Il ruolo dell’amministratore e i poteri dei condomini

 

Rappresentanza in giudizio e condominio

 

Quali sono i motivi di lite in condominio? Per averne un’idea bisogna rifarsi a statistiche assai vecchie nei pochi tribunali che hanno istituito una sezione apposita: quello di Milano aveva rilevato un 24% di liti riguardanti lo svolgimento dell'assemblea, un 21% relative alla suddivisione delle spese, un 16% su modifiche dell'edificio, un 12% su danni e il rimanente 27% spartito tra altri motivi (pagamento quote, parti e servizi comuni, amministratore).

E’ certo comunque che buona parte di esse partono con il piede sbagliato: secondo stime Istat le sentenze di rigetto erano quali la metà del totale. Uno dei motivi è senz’altro quello che molti dei protagonisti (avvocati compresi) non hanno sempre le idee chiare su a chi tocchi la rappresentanza in giudizio e in quali casi sia possibile dissentirne. Ed è a ciò che dedichiamo questa inchiesta.

Il ruolo dell’amministratore. L’amministratore ha la rappresentanza in giudizio dei condòmini. Può rappresentarli sia nelle cause contro dei condomini dello stabile sia in quelle contro altre persone (per esempio un’impresa che esegue malamente dei lavori di manutenzione). L'amministratore, come hanno chiarito varie sentenze di Cassazione, può agire a tutela anche di una sola parte dei condomini, anche perché in caso di supercondominio ve ne possono essere alcuni non coinvolti negli interessi difesi in giudizio. Quando la lite rientra nelle sue competenze e perciò non ha bisogno dell’assenso dell’assemblea per agire (per esempio, in caso di tutela e conservazione delle parti comuni o di rispetto del regolamento condominiale), può difendere perfino una minoranza di condomini contro la maggioranza.

Quando l’amministratore manca, chi intende iniziare una causa contro il condomino può pretendere la nomina di una persona con funzioni di"curatore speciale”.

Rappresentanza automatica La rappresentanza in giudizio dell’amministratore può essere automatica, cioè non richiedere l’assenso dell’assemblea, oppure essere delegata dall’assemblea stessa.

La rappresentanza nelle liti promosse dal condominio (“liti attive”), è comunque automatica nel casi previsti dagli articoli 1130-1131 del Codice civile: esecuzione delle delibere dell’assemblea, cura del regolamento condominiale, disciplina delle cose e dei servizi comuni, riscossione dei contributi, erogazione delle spese, atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio. Ulteriori poteri di rappresentanza giudiziale attiva possono essere attribuiti all’amministratore dal regolamento contrattuale, purché il regolamento stesso non vada a ledere i diritti non disponibili dei singoli (per esempio, quelli costituzionali). Resta invece incerto se il regolamento possa limitare (non escludendoli) i poteri di rappresentanza giudiziale; sull’argomento la giurisprudenza e la dottrina sono divisi.

L’amministratore ha inoltre rappresentanza automatica quando qualcuno promuove una lite contro il condominio (la cosiddetta “legittimazione passiva”).

Tuttavia, in tutti i casi in cui l’amministratore ritenga che la lite (attiva o passiva) esuli dalle sue attribuzioni egli è obbligato a darne senza indugio notizia all’assemblea, pena il pericolo di dover pagare i danni nonché di essere revocato. Infatti  l’articolo 1131 del codice civile stabilisce che quando egli è destinatario di una citazione o di un provvedimento, perfino se esula dalle sue attribuzioni, ne deve dare comunicazione all’assemblea dei condomini, pena la revoca. Su quest’ultima decide il tribunale in camera di consiglio con decreto motivato, sentito l'amministratore medesimo (articolo 64 delle disposizioni di attuazione del codice civile).

Conseguenze. Se una lite rientra nelle competenze dell’amministratore e non richiede l’assenso dell’assemblea, egli è tenuto a promuoverla o comunque assumerne la rappresentanza. Se non lo fa, può essere citato in giudizio e rispondere dei danni. Per esempio se un condomino non paga le spese, l’amministratore deve fargli causa, ricorrendo all’arma concessagli dall’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile, il decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione.

Ma vi è un’ulteriore importante conseguenza delle cause di competenza dell’amministratore: l’obbligo dei condomini a parteciparvi, senza avere in questo caso la possibilità di dissentire, separando le proprie responsabilità. In questo caso, infatti, non si applica l’articolo 1132 del codice civile.

Questo principio vale perfino qualora una lite di automatica competenza dell’amministratore sia invece deliberata in assemblea, come spesso accade. In tal caso per far causa è infatti sufficiente la firma dell’amministratore, mentre quelle dei proprietari sono meramente aggiuntive.

 

I criteri per la delega e per il dissenso

 

Quando una lite non rientra nelle competenze dell’amministratore, la rappresentanza deve essergli conferita dall’assemblea, con delibera adottata con il voto della maggioranza dei partecipanti e di almeno metà delle quote millesimali.

E’ il caso delle liti promosse dal condominio contro terzi. Tali liti, anche quando tutelano un diritto importante del condominio, non sono mai “obbligatorie” per l’amministratore o per il condominio: è facoltà discrezionale dell’assemblea il fatto di promuoverle. Per esempio se il condominio ritiene di avere un diritto di proprietà su spazi o manufatti il cui possesso è stato sottratto da terze persone (occupazione di un’area comune da parte di proprietà confinanti), non è possibile per il singolo proprietario pretendere dalla collettività del proprio palazzo un risarcimento danni per la mancata promozione di una causa.

Dissenso dalla lite. Ciascuno dei condomini ha diritto di chiamarsi fuori da una causa promossa dall’assemblea. Il dissenziente ha tempo 30 giorni per dichiararlo, dalla data in cui ha avuto conoscenza della delibera. Per legge dovrebbe farlo con atto notificato all’amministratore Tuttavia la giurisprudenza recente tende ad ammettere l'invio di una semplice raccomandata con ricevuta di ritorno. Non basta comunque una semplice telefonata e nemmeno il fatto che, quando il condomino è presente in assemblea, il dissenso sia riportato nel verbale (come è necessario, comunque, che avvenga) . Nel caso in cui la delibera di lite non sia stata comunicata a un condominio assente, il dissenso può essere fatto valere in qualsiasi stadio di avanzamento della causa stessa.

Il condomino dissenziente non è tenuto all’eventuale pagamento delle spese legali: tuttavia può risentire indirettamente dell’esito della causa stessa, sia che sia vincente che perdente.

Spartizione delle spese .La ripartizione delle spese legali, affrontate per una causa che si è persa, o per la quale il giudice ha deciso di "compensare" le spese affrontate, ha criteri propri rispetto al motivo della causa stessa.  Essa avviene sempre in base ai millesimi di proprietà, a prescindere dal motivo che ha portato alla causa. Se, per esempio, essa riguarda debiti per la manutenzione straordinaria dell'impianto di riscaldamento, la spartizione non  avverrà per questo secondo i millesimi-calore.  Chi non è coinvolto nel problema sorto (per esempio un proprietario di solo un box rispetto a una controversia sull’ascensore) ha sempre il rimedio di chiamarsi fuori dalla causa.

 

Effetti della causa validi per tutti

 

Il diritto di difesa del condomino Ciascun condomino può avere un concreto interesse ad agire a difesa dei propri diritti, anche davanti al giudice e anche se gli altri condomini non sono d'accordo o sono inerti e anche senza che sia l'amministratore a rappresentarlo.

La Cassazione ha ribadito anche che i condomini sono interscambiabili tra loro, in una causa di appello in Tribunale (per esempio, vedi sentenza n. 826/1997, n. 826). Anzi gli effetti positivi o negativi della sentenza possono ricadere su di tutti.

Il condominio è infatti un ente di gestione sfornito di una qualsiasi personalità distinta da quella dei suoi componenti, cioè ciascuno dei proprietari che abitano nell’edificio. E’ ben vero che l’articolo 1131 del Codice civile dà la rappresentanza in giudizio del condominio intero all’amministratore. Ma, ha chiarito la Cassazione, "l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, cioè l’amministratore, non priva i singoli condomini dal potere di agire in difesa dei diritti sia esclusivi che comuni, inerenti all’immobile condominiale, né, di conseguenza, di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata assunta dall’amministratore, nonché di avvalersi dei mezzi di impugnazione e anche intervenire in appello per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti dell’amministratore”.

La rappresentanza reciproca. La Corte suprema ha parlato di una sorta di "rappresentanza reciproca”, che proviene dal fatto che "ogni singolo non può tutelare il proprio diritto senza necessariamente difendere l’analoga posizione degli altri”. Seguendo questa logica, si giunge a un evidente risultato: in una controversia riguardante le parti comuni, i diritti riconosciuti a uno dei condomini che ha fatto causa sono automaticamente validi anche per chi non ha partecipato al giudizio.

Una domanda logica è: se il condominio vince e anche chi non aveva voluto far causa ci guadagna, cosa accade? Allora il condomino che è stato comunque avvantaggiato è tenuto a partecipare alle spese di giudizio, se non è stato possibile averle indietro da chi ha perso la causa.

Il problema delle testimonianze. Vale la pena poi rammentare che, in caso di contrasto tra il condominio e un condomino, la Cassazione, nella sentenza 6483/97, sezione II, ha negato che i proprietari che vivono nel palazzo possano testimoniare a favore del condomino contro cui la causa è stata fatta. Ha infatti affermato che "nei confronti del condomino moroso… gli altri condomini non possono essere assunti come testi, perché essi sono parti in giudizio, in quanto rappresentati dall’amministratore”. L’occasione della pronuncia è stata una controversia tra l’amministratore di un condominio di Roma e uno dei condomini. L’amministratore pretendeva il pagamento delle spese di riscaldamento centralizzato, mentre il condomino non voleva versarle, dicendo che non si era servito della caldaia centrale perché l’impianto funzionava male, e non forniva sufficiente calore. Ragion per cui, si era dotato di una caldaia autonoma.

Per dimostrare che aveva ragione, il proprietario aveva citato come testi due suoi vicini di casa che, in effetti, avevano dichiarato che anche nei loro appartamenti il calore fornito era insufficiente.

 

 

Le regole della rappresentanza

 

Tipo di lite

Motivi

Dissenso

Di competenza dell’amministratore

esecuzione delle delibere dell’assemblea, cura del regolamento condominiale, disciplina delle cose e dei servizi comuni, riscossione dei contributi, erogazione delle spese, atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, cause promosse contro il condominio

Impossibile

Rappresentanza conferibile in assemblea

tutti gli altri motivi di causa

Possibile

 

Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamministratori