L’annullabilità delle delibere ha tempi stretti

 

Il 16 aprile u.s. è stato chiesto al Giudice di pace di questo capoluogo la dichiarazione di nullità dell’assemblea condominiale tenutasi in seconda convocazione sotto la data del 7 aprile e indicata quale assemblea ordinaria e straordinaria che ha deliberato sul seguente ordine del giorno: approvazione del Consuntivo relativo all’anno 2004 e Preventivo anno 2005, nonché lavori straordinari concernenti la manutenzione dell’edificio.

L’assemblea ha deliberato di approvare quanto posto all’ordine del giorno all’unanimità , cui ha concorso a votare lo stesso amministratore che era portatore di numerose deleghe. Per quanto sopra è stato interessato il giudice di pace che senza darne alcuna comunicazione ai condomini ricorrenti, ha posto agli atti la richiesta dei ricorrenti in calce sottoscritti, ritenendola irrituale.

La mancata comunicazione ha certamente impedito ai ricorrenti di porsi in regola.

Nel corso dell’anno le assemblee in prima convocazione venivano convocate alle ore 6 del mattino, cosicché pacificamente andavano deserte, e l’amministratore non si è mai curato di redigere un dovuto verbale, non lo ha fatto evidentemente per evitare un falso inconfutabile. Per contro l’assemblea, in seconda convocazione, era in grado di deliberare in quanto le maggioranze richieste richiedevano maggioranze diverse.

Si desidera conoscere se le deliberazioni adottate sono da considerarsi nulle o meno, anche se non sono state impugnate entro i termini prescritti.

L’amministratore, anni addietro, di propria iniziativa non suffragata da valide motivazioni ha disposto di togliere sulla facciata del palazzo, alcune file di mattoncini ritoccando pure quasi tutti i frontalini.

Sono trascorsi tre anni e nessun mattoncino è caduto come neppure prima dell’esecuzione abusiva dei lavori.

All’epoca questa azione è stata subito contestata all’amministrazione con lettera raccomandata, ma questi non vi ha dato riscontro.

Per tale incresciosa iniziativa spiegata, non risulta esservi stata un’ordinanza del Comune né una qualche perizia di un ingegnere edile.

Allo stato di quanto esposto è tutt’ora possibile chiamare in causa l’amministratore perché provveda in proprio e direttamente al ripristino, allo stato ante, dei danni causati al condominio con la balorda iniziativa più sopra esposta? Lettera firmata, Pescara

 

 

L’orientamento che si è consolidato da alcuni anni in Cassazione è quello di considerare solo annullabili e non nulle le delibere prese in assemblee irregolari o con maggioranze insufficienti. Pertanto esse debbono necessariamente essere impugnate in giudizio entro trenta giorni da quando se ne avuta conoscenza: termine che nel caso in questione non pare sia stato rispettato.

Più in dettaglio. E’ inesatta la convinzione che in assemblea ordinaria non si possano deliberare opere di manutenzione straordinaria e che perciò occorra una assemblea straordinaria (dove sta scritto?). E’ corretta la protesta che l’assemblea in prima convocazione non può essere convocata alle 6 del mattino (o per esempio, in luoghi lontani ed evidentemente scomodi). Ciò non rende di per sé nulla o annullabile la pretesa assemblea di seconda convocazione, ma la rende di fatto di prima convocazione. Resta valido quanto detto sulla necessità di impugnazione, se le maggioranze previste per la prima convocazione non sono rispettate.. Per quanto attiene al voto dell’amministratore come delegato, alcune sentenze della Cassazione lo escludono, limitatamente alla propria nomina o riconferma e al rendiconto, rifacendosi alla dottrina sulle società del codice civile e a patto che l’amministratore non sia, contemporaneamente, anche condomino. Ma anche questa irregolarità rende il voto annullabile e non nullo. Si noti, in più, che  l’impossibilità della delega all’amministratore o la limitazione del numero di deleghe può essere votata con regolamento assembleare (meta dei partecipanti all’assemblea più almeno 500 millesimi).

Quanto, infine, all’abuso di potere dell’amministratore, per la sua revoca giudiziale anche per iniziativa di un solo condomino occorrerebbe provare che ci sia stato un dolo, per esempio per intascare un arricchimento indebito con tangenti da chi ha eseguito i lavori. Viceversa in qualsiasi momento resta possibile revocare l’incarico, anche in un assemblea straordinaria convocata ad hoc per iniziativa di almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio, secondo le procedure previste dall’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile. Infine per quanto attiene al ripristino della status ante, è teoricamente possibile agire in giudizio, ma lo sconsigliamo se non altro per i tempi lunghi della giustizia, per l’ammontare presumibilmente lieve delle somme pagate dal condominio e per la possibilità che, se sono passati anni e non è stata verbalizzata opposizione in varie assemblee (leggiamo bene il timbro postale che risale al 2000?) , si possa parlare di acquiescenza da parte del condominio. Insomma va valutato freddamente se il gioco vale la candela.