Condominio, supercondominio e servitù: le differenze

 

Quanti e quali modi vi sono per condividere tra più persone una proprietà immobiliare, o un sui diritto su di essa,  ? La risposta a questa domanda risolverebbe buona parte delle  le liti i tra proprietari, che non ha torto non riescono a raccapezzarsi sulle differenze tra categorie come comunione, condominio, supercondominio o servitù.

Semplificando un po’ (ma non troppo), cercheremo di tracciare delle distinzioni tra tutte queste definizioni, con il preciso scopo di dire, a seconda dei casi, chi decide a proposito della proprietà e come se ne suddividono le spese.

La comunione immobiliare. Quando uno stesso immobile, o un suo fabbricato accessorio, appartiene a più persone, si dice che è “in comunione”. Può trattarsi di un appartamento che è intestato a entrambi i coniugi, oppure passato in eredità a più eredi, oppure comprato insieme a un amico, ma anche di una parte comune a più edifici: pensiamo a un giardino o a una piscina che serve un’insieme di villette autonome o a una recinzione che le cinge tutte. La comunione, quando è “semplice” ha una caratteristica: non è mai necessaria, indispensabile. Niente vieta che una degli eredi venda o regali all’altro la sua quota di immobile. Anche il giardino comune alle villette potrebbe  essere spartito, se ognuno se ne prende un pezzetto e si fa una sua recinzione.

Il condominio.  E’ un particolare tipo di comunione, più complessa, tipica particolarmente degli edifici a sviluppo verticale. In essi, infatti, esistono delle parti (i muri del palazzo, il tetto, le scale) che sono necessariamente in comunione. Queste parti sono vincolate al loro uso: è impensabile che io condomino del quarto piano venda le scale a quello del secondo, che in un impeto di follia decide di abbattere quelle dal secondo piano in su. Quindi il condominio è caratterizzato dalla indispensabile commistione tra parti di proprietà privata e parti di proprietà comune.

Il supercondominio. E’ una situazione che unisce comunione semplice e condominio. Il caso più evidente  è quello di diversi  palazzi verticali che, di per sé, sarebbero condominii autonomi, ma che hanno tra loro in comune, per esempio,  un garage, un giardino, una recinzione, una portineria, o anche un impianto di riscaldamento. Quasi sempre il supercondominio è divisibile in più condominii autonomi, esattamente come accade nell’esempio fatto prima del complesso di villette: anche se , per esempio, il riscaldamento è centralizzato si potrà (a certe condizioni) sostituire con impianti autonomi per ciascun palazzo o per ogni appartamento. Resta impossibile, invece, dividere al suo interno ciascun palazzo condominiale.

Servitù. E’ una situazione che spesso può confondersi con quella del supercondominio, ma che è  in effetti e diversa. Prendiamo il caso di due palazzi distinti l’uno dall’altro, uno dei quali sia raggiungibile solo varcando il portone dell’altro e attraversando un cortile interno. I casi sono due: o il cortile è di entrambi (e allora ricadiamo nel caso del supercondominio), oppure appartiene solo al primo palazzo. Allora il secondo avrà solo un diritto di passaggio sul cortile, cioè godrà di una servitù.

Dubbi.  Gli esempi fatti fino ad ora possono creare qualche confusione: cerchiamo di chiarirla. Ci si può chiedere, per esempio: che accade, nel caso di un complesso di villette che non sono indipendenti, ma sono “a schiera”, cioè hanno a due a due un muro in comune? Oppure nel caso di un unico palazzo, che però ha più scale ? Il primo dubbio è il più facile da risolvere: il giardino o la recinzione comune del complesso rimangono in comunione tra tutti, mente il singolo muro di divisione tra villette è in comunione solo tra le due villette che lo condividono. Resta comunque una comunione “non necessaria”, perché niente impedirebbe a ciascuna villetta di avere un muro autonomo, l’uno aderente all’altro. Anche il  condominio con più scale potrebbe essere “interpretato” come super-condominio: in fondo è comune nelle nostre città che più palazzi autonomi siano costruiti l’uno attaccato all’altro. In questo caso, però, i giudici preferiscono parlare di “condominio parziale”: ogni scala decide per sé per le cose che la riguardano strettamente (per esempio la manutenzione dell’ascensore o degli scarichi fognari), mentre per tutto il resto vale l’assemblea condominiale plenaria.

Comunione e condominio: chi decide. Tracciate  tutte queste distinzioni, ci si può chiedere a cosa servono. Risposta: innanzitutto a stabilire chi decide è qual è il peso del suo parere. In regime di comunione semplice, in linea di principio, i pareri di ciascun proprietario valgono come quelli di qualsiasi altro, e le spese si suddividono in parti uguali. Non importa, in un complesso di villette, chi abbia il fabbricato più grande e chi quello più piccolo. Il tutto a meno che un regolamento della comunione, sottoscritto da tutti, stabilisca una divisione delle spese diverse.

In condominio, invece, conta di più, nel bene e nel male, chi ha l’appartamento più vasto o comunque quello stimato di più (perché, ad esempio, ha doppia esposizione sulla strada e sul cortile). Nel bene, perché ha maggiore peso il suo voto in assemblea. Ma anche nel male, perché gliene deriva un maggior carico di spese. Vi sono poi altre regole tipiche del condominio e non della comunione. Per esempio quella che prevede che paghi di più, per la conservazione delle scale e dell’ascensore, chi sta a un piano alto. O quella che, in caso di tetto piano utilizzato da un solo condomino, mette a suo carico un terzo dei costi manutenzione e gli altri due terzi a carico degli altri. O, infine, quella che impone la nomina di un amministratore se i condomini sono più di quattro e di un regolamento se superano i dieci.

Supercondominio e condominio: differenze. Il supercondominio è un’invenzione della giurisprudenza: sul codice civile, che risale al 1942, non è nemmeno citato. Tutti i disegni di legge scritti per riconoscerlo, sono finiti per ora nel nulla. Ciò porta a una conseguenza: i giudici cambiano abbastanza spesso idea, ed è difficile mettere dei punti fermi. Il primo è comunque che ogni singolo palazzo dovrebbe avere un amministratore, e che infine dovrebbe esistere un amministratore di tutto il complesso. Naturalmente niente vieta il fatto che si tratti sempre della stessa persona, che accentra tutte le cariche: ma bisognerebbe specificarlo chiaramente. Un secondo punto fermo è che ogni condominio decide, in base al numero dei proprietari e dei millesimi, sul proprio palazzo. L’assemblea del supercondominio si convoca solo quando c’è da deliberare sulle parti comuni a tutto il complesso. Una terza certezza è che non ha nessun valore le decisioni prese in un’assemblea a cui sono presenti solo i singoli amministratori del complesso. Infine resta possibile stabilire in un regolamento super-condominiale accettato da tutti qualsiasi suddivisione millesimali delle spese, anche con criteri differenti da quelli che si applicano all’interno del singolo condominio.

Ed eccoci ai punti dubbi. E’ possibile che all’assemblea del supercondominio non partecipino tutti,, ma solo dei delegati da ciascuna assemblea  condominiale? Si tratta di una prassi molto diffusa, che la più recente bozza di riforma del condominio prevedeva espressamente. Tuttavia, non pare una procedura corretta. Diciamo quindi che si può tentare di sfruttare il principio della delega, ma se qualche condomino si ribella e impugna la relativa delibera è probabile che un giudice gli dia ragione.

Come si calcolano i millesimi, nelle decisioni, se non esiste un regolamento contrattuale che ne faccia cenno? Si attribuiscono mille millesimi a ciascun palazzo e ogni condomino vale per i millesimi che ha? Oppure si fanno “contare” di più i palazzi con più appartamenti? La prima soluzione è quella di gran lunga preferita, anche perché sembrerebbe la più pratica. Una regola che però ha un’eccezione: quando ci si trova di fronte a un supercondominio con struttura molto anomala (per esempio un palazzone e una villetta che hanno un giardino comune). Allora, in caso di contrasti insanabili, occorrerà rivolgersi a un giudice perché incarichi un perito del tribunale che faccia calcoli ragionevoli.

Supercondominio e servitù: differenze. .La regole sulle servitù sono dettate dagli articoli 1062e seguenti del codice civile. L’articolo 1067 stabilisce un obbligo reciproco tra il proprietario e chi gode della servitù: entrambi non possono eseguire opere o modifiche che diminuiscano la servitù o la rendano più gravosa. Tanto per fare un esempio, se una persona ha un diritto di passaggio pedonale per un cancello, non può ampliare il cancello per farci passare anche la sua auto. D’altronde, se uno ha un diritto di passaggio per auto, l’altro non può farlo divenire solo pedonale. Chi gode della servitù può eseguire opere per conservarla, recando meno incomodo possibile: se tali opere sono vantaggiose anche per l’altro, anche lui deve contribuire a pagarle, in misura proporzionale al vantaggio che ne gode. La differenze con i criteri condominiali sono evidenti: innanzitutto non si decide cosa fare in un’assemblea. Ciascuno può agire, basta che non danneggi l’altro. Poi le spese di manutenzione o i lavori di miglioramento non sono pagati in proporzione a millesimi di proprietà, ma in proporzione ai presunti vantaggi di ciascuno. In altre parole, se non ci si mette d’accordo, sarà il giudice a decidere.