Il figlio in comodato può locare

 

In relazione all’articolo sull’argomento comodato pubblicato sul numero 4 del mese di aprile 2007 nella rubrica Notes Immobiliari cura di S. Rezzonico, desidererei ulteriori chiarimenti in quanto nella risposta al lettore E.C. di Verona si afferma anche che il comodatario, qualora dia in locazione con il consenso del comodante l’immobile ricevuto, i relativi canoni percepiti costituiscono “redditi diversi” e come tali andranno dichiarati dal comodatario stesso.

Da cio’ desumo che il comodatario possa dare in locazione l’immobile, percepire un reddito e pagare su quest’ultimo le relative imposte. Le notizie da voi fornite sono in contrasto con quanto pubblicato nell’inserto del Sole24ore, di cui allego copia, che fa riferimento all’articolo 37 comma 3 del Dpr 600/73 e che sostiene invece che la tassazione sia a carico comunque del comodante, in caso l’alloggio offerto in comodato produca reddito tramite locazione autorizzata.

Si afferma pure che “deve denunciare la rendita catastale e il codice 2” ma non si comprende chi sia il soggetto tenuto alla denuncia della rendita catastale (cioè proprietario o comodatario?) e perché questa rendita venga maggiorata. Stefania Serni

 

Credo che  le opinioni di Antonio Tagorra pubblicate sull’Esperto Risponde” del Sole 24 ore del 30 luglio, se lette fuori dal contesto della domanda a cui risponde e soprattutto con un titolo messo da un redattore poco competente , siano difficili da interpretare. Lo stesso Tagorra solo dieci giorni prima (Il Sole del 20 luglio) aveva comunque sostenuto la possibilità che un bene dato in comodato sia locato (vedi allegati a questa lettera). Del resto, nello stesso inserto, due altri esperti hanno pubblicato risposte a lettere molto simili alla mia, che le invio anch’esse in allegato (si tratta di Antonio Piccolo, in data 30/10/2006 e di Alfredo Calvano in data 18/4/2005), in cui si afferma lo stesso. Queste le mie argomentazioni: l’articolo 1084 del codice civile stabilisce, nel primo comma, che il comodatario non può servirsi della cosa “che per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa”. E nel secondo comma dice che “non può concedere ad un terzo il godimento della cosa senza il consenso del comodante”. Come si può notare non è per nulla escluso che il comodatario dia in locazione il bene ottenuto in comodato, purché con il consenso del comodante, tanto più se il contratto e la natura della cosa (un immobile) lo consente. Non impedisce ciò il fatto che il comodato sia “essenzialmente gratuito”, dal momento che i redditi da locazione non coinvolgono il rapporto tra comodante e comodatario.

Le Finanze non possono impedire l’esercizio di un diritto civile per motivi fiscali. Detto ciò, Tagorra e Piccolo hanno messo, nelle loro risposte, il dito nella piaga. Piccolo afferma infatti che “l’unica perplessità attiene alla disciplina antielusiva e più precisamente alla «interposizione fittizia», con la finalità di frazionare il reddito in capo a più soggetti, in modo tale che il reddito così suddiviso venga assoggettato ad aliquote Irpef più basse rispetto a quelle che si sarebbero dovute applicare se il reddito stesso fosse stato imputato a un unico soggetto, con il conseguente risparmio d’imposta (splitting)”. In parole povere, se a riscuotere il reddito fosse in realtà il comodante, si tratterebbe di uno stratagemma per diminuirlo artificiosamente, facendolo risultare in capo a un altro (per esempio un figlio) che magari ha un reddito, e quindi aliquote impositive, più basse.

Ciò dovrebbero dimostrare le Finanze, in sede di accertamento. Ma il comodato non sarebbe per questo invalido.

Quanto all’ultima domanda, c’è mancanza di comprensione. Senz’altro il reddito va denunciato sulla dichiarazione dal comodante-proprietario. La maggiorazione di un terzo della rendita, e l’apposizione del codice 2, si applica a tutte le abitazioni possedute in aggiunta a quelli adibiti ad abitazione principale (articolo 41 dpr n. 917/1986) se “utilizzate direttamente, anche come residenze secondarie, dal possessore o dai suoi familiari o comunque tenute a propria disposizione”. Ergo, si applica se il comodato è a favore di un familiare che dà in locazione, perché non vi abita stabilmente.

 

 

ALLEGATI

 

Data 20 luglio 2007-08-22

 

PAGINE A CURA DI Antonio Tangorra IL PUNTO ENTRATE VIGILI SUL RISCHIO ELUSIONE Una operazione teoricamente ipotizzabile è quella di concedere un bene immobile in comodato a un familiare, per dargli una fonte autonoma di sostentamento, il quale poi, a sua volta, lo concede in locazione a terzi traendone un reddito. Il vantaggio fiscale di questa operazione può essere quello di spostare l'imputazione del reddito in capo a un soggetto (il comodatario) che sconta un'aliquota marginale ai fini Irpef più bassa di quella che colpirebbe il proprietario del bene immobile. Occorre però verificare, in primo luogo, la compatibilità di tale schema negoziale con l'istituto del comodato, e poi cercare di capire se il fisco può muovere delle osservazioni a questo modus operandi. La risposta al primo quesito è positiva: secondo la giurisprudenza, chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione, onde la relativa legittimazione è riconoscibile anche in capo al detentore di fatto, come il comodatario (Cassazione, sezione III, n. 8411 dell'11 aprile 2006).Acclarata la legittimità sul piano civilistico, ne deriverebbe che il proprietario dell'immobile continuerebbe a dichiarare solo il reddito catastale; il comodatario dovrà dichiarare tra i redditi diversi i canoni di locazione, senza fruire di alcun abbattimento forfetario, ma deducendo analiticamente i costi e le spese sostenute. I rischi di contestazione da parte del Fisco in questo caso, pur in assenza di intenzioni elusive, non sono del tutto da escludere. Infatti, ai sensi dell'articolo 37, comma 3, del Dpr 29 settembre 1973 n. 600, in sede di rettifica o di accertamento d'ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona. In sostanza, l'agenzia delle Entrate può ricorrere alla prova presuntiva per dimostrare che l'effettivo titolare del reddito locativo è il proprietario, che si serve di una interposta persona (il familiare) per non dichiarare un reddito che in realtà è nella sua disponibilità (come accade, ad esempio, se i proventi affluiscono sul conto corrente del proprietario).

 

Data: 18-04-2005

Testata: IL SOLE 24 ORE

LA LOCAZIONE DELL'IMMOBILE RICEVUTO IN COMODATO

 

A cura di Alfredo Calvano

 

 

Ho ricevuto in comodato da mia madre un immobile mediante accordo verbale. Vorrei sapere se il comodante deve comunicare alla pubblica sicurezza l'avvenuta consegna dell'immobile e se è possibile per il comodatario concedere in locazione a terzi l'immobile stesso (previo consenso del comodante) e, in quest'ultimo caso, come va dichiarato il relativo reddito.

 

[198469]

Alberto Meani - LISSONE

 

La risposta è affermativa circa il primo quesito. La cessione in comodato dell'immobile deve essere portata a conoscenza della preposta autorità di pubblica sicurezza (Dl del 21 marzo 1978, n. 59). Analogamente occorre provvedere, da parte del comodatario, qualora a sua volta ceda in locazione l'immobile stesso.

In questa evenienza (passando al secondo quesito), ai fini reddituali, il comodatario assume una soggettività tributaria assimilabile a quella del sublocatore e, pertanto, dichiarerà i canoni percepiti, al netto delle eventuali spese inerenti alla loro produzione, come reddito diverso (articolo 67 comma 1, lettera h, e articolo 71, comma 2 del Tuir), utilizzando il quadro RL Unico persone fisiche, rigo RL9; mentre il genitore proprietario dichiarerà la rendita catastale nel quadro RB.

 

 

Data: 30-10-2006

Testata: IL SOLE 24 ORE

Redditi dei terreni e fabbricati

PIÙ ALLOGGI IN USO GRATUITO: IL PERICOLO È L'ELUSIONE

 

Antonio PICCOLO

 

 

Ho avuto in comodato da mio padre un appartamento, che ho poi affittato. L’anno scorso ho dichiarato nel modello Unico i redditi dell’affitto, mentre mio padre ha pagato l’Ici. Potrei avere in comodato un altro appartamento, o più d'uno, di mio padre pagando le imposte con le stesse modalità del primo? Vi è qualche limite in questa procedura nella normativa vigente?

 

M. B. - FIRENZE

 

Il contratto di comodato, la cui disciplina civilistica è disposta nel libro IV (delle obbligazioni), Titolo III (dei singoli contratti), Capo XIV (del comodato), del Codice civile, consente al soggetto beneficiario (comodatario) l’utilizzo gratuito di un bene mobile o immobile. Difatti, ai sensi dell’articolo 1803 del Codice civile, il comodato è definito come il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Per esplicita disposizione del secondo comma dello stesso articolo 1803 del Codice civile, il comodato è un contratto essenzialmente gratuito. Come avvalorato anche dal ministero delle Finanze, il comodato non è assimilabile ai contratti con prestazioni patrimoniali, che comportino movimenti di ricchezza, ma costituisce un negozio caratterizzato da un rapporto di cortesia e, quindi, non genera alcun vincolo giuridico (circolare 31/250873 dell’8 ottobre 1976). Dal punto di vista civilistico, dunque, il comodatario può anche utilizzare più beni mobili e/o immobili, essendo questi un semplice detentore dei beni stessi (in senso conforme, risoluzione 7 giugno 1980, protocollo 7/441). Sotto il profilo fiscale (si veda risoluzione 14/E del 6 febbraio 2001) abbiamo già ribadito, come attesta lo stesso quesito in esame, che in caso di contratto di comodato avente per oggetto un’unità immobiliare abitativa, poiché tale unità è equiparata a un fabbricato a disposizione del proprietario (comodante), sarà quest’ultimo a dichiarare il relativo reddito fondiario, con la maggiorazione della rendita catastale di un terzo. Maggiorazione che non va applicata allorché l’unità immobiliare abitativa risulti concessa in uso gratuito (comodato) a un proprio familiare, purché questi vi dimori abitualmente e ciò sia comprovato dall’iscrizione anagrafica. Se poi il comodatario, con il consenso del comodante, ha dato in locazione l’immobile, i relativi canoni percepiti costituiscono «redditi diversi» ai sensi della lettera h) del comma 1 dell’articolo 67 del Dpr 917/86 (Tuir) e come tali devono essere dichiarati dal comodatario stesso. Ai fini dell’Ici, invece, il soggetto passivo è unicamente il comodante nella sua veste di proprietario dell’immobile concesso in comodato, essendo il comodatario completamente estraneo al prelievo fiscale (articolo 3, comma 1, del Dlgs 504/92; circolare 118/E del 7 giugno 2000). In definitiva, la risposta al quesito è in linea di principio affermativa. Difatti, l’unica perplessità attiene alla disciplina antielusiva e più precisamente alla «interposizione fittizia», con la finalità di frazionare il reddito in capo a più soggetti, in modo tale che il reddito così suddiviso venga assoggettato ad aliquote Irpef più basse rispetto a quelle che si sarebbero dovute applicare se il reddito stesso fosse stato imputato a un unico soggetto, con il conseguente risparmio d’imposta (splitting).