Giovanni Tomassoli*

Il cittadino ha diritto di ricorrere in giudizio contro la creazione di una discarica, anche se non è proprietario di un terreno vicino alla discarica stessa. Può opporsi per motivi di tutela dell'ambiente ed anche contestare al Comune la scelta dell'azienda che realizza, o gestisce, la discarica . Un comitato spontaneo di cittadini non ha invece possibilità di ricorrere in giudizio, a meno che abbia assunto personalità giuridica, cioè sia un'associazione riconosciuta con statuto e organi sociali.

Questi ed altri interessanti principi sono stati fissati dalla sentenza del Tar (Tribunale amministrativo regionale) di Venezia, nella sentenza 12 aprile 2000, n. 1014.

La vicenda riguardava un comune della provincia di Verona, la cui Giunta aveva, con l'approvazione della Regione, deciso di creare una discarica per rifiuti speciali (ma non tossici) in un'area agricola. Il terreno era di proprietà della stessa azienda a cui era stata affidata, con trattativa privata, la realizzazione della discarica e che ne gestiva un'altra nelle immediate vicinanze.

Al di là dei fondati motivi per cui il Tar ha accolto le ragioni dei cittadini, fatte in seguito proprie anche dagli amministratori di due comuni vicini (l'operazione era scarsamente trasparente, ci sarebbe stato bisogno di un bando di gara, era la Provincia, in caso di rifiuti speciali, a dover decidere la localizzazione della discarica, occorreva una "valutazione di impatto ambientale"), la vera novità della sentenza sta nel riconoscere ai cittadini il diritto di contestare l'operato del Comune.

In effetti, l'articolo 31della legge urbanistica n. 1150 del 1942, afferma che solo il proprietario confinante ad un'area su cui si svolge un'opera edilizia è legittimato ad impugnarla il giudizio. Nonostante ciò, il Tar del Veneto ha ricordato che una discarica non è certo una semplice costruzione, ma ha un impatto ben più ampio di un edificio sul territorio o sull'ambiente in cui i cittadini vivono. Pertanto la legge 1150/42, che risale a quasi sessant'anni fa, va interpretata "in maniera meno rigidamente circoscritta" data la "rilevanza giuridica che la tutela del territorio e dell’ambiente è andata, giustamente, acquistando nel tempo".

Il Tar ha quindi riconosciuto che sia i cittadini residenti nel comune, sia quelli che vivono in comuni circostanti ma non lontani da una discarica, hanno ben diritto a dire la loro.

Ha poi rigettato il ragionamento fatto dai legali della ditta incaricata dei lavori, i quali asserivano che i cittadini non potevano impugnare in giudizio i metodi seguiti per affidare all'azienda le opere, perché "soltanto le imprese interessate ad avere l'aggiudicazione ", potevano ritenersi legittimate. Il Tar ha infatti considerato riduttivo che solo un concorrente all'appalto, con un interesse di tipo strettamente economico, potesse contestare la mancanza della gara d'appalto stessa. Meritava infatti una tutela anche l'interesse dei cittadini a limitare danni irreversibili all'ambiente. Tanto più che alcuni di loro erano stati colpiti da procedure di esproprio dei loro terreni, per opere connesse alla realizzazione della discarica.

Interessante è infine notare che il Tar, pur non permettendo la rappresentanza in giudizio del Comitato contro la discarica costituito dai residenti, ha comunque voluto ammettere quella dei singoli aderenti al Comitato stesso, riuscendo così a non rendere vana la loro battaglia.

 

*Federamministratori-Confappi