Vincolo al raddoppio? Il privato va indennizzato

Se si prolunga la durata del vincolo di esproprio, bisogna indennizzare il privato: questo è il rivoluzionario principio introdotto dal Testo unico.

Il vincolo di esproprio ha, come nel passato, 5 anni di durata, entro i quali deve essere approvata la dichiarazione di pubblica utilità, che per essere possibile deve prevedere l'approvazione del piano definitivo dell'opera da realizzare.

Nel passato le amministrazioni pubbliche, però, hanno avuto via libera nel prendersi beffa di questo principio: infatti bastava reiterare il vincolo stesso, per quanto motivandone il bisogno. Anzi, secondo certe interpretazioni (Consiglio di Stato 31 ottobre 1995 - 1° aprile 1996 n. 407) non era nemmeno necessaria spiegare in dettaglio le ragioni: bastava semplicemente affermare che rimanevano valide quelle che all'inizio avevano provocato il vincolo..

Il nuovo Testo unico, pur ammettendo il raddoppio, da 5 a 10 anni del vincolo (è, perché no, perfino la sua riproposizione all'infinito), pone perlomeno un limite all'ingordigia delle pubbliche amministrazioni. In caso di raddoppio, il proprietario ha diritto ha un risarcimento " commisurato all'entità del danno effettivamente prodotto". Quando ? La norma qui è ingiustamente vaga: lo decide l'amministrazione, al momento dell'apposizione del vincolo stesso. Solo se non si è stabilito nulla, il proprietario che chiede l'indennità ha diritto di ricevere il denaro entro due mesi (e l'autorità deve versalo entro due). Per le controversie sull'entità dell'indennità o sui suoi tempi di versamento decide la Corte d'Appello.

Va ribadito che in passato, invece, il vincolo di esproprio non era considerato indennizzabile, se non quando diveniva definitivo, perché aveva "una durata limitata nel tempo" (Consiglio di Stato, n. 159/10994, n. 451/1995). Il proprietario rimaneva a bocca asciutta anche se questa durata limitata si protraeva per più di un decennio e per gli anni ulteriori necessari all'attuazione dei piani particolareggiati.

Se il vincolo decade, dopo 5 o 10 anni, il proprietario non ha certo mano libera. Per lui valgono le regole stabilite dal Testo Unico dell'edilizia per i comuni senza piano regolatore o senza piani attuativi. E cioè, possibilità di fare solo interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria o recupero e restauro nei centri abitati (nessuna nuova edificazione dunque). Possibilità di costruire fuori dai centri abitati, ma solo in ragione di 3 metri cubi ogni 100 metri quadrati. Detto in soldoni, una villetta di 120 metri quadrati abbisogna di quasi 15 mila metri quadrati di terreno (un ettaro e mezzo).

Il Testo unico aggiunge un ulteriore elemento di incertezza: nel corso della durata della "vita" del vincolo il Comune può disporre che vengano realizzate opere diverse da quelle originariamente previste, sostanzialmente approvando varianti. Non per questo il vincolo decade. Qui siamo, come al solito, fuori dalla certezza dei diritti dei cittadino: se è previsto che io sia espropriato perché va realizzata una scuola, per esempio, non si vede perché il vincolo continui a valere se si decide invece di fare una strada.

In sintesi finale: ottima la decisione di introdurre l'indennità per i vincoli scaduti, ma pessima quella di permettere di reiterarli all'infinito, di non fissare tempi certi per il pagamento dell'indennità, di cambiare le carte in tavola quando si tratta di decidere cosa si intende fare sull'area.

C'è solo da sperare che i Comuni, per evitare di dovere pagare risarcimenti inutili, ci pensino due volte prima di porre dei vincoli in attesa di opere che non sanno se riusciranno a realizzare, creando enormi problemi ai privati. Basterebbe spezzare in due la programmazione edilizia: da una parte dei piani generici di indirizzo, dall'altra dei progetti concreti e definitivi, che portino essi solo i vincoli di esproprio, solo quando si è certi della volontà politica e della disponibilità di fondi per fare quello che si vuole fare. I più visionari tra gli analisti del nuovo Testo Unico vedono porsi le basi per la cancellazione di fatto dell'esproprio: nella maggior parte dei casi tutto dovrebbe risolversi con un accordo-convenzione con il privato che eviti a tutti la fatica, i costi e i litigi dell'esproprio, a vantaggio di tutti. C'è da sperare che abbiano ragione, ma c'è poco da crederci.