Liti per l’uso del cortile condominiale

 

“Lite di cortile” è un’espressione entrata a forza nel linguaggio anche dei politici, e la dice lunga sul fatto che gli spazi liberi all’interno dei nostri condomini sono fonte di screzi continui tra i coabitanti nello stesso palazzo, oltre che sfondo teatrale per diverbi e pettegolezzi.

Oggetto di contesa è soprattutto l’uso, giudicato più o meno improprio, da parte di singoli proprietari di quella che è ritenuta “cosa di tutti”.

Ma a cosa serve, soprattutto, il cortile? E cioè, qual è l’uso principale che ha, e che non può essere messo in crisi da iniziative individuali? La giurisprudenza ha ormai una tesi consolidata: la sua funzione principale è dare aria e luce agli appartamenti: quindi è negato (o deve essere approvato all’unanimità) ogni tipo di utilizzo che tolga anche un solo condomino la possibilità di godere dei raggi del sole o del ricambio di aria.

Un’altra funzione del cortile, che può essere altrettanto cruciale ed impossibile da impedire, è quella di consentire il passaggio a persone o anche ad automezzi: se esista in concreto va valutato con concretezza caso per caso. Per esempio, se salire le scale è possibile solo attraversando il cortile, è ovvio che gravi intralci siano impossibili. Viceversa, se il cortile, pur essendo comune, è raggiungibile solo da un accesso privato, è altrettanto evidente che il passaggio non deve essere per forza libero. Banalità? Non tanto, dal momento che vi sono state diverse sentenze di Cassazione a proposito. Vale comunque la pena ricordare che, in mancanza di titoli di proprietà certi, secondo la dottrina il cortile si presume comune perfino quando è raggiungibile solo da una proprietà privata.*

Gli usi principale ad aria e luce e a passaggio non vietano che, nel loro rispetto, il cortile abbia anche altri modi di essere goduto da tutti: tra i più comuni c’è la destinazione a parcheggio di auto e biciclette, la collocazione di contenitori dell’immondizia, il gioco dei bambini, le aree di riposo con panchine e fiori.

Non è finita: il cortile può essere utilizzato anche da un singolo condomino, a suo esclusivo vantaggio. A un patto: che egli non impedisca il “pari uso” anche a tutti gli altri. Con pari uso non si intende certo un uso identico, ma semplicemente una possibilità ben bilanciata per ciascuno di sfruttarne le caratteristiche, anche in modo differente. Per esempio la Cassazione ha considerato lecito scavare nel sottosuolo di un cortile per connettere una proprietà all’impianto idrico-fognario comune (sentenza n. 9785/1997), per mettere un serbatoio dell’acqua o per interrarei un impianto autonomo di riscaldamento (sentenza n. 4394/1997), o per porre grate utili all’aerazione di un magazzino. Non crea intralci neanche l’apertura di una porta sul cortile su un muro di separazione che dà su di un giardino di proprietà esclusiva (sentenza n. 42/2000).

Tuttavia non c’è dubbio che un regolamento condominiale possa delimitare o addirittura vietare un uso del cortile: per esempio impedire che giochino bambini o siano parcheggiate biciclette o auto, oppure stabilire che i tappeti siano sbattuti a certe ore, eccetera. Ma la vera domanda è: se a dirlo è un regolamento contrattuale, per modificarlo occorre l’unanimità? No, afferma una recente sentenza di Cassazione(14 agosto 2007, n. 17694), che riguardava l’obbligo di non porre in cortile contenitori di spazzatura, moto e biciclette. Secondo la Suprema Corte, infatti, divieti simili possono essere semplicemente  “regolamentari”, anche se contenuti in un atto predisposto dal costruttore e assentito da tutti i condomini, e quindi “contrattuale” Se cioè un divieto riguarda le “modalità d'uso di un cortile interno condominiale senza incidere su diritti ed obblighi dei singoli condomini”, esso può essere posto e tolto con l’assenso della maggioranza degli intervenuti in assemblea che possieda la maggioranza dei millesimi. La sentenza, per essere più precisi, lascia al giudice di merito di stabilire, viste le circostanze concrete, quando tale divieto è da considerarsi “contrattuale” (e quindi immodificabile, se non all’unanimità) o quando “regolamentare” (e quindi modificabile a maggioranza), senza che tale valutazione, se ben motivata, sia impugnabile in Cassazione.

Un altro comune argomento di contesa è se sia possibile o meno porre nel cortile biciclette, in presenza di un divieto nel regolamento: il dubbio nasce dal fatto che norme regionali e regolamenti comunali tendono oggi a privilegiare le due ruote, tanto che in molti comuni (per esempio Bologna, Asti, Lecce, Torino e Milano) è addirittura obbligatorio predisporre rastrelliere in cortile nelle nuove costruzioni.

Se ne occupa la sentenza della Corte d’Appello di Milano 6 febbraio 2008, n. 666 che, nel caso concreto, ha concluso che il divieto regolamentare era valido a Garbagnate, in provincia di Milano (dove si è svolta la contesa), mentre, per esempio, non sarebbe stato valido a Milano. Infatti la legge della Regione Lombardia n. 38/1992 impegna i comuni (e non i condominii) a porre nei loro regolamenti edilizi norme che consentano il deposto bici negli spazi comuni. Se quindi un regolamento comunale del genere è stato varato, come a Milano (o anche, per esempio, a Torino), posteggiare la bici è comunque lecito anche se esiste un divieto condominiale, se invece non esiste (come a Garbagnate), il divieto condominiale prevale.

 

 

Esempi di comuni amici della bicicletta

 

Comuni che hanno adottato norme sui parcheggi per biciclette nelle nuove costruzioni o nelle ristrutturazioni

Asti, Bologna, Brescia, Lecce, Milano, Reggio Emilia (un locale chiuso adibito negli edifici residenziali con più di 1.000 mq,), Torino, Verbania,

Comuni che hanno imposto che sia possibile parcheggiare biciclette negli spazi comuni dei condomini esistenti

Milano, Torino, Piacenza, Madone (Bg), Morciano (Rn), Sesto San Giovanni (Mi), Succivo (Ce), Zola Predosa (Bo),

 

Fonte: Ufficio Studi Confappi-Federamministratori