Servitù di acquedotto: limiti e diritti del fondo servente

 

In seguito a lavori del Comune per posa di tubi drenanti a monte della mia proprietà, un tratto della tubazione di scarico con relativi pozzetti passa sul mio terreno.

Vorrei sapere se ho diritto di collegare un tubo in uno di quei pozzetti per usare quell’acqua che, comunque, va persa nel fiume, per uso giardino, se la legge me lo consente e se l’amministratore può impedirmelo.

Anche perché prima che mettessero i tubi, sul mio terreno c’erano delle sorgenti di cui ora non posso più usufruire. Zanetta

 

La servitù di acquedotto fa parte di quelle cosiddette “coattive”, ed è imponibile con un atto autoritario dell’amministrazione pubblica, a condizioni che sono comunque specificate dagli articolo tra il 1033 e il 1046 del codice civile. Occorre comunque  un atto di espropriazione e l’imposizione di una servitù apposita. Per essa è previsto il pagamento di un’indennità ai sensi dell’articolo 1038 del codice civile stesso: se l’occupazione è illecita è prevedibile anche il pagamento di un danno “per il mancato godimento dell'area per tutto il tempo in cui i lavori di posa in opera delle tubazioni si protraggano oltre il periodo di occupazione legittima, nonché il risarcimento del pregiudizio derivante dalle diminuite utilità ricavabili dal fondo, dopo il suo abbandono al termine dei lavori, per la presenza di tubazioni interrate” (Cassazione, n. 13714 del 2005): lo premettiamo perché ciò capita più spesso di quanto si creda. Con la costituzione della servitù è abbastanza comune che si giunga perciò a una convenzione secondo cui il proprietario del fondo pretende la possibilità dell’allacciamento all’acquedotto stesso (cosa che evidentemente, nel sui caso, non è successa). Quanto alla possibilità di utilizzare gli scarichi, essa è garantita dall’articolo 1045 del codice civile stesso, a condizione che il proprietario sopporti le nuove spese per modificare le opere già eseguite e sopporti inoltre una parte proporzionale delle spese già fatte e di quelle richieste per il mantenimento delle opere, le quali divengono comuni (si tratta, evidentemente, solo della parte di scarico in comune). .Il fatto che dopo la posa lei non possa più servirsi di sorgenti esistenti, potrebbe configurare un danno da cattiva progettazione, che Lei potrebbe far valere, anche ai fini di raggiungere un compromesso che Le permetta di risolvere tutti i suoi problemi.

Quanto infine all’amministratore a cui Lei fa cenno, non si capisce a chi Lei si riferisce (amministratore condominiale, del Consorzio di Bonifica, della società comunale?). se si tratta del primo, tenga conto che le opere fatte anche solo nell’interesse di un condomino sul terreno o sulle parti comuni sono lecite, alle condizioni fissate dall’articolo 1102 e 1120 del codice civile.