gli Istituti che amministrano le case popolari, i comuni e gli enti locali in genere, gli istituti previdenziali, e talora anche grandi proprietari come banche ed assicurazioni, la prelazione è normalmente concessa da norme, decreti o semplici protocolli di intesa con le associazioni degli inquilini. Locazioni non abitative. Nelle locazioni commerciali ed alberghiere il diritto di prelazione all'acquisto è, viceversa, un privilegio assicurato in quasi tutti i casi,. Fanno eccezione solo situazioni particolari. Per esempio la vendita a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado (figli, genitori, fratelli e sorelle). Oppure .l'alienazione di un intero complesso immobiliare di cui l'ufficio o il negozio è solo una parte. Il diritto non esiste inoltre se, come talora accade, non è messo in vendita l'immobile, ma una quota di società che ha tra i suoi beni l'immobile stesso.

Come si esercita la prelazione. Il proprietario che intende vendere l'immobile deve darne comunicazione all'inquilino (o agli inquilini se sono più di uno), tramite atto notificato con ufficiale giudiziario o quantomeno con raccomandata con ricevuta di ritorno. Nella comunicazione, va scritto il prezzo (che deve essere sempre espresso in denaro), le condizioni a cui avviene la vendita stessa.

L'inquilino, se intende acquistare, deve rispondere entro sessanta giorni, anche lui attraverso notifica o raccomandata A/R: la mancata risposta equivale a rinuncia. Il pagamento, salvo diversi accordi, deve essere effettuato entro 90 giorni dalla prima comunicazione del proprietario, insieme alla stipula del compromesso o del rogito di acquisto.

Il diritto di riscatto. Cosa accade se il proprietario non effettua la comunicazione, ma vende l'immobile ad altri? Oppure se, fatto un prezzo all'inquilino, che rinuncia, ne concede uno inferiore a un estraneo?.. L'inquilino ha la possibilità, entro sei mesi dalla trascrizione del rogito, di riscattare l'immobile dal mancato compratore e perfino da altre persone a cui sia stato in seguito venduto. Per farlo, dovrà versare il prezzo denunciato sull'atto di vendita, entro trenta giorni. Un periodo di tempo che scatta da una certa data, che varia a seconda delle suituazioni.

Può essere la data della notifica dell'acquirente, che comunica di non opporsi al riscatto. Oppure la prima udienza del giudizio, se l'acquirente stesso non fa opposizione. O infine la data della sentenza che riconosce il diritto di riscatto.

Riflessi fiscali. Il diritto di prelazione può rivelarsi una potente arma nelle mani dell'inquilino, capace di consentirgli un acquisto a prezzi inferiori a quelli di mercato. Tutto ciò per motivi strettamente fiscali. Le norme, infatti, consentono di dichiarare alla vendita di un immobile un valore, detto fiscale, pari alla rendita catastale rivalutata moltiplicata per 100 (abitazioni), per 50 (uffici) o per 34 (negozi). Si evitano così accertamenti del Fisco. Su tale valore, che è in genere inferiore da 2 fino a 4 volte quello di mercato, si pagano i tributi sul trasferimento di proprietà.

Il diritto di prelazione, e quello di riscatto, si esercitano però sul prezzo denunciato nell'atto. Se esso è pari al valore fiscale, l'inquilino ha la possibilità di pretendere di acquistare a prezzi stracciati. Se invece il prezzo denunciato è quello reale, l'acquirente è costretto a versare tributi particolarmente gravosi (che riverserà in parte sul venditore, pretendento uno sconto sul prezzo d'acquisto). Insomma, la prelzione finisce per divenire un serio ostacolo alla commerciabilità di un immobile.