Le norme base vigenti

 

Tutti uniti per il regolamento

 

Disposizioni per contratto o votate a maggioranza

 

Quando in un edificio i condomini sono più di dieci deve essere approvato un regolamento condominiale: niente però vieta di redigerne uno anche se i proprietari sono in minor numero.

I regolamenti sono di due tipi: contrattuale e assembleare. Il primo, perché sia valido, deve essere approvato per iscritto da tutti i proprietari dell’edificio. Il secondo invece può essere varato e modificato anche in assemblea, con il voto della maggioranza degli intervenuti che possieda la maggioranza dei millesimi.

Regolamento contrattuale. Com’è ovvio, il regolamento ratificato da tutti conta di più: è equivalente a un contratto multilaterale (tra più persone): fra le parti che lo hanno sottoscritto acquista valore di legge. Come ogni contratto non può essere modificato se non con il consenso di tutte le parti contraenti o dei loro aventi causa, cioè dai condomini che hanno acquistato dopo il primo acquirente, approvando a loro volta il regolamento nel rogito. Quasi sempre il regolamento contrattuale è predisposto dal costruttore dell’edificio e fatto accettare nel primo rogito di vendita agli acquirenti degli appartamenti. Sarebbe in effetti difficile metter d’accordo tutti su un unico testo.

Purtroppo però tale regolamento si trasforma in una norma rigida e immodificabile nel tempo, anche quando il buon senso imporrebbe di adattarlo a nuove necessità o di correggere evidenti storture. Fanno eccezione le norme che, pur essendo contenute nel regolamento contrattuale, sono tipiche di quello assembleare (vedi più sotto), che sono modificabili a maggioranza.

La proposta di legge di riforma del condominio non affronta, se non di striscio, questo nodo: questa è una delle sue principali carenze. La Cassazione, con la solennità delle Sezioni Unite, ci ha provato, cercando di rendere inefficaci le disposizioni più illogiche: ma la decisione è stata smentita da tutte le sentenze successive.

Scopi. I principali compiti di un regolamento contrattuale sono quattro. Primo, definire con precisione quali sono le parti e gli impianti comuni. Secondo, tracciare eventuali limiti al diritto di proprietà: per esempio vietare le auto in cortile o l’utilizzo di appartamenti a studio medico o comunque ad attività con grande afflusso di pubblico. Terzo, stabilire i millesimi di proprietà di ciascuna unità immobiliare. Quarto, determinare i cosiddetti “millesimi d’uso”, cioè ripartizioni particolari delle spese che riguardano particolari parti comuni (per esempio i garage) o particolari impianti (ascensore, riscaldamento, acqua, piscina e così via) o certi servizi (rotazione dei sacchi dell’immondizia). I millesimi d’uso possono essere spartiti anche in eccezione alle regole previste dal codice civile.

Regolamenti contrattuali parzialmente validi. Un regolamento, anche se contrattuale, non può entrare in conflitto con la Costituzione, con leggi imperative o con norme, anche locali, che lo contraddicano. Per esempio non può vietare l’acquisto di un appartamento a extracomunitari. Ma neanche dettare un certo colore per le tende sui balconi, se un regolamento comunale ne stabilisce un altro.

Altre regole inderogabili sono contenute nel codice civile e nella sue disposizioni di attuazione, nella parte dedicata alla comunione e al condominio. Per esempio è impossibile che un condomino, quando rinuncia al diritto di comproprietà di un bene comune (per esempio la caldaia centralizzata), si sottragga alle spese necessarie per la sua conservazione. Non si possono poi dividere la parti comuni né approvare opere innovative che rechino grave pregiudizio anche a uno solo degli abitanti dello stabile. Vietato rinunciare alla nomina dell’amministratore (se i condomini sono più di quattro) o togliergli la rappresentanza in giudizio. Proibito mutare le norme di costituzione dell’assemblea, delle votazioni e delle impugnazioni delle delibere. Nessuna eccezione è concessa nemmeno a quelle previste per la revisione dei millesimi di proprietà.

Le disposizioni di questo genere contenute nel testo del regolamento sono invalide. Restano comunque pienamente efficaci tutte le altre.

Regolamento assembleare. Viceversa il regolamento adottato in assemblea non ha alcuno dei poteri prima elencati. In una delibera a maggioranza non si può infatti dettare regole in eccezione a quelle previste dal codice civile né, tantomeno, in eccezione a norme con valore “contrattuale” contenute nel regolamento approvato da tutti.

Non per questo il regolamento assembleare è inutile. Può, per esempio, definire norme di dettaglio, che non entrano in contraddizione con le regole del codice.

Per esempio, può definire il numero di deleghe di cui può essere portatore ciascun condomino, vietare all’amministratore di essere delegato, imporgli di inviare ogni due mesi copia dei rendiconti del conto corrente condominiale a un consigliere. Può dettare gli orari in cui è consentito in cortile il gioco dei bambini o la battitura dei tappeti dai balconi. Può istituire il consiglio di condominio, definirne (nel rispetto della legge) i poteri, stabilire il numero di consiglieri e i loro requisiti per ottenere l’incarico. Può determinare dove possano essere installate antenne televisive e satellitari (per esempio sul tetto e non sui balconi). Può sopratutto, approvare spartizioni di spese non previste dal regolamento contrattuale, pur senza derogare dai principi del codice: per fare un esempio, può determinare che le spese per l’immondizia gravino maggiormente su coloro che ne produco in più (le famiglie più numerose o un esercente di un negozio di frutta e verdura).

 

 

La ripartizione dei costi di manutenzione

                                                           Fatte salve diverse indicazioni del regolamento contrattuale, queste le ripartizioni

più accreditate dalla giurisprudenza

 

Tipo di parte comune e opere necessarie

Chi paga*

Tipo di ripartizione

 

(salvo diverse prescrizioni del regolante contrattuale)

Muri maestri: manutenzione ordinaria e straordinaria struttura, intonaco esterno, coperture esterne, colonne, archi

Condominio

millesimi proprietà

Muri maestri: intonaco interno all’appartamento

Proprietario singolo

al 100%

Muri interni di divisione tra appartamenti

I due proprietari a cui servono

al 50%

Facciate: intonaci e copertura facciate, frontalini, stucchi, decorazioni (in continuazione tra balconi)

Condominio

millesimi proprietà

Finestre e persiane : riparazione, imbiancatura, verniciatura **

Proprietario singolo

al 100%

Tetti spioventi: ristrutturazione, riparazioni

Condominio

millesimi proprietà

Collocamento antenne centralizzate

Condominio

millesimi proprietà

Sottotetti comuni, stenditoi: opere

Condominio

millesimi proprietà

Balconi sporgenti: manutenzione ordinaria struttura, pavimentazione, parapetti e ringhiere**

Proprietario singolo

al 100%

Balconate e ballatoi a cielo aperto: manutenzione ordinaria e straordinaria struttura, pavimentazione

Condomini serviti dalla balconata o dal ballatoio o che lo hanno comunque in uso

in millesimi riparametrati

Balconate e ballatoi a cielo aperto: manutenzione e consolidamento ringhiere e parapetti**

Condominio

millesimi proprietà

Balconi a castello (incassati nel perimetro dell’edificio): manutenzione straordinaria struttura**

Trave portante interna: Condominio

millesimi proprietà

 

Pavimento: proprietari del balcone

al 100%

Balconi a castello: manutenzione parapetti **

Proprietari singoli

al 100%

Lastrici solari non accessibili o accessibili da tutti, manutenzione ordinaria e straordinaria

Condominio

millesimi proprietà

Lastrici solari ad uso esclusivo di un condomino: manutenzione ordinaria e straordinaria ed eventuali danni al proprietario dell’appartamento di sotto per infiltrazioni d’acqua

1/3 proprietario singolo, 2/3 Condominio

millesimi proprietà

Terrazze a livello

1/3 proprietario singolo, 2/3 condomini coperti dalla terrazza,

millesimi di proprietà riparametrati

Parapetti dei lastrici o delle terrazze: manutenzione

Proprietario singolo

al 100%

Eventuali ornamenti della facciata

Condominio

millesimi proprietà

Scale, pianerottoli, finestre sulle scale: manutenzione ordinaria e straordinaria

Condomini serviti dalla scala

il 50% in ragione dei millesimi di proprietà degli appartamenti e il 50% in proporzione all’altezza di ciascun piano da suolo

Scale: manutenzione ordinaria e straordinaria muri interni

Condominio

millesimi proprietà

 Portoni, passi carrai, anditi, vestiboli, portici manutenzione ordinaria e straordinaria

Condominio (per i vestiboli e i portici sottoposti a servitù di pubblico passaggio possono esserci convenzioni con il Comune)

millesimi proprietà

Cortili ad uso condominiale, cavedi, chiostrine, pozzi luce: manutenzione ordinaria e straordinaria

Condominio (esclusi, se non sono condomini, chi godono di un’eventuale servitù di passaggio)

millesimi proprietà

Cortili in uso o proprietà a singoli proprietari: manutenzione ordinaria e straordinaria

Condomini serviti

millesimi proprietà

Cortile che copre garage o box condominiali. Manutenzione straordinaria

Condominio 1/3, proprietari dei box 2/3

millesimi proprietà

Lastrico di copertura a fila di box: manutenzione ordinaria e straordinaria

Singoli proprietari, per la parte a copertura del loro box

al 100%

Lastrico piantumato di copertura a fila di box, manutenzione ordinaria e straordinaria

Condominio manutenzione verde.

Condominio 1/3, proprietari dei box 2/3 man straordinaria. lastrico

millesimi proprietà

Gronde e pluviali: pulizia, riparazione e sostituzione

Condominio (nei supercondomini, proprietari del singolo edificio)

millesimi proprietà

Locali portineria, guardiole: manutenzione ordinaria e straordinaria

Condominio

millesimi proprietà

Giardini condominiali: manutenzione ordinaria e straordinaria

Condominio (anche i negozianti che danno sulla strada)

millesimi proprietà

Garage condominiali: manutenzione ordinaria e straordinaria

Condomini che se ne servono

millesimi proprietà

* La dizione “Condominio” (sulla colonna “chi paga”) non fa riferimento necessariamente a tutti i condomini

se si è in presenza di più edifici o più scale.

** Quando le finestre, i parapetti e le ringhiere hanno una notevole funzione decorativa e ornamentale, con stucchi ,

opere in ferro battuto e statue, la loro manutenzione compete a tutto il condominio, in proporzione ai millesimi di proprietà,

 

Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamministratori

 

 

Condominio: la ripartizione delle spese.

 

In linea di massima le parti comuni condominiali appartengono a tutti e tutti debbono pagare. In pratica capita che alcune di esse possano materialmente essere di utilità solo ad alcuni. Pensiamo per esempio a un palazzo diviso in più scale: è evidente che le scale stesse e gli ascensori che le servono saranno utilizzate solo ed esclusivamente da coloro che per loro tramite raggiungono i loro appartamenti. Lo stesso discorso si può ampliare a antenne centralizzate, condutture, tetti, posti auto posseduti da una sola parte dei condomini e via elencando.

Il codice civile affronta situazioni così diverse nel secondo e terzo comma dell’articolo 1123.   Il secondo recita “Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne”.

Sulle fondamenta gettate da questo striminzito comma si sono elevate due diverse cattedrali di interpretazioni giuridiche, una dedicata al cosiddetto “condominio parziale” e l’altra al cosiddetto “supercondominio”. Cosa si celi sotto queste due definizioni è presto detto: il condominio parziale si forma quando il palazzo è unico, ma l’utilizzo di certe strutture e soprattutto di certi impianti è dedicato a soddisfare i bisogni di solo una parte dei condomini. Il supercondominio prende realtà quando invece gli edifici sono tanti, con tetti e impianti autonomi (al limite può trattarsi anche di singole villette), ma hanno in comune, per esempio, un garage, un giardino, una portineria o una caldaia che serve più stabili.

Sia nel condominio parziale che nel supercondominio vale in genere una regola: decide e paga solo chi si serve della singola parte comune. Quindi possono esistere sia assemblee in cui decide tutto il condominio (o il supercondominio), sia assemblee in cui deliberano solo i diretti interessati, per esempio sulla manutenzione e sulla sostituzione di un tetto o di una tubatura. I millesimi di proprietà debbono perciò essere riparametrati per tener conto di questa eventualità.

Naturalmente un regolamento supercondominiale può creare dei limiti alla piena libertà delle scelte: in occasione della rifacitura degli intonaci, per esempio, potrebbe imporre che si utilizzi un determinato colore e un determinato materiale per tanti edifici distaccati (a evitare che uno sia intonacato verde, l’altro giallo e il terzo ricoperto da piastrelle rosse).

La riforma prevista del condominio non risolve, purtroppo, molti dei nodi posti da mancanza di norme sul supercondominio. Per esempio il contrasto tra le norme del Codice civile sulla servitù e quelle sul condominio che impedisce di chiarire la suddivisione delle spese di manutenzione delle strade di cui alcuni non hanno la proprietà, ma solo il diritto di passaggio. Oppure quello dei rapporti tra gli amministratori dei singoli palazzi e quello del supercondominio stesso.

 

 

L’amministratore: ampi margini di autonomia

 

Anche l’amministratore può stabilire delle regole (articoli 1130-1133 del codice civile). Egli infatti può emanare disposizioni che tutti gli abitanti di un immobile sono tenuti a rispettare, per il miglior uso delle cose comuni.

I regolamenti condominiali, infatti, non disciplinano tutta la vita comune. Anzi, bisogna guardarsi da quelli che pretendono di regolare tutte le minuzie, costringendo i condomini a vivere in un lager. L’amministratore può colmare i vuoti sostituendoli con quel minimo d’ordine e di buon senso.

L’autonomia dell’amministratore non è solo un diritto, è anche un dovere: egli è costretto a intervenire quando, per esempio per usura o situazioni atmosferiche c’è un immediato pericolo non solo di crolli che possano attentare all’incolumità delle persone, ma anche di eventi che possano danneggiare o rendere inutilizzabili le parti comuni: casi esemplari sono la tegola del tetto spostata dal vento, la conduttura dell’acqua con infiltrazioni o la serratura d’ingresso inceppata. Ha poi una serie di obblighi dettati dalla legge o da contratti, quali ad esempio la compilazione dell’elenco fornitori all’Anagrafe tributaria o la gestione dei rapporti con la compagnia di assicurazione per risarcimenti, per i quali non deve certo chiedere il permesso all’assemblea.

 

Costruttore. per le clausole abusive scatta la nullità

 

La maggioranza dei regolamenti condominiali sono imposti dal costruttore degli edifici agli acquirenti. Essi possono contenere delle norme che privilegiano in modo smaccato il costruttore stesso. Per esempio l’esonero dalle spese condominiali sino a quando egli non abbia venduto tutte le unità comprese nel fabbricato. O il pagamento di una quota ridotta, se resta proprietario di qualche unità. Oppure clausole che impongano limitazioni rispetto ai vizi e difetti delle proprietà esclusive; l'obbligo al compratore di accettazione preventiva del regolamento condominiale senza averlo letto o infine il mandato al costruttore di redigere il regolamento condominiale con facoltà di definire in seguito le parti, impianti e servizi comuni.

Tali clausole possono essere impugnate in base gli articoli dal 1469 bis al 1469 sexies, introdotti a tutela del consumatore dalla legge n. 52 del 1996. Infatti il venditore-costruttore è da considerarsi"professionista" ai sensi di tali articoli, che avvalendosi della sua maggiore esperienza in materia e della sua forza contrattuale, impone al compratore consumatore patti che sono da ritenersi come “vessatori”, e quindi nulli (come se non fossero mai stati scritti).

L’impugnazione può essere proposta anche da un solo condomino, nonché dalle associazioni dei consumatori riconosciute a livello nazionale e dalle Camere di commercio.

 

Sanzioni inefficaci per chi infrange le regole

 

Cosa rischia chi infrange il regolamento condominiale? 100 lire, ovverosia 5 centesimi di euro. L’ammontare della multa massima è stabilita dall’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile. Certo 100 lire erano una bella sommetta quando, nel 1942, fu approvato il Codice, ma oggi corrispondono a una monetina che qualcuno non si sforza nemmeno di raccattare, se gli cade di tasca. Si tratta, occorre dirlo, di una norma derogabile. Cioè, un regolamento contrattuale o una decisione presa all’unanimità può incrementare questa ridicola cifra. Altrimenti, nulla da fare: non basta una decisione in assemblea. lo ha ribadito tra l’altro anche la Cassazione (sentenza n. 948 del 26 gennaio 1995).

Il disegno di riforma del condominio aveva inglobato un altro progetto di legge che prevede l’incremento automatico di questo tetto a 50 euro, e il suo aggiornamento annuale all’indice Istat. Inoltre la sanzione potrebbe essere aumentata fino al triplo in caso di infrazione ripetuta, nonostante i richiami, con un massimo di 500 euro all’anno. Per superare i 250 euro in dodici mesi, occorrerà però l’accordo della maggioranza dei condomini che possiedano 2/3 del valore dell’edificio.

A pagare dovrà essere anche l’eventuale inquilino, responsabile “in solido” con chi ha locato l’immobile

 

Trascrizione del regolamento: così la validità rispetto a terzi

 

Il regolamento contrattuale che è richiamato e inserito nei rogiti andrebbe trascritto per avere validità anche rispetto a terzi, diversi dai condomini o che divengono condomini in seguito a un successivo acquisto. Tuttavia, di per sé, non è trascrivibile, perché non è elencato tra gli atti che lo sono, precisati nell'articolo 2643 e seguenti del Codice civile. Si tratta di atti che, in sostanza, riguardano la costituzione, la modifica e il trasferimento di diritti cosiddetti"reali".

Il regolamento può in effetti contemplare limitazioni all'uso della proprietà esclusiva di ciascuno, o a quella collettiva, teoricamente trascrivibili. Quindi, per essere in qualche modo trascritto, deve essere un"allegato" ai rogiti originali con cui il costruttore vende ai futuri condomini i loro appartamenti, o comunque ad altri atti di per sé trascrivibili (per esempio una convenzione contrattuale tra condomini).

Qualora l’assemblea modificasse un regolamento trascritto, La modifica deve essere per forza scritta (Cassazione, sentenza n. 943/99). I punti modificati devono essere anch’essi trascritti nei registri immobiliari. Per fare questa trascrizione occorre che le firme dei sottoscrittori vengano autenticate. Ne consegue, in pratica, che all’assemblea deve essere presente un notaio o, in alternativa, tutti i condomini, nessuno escluso, debbono recarsi da lui per sottoscrivere la modifica.

 

Decoro architettonico: il mancato rispetto porta dal giudice

 

 Il rifacimento dell’intonacatura della facciata, o il consolidamento delle sue coperture (piastrelle, lastre di marmo, fregi ornamentali) è un’opera che ogni vent’anni un condominio deve affrontare.

La facciata non è un muro portante qualsiasi: quella sul lato strada in particolare ha anche una funzione ornamentale e dà un importante contributo all’armonia dell’edificio. E’ ciò che, in gergo legale, viene definito come “decoro architettonico”. Quando il decoro è leso, perfino un solo condomino può ricorrere al giudice, anche contro il parere di tutti gli altri. Ciò porta a una contraddizione: è considerato un uso lecito delle parti comuni aprire porte e finestre nei muri condominiali, anche senza il permesso del condominio. Non esiste invece la stessa possibilità in facciata, se l’apertura è fuori squadra o di dimensioni diverse dalle altre.

La manutenzione della facciata lungo i muri maestri è a carico del condominio. Se però le opere vanno eseguite sulle finestre e sui balconi (riparazioni, imbiancatura, verniciatura), allora sono normalmente a carico dei singoli condomini proprietari della finestra o del balcone. Essi non potranno portare varianti di forma né di colori. La manutenzione di eventuali fregi architettonici, che percorrono il muro per ricoprire anche i balconi o riquadrare le finestre, torna però a essere a carico del condominio.

 

Tetti spioventi: manutenzione in base ai millesimi

 

I costi di manutenzione ordinaria e straordinaria di un tetto a spiovente competono di regola a tutti, secondo i millesimi di proprietà. Fanno eccezione i supercondomini costituiti da edifici autonomi, in cui ciascuno provvede per sé.

Altra eccezioni gli edifici a sagoma scomposta, con tetti e terrazzi ad altezze diverse che coprono ciascuno solo una parte degli abitanti: in tal caso (salvo eccezioni del regolamento contrattuale) pagano solo coloro che rientrano nella colonna a cui il singolo tetto fa da copertura.

Può accadere però che i condomini di un fabbricato provvedano, in una certa misura, al pagamento del tetto di un altro. Stesso discorso per il singolo proprietario di un box in cortile, che non abita nell’edificio. Succede, per esempio, quando per accedere alle proprie proprietà debbono attraversare l'androne e il corridoio di un edificio diverso. Oppure quando quell’edificio ospita la portineria e magari anche la casa del portiere, che serve tutto il complesso. In tal caso bisognerebbe riparametrare i millesimi, tenendo conto di quanta parte della superficie del tetto copre androne, corridoio e portineria. E, su questa parte, far pagare anche gli altri.

 

Lastrico solare: l’uso esclusivo cambia i conti

 

Per lastrico solare si intende un tetto a superficie piana. Se esso non è accessibile, la ripartizione delle spese per la sua manutenzione è a carico di tutto il condominio, con le stesse regole del tetto spiovente. Spesso però il lastrico è attribuito in proprietà o in uso esclusivo di un condomino, che lo utilizza come terrazzo. Allora le sue spese di manutenzione straordinaria o ricostruzione vanno ripartite per un terzo a carico del proprietario o di chi lo usa e i rimanenti due terzi a carico di tutto il condominio, proprietario escluso. Viceversa la manutenzione ordinaria resta a carico di chi se ne serve.

Ciò ha creato in passato dubbi tra i giudici. Per esempio: in mancanza di corretta manutenzione ordinaria, chi paga i danni all'appartamento di sotto causati da infiltrazioni? La Cassazione, in Sezioni riunite, ha tagliato la testa al toro: anche in questo caso la ripartizione dei danni non cambia (un terzo al proprietario e il resto agli altri). Infatti è responsabilità dell’intero condominio controllare se il lastrico solare è in buona efficienza e perfino di accertarsi se la piccola manutenzione sia eseguita (sentenza n. 3672 del 1997).

Solo se il proprietario impedisce di entrare in casa sua per verificare se il lastrico solare è in buone condizioni, può essere considerato colpevole dei danni causati da infiltrazioni.

 

Cortile: il sorteggio del posto-auto

 

La destinazione d’uso di un cortile è data innanzitutto dal regolamento di condominio, ma può derivare anche dalla conformazione dei luoghi o dalla destinazione originariamente data a questi spazi. Per mutarla o per aggiungerne altre, occorrono caso per caso delle maggioranze qualificate in assemblea e talvolta perfino l’unanimità.

Vi è un diritto di parcheggio delle auto in cortile? In linea di principio, la sosta è concessa solo qualora sia prevista dal regolamento condominiale, perché lo scopo del cortile è solo dare luce, aria ed accesso all’edificio condominiale. In ogni caso, se non esistono spazi sufficienti, si dovrà fare a turno, secondo regole approvate in assemblea o, meglio, nel regolamento stesso.

Purtroppo il cosiddetto “uso turnario” difficilmente funziona, perché non è raro che qualcuno si dimentichi di spostare l’auto, causando così continui litigi. Se c’è accordo comune, è meglio procedere a sorteggio del posto d’auto, facendo versare ai vincitori una somma a titolo di corrispettivo. Infine è anche possibile che esista un diritto al posto auto (per esempio una servitù) a favore solo di uno o più condomini. Va aggiunto che, nei nuovi palazzi, la destinazione del cortile a posti auto può essere imposta dalle leggi urbanistiche.

 

Portineria: quando il servizio si può abolire

 

La soppressione della portineria, se non previsto dal regolamento condominiale contrattuale, e se sostituita da un impianto di citofono, non necessita di maggioranze particolari. Pertanto l’assemblea può decidere in merito con maggioranza semplice (quella degli intervenuti e un terzo dei millesimi in seconda convocazione). Stesso discorso per la sua istituzione.

Se invece il servizio è previsto dal regolamento, la giurisprudenza (Cassazione 29/3/95 n. 3708) ha ritenuto sufficiente, in prima e seconda convocazione, la maggioranza stabilita dall'articolo 1136, secondo comma, (gli intervenuti che rappresentino almeno metà del valore dell'edificio). Si tratterebbe infatti di una modifica di norme regolamentari per il miglior uso delle cose comuni. In passato, invece, si richiedeva la maggioranza tipica delle innovazioni (maggioranza dei condomini più due terzi dei millesimi), basandosi sul fatto che tale delibera costituirebbe un atto di straordinaria amministrazione o un'innovazione.

L'affitto dei locali dell'ex portineria va considerata un'innovazione diretta al miglior uso della cosa comune(art. 1120 del codice). Quindi occorre la maggioranza dei condomini più due terzi dei millesimi. Viceversa la vendita dei locali a altri esige l'unanimità.

 

 

Il verde comune è pagato da tutti

 

Le spese di manutenzione dei giardini comuni vanno ripartite tra tutti i condomini in base alle quote di proprietà, perché riguardano la valorizzazione estetica di tutto il condominio. Proprio per questo vi partecipano, salvo eccezioni del regolamento, anche i proprietari dei negozi con accesso solo da strada .

L’abbellimento, la potatura, la piantagione di nuovi alberi non è innovazione gravosa e voluttuaria: non è quindi possibile che il singolo possa sottrarsi. Le innovazioni, infatti, devono prevedere importanti modifiche nello scopo a cui è adibito un elemento della casa. Il giardino, invece, per la sua stessa natura, ha bisogno di cure continue e di opere per essere mantenuto decoroso Attenzione: la Cassazione (sentenza n. 3666/1994 ) ha affermato che tutti i condomini sono tenuti a contribuire anche alle spese di potatura degli alberi che sorgono su un giardino di proprietà esclusiva di un solo condomino, "allorché si tratti di piante funzionali al decoro dell'intero edificio e la potatura stessa avvenga per soddisfare le relative esigenze di cura del decoro stesso”.

In altre parole le condizioni poste sono due: che tali alberi abbelliscano il condominio e che sia funzionale esclusivamente al decoro dell’edificio. Non sempre ciò avviene, se è quella adatta a garantire, per esempio, la nascita di frutti.